Diritti dell'Uomo in Societa’
1. Il fine della Società è la felicità comune.
Il Governo è instituito per assicurare all'Uomo il godimento dell'esercizio de' suoi diritti.
2. Questi sono: la Libertà, l'Eguaglianza, la Proprietà, la Sicurezza.
3. La Libertà è la facoltà, che appartiene all'Uomo di fare tutto ciò, che non nuoce ai diritti degli Individui, e del Corpo Sociale.
4. L'Eguaglianza consiste nel diritto, che ha .ciascun Cittadino di essere trattato ugualmente dalla Legge sia che essa punisca, sia che essa protegga: Non conosce potere ereditario, ne distinzione di nascita.
5. La Proprietà è il diritto, che ha ciascuno di godere, e di disporre de' suoi beni del frutto del suo lavoro, e della sua industria. La di lui persona è una proprietà inalienabile.
6. La Sicurezza risulta dal concorso di tutta la Società per difendere i diritti d' ogni suo Individuo.
Doveri dell'Uomo in Societa'
1. I diritti altrui sono il limite morale dei nostri, e il principio dei doveri: Si adempiono questi col rispettar quelli. il loro fondamento è in questa massima: Fa costantemente agli altri il bene, che vorresti riceverne: Non fare ad altri il male, che non vorresti fatto a te stesso.
2. I doveri di ciascheduno Individuo verso la Società sono: l’ubbidienza alle Leggi, la difesa della Libertà, e dell' Eguaglianza; la contribuzione alle spese pubbliche; il servigio della Patria, quando lo esige, anche col sacrifizio delle sostanze, e della vita.
3. Chi viola apertamente le Leggi, chi cerca di eluderle, dichiara sé nemico della Società.
4. Nessuno è buon Cittadino se non è buon Figlio, buon Padre, buon Fratello, buon Amico, buono Sposo.
La pratica dei doveri privati, e domestici è la base delle virtù pubbliche.
Il Popolo Ligure considerando, che il passato suo avvilimento è provenuto dall’essere stato soggetto ad un Governo aristocratico, ed ereditario, e dall’essersi separato in classi differenti, ha stabilito di non formare in avvenire, che una sola Famiglia coll’adottare una Costituzione fondata su i veri principj della Libertà, e dell'Eguaglianza; pertanto riconosce, e proclama solennemente al cospetto di Dio i seguenti principj.
S o v r a n i t à d e l P o p o l o
1. La Sovranità è l'esercizio della volontà generale: risiede essenzialmente nel Popolo: è indivisibile, inalienabile, imprescrittibile.
2. Nessuno individuo , nessuna porzione del Popolo, può attribuirsi, la Sovranità. Niuno può essere escluso, dal parteciparne, se non nei casi determinati dalla Legge per pubblica sicurezza.
3. Nessuno, senza una delegazione formale, e-legittima del Popolo, può esercitare alcuna pubblica autorità .
4. I pubblici Poteri non sono proprietà di quelli che gli esercitano. Ogni Cittadino può essere eletto all'esercizio dei pubblici Poteri, nei modi, e forme, e. con i requisiti prescritti dalla Legge.
5. La Legge è l’espressione libera della volontà generale, per mezzo della pluralità de' Cittadini, o de' loro Rappresentanti. E' fondata sulla giustizia, e sul bene comune. Protegge la Libertà pubblica, e individuale contro ogni attacco, ed oppressione.
6. Ciò che non è proibito dalla Legge, non può essere impedito. Nessuno può essere costretto a fare ciò, che la Legge non ordina.
7. Gli atti esercitati contro chiunque si sia fuori de' casi, e contro le forme, che la Legge determina, sono arbitrarj, e tirannici.
del
Distretto del Roia
capoluogo
VENTIMIGLIA
Marisa De
Vincenti Amalberti
|
Esattamente due secoli fa, giungeva a Ventimiglia l’onda lunga della
Rivoluzione francese, destinata a provocare profondi mutamenti politici,
sociali ed economici nella nostra Città e nel Distretto del Roia di cui
essa assumeva la funzione di capoluogo.
Un territorio che tornava ad essere quello della Magnifica Comunità,
quale si configurava prima della secessione degli “Otto Luoghi”, e sul
quale ora Ventimiglia cominciava ad esercitare la sua giurisdizione
amministrativa per decreto della Repubblica Ligure. La quale, pur nel
travaglio rivoluzionario di quel periodo, non aveva potuto fare a meno
di riconoscere a Ventimiglia, fra l’altro città capoluogo di diocesi,
quell’importanza sempre rivestita durante i secoli della sua lunga
storia.
Le idee rivoluzionarie di “Libertà Eguaglianza”, giunte nel 1797,
indussero a facili entusiasmi, subito tradotti in grandi manifestazioni
popolari di euforia. La convinzione generale, assai diffusa, era quella
che gli spagnoli usano chiamare lo nuevo es bueno. Ma l’idea che
il nuovo fosse necessariamente buono cominciò ben presto a scontrarsi
con la cruda realtà di tutti i giorni, fatta di eccessi, tumulti,
violenze, requisizioni, spoliazioni e, in definitiva, distruzione di
ricchezza.
Gli aspri contrasti fra i vari poteri, e soprattutto fra coloro che li
detenevano, paralizzando spesso la vita amministrativa, portarono ad una
disastrosa crisi finanziaria. Per far fronte alla quale non restava che
il ricorso all’inevitabile imposizione di nuovi gravosi tributi, fra i
quali l’impopolarissima “tassa sulle finestre”.
Dopo l’invasione piemontese del giugno 1798 e l’aggravarsi della crisi
economica, da Genova, il governo della Repubblica Ligure procede ad una
ristrutturazione amministrativa del territorio, riducendo i distretti da
28 a 20.
Ed è così che Ventimiglia perde, a favore di Sanremo, il suo effimero
ruolo di capoluogo.
Come l’autrice, Marisa Amalberti De Vincenti, dimostra in questa sua
scrupolosa ricerca, corredata da numerosi documenti inediti d’archivio,
il passaggio fra il vecchio e il nuovo regime avvenne a prezzo di un
tormentoso travaglio che finì per lasciare delusi anche i più accesi
rivoluzionari della prima ora.
In questo senso, la vicenda ventimigliese di duecento anni fa può essere
vista anche alla luce di quell’indirizzo revisionistico che caratterizzò
una parte almeno delle celebrazioni per il Bicentenario della
Rivoluzione francese, svoltesi nel 1989.
Ma, a parte questo aspetto, sul quale - come dice l’autrice – ogni
lettore potrà esprimere il proprio autonomo giudizio, merito principale
della ricerca resta sempre quello di aver esplorato per la prima volta
un periodo pressoché sconosciuto della storia di Ventimiglia, la cui
divulgazione rientra fra gli scopi statutari della Cumpagnia d’i
Ventemigliusi, che offrirà questo libro in omaggio ai suoi Soci con
la tessera 1996.
In ogni caso, anche ad operazioni limitate al campo locale, come questa,
si addicono le parole del Manzoni, secondo il quale l’historia si può
veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo.
Ventimiglia
Renzo VILLA
Console Rappresentante
della “Cumpagnia d’i Ventemigliusi”
L'AVVENTO DELLA REPUBBLICA LIGURE
Se il desiderio di libertà - che le notizie di quanto avveniva nella
vicina Francia avevano risvegliato negli animi di alcuni nostri
concittadini già all’inizio degli Anni Novanta
1
- era stato prontamente soffocato, quando nel maggio del 1797 scoppia a
Genova la rivoluzione anche i Ventimigliesi si sentono finalmente liberi
di inneggiare alle lusinghiere promesse di uguaglianza e fratellanza
propagandate dal nuovo ordinamento.
I cittadini ed i “particolari”, che per generazioni avevano sopportato
vessazioni e soperchierie da parte dei magnifici, accolgono ora con
entusiasmo le nuove idee e nell’esaltazione del momento e
nell’eccitazione degli animi abbattono i busti che ornano la sala del
parlamento e corrono ad atterrare o scalpellare gli stemmi gentilizi
non meno sulle porte delle abitazioni che dentro le chiese e sulle
stesse sepolture.2
I quartieri della città vengono ribattezzati con nuovi nomi: la piazza
si chiama Rigenerazione, l’oliveto è detto Temperanza, il
borgo Amore e la piazza della Colletta Piazza di Marte.
L’albero della libertà, sormontato dal berretto frigio, è piantato in
piazza della Cattedrale e vi danzano attorno cittadini di ogni ceto
sociale non esclusi i preti e le donne.3 Il 2 luglio, grande banchetto nella chiesa di S. Francesco,
nel corso del quale anche quei magnifici e quei mèmbri del clero che
avevano cercato di fraternizzare coi patrioti sono oggetti di scherno e
di dileggio. Il 14 luglio, solenne celebrazione della festa nazionale
con statua vivente della libertà impersonata - sempre a detta del Rossi
- da una certa Margherita Boeti.
Fra l’euforia generale, la situazione del momento concede
inevitabilmente a molti l’opportunità di vendicare le patite offese,
dando libero sfogo ad antichi odi e mai sopiti rancori.
A Genova, intanto, instaurato il Governo Provvisorio della Repubblica
Ligure si delibera che tutta quanta la regione venga divisa in ventotto
distretti, ognuno dei quali sede di una amministrazione centrale.
Ventimiglia è così scelta a capoluogo del distretto del Roia che
comprende Airole, Bevera,4
Camporosso,5
Borghetto, Bordighera, la Penna, San Biagio, Sasso, Soldano, Vallebona e
Vallecrosia, con un totale di poco più di diecimila abitanti. Dopo oltre
un secolo di vita viene sciolta così la Magnifica Comunità degli Otto
Luoghi.
A organizzare il nostro distretto Genova invia, ai primi di agosto, il
commissario Gaspare Saoli (o Sauli, come riportano alcuni documenti), il
quale con la collaborazione di due cittadini ventimigliesi, il medico De
Carli ed il negoziante Nicolo Abbo, nomina la prima Amministrazione
Centrale del distretto del Roia. Ne vengono chiamati a far parte:
Antonio Francesco Rossi, Gio Batta Rossi fu Saverio, Gio Batta Biamonti
fu Bemardo, Bartolomeo Bonsignore e Domenico Biancheri.6
Ad amministrare
la giustizia, secondo i nuovi statuti provvisori, sono eletti: Gio Batta
Viale, giudice civile;7
l’avv. Pietro Antonio Aprosio, giudice criminale; il canonico Filippo
Viale, giudice di pace. Per i comuni, già facenti parte della Magnifica
Comunità degli Otto Luoghi, vengono inoltre nominati i seguenti giudici
di pace: Pietro Lanfredi, notaio per Camporosso; Giacomo Aprosio, notaio
per la valle di San Biagio; Lorenzo Rossi per la valle del Borghetto;
avv. Agostino Noaro per la valle di Bordighera e Carlo Antonio Trucchi
per il luogo di Airole.
La Repubblica Ligure fu a tutti gli effetti figlia della Rivoluzione
Francese. Sospiro di libertà o ventata di follia, lasciamo ad altri
l’arduo compito di darne un equo giudizio, la sua importanza storica è
senz’alcun dubbio innegabile.
Il
suo nuovo ordinamento diede il definitivo colpo di grazia alle antiche
caste privilegiate e spianò la strada all’affermarsi di un nuovo stato:
la borghesia. Almeno in teoria, cercò di risvegliare in ogni individuo
la consapevolezza del proprio valore sul piano umano e sociale.
Purtroppo, come spesso avviene ad ogni cambiamento improvviso e
repentino, non tutto si svolse in modo sereno e pacifico e pur senza
arrivare agli eccessi, di cui si macchiò la Francia, la nostra storia
dell’epoca è piena di avvenimenti più o meno turbolenti. Lo storico
Girolamo Rossi non dedicò a quel periodo che poche pagine, forse
preoccupato, come egli stesso ebbe a dire, di dover parlare di fatti e
persone “troppo” a lui “vicini”.
Ma, che cosa avvenne esattamente qui da noi in quegli anni ?
Ventimiglia fu per circa undici mesi capoluogo del distretto del Roia
col compito di dover amministrare, oltre che se stessa, altre undici
“parrocchie”. Come provvide a questa sua nuova mansione ?
Attraverso i documenti che si trovano presso l’Archivio di Stato della
nostra città, ho cercato di rievocare la nuda cronaca di quei giorni,
senza nulla aggiungere, ne inventare. Chi avrà la pazienza di leggere
dirà se ne è valsa la pena.
M.DV.
Edizioni
ALZANI
Pinerolo
1797 - 1798
15) Già ottuagenario e debole di
salute il presule morirà prima di poter essere condotto al tribunale
di Genova, a cui era stato deferito.
16) Secondo quanto risulta dai
verbali, egli avrebbe sostenuto che la Costituzione era contro la
religione perché non permetteva al padre di famiglia di correggere i
propri figli allorché dessero in eresia e mangiassero carne nei
giorni proibiti in sua presenza, e perché “quando passava il Sacro
Viatico era permesso a chiunque di sparlare contro (di questo)».
17) Sebastiano Biagini (Lerici 1755 -
Genova 1799) membro della prima commissione legislativa (giugno
1797) e moderatore del Circolo Costituzionale (1799) fu uno dei
fondatori e redattori del giornale “Il Censore”. Acceso giacobino,
fu assassinato con una pugnalata da Domenico Queirolo il 26 febbraio
1799 nel corso di una accesa discussione per il rinnovo di un terzo
del Consiglio dei Sessanta. Verrà sepolto con ampi onori ed il
Queirolo condannato alla pena di fucilazione.
18) In data 29 dicembre 1797, con una
lettera al Governo Provvisorio, sottoscritta da 514 cittadini del
comune di Ventimiglia, si chiederà la liberazione del giudice Pietro
Aprosio, detenuto nel forte di Savona per sentenza dei commissari
Repetto e Biagini.
19) In base all’art. 264 della
Costituzione della Repubblica Ligure la Forza Armata si distingue
in Guardia Nazionale ed in Truppa assoldata. «La Forza Armata è
istituita per difendere lo Stato contro i nemici esterni e per
assicurare nell’interno il mantenimento dell’ordine e l’esecuzione
della Legge» (art. 262).
20) La Truppa assoldata si forma per
arruolamento volontario ed in caso di bisogno nel modo che la Legge
determina» (art. 277).
21) Art. 267 della Costituzione della
Repubblica Ligure: «I Liguri che sono atti a portare le armi non
possono esercitare i diritti di Cittadino, se non sono iscritti al
ruolo della Guardia Nazionale».
22) Apprendiamo dal conto spese che
quattro giorni di paga di dette guardie ammontano a L. 70.18.8.
23) A Genova, in un primo decreto
riguardante la Guardia Nazionale e pubblicato sul primo numero della
“Gazzetta Nazionale Genovese” il 17 giugno 1797, si invitavano
tutti i cittadini che possono prestare senza paga il loro servigio
alla Patria e singolarmente quelli che, benemeriti della stessa,
componevano gli inaddietro Corpo Volontari ... a presentarsi
alle rispettive parrocchie per essere organizzati in battaglioni.
Ovviamente, data la gratuità del servizio, l’appello non aveva dato
i risultati sperati. La Costituzione, quindi, estende ora a tutti i
cittadini maschi atti a portare le armi il dovere di essere iscritti
al ruolo della Guardia Nazionale, pena la perdita dei diritti di
cittadino.
24) Articolo 72 della Costituzione
della Repubblica Ligure: «Vi sarà presso il Corpo Legislativo una
guardia di Cittadini presi dalla Guardia Nazionale sedentaria di
tutte le giurisdizioni, e per ora di tutti i distretti, e scelti dai
loro fratelli d’armi. Questa guardia non può essere minore di
quattrocento cinquanta uomini in attività di servizio. Essa
dipenderà interamente dal Corpo Legislativo, il quale determinerà il
modo del suo servizio e la sua durata».
25) Senz’altro in virtù della paga di
lire 1 assegnata ad ogni volontario.
26) Di questo documento non abbiamo
l’originale, ma solo il verbale.
dell’Amministrazione Centrale che ne sintetizza il contenuto e la
relativa risposta.
27) Porta la data 28 ottobre la
petizione del popolo di Airole al Governo Provvisorio di Genova per
potersi erigere a municipalità, staccandosi dal comune di
Ventimiglia. Sappiamo solo, come risposta, che la petizione è stata
presa in considerazione dal Governo.
28) Molti di questi emigrati
risultavano residenti a Bordighera.
29) L’art.
367 della Costituzione: «Non vi sono luoghi immuni dalle esecuzioni
della Giustizia nel territorio della Repubblica», negherà
definitivamente il diritto di asilo politico a chiunque sia
considerato nemico della Repubblica e delle nuove idee
rivoluzionarie.
30) I cinque mèmbri del Direttorio,
eletti a scrutinio segreto dal Corpo Legislativo sono: Luigi Corveto,
Paolo Costa, Niccolo Littardi, Agostino Maglione e Giorgio Ambrogio
Molfìno.
31) Anche il giudice Paolo Viale
ritornerà al mese di marzo e riprenderà la sua carica, premurandosi
di ringraziare Giuseppe Ballaucco per averla ricoperta in sua
assenza per ben due mesi !
32) Il prezzo di detta polvere: soldi
40 la libbra.
33) I Barbetti erano bande di
partigiani Savoiardi, a cui col tempo si erano uniti uomini di ogni
risma, che si erano dati alla macchia e alla guerriglia, anche
feroce, quando Nizza era stata incorporata alla Francia (1792). Essi
infestavano già da tempo le nostre zone, rubando, sequestrando e
compiendo anche assassini! ed erano quindi assai temuti dalla
popolazione.
NOTE:
1) Nell’aprile
del 1797, come scrive il Rossi, il passaggio nel nostro territorio del
gen. Massena con diecimila uomini che risalivano il Nervia per prevenire
le mosse austro-sarde e attaccare la fortezza di Saorgio, suscitò,
infatti, qualche velleità di rivolta ed alcuni patrioti, subito
dispersi, cercarono di piantare in città l’albero della libertà.
2) GIROLAMO ROSSI, “Storia della città di
Ventimiglia”, cap. 21.
3) Il nuovo Governo aveva in effetti
decretato la soppressione di tutti i titoli nobiliari e la conseguente
rimozione delle corone e degli stemmi araldici che adornavano le chiese
ed i palazzi. Onde, però, evitare inutili vandalismi, aveva affidato ai
nobili stessi l’ingrato compito di provvedere in merito e di sopportarne
le relative spese. Detto accorgimento, purtroppo, non bastò ad arginare
la furia popolare che un po’ ovunque provocò disastri e danni
irreparabili.
4) Airole e Bevera diventeranno “Comuni”
coll’approvazione della Costituzione alla fine del 1797 (art. 11). Nel
1803 Bevera chiederà di essere incorporata a Ventimiglia, causa troppo
breve suo perimetro.
5) Camporosso, quale comune del distretto
del Roia, non viene menzionata dal Rossi ed è citata da Rostan con un
punto interrogativo. Di detta cittadina, però, non solo si parla
ripetutamente nei verbali delle sedute dell’amministrazione centrale,
per cui possiamo senz’altro ritenere che dovesse fame parte, ma c’è
anche l’approvazione di una lettera da inviarsi al Comitato di
Corrispondenza Interna per lamentare la mancanza (ossia menzione)
trovata nel progetto di Costituzione della popolazione del luogo di
Camporosso, parte di questo distretto. Già dal 1794 facevano invece
parte del dipartimento delle Alpi Marittime con capoluogo Nizza, il
distretto di Mentone, il cantone di Perinaldo, i comuni di Perinaldo,
Apricale, Pigna, Rocchetta, Isolabona, Dolceacqua e Seborga.
6) II primo verbale delle sedute di
amministrazione porta la data del 6 agosto. Le nomine dei mèmbri della
prima Amministrazione Centrale erano avvenute il giorno prima.
7) In una prima elezione del 5 agosto era
stato eletto il cittadino prete Benedetto Rajneri. Nel 1797 non troviamo
traccia di Luigi Noaro avv. citato dal Rossi e dal Rostan.
8) È probabile inoltre che anche nel
nostro distretto, come in altre parti della Repubblica Ligure, anche i
ceti meno abbienti, smaltita la prima ubriacatura di democratizzazione e
forse anche sobillati dai sacerdoti, si rammaricassero per la
detronizzazione di quelle famiglie per le quali avevano sempre lavorato
e che per generazioni erano state la loro unica fonte di sopravvivenza.
È infatti storicamente accertato che a volere tutti questi cambiamenti
non fosse stato tanto il popolo quanto la nascente borghesia.
9) Abbiamo anche le deposizioni giurate
(toccando le scritture) delle cittadine suor Adelaide Orengo e suor
Elena Costanza Orengo che due mèmbri dell’amministrazione centrale erano
andati ad interrogare nel monastero.
10) Detti canti, ci dicono gli storici,
erano componimenti senza pretese, scritti per lo più da autori
improvvisati, utilizzando la musica delle canzoni rivoluzionarie più in
voga (La Carmagnola, il Ça Irà e La Marsigliese).
Tema costante: la critica al passato regime aristocratico e
l’esaltazione della libertà. In questo periodo, in cui l’immenso bisogno
di esprimersi vede finalmente la sua realizzazione, questi ritornelli
costituiscono uno straordinario mezzo di comunicazione e di propaganda
destinato a quel vasto auditorio popolare che i libelli propagandistici
non potrebbero forse raggiungere.
11) Già il 1°
luglio a Genova la Municipalità, appena entrata in funzione,
ordinava che i libri delle pubbliche biblioteche venissero dati in
lettura a chiunque li chiedesse. All’epoca, la percentuale degli
analfabeti era ovunque alquanto alta e non solo fra la classe
contadina. All’inizio del XVIII secolo a Ventimiglia le scuole erano
ancora a livello elementare e l’istruzione affidata ai Reverendi
maestri delle Scuole Pie.
12) Facevano parte della commissione
legislativa: Cottardo Solari, Giuseppe Laureri, Leonardo Benza,
Filippo Busseti, Giuseppe Tommaso Cavagnaro, Sebastiano Biagini,
Tommaso Langlade, l’abate Nicolò Mangini, Gian Battista Serra, fra
Benedetto Solari, vescovo di Noli, Giambattista Rebecca.
13) L’art. 4 della Costituzione,
infatti, sia nella prima stesura: «La Repubblica Ligure conserva la
Cristiana Cattolica Religione e il di lei pubblico culto» che in
quella riformata, a cui veniva aggiunto l’ambiguo aggettivo “intatta”
(La Repubblica Ligure conserva intatta la Religione cattolica che
professa da secoli) non garantiva alla Chiesa quella sacrale
dignità, di cui aveva sempre goduto. Con l’art. 382, in cui si
legge: «La Repubblica Ligure per gli effetti civili, politici ed
economici non riconosce che i Poteri costituzionali, ne altre leggi
fuori di quelle che emanano dal suo Corpo Legislativo. Queste leggi
sono le stesse per tutti i Cittadini senza alcuna distinzione», come
giustamente sottolinea Antonino Ronco nella sua opera “Storia
della Repubblica Ligure 1797-1799”, il nuovo ordinamento si
premurava di annullare ogni giurisdizione episcopale e con l’art.
384 aboliva tutte le dispense concesse fino ad allora la clero,
compresa l’esenzione dal servizio militare.
14) Fallito il tentativo dei
missionari patriottici che, per incarico del Governo avrebbero
dovuto spiegare al popolo il vero significato degli articoli
costituzionali, Genova aveva deciso di inviare nelle varie zone dei
commissari col compito di sondare l’opinione pubblica sui motivi di
malcontento e contemporaneamente faceva appello ai vescovi di tutte
le diocesi perché, con una loro pastorale, invitassero la
popolazione ad accettare la Costituzione.
La Repubblica Ligure
CORPO LEGISLATIVO
Consiglio dei Sessanta Mèmbri (età minima trenta anni).
Ha il compito di proporre le leggi.
Consiglio dei Seniori, Trenta mèmbri (età minima 40 anni,
vedovi o ammogliati).
Ha il compito di approvare o rigettare le leggi proposte dai
Sessanta.
- Ogni anno si rinnova 1/3 dell’uno e dell’altro Consiglio. I mèmbri non
possono essere rieletti se non dopo un intervallo di tre anni.
Essi vengono rinnovati per elezione.
Presso il Corpo Legislativo vi è una Guardia Nazionale sedentaria di
tutte le giurisdizioni o distretti non minore di 450 uomini in attività
di servizio.
- Ogni Consiglio ha un Presidente e un Segretario; la loro funzione non
può durare più di un mese. I mèmbri del Consiglio Legislativo ricevono
annualmente un indennizzo di lire 10 al giorno.
- Le proposte adottate dei Sessanta si chiamano deliberazioni; le
deliberazioni approvate dai Seniori si chiamano leggi.
POTERE ESECUTIVO
Direttorio formato da cinque mèmbri eletti a scrutinio
segreto dal Corpo Legislativo (età minima 40 anni, non astretti a
celibato).
- Il Direttorio nomina un Presidente da rinnovarsi ogni due
mesi.
- Il Direttorio è rinnovato per 1/5 ogni anno. I mèmbri non possono
essere rieletti che dopo un intervallo di cinque anni.
- Il Direttorio vigila sull’esecuzione delle leggi e se ne assicura per
mezzo dei suoi Commissari.
- Il Direttorio elegge, fuori dal suo seno, i Ministri (età minima 30
anni) che non devono essere più di cinque. Questi avranno una indennità
di lire 15.000 all’anno.
- Il Direttorio ha la sua Guardia personale, composta di cento uomini è
pagata a spese della Repubblica.
- I mèmbri del Direttorio hanno una indennità di lire 20.000 e
alloggiano nel Palazzo.
Turbolento inizio
del 1798
I cambiamenti avvenuti coi Comizi Primari del 26 dicembre e colle elezioni
del 4 gennaio, elezioni che segnano la sconfitta del partito estremista e la
vittoria dei moderati,30
già si riscontrano nei primi verbali degli amministratori del distretto del
Roia. Caratterizzano quel periodo tutta una serie di sostituzioni.
Alessandro Galleani viene eletto dal popolo Comandante delle Forze Armate e,
quando il 28 dicembre egli da le dimissioni da tale carica, la Centralità le
ignora, non avendo la competenza di accettare ne quella di negare.
In assenza di Sebastiano Gibelli, portato a Genova in seguito ai tafferugli
successi il 26 dicembre, il citt. Antonio Galleani viene nominato Comandante
Provvisorio dagli ufficiali di questa Guardia Nazionale. Anch’egli
rassegna le dimissioni per a lui ben visti motivi con esibirsi a servire
la patria in altra maniera e la sua petizione viene indirizzata al
Commissario Gandolini, il quale a sua volta la inoltra al Direttorio
Esecutivo. Nel frattempo il Gibelli ritornerà e quindi le dimissioni dalla
carica temporanea verranno automaticamente accettate.
In assenza dei cittadini tradotti nella capitale, si procede ai vari
rimpiazzi. In vece di Gio Batta Viale, cancelliere del tribunale civile, si
nomina il citt. Giacomo Aprosio. Il citt. Antonio Viale, copista presso la
Centralità, viene sostituito da Gaetano Amalberti q. Nicolo e la carica di
giudice criminale, già assegnata a Paolo Viale, è ora ricoperta da Giuseppe
Ballaucco di Bordighera.31
Vengono peraltro rimborsate lire 35.10, dovute al sergente dei gendarmi Gio
Batta Brichetto e al comune Rambaldo per spese di trasporto dei detenuti a
Genova, somma che era stata a suo tempo anticipata dal Cap.no Antonio
Galleani q. Pasquale.
La situazione non è delle più chiare e tranquille; se da una parte ci sono
ancora i nostalgici che rimpiangono l’antico regime, dall’altra i giacobini
più accesi fomentano il malumore, scontenti dei risultati delle recenti
elezioni. Si chiede pertanto al Governo una sufficiente guarnigione di
truppe di linea per poter far eseguire gli ordini del governo e sostenere
l’amministrazione e nell’attesa, onde tenere costantemente difesa la
città e alleggerire il compito dei volontari, si accetta l’offerta del
Cap.no Comandante della Truppa Assoldata Gaulis di far ricoprire i posti di
S. Francesco e Castello dai suoi soldati.
Si delibera inoltre di far rimettere ai loro primitivi posti i
cannoni della batteria del Capo e quella del Forte San Paolo che nelle
fatali giornate del 27 dicembre e successive, allorché il Comitato di
Polizia si eresse in Supremo Magistrato, erano stati girati verso il
ponte per mire ostili verso quei di Camporosso ed Otto luoghi accorsi
in aiuto ai patrioti.
E un periodo di travaglio e di inquietudine e da ogni pagina delle relazioni
amministrative trapelano dubbi e sospetti.
Numerosi sono i frati, addetti alla cura delle anime delle diverse
parrocchie del distretto, provenienti dal territorio della Repubblica
Francese e si teme che non pochi siano quelli che, invece di mantenere la
tanto necessaria tranquillità nei circondari a loro affidati, tentano di
fomentare nuove discordie. Gli amministratori decidono di prendere le
dovute informazioni e di mandare a chiamare i cappellani delle chiese di San
Bartolomeo di Latte, di San Luigi delle Torri, di San Mauro della Mortola,
degli Angeli Custodi delle Grimalde e dei Santi Pietro e Paolo del Trucco.
La decisione viene in seguito sospesa fino all’arrivo del commissario
Gandolini, richiamato urgentemente da Taggia.
Si viene inoltre a sapere dal citt. Giovanni Ballestra q. Filippo che alle
Torri si fabbricano cartucce in quantità. Il Ballestra asserisce di averne
fatte circa 70 e di essere ancora in possesso di circa due libbre di polvere
32
per fame altre. Le cartucce, egli dice, gli sono state commissionate dai
giovani del luogo, ma si sa che nella sola regione di Torri vi sono circa 50
uomini abilissimi nel maneggiare le armi ed altrettanti fucili a loro
disposizione. Poiché, fatte le dovute indagini, non risulta che nelle
vicinanze vi siano Barbetti, le armi potrebbero avere solo scopo offensivo.33 Quindi, come già accennato, si chiede al commissario
Gandolini, partito per Taggia, di rientrare al più presto e si invita il
comandante della Truppa di linea che qui si trova in distaccamento a
invigilare al mantenimento della pubblica tranquillità. Il comandante, a
sua volta, lamenta lo scarso numero di cartucce a sua disposizione, in
quanto gli sono state trafugate dai soldati per ordine del Comitato di
Polizia in seguito agli avvenimenti del 27 dicembre, giornata in cui
anche i circa cinquanta fucili in deposito presso il citt. Sebastiano
Gibelli erano stati requisiti.
Se nella regione delle Torri non vi sono Barbetti, in compenso il citt.
Giacomo Bianchero di Aijrole relaziona che in quelle vicinanze abbia
intenzione di fermare la sua dimora il cosiddetto Contino, capo dei Barbetti,
per cui la Municipalità viene invitata a prendere i dovuti provvedimenti per
allontanare detto assassino e se nel caso arrestarlo.
I compiti degli
Amministratori
Supponendo di dover elencare per argomenti quanto fatto dagli amministratori
del distretto del Roia nell’anno 1797, potremmo citare alla voce varie
i preparativi per la giornata dell’ 11 novembre e l’esecuzione dei
provvedimenti riguardanti i forestieri, i residenti all’estero e le loro
proprietà, naturalmente oltre all’acquisto di numero 4000 coccarde nuovo
modello fatte venire da Genova in mancanza - in loco - di fabbricanti
delle stesse.27
Leggiamo, infatti, nei verbali che «a scanso di disordini che i
perturbatori della pubblica quiete potrebbero far succedere nella festa di
San Martino da farsi da tutti i bravi patrioti e particolarmente dagli
ufficiali della Guardia Nazionale, l’Amministrazione Centrale decreta: di
“raddoppiare” le Guardie al Palazzo che serviranno anche alle porte della
Chiesa Cattedrale, ove si celebrerà la gran Messa e che poi in numero di 6
con un caporale andranno ad assistere alla piantagione del nuovo albero da
piantarsi in Piazza d’Armi con mantenervi ivi il buon ordine...» e che «una
pattuglia di otto comuni ed un ufficiale muova in tempo di detta funzione
per la città, facendo osservare sotto la responsabilità dell ‘ufficiale
destinato per la stessa il buon ordine militare per la sicurezza in ogni
posto». Per sorvegliare l’esecuzione di quanto su esposto viene
incaricato il comandante della Guardia Nazionale del distretto.
Anche per i rifugiati politici, che durante la rivoluzione francese avevano
trovato da noi asilo sicuro,28
la vita torna a farsi difficile e in vista dei decreti emanati dal
Governo francese continuano giungere inviti sottoscritti dal console
Fedenath a scacciare dal distretto tutti gli emigrati francesi di
qualunque sorta.29
Inoltre, dietro insistente richiesta del Comitato delle Finanze, le varie
municipalità del distretto devono denunciare tutti i beni, esistenti nel
loro territorio, di proprietà dei forestieri e dei cittadini liguri che da
oltre tré anni dimorano fuori della Repubblica, poiché, in ottemperanza ai
decreti del 25 agosto e 7 ottobre, detti proprietari sono tenuti al
pagamento del 50% dell’annuale reddito sopra i suddetti beni.
La Guardia
Nazionale a Genova
Nel mese di ottobre, per decreto del Governo Provvisorio, il distretto ha il
compito di scegliere 60 individui atti al servizio militare che dovranno
recarsi a Genova a concorrere con gli altri cittadini alle guardie che esige
la guarnigione della Centrale unitamente ad altri individui che sino in
numero di 500 si staccheranno contemporaneamente dagli altri luoghi dello
Stato.24
Vengono estratti a sorte gli ufficiali che li accompagneranno. Il sorteggio
viene fatto dai cittadini Gio Batta Rossi, Biamonti e Bonsignore, mèmbri
dell’Amministrazione Centrale, ai piedi dell’albero della libertà che si
trova davanti al Palazzo Nazionale. La sorte decide per il capitano
Francesco Viale q. Domenico delle Torri, per il tenente Giuseppe Lupi q.
Antonio di Vallebona ed il sottotenente Vittorio Porro q. Giuseppe di
Ventimiglia.
Poter far parte della guarnigione delle Guardie di stanza a Genova è senza
dubbio per molti un ambito traguardo
25
e lo dimostrano due documenti dell’epoca. Il primo è una petizione dei
cittadini Antonio Francesco Trucchi q. Emanuele, Emanuele Guglielmi q.
Lorenzo e Antonio M.a Trucchi di Carlo,
26
i quali a nome di tutti gli ufficiali del luogo di Airole lamentano di non
aver ricevuto copia della lettera che l’Amministrazione Centrale avrebbe
dovuto inviare a tutte le municipalità del distretto per informarle della
richiesta di sessanta guardie da inviare a Genova e chiedono spiegazione di
detta omissione. La Municipalità si premura di rispondere che, lungi da lei
l’intenzione di ledere i diritti della Guardia Nazionale di Aijrole, parte,
di questo comune aveva fatto a suo tempo fare le grida di quanto contenuto
nella lettera, credendo che questo sarebbe bastato.27
L’altro documento è la risposta a sei portabandiere di Ventimiglia che
chiedevano di essere ammessi a far parte dei sessanta volontari diretti a
Genova. Poiché gli ufficiali ed i due sergenti sono per ora bastanti,
l’Amministrazione Centrale propone di far menzione onorevole della premura
che li suddetti dimostrano di servire la Patria e di sottoporre alla
deliberazione se vi sia luogo in questa spedizione detti portabandiera.
Il trasferimento dei volontari a Genova costerà in totale
all’Amministrazione lire 120, in ragione di lire 10 il giorno per dodici
giorni fra andata e ritorno, che saranno pagate al cittadino Agostino Viale,
incaricato di effettuare il trasporto colle sue bestie.
La Forza Armata
19
TRUPPA ASSOLDATA
In base alle nuove disposizioni, si sta intanto organizzando la truppa
assoldata che deve rimpiazzare la guarnigione di stanza un città
20
e vengono eletti gli ufficiali delle varie compagnie che, a loro volta,
procedono alla scelta dei loro sergenti e caporali, le cui nomine saranno
poi approvate dai mèmbri dell’Amministrazione Centrale.
Sul libro pubblicato
seguono i nomi di tutti gli ufficiali e sottufficiali delle sette compagnie,
ingaggiate a Ventimiglia
GUARDIA NAZIONALE
Contemporaneamente, a seguito d’istruzione verbale dei commissari genovesi
Biagini e Repetto, si va formando la Guardia Nazionale che come cita l’art.
266 della Costituzione della Repubblica Ligure, e «composta di tutti i
Cittadini e figli di Cittadini in istato di portare le armi».
L’arruolamento è implicitamente obbligatorio,21
per cui ogni comune ha il compito di trasmettere al più presto il ruolo di
tutti i suoi cittadini maschi abili a portare le armi dai 17 ai 60 anni. Si
fa inoltre invito ai parroci dei vari comuni di predicare che la Guardia
Nazionale ad altro non deve servire che per l’intema tranquillità della
Repubblica e per la difesa dalle aggressioni in caso d’urgenza.
Si chiedono a Genova le armi da dare in dotazione, ma il mantenimento e le
paghe sono a carico del rispettivo distretto. E poiché a detta degli
amministratori la spesa che porta la guardia di tre posti della città è
ragguardevole
22
l’amministrazione centrale delibera d’invitare la Guardia Nazionale a voler
interinalmente guarnire detti posti gratis ... e liberare il distretto dalla
quotidiana spesa.23
Il progetto di
Costituzione
La Commissione Legislativa nominata dal Governo
12
ha nel frattempo preparato un progetto di costituzione da mandare alle
parrocchie di tutti i distretti per l’approvazione popolare. Con decreto del
23 agosto, la consultazione viene fissata per giovedì 14 settembre. Ma il
clima non è dei più tranquilli; ovunque fra la popolazione serpeggiano
malcontento e diffidenza. Le polemiche e le critiche, soprattutto a Genova,
durante la stesura del documento costituzionale si estendono in breve tempo
nelle varie zone del territorio ligure. Le nuove leggi che, a detta del
presidente della Commissione Legislativa, Cottardo Solari, avrebbe dovuto
rendere i Liguri più felici, fomentano, invece, l malumore e lasciano
alquanto perplessi i benpensanti.
Con l’abolizione delle classi dominanti, che per secoli avevano goduto di
ogni sorta di privilegi, anche la Chiesa riceve ora un duro colpo.
Proclamata la libertà di coscienza, la religione cattolica perde la sua
posizione di religione protetta e viene declassata a livello di qualsiasi
credo religioso.13
I mèmbri del clero sono privati dei diritti di cittadino in quanto facenti
parte di un ordine religioso (art. 23) ed esclusi dalle liste elettorali
perché astretti a celibato (art. 48). (Questi articoli sono quelli
del testo definitivo di Costituzione).
Altro motivo d’inquietudine, gli articoli 398, 403, 404 - essi verranno poi
soppressi per suggerimento dello stesso Napoleone - che, oltre a decretare
proprietà dello Stato tutti i beni ecclesiastici (in caso di bisogno essi
potrebbero essere destinati ad uso che non sia quello di servire alle spese
del culto e al mantenimento dei sacerdoti), stabiliscono il distacco della
Chiesa Genovese dalla Curia Romana.
Sulla scia delle idee propugnate dalla Rivoluzione Francese, tramonta la
figura del pater familias, capo e padrone del nucleo famigliare.
Oltre all’abolizione del maggiorascato, questione che tra l’altro non tocca
la massa del popolo contadino e nullatenente, ciò che più preoccupa le
famiglie è l’eccesso di libertà che sembra emanare da ogni rigo del progetto
costituzionale e la cui interpretazione potrebbe favorire il libertinaggio.
E tutto un capovolgimento di princìpi che molti non riescono a capire ne
tanto meno ad accettare. Ovunque, oltre allo scontento, si diffonde ora una
aperta disapprovazione.
Da noi l’episodio di monsignor Domenico Maria Clavarini, vescovo di
Ventimiglia, destituito dalla sua carica per essersi rifiutato di scrivere
una lettera pastorale atta a calmare le inquietudini dei timorosi e degli
ignoranti sui nuovi articoli della costituzione che si riferiscono alla
religione, non è certo un fatto isolato anche se il più eclatante di tutto
l’anno 1797.14
Lo stesso Gio Batta Clavarini, nipote del suddetto vescovo viene denunciato
dal cittadino Sebastiano Gibelli fu Pietro per aver sparlato del governo
democratico il giorno 24 agosto al dopopranzo. Secondo le testimonianze di
Agostino Pallanca, Diego Viale e Francesco Trucchi, egli avrebbe detto che «la
democrazia non può andare avanti se tutti gli individui dello Stato non sono
virtuosi e che lo proverebbe con vari autori che andava leggendo». La
risposta di Sebastiano Gibelli a queste parole si commenta da sé: «gli
autori che parlano dello stato democratico, che devono difenderlo e
conservarlo sono: lo schioppo, la baionetta e la sciabola !».
Battibecchi, dunque, litigi, diversità di opinioni che ad una prima lettura
possono sembrare poca cosa, ma che ad un più attento esame rivelano lo stato
di estrema tensione di quei giorni e l’animosità che avvelena gli animi di
tutti.15
Non molto dissimile la situazione a Bordighera, dove Patron Gio Batta
Amalberti si fa lecito di subornare varie persone del basso popolo
dicendo loro che la Costituzione, impedendo ai padri di castigare i propri
figli ancorché facessero male non era cattolica, bensì contro Dio
e che devono esser pronti a non accettarla. Anche il parroco di quella
città, don Bartolomeo Morraglia, il 26 settembre viene dichiarato reo di
aver calunniato il progetto di Costituzione con discorsi ed opinioni
16
e a tenor dei decreti del governo provvisorio, condannato alla pena
di mesi tre di relegazione nella Fortezza di Savona.
A Vallecrosia Pietro Lamberto di Francesco minaccia di dare
un’archibugiata al capitano Paolo Aprosio se questi continua ad esortare
il popolo ad accettare il progetto di costituzione e, a Vallebona, Marco
Antonio Guglielmo di Luca sparla per tutte le contrade di detto luogo
del nuovo ordinamento della Repubblica Ligure, istigando i paesani a
rigettarlo perché contro la religione.
Nel tentativo da calmare un po’ gli animi gli amministratori, a loro volta,
incaricano i sacerdoti delle varie cittadine di spiegare alla popolazione il
tanto discusso progetto nel suo vero senso, ma, mentre i parroci di
Camporosso, Giuseppe Rossi, di Bordighera, Giuseppe Ballauco e Vallebona,
Gio Batta Guglielmi, assicurano che faranno in ciò ogni loro sforzo,
il cittadino provicario Filippo Viale ed il parroco di Vallecrosia
rispondono di non volersi ingerire in quello che riguarda il politico e
in quanto riguarda la, religione cattolica, che occorrendo la spiegheranno
come la sentono.
Il governo centrale, che già aveva rinviato le votazioni del 14 settembre,
preoccupato per tutti questi fatti di netto sapore antirivoluzionario, manda
a Ventimiglia due commissari, l’ex-prete Sebastiano Biagini
17 e il prete Tommaso Repetto, incaricati di provvedere in
merito. Questi procedono senza indugio al fermo del parroco Morraglia, di
Gio Batta Clavarini, dei giudici Filippo Viale e P. Antonio Aprosio
18
e a deporre dalla carica l’anziano vescovo.
I metodi repressivi adottati non tardano però a dispiacere al governo stesso
che richiamerà tosto a Genova i due commissari.
Odor di polvere e
di scontento
Il nuovo ordinamento non porta ne la tranquillità ne il benessere sperato e
il primo anno della Repubblica Ligure è per il distretto del Roia un periodo
piuttosto travagliato. Se da una parte coloro che rimpiangono gli antichi
privilegi mal si rassegnano al nuovo stato democratico, dall’altra, passata
l’euforia dei primi mesi, molti incominciano a rendersi conto che troppo
spesso le belle parole “libertà, fratellanza e uguaglianza” diventano
sinonimi di disordine e amoralità.8
Perplessità ed inquietudine amareggiano gli animi; in città aleggia un clima
di timore e insicurezza. Apprendiamo, infatti, dalla lettura dei verbali che
l’amministrazione centrale è piuttosto preoccupata nell’udire che il
cittadino Gio Batta Chiarle ha nella sua casa tre rubbi di polvere da sparo
che egli dice comprata da un genovese per rivenderla ... e dubitando che
si trovi in molte botteghe di questa città una quantità di detta polvere,
invita la municipalità a prendere sopra di ciò le misure più opportune a
scanso di ogni disordine.
Ma il caso non è unico ed un delatore informa che nel condotto
dell’abitazione del cittadino Nicolo Olignani, posto sotto la Colla Bassa di
questa città ve ne sono all’incirca dodici rubbi. Si intensifica
la vigilanza, si susseguono gli interrogatori fatti sotto giuramento
9
e ad questi risulta che la polvere sarebbe dovuta servire per darci fuoco
per offendere la città. Senza ricorrere, per quanto possibile, alle
maniere forti e senza troppo reprimere, si incita la cittadinanza
all’obbedienza verso il nuovo regime.
La municipalità ha l’ordine di far levar i ferri della berlina e tortura
apposte al Palazzo Nazionale, vergognosa testimonianza del vecchio stato
aristocratico, ed anche di vigilare che si cantino le canzoni
patriottiche
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con proibire però che siano cantate in modo che possa disturbare la
pubblica quiete senza individuare le persone o direttamente o indirettamente.
Vengono nel frattempo abolite le gabelle del grano e del vino. La cultura
non deve più essere appannaggio di soli pochi privilegiati ed i conventi che
hanno biblioteche vengono esortati a metterle a disposizione della comune
utilità e di affiggere in un cartello l’orario in cui resteranno aperte.11
Si ha l’impressione che, almeno nei primi tempi, tutto venga fatto con mano
guantata di velluto, quasi ad evitare violente reazioni ed incresciosi
scontri.
TITOLI DEI CAPITOLI NON INSERITI ONLINE
- Riforma e approvazione della Costituzione
- La famiglia Viale
- Dissapori e denunce
- Comizi primari
- Doni Patriottici e tassa sulle finestre
- Mancano i soldi
- Si requisiscono gli ori e gli argenti delle chiese
- La disfatta di Porto Maurizio
- Dal copialettere della Municipalità
- Conclusione
- Giudicatura di pace del cantone di Ventimiglia
- Dal libro dei verbali del Giudice criminale
- Appendice di Documenti
- Negli atti delle Cause criminali il volgare subentra al latino
- Proclama: Pulizia strade e conservazione Acque pubbliche
-
Abolizione
del titolo di “Signore”
- Sulla chiusura notturna delle osterie
- Denuncia: Francese maltrattato