... “Verso ponente, l’argentea striscia della strada ondulata fra case
sparse qua e là, o tra boschetti di aranci e di palme, conduce l’occhio
al promontorio di Bordighera: un masso enorme di smeraldo che chiude
l’orizzonte, tagliato in forma di balena coricata con la sua larga coda
sepolta nelle acque.
Ivi in un piccolo spazio - vista veramente rinfrescante - vi si presenta
ogni gradazione di verde che può rallegrare l’occhio; dal pallido grigio
dell’olivo, alle scure foglie di cipresso ...
Gruppi di piumate palme, con la cima illuminata dal sole e il resto
nell’ombra, stendono i loro larghi rami come piume di elmetti guerrieri
in cima; ove lo snello profilo della guglia torreggiante della chiesa si
disegna spiccato nel cielo purissimo”. ...
Con queste parole Giovanni Ruffini offre nel suo celebre “Dottor
Antonio” una delle più affettuose e spontanee descrizioni di Bordighera,
la città che, come egli ebbe a scrivere, “fu la sua prima fiamma”, e che
più di ogni altra gli rimase nel cuore durante i tristi e difficili anni
dell’esilio.
Il romanzo di Giovanni Ruffini, apparso in Inghilterra nel 1855, oltre a
contribuire a ristabilire un equilibrio di valutazione sulla condizione
morale e civile degli Italiani, ebbe un effetto straordinario sui
lettori, che da allora cominciarono a voler conoscere da vicino la
Riviera e principalmente Bordighera, teatro della delicata vicenda
sentimentale del dottor Antonio e di Miss Lucy.
L’ARRIVO DEGLI INGLESI
Un flusso ogni anno più consistente, composto di agiate famiglie
inglesi, giungeva a questa terra, che offriva un ambiente sereno, un
paesaggio fantastico, un clima eccellente, fattori esclusivi che
rendevano il soggiorno piacevole e interessante.
Un turismo in embrione cominciò a svilupparsi. Sorsero i primi alberghi,
le prime attrezzature furono create dagli stessi ospiti, che nel breve
volgere di qualche decennio vennero a moltiplicarsi e ad assumere una
fisionomia cosmopolita, con partecipazione della migliore società
d’Europa.
In concorrenza con Nizza, da poco passata alla Francia e particolarmente
valorizzata, la nostra Riviera poteva offrire una ospitalità più genuina
e riposante, in un ambiente irripetibile. In quei tempi la vita di
Bordighera era ancora quasi completamente accentrata nel vecchio borgo
cinto di mura, e le colline circostanti e la piana verso Ventimiglia
erano lussureggianti di vegetazione: si calcola che non meno di 20.000
palme e 50.000 piante di ulivo circondassero Bordighera, che emergeva da
una immensa ed armoniosa macchia verde per specchiarsi nel suo mare
azzurro ed incontaminato.
Dove la piana degli Orti Sottani e del nascente Borgo Marina iniziava a
risalire dolcemente verso le colline, in un vero bosco di ulivi, lungo
la via Romana appena tracciata, sorsero le prime ville dei “furesti”,
come erano chiamati dai bordigotti gli ospiti stranieri.
Una numerosa colonia di stranieri, composta principalmente da inglesi,
(nel periodo di massimo afflusso raggiunsero le tremila unità) era
stabilmente insediata nel territorio di Bordighera e nei primi suoi
grandi alberghi, verso gli ultimi anni del secolo scorso.
Pur non mancando residenze nelle zone vicine (la famiglia Hanbury alla
Mortola ne è il più evidente esempio), i favori ricadevano quasi sempre
su Bordighera, che attraversava davvero il suo periodo aureo.
In questa cornice naturale ed umana, giungeva a Bordighera nel 1880 un
personaggio in apparenza strano: pastore protestante, appassionato e
colto botanico, pittore sensibile e delicato, amante del bello, semplice
e riservato: il suo nome era Clarence Bicknell.
CLARENCE BICKNELL
Egli contava allora 38 anni. Nato a Herne Hill, presso Londra, il 27
ottobre 1842, si era laureato in matematica a Cambridge. Iniziata la
carriera ecclesiastica, era stato pastore a Londra, ma poi, anche a
seguito di una cospicua eredità, aveva parzialmente abbandonato
l’attività religiosa per darsi allo studio delle scienze naturali.
Qualche tempo dopo, anche spinto da motivi di salute, iniziò a viaggiare
per il mondo. Fu a Ceylon, nella Nuova Zelanda, in Marocco, a Maiorca, e
finalmente nel 1878 scese in Italia. Dopo un breve soggiorno a Finale
giunse a Bordighera, se ne innamorò e decise di fissare qui la sua
residenza.
“Piuttosto alto e tarchiato, colpiva a prima vista nel suo aspetto una
espressione di bontà e di simpatia, che era in perfetta armonia con gli
atti di una vita semplice e operosa. Negli occhi azzurri e limpidi, nel
sorriso bonario, non solo traspariva la benevolenza, ma anche l’ingegno
sagace e il carattere gioviale”. Così Arturo Issel, che gli fu intimo
amico, ne descrisse i tratti essenziali.
Stabilitesi a Villa Rosa, tra la strada Romana e la strada della
Cornice, si diede subito a una vita di studio e di ricerca. Si dedicò
principalmente alla conoscenza della flora locale, iniziando una
meticolosa e sistematica catalogazione di tutte le specie che riusciva a
trovare sulle colline circostanti Bordighera. Allargando gradualmente il
raggio delle sue escursioni, non vi fu vallata o montagna della Riviera,
da Ventimiglia a San Remo che non visitò. Fu così in grado, nel 1885, di
pubblicare quella che resta la sua opera botanica più prestigiosa:
“Flowering plants and ferns of the Riviera”, splendida e grossa opera
con 82 tavole a colori da lui stesso dipinte dal vero, che illustrano e
descrivono scientificamente tutta la flora della Riviera.
In questo periodo il Bicknell abbandonò l’attività religiosa. Poiché la
causa è legata a Bordighera, vale la pena di ricordarla. Egli era solito
celebrare la messa per i connazionali la domenica mattina, in una
cappelletta che sorgeva nel luogo in cui in seguito venne edificata la
chiesa protestante. Una domenica, ricorrendo la festa di Sant’Ampelio,
il Bicknell durante la funzione recitò una preghiera, da egli stesso
composta, in onore del santo patrono della città, tra lo stupore dei
presenti che gridarono allo scandalo. Si era allora in un periodo in cui
le chiese cattolica e protestante vivevano in aperto contrasto, e il
fatto non mancò di suscitare vivo scalpore. Ufficialmente biasimato,
invitato a fornire precisazioni e scuse, Clarence Bicknell dichiarò di
non voler rettificare quanto fatto per rispetto e devozione al Santo di
Bordighera, e chiese di non venire più chiamato “reverendo”. Egli rimase
piuttosto amareggiato da questa vicenda, abituato com’era a valutare i
fatti da un alto piano spirituale, al punto da far costruire nella sua
proprietà, che era prossima alla cappella, un alto muro che la nascose
completamente alla vista e intensificò gli studi scientifici.
Ma se la botanica assorbiva le sue cure maggiori, il Bicknell trovò modo
di occuparsi di molte altre attività. Temprato dai primi anni di vita
religiosa, naturalmente portato allo studio delle scienze e alla
contemplazione del bello, instancabile camminatore, egli univa al tempo
stesso le qualità di uomo d’azione e di persona umanissima dominata da
idealità superiori.
Si inserì immediatamente nell’aspra e dolce terra ligure, l’amò
profondamente come una seconda Patria; e Bordighera ne divenne subito la
figlia prediletta. Per il suo progresso materiale e intellettuale mise
ben presto a disposizione la propria vita e le proprie sostanze. La
colonia inglese di Bordighera intanto continuava ad accrescersi, anche
per effetto della letteratura europea e dei libri di viaggio di fine
secolo che esaltavano la Riviera e Bordighera in particolare, conosciuta
come “meraviglia del Mediterraneo”, e grazie specialmente al libro di
Frederick Fritzroy Haroilton, “Bordighera and the western Riviera”, del
1883, il quale costituisce a tutt’oggi la più completa e documentata
storia della città, ricco in appendice di informazioni per i turisti e
dotato di una parte supplementare dell’architetto Charles Garnier, “I
motivi artistici di Bordighera”; opera che sarà tradotta in francese, ma
mai in italiano.
IL PRIMO MUSEO DELLA LIGURIA OCCIDENTALE
Ai numerosi connazionali colti e interessati alla storia e alle
tradizioni locali, Clarence Bicknell offrì nel 1888 un luogo ove
riunirsi e coltivare gli studi, in un ambiente raccolto e sereno: un
museo, il primo Museo della Liguria occidentale, un edificio che fondeva
armoniosamente il caratteristico stile di chiesa protestante col portico
e le decorazioni di tipo mediterraneo, in un parco che rappresentava in
sintesi la ricchezza botanica della regione, che allora tutti ci
invidiavano.
Nel grande salone centrale si succedettero presto conferenze, concerti,
esposizioni, riunioni, serate di beneficenza, mentre le sue pareti
venivano popolandosi di vetrine ove erano raccolte le più diverse
testimoniante storiche e naturalistiche della regione; colleziosi
botaniche, mineralogiche, faunistiche, (in particolare, i reperti romani
provenienti dagli scavi di Albintimilium, che in quegli anni Girolamo
Rossi stava conducendo, ma che i proprietari dei terreni circostanti
vendevano a privati; salvando così un prezioso patrimonio, e oggetti
preistorici provenienti dalle caverne del Finale), e contemporaneamente
veniva costituendosi il primo nucleo di una biblioteca.
Accanto a questa attività esemplare, che fece di Bordighera un centro
culturale vivo e poliedrico, ove si incontravano felicemente la scienza
e la divulgazione, la cultura e l’educazione, un’altra attività del
Bicknell, sempre discreta e spesso segreta, era quella costante della
beneficenza.
LE BENEFICENZE
Scrisse a questo proposito ancora l’Issel: “Un infelice non ricorreva
mai a lui senza ottenere un soccorso efficace e duraturo che non aveva
mai il colore d’elemosina. Ad uno studioso elargiva i mezzi perché
potasse pubblicare una opera provvista di tavole dispendiose e fosse
così in grado di migliorare la sua carriera; s’incaricava delle spese
per provvedere alla cura di certi operai infermi a lui noti come persone
meritevoli di aiuto e di compassione. Colpito dalla voce sonora di un
giovane muratore, lo manda a studiare a proprie spese al Conservatorio
di Milano; lo Zeni, così ha nome, diventa un celebre tenore e conquista
successi teatrali sulle principali scene d’Europa. A Bordighera promuove
ogni nobile iniziativa, ma le sue beneficenze, fatte in stretta
collaborazione con Padre Giacomo Viale, erano il più delle volte
segretissime, e in certi casi gii stessi interessati ne ignoravano
l’autore. Quest’uomo tanto benefico e generoso viveva nella massima
semplicità, disprezzava gli agi e d’ordinario viaggiava in terza classe
!”
Quando fondò il Museo, Bicknell non aveva ancora iniziato lo studio di
ciò che doveva consacrare alla scienza la sua fama maggiore: le
incisioni rupestri preistoriche di Monte Bego.
Testo della conferenza tenuta da Enzo Bernardini il 18 aprile 1971 al Palazzo del Parco di Bordighera, nel ciclo delle manifestazioni culturali in occasione del Cinquecentenario della città.
Museo nei pressi della Via Romana
Nell’affrontare lo studio della nostra bella d’erbe famiglia,
egli prese esempio e ricevette incoraggiamento ed aiuto da altri
botanici suoi amici, autori di varie opere in materia quali
Contributions to the Flora of Mentone(1864) di J.T. Moggrigde, la
Flore Françise di Gilet et Magne e la Flore des Alpes Maritimes
dell’Ardoino.
Particolare riconoscenza egli esprime, nella prefazione, al suo caro
amico Cav. Francesco Panizzi di San Remo, al quale l’opera è dedicata,
al Prof. Giovanni Arcangeli dell’Università di Pisa, autore della
Flora Italica, e al Prof. Allman Presidente della Linnaean
Society.
Con legittima soddisfazione 1’Autore può affermare che, botanicamente
parlando, con le ricerche dei suoi amici e sue, si è “coperta” tutta la
zona tra Marsiglia e La Spezia comprese le montagne adiacenti. Un arco
di circa 500 chilometri lungo il quale erano state studiate tutte le
piante conosciute.
Ma, nel prefazionare il libro, Bicknell non può fare a meno di esprimere
rammarico e deplorazione per il depauperamento del patrimonio botanico
locale, già iniziato fin da quei tempi con le sconsiderate razzie dei
“raccoglitori”.
“Molte di queste piante - egli lamenta - non possono essere
trovate ed altre stanno iniziando a diventare particolarmente scarse a
causa dei saccheggi commessi dagli agenti inviati dagli orticoltori e
dai visitatori invernali, i più recenti dei quali, ahimè, scavarono
radici e bulbi mentre le piante erano ancora in fiore e le spedirono in
quantità a morire in climi alieni. Ogni autunno, inoltre, ritorno a
scoprire che una nuova strada o villa o vigna ha causato la sparizione
di alcune tra le migliori vecchie piante amiche”.
E si chiede ancora con trepidazione: “È troppo tardi per sperare che
in ogni incontro con piante rare come alcune specie di Narcissus a
Mentone, il tulipano giallo dell’Estorel, il cosiddetto Iris nero o la
Bellevalia Webbiana a Bordighera o il rosso Tetragonobulus e il
Convolvulus pentapetaloides, che una volta fioriva abbondante a San
Remo, queste possano salvare le radici fino all’arrivo della prossima
stagione ?”
* * * * * * * * * *
Ma Bicknell, che già molto aveva fatto per la conoscenza e la
salvaguardia della nostra flora, non si sentiva ancora pago dei
risultati raggiunti. Nel decennio successivo concentrava i suoi studi
nell’area dell’estrema Riviera occidentale e, nel 1896, pubblicava la
Flora of Bordighera and San Remo, arricchendo la descrizione
botanica di un dato linguistico locale di notevole interesse: il nome
dialettale delle specie elencate.
Per un caso del tutto singolare, doveva essere proprio la passione
botanica ad allontanare Bicknell dal prediletto mondo delle piante e dei
fiori per condurlo lungo una strada nuova ed impensata.
Mentre si trovava in Val Fontanalba per eseguire le sue osservazioni
naturalistiche sugli endemismi della zona del Monte Bego - fra i quali
individuò la rara e bellissima Saxifraga florulenta, che impiega
più di vent’anni a produrre la sua unica spiga fiorita - fu colpito
dalla presenza dei misteriosi segni tracciati sulle rocce circostanti.
Da quel momento un nuovo predominante interesse - che non lo avrebbe
più abbandonato per il resto della vita - cominciò ad impadronirsi di
lui.
Alla riproduzione, catalogazione e studio delle incisioni rupestri del
Monte Bego, Bicknell dedicherà infatti tutte le energie fino alla morte,
avvenuta “sul campo” (possiamo ben dirlo !) a Casterino, il 17 luglio
1918, da dove le sue spoglie mortali vennero trasportate a valle e
sepolte nel cimitero di Tenda.
LA VOCE INTEMELIA
anno XL n. 10 - ottobre 1985
LA FLORA DELLA RIVIERA
di
Renzo Villa
1984
Le piante spontanee della nostra terra in una guida illustrata,
pubblicata a Londra cento anni fa - Preoccupazione dell’Autore per il
depauperamento del patrimonio naturalistico: i Narcissi di Mentone, il
Tulipano giallo dell’Esterel e l’Iris nero di Bordighera, “alcune tra le
migliori vecchie piante amiche”, già in via di estinzione sul finire del
secolo scorso.
Un secolo fa, nel 1885, presso l’editore londinese Trübner & Co.,
in Ludgate Hill, appariva l’opera monografica FLOWERING PLANTS
AND FERNS of THE RIVIERA and NEIGHBOURING MOUNTAINS drawn and described
by Clarence BICKNELL, un titolo piuttosto lungo e complesso che,
tradotto in italiano, suona “Piante Fiorite e felci della Riviera e
delle montagne vicine disegnate e descritte da C. Bicknell”.
Nel libro, oggi rarissimo, l’Autore elenca e descrive 280 specie,
raccolte in 14 famiglie, della flora spontanea rivierasca e
dell’entroterra montano, corredando il testo di 82 squisite tavole di
nomenclatura a colori, ognuna delle quali può essere considerata una
piccola delicata opera d’arte. Tutto ciò grazie al fatto, non comune,
che egli era un botanico-pittore o, se si preferisce, un
pittore-botanico il che non cambia la sostanza della cosa.
La brevità di questa nota, suggerita dal centenario del libro e ad esso
esclusivamente dedicata, non consente di soffermarsi sulla vita e
sull’intensa attività dello staordinario e poliedrico personaggio
Bicknell.
I lettori, eventualmente interessati a più complete notizie biografiche,
si rimandano alla esauriente conferenza di Enzo Bernardini, tenuta al
Palazzo del Parco, in occasione del Cinquecentenario di Bordighera, il
18 aprile 1971 ed interamente pubblicata ne La Voce Intemelia di
quello stesso mese.
Per noi basterà dire che Clarence Bicknell, nato a Londra il 27 ottobre
1842, già pastore protestante, filantropo, naturalista, instancabile
viaggiatore, esperantista, fondatore dell’omonimo Museo, pittore ed, in
seguito, studioso, fra i primi, delle incisioni rupestri del Monte Bego,
si stabilì a Bordighera nel 1880 quando era in piena espansione il boom
del turismo inglese in Riviera di cui la Città delle Palme sarebbe
diventata uno dei più significativi e fortunati esempi.
Ed è proprio ad uso dei connazionali in vacanza invernale sulla Riviera
- amanti delle escursioni e del contatto con la natura mediterranea -
che Bicknell prepara la sua guida alla conoscenza della flora locale
lavorando di penna e pennello (e non è un gioco di parole) per sette
anni consecutivi, in pratica dal giorno del suo arrivo a Finale, nel
1878, fino a quello della pubblicazione datata Villa Rosa, Bordighera,
15 settembre 1885.
In realtà le tavole a colori erano molte di più di quelle pubblicate,
che rappresentano soltanto il frutto di una selezione fra il
ragguardevole numero di millecento disegni, eseguiti dal vivo e, per lo
più, in situ.
In calce alla descrizione botanica di ogni pianta non manca mai la
meticolosa e quasi rituale indicazione del giorno, mese, anno e luogo in
cui l’esemplare era stato da lui raccolto.
Ma, al di là del valore scientifico, il libro rivela, con lo stile, la
veste tipografica e le illustrazioni, il gusto tardo romantico e la
sensibilità dell’Autore per il mondo della natura.
Per preparare il suo trattato, Bicknell percorse in lungo e in largo la
Riviera e la Costa Azzurra dalle valli del Roia e del Nervia a quella
del Feglino, da San Remolo alla Caprazoppa e al Capo Noli, da
Ventimiglia e Bordighera sino a Loano e Finalmarina e, di là, a Pegli e
Sestri Ponente.
E, nella direzione opposta, da Mentone a Sainte-Agnès, alla Turbia, all’Authion,
a Grasse e, lungo la costa, a Monaco, Nizza, Antibes e Cannes, soltanto
per citare fra le molte località visitate da Bicknell, sempre alla
paziente ricerca di piante e fiori da disegnare e da descrivere.
* * * * * * * * * *
Un giorno di marzo il Bicknell incontrò padre Giacomo nella piazza
della Fontana, mentre questi era intento ad osservare la casa che
doveva presto diventare il ricovero per i vecchi poveri. Padre
Giacomo mise al corrente l’amico del progetto, e gli manifestò le
sue preoccupazioni per l’acquisto, per il quale occorrevano
inizialmente almeno cinquemila lire. Il 21 marzo 1911 il Bicknell
così scriveva a Padre Giacomo Viale: ...”Un ricovero per i vecchi
poveri è quello che più occorre. Vedere i vecchi, senza figli, senza
la forza per lavorare, soffrire e tribolare e aver ricorso a cercare
elemosine è una cosa che fa pietà. Ho già parlato dell’affare a mia
nipote signora Berry. Essa è d’accordo con me che non sarà difficile
raccogliere del denaro, e che tutti gli inglesi qui aiuteranno . ...
Se crede, io mi faccio responsabile per lire 5000, per comprare una
seconda casa, ma non parli di me. Lo dico a Lei, per far coraggio a
Lei, e per dimostrare che tengo a cuore questo affare, e che non lo
lasceremo andare a nulla. Forse verrò oggi da Lei per parlarne: se
non oggi, domani”.
Difatti andò, ma non trovando il Padre, così gli scrisse: ... “ho le
5000 lire per Lei. Queste le manderò subito, se crede. Verrò
anch’io, se Lei lo desidera, ma non pare necessario che io sia
presente per assistere alla compera. Dev.mo Clarence Bicknell”. Il
26 marzo il santo frate faceva il primo acquisto per l’ospizio dei
suoi cari vecchi.
L'ESPERANTO
Al Museo, già da diversi anni, accanto agli studi botanici e
preistorici, il Bicknell coltivava con alacrità l’esperanto, e si
adoperava per la diffusione di questa lingua, la quale, a parer suo,
avrebbe dovuto esercitare un’azione potente e benefica affratellando
le stirpi e le nazioni.
È facile intendere quanto fosse addolorato dallo scoppio della prima
guerra mondiale, che deludeva così crudelmente le sue aspirazioni
umanitarie. Non mancò di prestare la propria opera, con tutti i
mezzi che erano in suo potere, allo scopo di lenire i mali della
guerra (era solito, tra l’altro, inviare ai prigionieri italiani
calze di lana che egli stesso lavorava a maglia), ma non visse
abbastanza per salutare la fine del conflitto.
LA SCOMPARSA
Il 17 luglio 1918, si trovava nella sua casa di Casterino, essendo
stato colto fin da tre giorni prima da improvviso malore, desiderò
ricrearsi con la vista delle dilette montagne, e si fece trasportare
sulla veranda ove spirò serenamente, nella contemplazione delle Alpi
a lui tanto care.
Clarence Bicknell fu sepolto con estrema semplicità nel cimitero di
Tenda, non essendo possibile rispettare le sue ultime volontà che
esprimevano il desiderio di riposare per sempre a Casterino, per
essere più vicino ai monti tante volte percorsi e accanto alla
fedele compagna miss Alice Campbell. Laggiù giace ancor oggi,
essendo risultati vani recenti tentativi di traslarne la salma a
Casterino; ogni anno è tradizione che gli amici dell’Istituto di
Studi Liguri vi si rechino a deporre fiori sulla sua tomba.
Le sue ultime disposizioni testamentarie costituiscono un ultimo
atto d’amore alla Liguria e a Bordighera in particolare. Egli
lasciò all’Istituto Universitario di Genova (purtroppo non a
Bordighera !) i calchi cartacei delle incisioni, mentre restò al
Museo il suo erbario. Alla città di Bordighera lasciò il Museo,
volendo indirizzare con gesto lungimirante e altruistico la sua
destinazione a scopo pubblico, per gli studiosi che avrebbero
frequentato Bordighera; invece la Biblioteca Internazionale, col suo
carattere circolante, rimaneva a disposizione delle necessità
culturali dei forestieri e dei bordigotti.
L’atto di liberalità del Bicknell prevedeva già allora che il Comune
di Bordighera assicurasse il buon funzionamento e la continuità
della via tracciata e che studiosi italiani ne fossero i
continuatori.
Quanto accade a questo punto è quasi incredibile, se non ci si
riporta a quel particolare periodo dell’immediato dopoguerra
1918-19. Dapprima il Comune si sentì estraneo a un tale compito di
altissimo livello culturale; poi qualcuno pensò di utilizzare il
Museo per farvi una cinematografo, altri propose una scuola, altri
ancora chiese che divenisse sede del municipio, senza considerare
che i locali non potevano essere trasformati per altri usi.
Legittimamente insorsero gli ospiti inglesi sdegnati e molta parte
dei bordigotti si oppose a tanta insensibilità.
Dopo ben cinque anni di lotta e di trattative condotte
principalmente da Edward Berry, nipote del Bicknell, il quale a nome
dei connazionali chiedeva che il Museo venisse aggregato alla
Biblioteca Internazionale, e fosse finanziato dalla stessa comunità
britannica, la richiesta venne accolta, il Comune fece atto di
rinuncia all’eredità a favore della Biblioteca Internazionale, e i
coniugi Berry poterono così continuare l’opera dello zio.
LA VOCE INTEMELIA anno XXVI
n. 4 - aprile 1971
Pagina del Notiziario intemelio dell'ISTITUTO
INTERNAZIONALE DI STUDI LIGURI
L’OPERA DI BICKNELL A MONTE BEGO
Già nel 1881, salito in Val Fontanalba alla ricerca di fiori alpini,
ebbe l’occasione d’imbattersi casualmente, nei pressi del Lago Verde,
con alcune rocce incise. Ma in quegli anni i suoi maggiori interessi
erano rivolti alla botanica (localizzò, tra l’altro, la famosa
Sassifraga florulenta, una rara specie endemica del gruppo di Monte Bego),
e pertanto si ripromise di ritornare sul posto in un secondo tempo. Fu
così che nel 1885 raggiunse nuovamente quella località, ove ritrovò le
figure notate quattro anni prima, che ricalcò, assieme ad altre. Il loro
mistero lo turbò profondamente ed egli, intuendone tutta l’importanza,
decise di approfondirne la conoscenza.
Intanto, nel 1896 pubblicava il secondo grande studio sulla flora
locale: “Flora of Bordighera and San Remo”, opera che testimonia la
completa conoscenza della zona, costituisce ancor oggi il più ricco e
dettagliato catalogo botanico della regione. Il volume è tra l’altro
corredato da un dizionarietto nel quale i più comuni fiori spontanei di
Bordighera vengono indicati anche coi loro nomi dialettali, particolare
che dimostra come nulla trascurasse par la completa conoscenza
dell’ambiente e che i contatti personali coi bordigotti dovevano essere
frequenti.
Variamente occupato col suo Museo, impegnato in viaggi e in attività
diverse, Clarence Bicknell tornò in Val Fontanalba qualche altra rara
volta, finché si decise, nel 1897, di trascorrere l’estate a Casterino.
Le esplorazioni condotte in compagnia del collaboratore Luigi Pollini
lo convinsero definitivamente che su quelle rocce stava scritta, in
maniera enigmatica ed affascinante, la storia delle antiche popolazioni
di pastori e di agricoltori liguri. Diede immediata notizia delle sue
prime osservazioni al mondo scientifico, e da quell’anno ogni estate lo
vide instancabile esploratore, prima di tutta la Val Fontanaiba e del
Monte Santa Maria, poi degli altri versanti di Monte Bego, dalla
Vallauretta alla Valle delle Meraviglie, dalla Valmasca al più distante
Colle del Sabbione.
La sua prima ampia relazione è del 1902, e quella dell’anno successivo
è arricchita dalle prime dieci tavole di disegni: volumi che egli
stesso fa pubblicare a Bordighera e diffonde negli ambienti scientifici
internazionali, i cui maggiori esponenti iniziano con lui intensi
rapporti di collaborazione e d’amicizia.
Nel 1905, ormai consapevole di dover consacrare il resto della sua vita
alle incisioni preistoriche di Monte Bego, fece costruire a Casterino,
la Casa Fontanalba, non solo per sua comodità, ma soprattutto per
offrire agli amici e agli studiosi che sempre più numerosi lo
raggiungevano annualmente da ogni parte d’Europa, un punto di partenza
ed una base per le esplorazioni nella impervia regione, allora
felicemente sprovvista di strade (quella più vicina passava a San
Dalmazzo di Tenda).
Nel 1913, dopo aver battuto tutta la regione, scoperto, classificato e
riprodotto 14.000 figure, fece stampare a Bordighera dalla Tipografia
Bessone la sua famosa guida “A guide to the prehistoric Rock Engravings
in the Italian Maritime Alps”, la quale costituisce a tutt’oggi il libro
fondamentale sulle incisioni di Monte Bego, attualmente in corso di
traduzione nelle lingue italiana e francese a cura dell’Istituto di
Studi Liguri, che offrirà così un altro prezioso contributo culturale
nell’ambito del Cinquecentenario.
Ricco di 46 tavole di disegni e fotografie, è un raro esempio di
modestia, per quanto riguarda la valutazione di quell’immane mole di
lavoro e per le osservazioni scientifiche e storiche, e mezzo prezioso
ancor oggi per ricalcare i suoi passi alla ricerca delle incisioni. A
questo proposito il Barocelli scrisse: “Il Bicknell non osò ipotesi che
non fossero corroborate dai fatti. Modesto e coscienzioso, egli presenta
i risultati delle sue esplorazioni: descrive, confronta e classifica le
figure, interpreta quelle di più chiara significazione, riferisce le
ipotesi altrui, ne fa una prudente critica, ma si astiene da ogni
affermazione non documentabile. Nessuno può dire le pazienti ricerche da
lui fatte per scoprire fra quei monti e in fondo a quei valloni .altre
tracce delle genti che ivi, forse per parecchi secoli, continuarono a
battere sulle rocce levigate le punte delle loro asce o scalpelli”.
LA BIBLIOTECA INTERNAZIONALE
Durante gli inverni, intanto, la vita al Museo di Bordighera si svolgeva
sempre più intensa, e verso i primi anni del nuovo secolo nacque tra le
sue pareti il primo abbozzo della Biblioteca Internazionale a carattere
circolante, rivolta a soddisfare le esigenze intellettuali degli ospiti
di Bordighera. Nel 1913 il Bicknell, anche col volontario aiuto della
colonia inglese, fece costruire un edificio distinto sulla via Romana,
destinato appunto alla Biblioteca Internazionale, erigendola in ente
morale gestita dagli inglesi residenti a Bordighera e legalmente
riconosciuta dallo Stato.
In questo periodo i rapporti di collaborazione benefica con Padre
Giacomo Viale, cui il Bicknell era legato da sentimenti di profonda
stima ed amicizia, si intensificano e giungono anche alla
realizzazione delle ultime opere terrene di colui che è il secondo
Santo di Bordighera.
RAPPORTI CON PADRE GIACOMO VIALE
Già nel 1907 il Bicknell aveva donato a Padre Giacomo la campana
della chiesa protestante per l’erigenda chiesina di Montenero; pochi
mesi dopo il nipote Edward Berry invierà, a nome dell’intera colonia
inglese, la somma di lire 1000 per le spese incontrate nella
costruzione.
L’OPERA DEI CONIUGI
EDWARD E MARGARET
BERRY A BORDIGHERA
..... “Nel
1897 provammo ad allevare un piccolo camoscio, la cui madre era
stata uccisa da uno di quegli “sportivi” per i quali nessuna
vita è sacra. Una capra veniva ad allattarlo due volte al
giorno, ma malgrado le affettuose cure dei miei nipoti, Edward e
Margaret Berry, morì con grande nostro dispiacere ...”
(C. Bicknell,
“A Guide to the prehhtoric Rock Engravings in the Italian
Maritime AIps”
Bordighera 1913
Questa fotografìa di Mariani, gentilmente offerta dalla
famiglia Ameglio di Bordighera, ritrae appunto Clarence Bicknell
(in basso a sinistra), Margaret ed Edward Berry a fianco del
Bicknell, coi bastoni) e il piccolo camoscio tenuto da una
collaboratrice di casa Bicknell. Gli altri personaggi sono.
sulla scala, tre abitanti di Casterino, Luigi Pollini (con la
gamba sullo scorrimano); il signore barbuto accanto ai due
bambini è forse Mr. Henderson, fotografo ufficiale della colonia
inglese di Bordighera.
Continuità con l’azione di Bicknell
IL TRASFERIMENTO DELLE ISTITUZIONI ALL’ITALIA
La signoria Margaret Berry resse le sorti delle due istituzioni
ancora per qualche anno; intanto era nata, nel 1932 ad Albenga,
la prima associazione storica della Riviera creata da liguri: la
Società Storico-Archeologica Ingauna e Intemelia, alla quale
essa aderì con entusiasmo, intuendo che poteva essere quello
l’organismo tanto atteso cui affidare il patrimonio materiale e
spirituale di Clarence Bicknell e di Edward Berry.
Il nuovo sodalizio, che si era trasformato nel 1935 in Sezione
Ingauna e Intemelia della Deputazione di Storia Patria per la
Liguria, e diretto dal prof. Lamboglia, venne infatti chiamato
nel 1937 a fissare la sua sede nel Museo Bicknell. Compiuto
questo ultimo atto di lungimiranza e di affetto, la signora
Margaret Berry, incalzata anche dalle tristi vicende politiche
che dovevano spingere l’Italia in guerra, lasciò Bordighera,
addolorata e serena ad un tempo di avere posto in mani sicure
quel grandioso patrimonio di cultura. e quell’immenso patrimonio
spirituale che erano in parte anche suoi.
Sono ancora molti, a Bordighera, a ricordare la triste e
ineluttabile partenza di coloro che erario stati per tanti anni
i veri benefattori e costruttori della città. Questo lo sapevano
bene i bordigotti, che tributarono alla signora Berry una
grandiosa manifestazione di affetto e di riconoscenza. Alla
stazione c’erano tutti, dalle autorità ai più semplici
cittadini, e molti non riuscirono a trattenere le lacrime. Ma
doveva essere un addio: anche gli avvenimenti successivi furono
ingrati con la signora Berry, che a causa della sua infermità
non tornò più a Bordighera, benché la sua vita si spegnesse nel
1959, a Burnham presso Londra.
Venti anni prima, nel 1939, in occasione della Mostra delle
Incisioni Rupestri a carattere internazionale, tenuta al Museo
Bicknell, tra quelle pareti che stavano vedendo finalmente una
effettiva presa di coscienza italiana e anche una rivalutazione
scientifica e dell’importanza del Museo come centro di studi,
venne preso solenne impegno di realizzare, nello spirito e nelle
intenzioni del Bicknell e dei coniugi Berry, un Istituto di
Studi Liguri, che allargasse la loro visione a tutto il mondo
ligure preistorico, romano, medievale e moderno, al disopra e al
di là delle frontiere: tale impegno dal 1947 è realtà ed oggi
l’Istituto Internazionale di Studi Liguri, a proiettato verso
progressi ed a affermazioni sempre maggiori in campo
scientifico e culturale internazionale, conservata, sviluppata e
valorizzata, all’antica tradizione di cultura della benemerita
colonia inglese, e costituisce per la città motivo di prestigio
e per i forestieri colti che ancora Giungono a Bordighera per
trovarvi riposo e serenità, un ambiente ideale per lo studio,
l’informazione, la ricerca.
LA VOCE INTEMELIA anno
XXVI n. 5 - maggio 1971
Edward Berry, nipote del Bicknell, venuto a Bordighera nel 1891 come
finanziere, fondatore della banca omonima, agente immobiliare e
vice-console britannico, era con la consorte Margaret, qui giunta
nel 1896, portato per temperamento verso la storia, i monumenti,
l’arte, le tradizioni locali, e fu una vera fortuna per Bordighera
che per cause tanto tristi fosse destinato a essere il continuatore
dell’opera dello zio.
Con l’intervento risolutore dei Berry, il Museo e la Biblioteca
vennero gestiti da una amministrazione inglese divisa in due
distinti comitati, finanziati dalla colonia britannica della città.
Ì coniugi Berry, anche grazie alla loro attività diplomatica,
penetrarono fin dall’inizio nell’ambiente locate, intuendone la
mentalità e guardando con simpatia agli sforzi che si stavano
compiendo per una maggiore presa di coscienza e maturità.
Così al Museo, accanto alle collezioni e agli studi botanici e
preistorici, vennero particolarmente curati anche gli studi storici
locali, cui tutta la colonia inglese partecipava con entusiasmo, da
una parte con donazioni di collezioni, libri e documenti, dall’altra
con la raccolta di notizie di interesse locale, per il territorio
della Liguria di ponente nella sua dimensione ed unità storica, dal
Varo al Colle di Cadibona.
Gli stessi coniugi Berry ricalcarono le orme dello zio, ricercando
sulla costa e in tutte le vallate del nostro pittoresco entroterra,
nei borghi arroccati sulle colline, nelle sperdute chiese di
campagna, ovunque vi fosse traccia di vita passata, testimonianze
storiche e artistiche.
Dopo gli anni difficili, la vita del Museo Bicknell rifioriva. Le
conferenze si succedevano a concerti, a mostre, a riunioni, il
salone era meta continua dei forestieri colti che soggiornavano a
Bordighera, le collezioni si arricchivano, la biblioteca
specializzata sulla Liguria d’occidente si faceva ogni giorno più
ricca e preziosa.
Grazie alla mole di informazioni raccolte durante i molti anni di
escursioni, i coniugi Berry iniziarono la stesura di una guida
storico artistica della Riviera di Ponente.
“ALLA PORTA OCCIDENTALE D’ITALIA”
La morte di Edward Berry, giunta improvvisa nel 1930, gli impedì di
vedere il libro pubblicato. Ad esso si dedicò con impegno la signora
Margaret Berry, ultimandolo e perfezionandolo in breve tempo: esso,
col titolo “At the western gale of Italy” (Alla porta occidentale
d’Italia), uscì nel 1931.
La prima copia fu destinata dalla signora Berry al Museo Bicknell,
con la seguente dedica: “Alla biblioteca del Museo Bicknell, in
memoria di Edward Berry, il cui attaccamento al Museo ed il cui
affetto per il fondatore, Clarence Bicknell, contribuirono a
mantenere in vita l’istituzione che fu la sua principale cura
durante l’ultimo decennio della sua vita”.
Il bel libro, tradotto in italiano nel 1963, con estrema sensibilità
dal prof. Staüble, fu il contributo più significativo e duraturo dei
coniugi Berry a Bordighera e a tutta la Riviera. Esso costituisce
la guida storico-artistica più apprezzata della Liguria di Ponente
e, come è detto nella prefazione degli autori, è stato scritto “con
l’intenzione di far conoscere il fascino ed i motivi di interesse
dei paeselli montani, delle antiche chiese, delle cappelle isolate
su ripide colline, ed i tesori d’arte, sia nel campo della pittura
sia in quello dell’architettura, che si conservano a poca distanza
dalla strada principale della Riviera col suo continuo flusso di
traffico”.
L’esplorazione delle bellezze meno conosciute della regione fu per
i coniugi Berry “una incessante fonte di gioia”; “le feste locali
sono state descritte sulla base di esperienze personali”: questo
dice ancora la loro prefazione, che così termina: “se questo volume
potrà indurre qualcuna dei visitatori della Riviera ad esplorare per
proprio conto le attrattive che la regione offre a poca distanza
dalle città costiere, potremo dire che esso non sarà stato scritto
invano”.
Oggi, a distanza di quarant’anni, possiamo ben dire che quella
fatica non fu vana: e se nel turismo di massa odierno, così frettoloso e superficiale, non manca anche il visitatore
attento e desideroso di conoscere nell’intimo i nostri paesi, quasi
certamente tale interesse sarà diretta conseguenza della lettura
della Guida Berry, libro tuttora ricercato.
Esso con felice sintesi, mediante uno stile accessibile a tutti,
ma preciso nella documentazione e nelle notizie storiche, fonde
storia e tradizione, natura ed arte, proponendo il gusto della
ricerca nel territorio da Ventimiglia a Noli, offrendo a chi ne
scorre le pagine la viva impressione di un ambiente nel quale ci
si può ancor oggi identificare, che si può facilmente
riconoscere come la terra dei nostri avi, come la nostra genuina
terra di Liguria.