RENZO VILLA
.
Nacque a Ventimiglia, il 18 gennaio 1930, da genitori che svolgevano
il lavoro di custodi e giardinieri presso gli Hanbury, e nel famoso parco di
acclimatazione di piante rare ed esotiche, mosse i primi passi della sua
formazione futura, in cui tanto posto ebbe l’amore per la sua terra.
Compì gli studi necessari al conseguimento
dell’idoneità all’insegnamento ed iniziò la sua attività didattica presso le
scuole parificate salesiane di Vallecrosia, dove, nell’annessa sala,
svolgeva altresì il compito di operatore cinematografico. Fu quindi
insegnante presso la scuola di Villatella e di Soldano e, finalmente, tornò
nella sua città natale, o meglio, nella sua Mortola tanto amata a svolgere i
suoi compiti educativi. Nel periodo dell’insegnamento, ricoprì per diversi
anni il ruolo di vicario del Direttore Didattico Fogliarini, che ebbe in
lui, appositamente distaccato dall’insegnamento, un prezioso e fidato
collaboratore. Durante i primi anni di funzionamento degli Organi collegiali
della scuola, fu più volte eletto rappresentante in tutti i nuovi Collegi,
sino al Consiglio scolastico provinciale ed al Consiglio provinciale di
disciplina. La sua brillante carriera magistrale, contraddistinta da
numerosi elogi di Ispettori Scolastici e da vincite di concorsi per merito
distinto, si concluse nel 1988, con 35 anni di servizio.
Nel frattempo, aveva conosciuto Franca Lagostena, collega di
lavoro, piemontese, che sarebbe diventata la compagna della sua vita.
Riservato in ciò che concerneva la sua vita privata. Villa non poté mai
nascondere il grande orgoglio che nutriva per la famiglia e in modo
particolare per la giovanissima figlia Olga, che spesso conduceva con sé
anche nella vita pubblica.
Intorno alla metà degli anni sessanta, il maestro
aveva iniziato a sistematizzare le sue conoscenze di cultura locale,
effettuando le prime conferenze e i primi corsi di dialetto per i colleghi
docenti, approfondendo in particolar modo l’atteggiamento che la scuola
doveva e poteva assumere nei confronti del dialetto. Questa questione
l’animò anche negli anni successivi e lo spinse, come si vedrà, ad
iniziative di non poco conto.
NELLA “CUMPAGNIA”
Il desiderio di dedicarsi allo studio
del patrimonio culturale della sua terra, lo portò nell’ambito della
“Cumpagnia d’i Ventemigliusi”, associazione fondata nel 1927 con lo scopo
statutario di conservare e diffondere le tradizioni culturali della città di
Ventimiglia. In seno a tale associazione, svolgeva tuttora la sua attività,
ricoprendo il prestigioso ed oneroso incarico di console rappresentante,
seguito, nell’interno, con la cura e l’incremento di tutte le manifestazioni
ed iniziative previste, all’esterno, intrattenendo rapporti con la Consulta
Ligure, sodalizio di tutte le associazioni liguri che operano con le stesse
finalità.
Di notevole importanza fu, in quegli anni, il
rapporto di amicizia e profonda collaborazione che il maestro Villa instaurò
con il dottor Azaretti, esimio studioso di cultura locale ed autore di
numerosi testi sulla etimologia e sullo sviluppo storico della grafia del
ventimigliese. Ad opera di entrambi, nacquero, nel 1977, cinquantesimo anno
di fondazione della “Cumpagnia d'i Ventemigliusi”, i “Centri de Cultüra
dialetale” nelle scuole elementari e medie di Ventimiglia: essi si
proponevano di salvaguardare e trasmettere alle nuove generazioni i valori
della cultura locale in genere. Nei Centri, il maestro Villa si impegnò
particolarmente in corsi di sintassi e grammatica, nell’allestimento di
spettacoli teatrali di fine anno e, soprattutto, nel mantenere i rapporti
con associazioni nate per la difesa delle etnie linguistiche minori, in
prevalenza di origine romanza. Con questo intento, si pose quale socio
fondatore dell’ ”Association pour l’utilisation des langues regionales a l’ecole”,
avente sede a Liegi, e poté confrontare con le altre rappresentanze, oltre
che i presupposti culturali comuni, anche le modalità di intervento nelle
scuole.
MAESTRO CON AZARETTI
Problema, questo, che per gli altri paesi non si
poneva in quanto godevano del riconoscimento ufficiale della loro lingua e
di appositi privilegi negli orari e nelle didattiche di insegnamento,
previsti dai rispettivi programmi scolastici nazionali.
Ad uso dei Centri e col dottor Azaretti, Renzo
Villa predispone “Imparamu u ventemigliusu”, libretto di grammatica del
dialetto, con un prezioso glossario di termini dialettali che tuttora viene
richiesto e consultato da chi si accosta al comporre in ventimigliese.
Negli anni ottanta, pubblicò “I nénari” e “E
dùdure” dove, accanto a filastrocche e giochi infantili raccolti dalla
tradizione popolare, egli stesso si presentava al pubblico in veste di
poeta. Accanto ai componimenti più semplici e lineari che potevano essere
assimilati proprio alle filastrocche, pur con una maggiore attenzione ai
risvolti della vita quotidiana, si collocavano opere di notevole spessore
poetico in cui l’osservazione del mondo circostante offriva spunto per una
riflessione attenta sui temi dell’esistenza. Proprio in tali brani, appare
chiaro il carattere dell’autore, connotato da riservatezza, malinconia mai
esasperata, profonda fede nell’essere umano.
Queste caratteristiche del suo poetare,
furono ben apprezzate e riconosciute in numerosi premi di poesia e gli
valsero, nel 1987, il prestigioso Premio Regionale Ligure per la poesia
dialettale. Meno nota è la sua produzione poetica in lingua, risalente ad
anni precedenti, raccolta nel volume “Soliloqui”.
Nonostante, nel corso del tempo, la sua vena
poetica non sia più apparsa con la stessa intensità iniziale, Renzo Villa
fece parte della giuria di numerosi premi di poesia dialettale di tutta la
Liguria, ivi compreso “U Giacuré”, bandito da un decennio nella città di
confine.
Con la cessazione dei suoi impegni
lavorativi. Villa poté dedicarsi più approfonditamente alle sue già numerose
attività di ricerca e diffusione della cultura locale.
Collaboratore della testata giornalistica Il Secolo XIX, redasse, intorno
alla fine degli anni ottanta, con regolare periodicità, una serie di
articoli sulla storia e sul dialetto locali. Questi ultimi, che spesso si
ispiravano ai modi di dire tipici della parlata ventimigliese, furono, dopo
anni, rivisitati dallo stesso autore e pubblicati in volume col titolo
“Dialetto ieri e oggi”, lo stesso della rubrica a suo tempo apparsa sul
quotidiano.
DIRETTORE DE “LA VOCE INTEMELIA”
Intanto, era divenuto prezioso ed
infaticabile collaboratore del mensile “La Voce Intemelia”, ove ricoprì,
appena acquisito titolo di giornalista pubblicista e sino ad oggi,
l’incarico di direttore responsabile. Tale canale comunicativo fu, per
Villa, una ulteriore occasione di diffusione dei risultati dei suoi
incessanti studi storici e di ricerca e nuovo mezzo per attuare,
contemporaneamente, un più ampio coinvolgimento dei lettori nella vita
quotidiana della città.
Nell’anno accademico 1985/86, aveva
iniziato l’attività di docenza presso l’Università della Terza Età, attività
che proseguì ininterrottamente sino allo scorso anno e che, ancora una
volta, gli forniva il modo di far conoscere gli aspetti profondi della
civiltà del luogo e di ispirare ad altri lo stesso amore per la sua terra.
Tenne costantemente corsi di lingua e letteratura locale, avvalendosi spesso
della collaborazione con la “Cumpagnia d’u Teatru Ventemigliusu” per la
lettura dei testi. Sempre sul finire degli anni ottanta, fu promotore della
rinascita della “Acadelia de cultüra intemelia”, che egli vedeva quale luogo
privilegiato per raccogliere tutti coloro che, pur nei diversi campi, si
adoperavano per la valorizzazione della città e del suo retroterra
culturale. Collaborò, con grande apertura e profonda attenzione, al
funzionamento della stessa come “cenacolo” ed in seguito partecipò alla
pubblicazione dei diversi numeri della rivista “Intemelion”.
Non poteva mancare, nella sua opera, una
particolare attenzione per il suo paese della Mortola, di cui,
probabilmente, conosceva ogni segreto e storia. Ad esso dedicò, in apposito
volumetto, uno studio approfondito: “I toponimi delle due Mortole, terrestri
e marini, con un’appendice toponomastica dialettale del Giardino Botanico
Hanbury”.
Avviato nella ricerca toponomastica, lavorò
per anni ad una ricerca sulla localizzazione di toponimi catastali intemeli
del periodo dal 1545 al 1554, sul significato degli stessi e sulla loro
permanenza sino ai giorni nostri. Tale lavoro, unito a studi di altri
autori, vide la luce nel 1996, con “Il catasto della Magnifica Comunità di
Ventimiglia. Famiglie, proprietà e territorio”.
UOMO DI CULTURA
Nel corso delle sue numerose ed impegnative
cariche, fu membro della “Academie des langues dialectales” di Monaco, ove
tenne numerosi ed apprezzatissimi interventi; collaborò con l’Istituto
Intemazionale di Studi Liguri e con la Civica Biblioteca Aprosiana; con il
Dopolavoro ferroviario curò l’edizione di “La Battaglia dei Fiori”, volume
storico-fotografico della manifestazione cittadina; fu fautore della
costituzione della “Associazione del Festival di Pigna per la poesia e la
commedia intemelia”; fece parte del sodalizio “Amici dei giardini Hanbury”.
Si può con certezza affermare che la sua
presenza sia stata talmente vasta e continua nel tempo, da abbracciare
interamente il panorama culturale ventimigliese di questi ultimi decenni: la
sua preparazione e disponibilità aveva fatto di Renzo Villa un sicuro punto
di riferimento per quanti abbiano voluto avvicinarsi alle pur diverse forme
di civiltà locale. Uomo di cultura, alla cultura rimase e, pur cittadino
illustre, non fu mai tentato da proposte di eventuali schieramenti politici,
proprio per evitare che la “sua” cultura potesse essere contaminata da idee
di parte.
In tutte le sue molteplici e variegate
attività, portò sempre ed esclusivamente la sua figura di uomo e studioso,
l’impegno morale ed il rigore intellettuale che lo distinguevano, la
serenità e moderatezza delle decisioni. Tali doti fecero di lui una persona
ben accetta a quanti pur superficialmente lo conobbero, un prezioso amico ed
ineguagliabile maestro per coloro che ebbero a condividere con lui attività
ed intenti.
Il vuoto che lascia nella vita
culturale di Ventimiglia è ricco dei percorsi che egli stesso ha indicato,
affondando salde radici nel patrimonio della sua terra e dei suoi affetti,
ma rivolgendo lo sguardo alle possibilità di sviluppo futuro.
Mi piace pensare a lui con un sorriso
mentre ripete, un po' sornione, additando degli affannati in cerca di un
comodo incarico:”I çerca e càreghe, ma pöi i sbaglia i açenti e i nu’ fan
ciü ren”: lui gli accenti li ha sempre rispettati.
Renzo Villa lasciava questo mondo giovedì 20
novembre 1997, nell'Ospedale di Bordighera.
Il 26 agosto 1998, in
Cattedrale, gli è stato consegnato, alla memoria, il San Segundin d’argento,
riconoscimento che lui, facendo parte del comitato assegnatore, aveva voluto
costantemente venisse consegnato ad altri.
.
Pubblicata su: “La Voce Intemelia” Anno LII - n° 12 - dicembre 1997.