ETNIA BRIGASCA
Luigino Maccario - febbraio 1984
Sul n° 6 anno IV della rivista "Etnie", pubblicata a Milano, ho letto, con grande interesse, la relazione etno-antropologica, curata da Pierleone Massajoli : I Brigaschi: Una nuova minoranza ?
L’autore, notissimo ricercatore, si dice mosso a questo particolare impegno, dal canonico Guido Pastor, assiduo collaboratore della "Voce", e sull’articolo traccia per grandi linee i risultati del suo studio sincronico e astorico, ma ci rimanda al volume "Cultura Alpina in Liguria - Realdo e Verdeggia", che la Sagep di Genova sta per distribuire, entro l’anno.
In questo preciso momento, nel quale la comunità Brigasca, sta ritrovando le proprie radici, e la decisa volontà etnica, per mano di figli emigrati, fondatori di un movimento che si riconosce, per ora, in una rivista ciclostilata, del resto interessantissima, dal titolo ‘R NI D’AIGURA, che regolarmente riceviamo, uno studio di queste dimensioni è il toccasana per il decollo del valoroso movimento. Ed è proprio in questo momento, cioè prima che si cominci, che intendiamo mettere le cose in chiaro, noi abitatori della Liguria, che stiamo da Triora in giù fino ad un punto non ben determinato, esclusi i genovesi.
Sì ! Lo sappiamo che i Brigaschi ci definiscono Figun, con evidente disprezzo, ma non per questo ci plachiamo, solo perché il Massajoli, evidentemente a scopo diplomatico, traduce Figun come: "mangiatori di fichi".
Non è proprio così ed anche se per aderire ad un armistizio, che permetta ad entrambi di portare a termine la comune battaglia per la salvaguardia dei dialetti, delle lingue e dell’etnia, facciamo conto di credervi, ben sappiamo come veniva considerato in passato il termine Figun.
Ed è Girolamo Rossi che ce lo documenta sul suo Glossario Medioevale Ligure: nella parte "Glossario del dialetto" al termine Figone dice: "servo" e riporta "Denegata ingiustamente tale licentia a tale servo o serva, fante o fantesca, figone o famiglio" (Stat. Padri, pag. 132).
Nell’appendice al Glossario Medioevale, però, è più ampio, ma è allora che ci mette in guardia del disprezzo dei Brigaschi. Figonus (appellazione di dispregio, onde venivano chiamati nelle diocesi di Ventimiglia e d’Albenga operai randagi, un quid simile del Cici del Triestino, colla differenza per altro che mentre questi erano famigerati pei ladronecci (vedi Cameroni ecc.) quelli erano rinomati per infìngardagine.
"Il Senequier" (Les patois de Biot, Vallauris, Mons et Escragnoles, Nice - Malvano Mignon - 1880) ristringe ad una località posta ad occidente del comune di Ventimiglia la stanza dei Figoni; ma documenti comprovano che tale appellativo si estendeva ed abbracciava la diocesi di Albenga. Nel quaderno, conservato negli Archivi di Stato in Genova, dell’anno 1520 intitolato Corsicae Fabr. Adiacii, nel quale sono registrati i nomi degli individui che in detto anno abbandonarono la Liguria per recarsi a ripopolare Aiaccio in Corsica, col nome di Battista Lanteri da Porto Maurizio, unus ex conductorum familiarum missarum a M.° Officio ad habitandum in presenti loco Adiacii, sono registrati con alcuni pochi di Bajardo, e Vallebona (della diocesi di Ventimiglia) uomini di Pietralata, Boscomare, Alassio, Andagna e di Cosio jurisdictions Albingane.
Ebbene in detto sommario si legge: Racio grani siculi, cum armis missis per M.° Officium pro subvenendis familiis figonorum nuper missis. Dal quale si evince che Figoni erano appellati i girovaghi abitanti di queste due regioni, che andavano in cerca di sorte migliore.
Questo è quanto dice il Rossi, mentre noi diciamo ai Brigaschi: «Non è il caso di fare di ogni erba un fascio, ed aggiungiamo, deducendo, quel Battista Lanteri da Porto Maurizio, con un tal cognome, tipicamente Realdese, perché si mescolava coi tanti disprezzati Figun. Ma non ve ne vogliamo».
Postilla su figùn
Fiorenzo Toso - INTEMELION n° 2 - 1996 p.17
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Ad articolo consegnato e in fase avanzata di redazione del primo numero di "Intemelion", è apparso su "Lingua Nostra" (XLV-1994, 2-3, pp. 33-46) un bel saggio di Massimo ARCANGELI, Voci di Giovanni Bernardo Savonese (Con alcune notazioni grammaticali}, che arricchisce la nostra documentazione sulla storia di fìgùn. Giovanni Bernardo, monaco savonese vissuto nel sec. XV, fu autore di un fortunato compendio del Catholicon di Giovanni Balbi, il Vocabolista Ecclesiastico stampato a Milano nel 1480 e più volte riprodotto fino a un'edizione veneziana del 1731: si veda ora, sulla fortuna editoriale dell'opera, il saggio di Eugenia GABURRI, // Vocabulista Ecclesiastico (1480-1731) di Giovanni Bernardo Forte, in "Quaderni Franzoniani", VII-1994, 2, pp. 1-16. Documento di significativo interesse, il Vocabulista traduce i lemmi del Catholicon in un volgare che risente appieno della formazione di Giovanni, nato a Savona ma lombardo di adozione e formazione: un volgare quindi a base toscana di area settentrionale che orecchia la koinè "illustre" padana dell'epoca, con l'inserzione di qualche ligurismo, significativamente espunto, come del resto altri dialettalismi tra i più "crudi", a partire dall'edizione fiorentina del 1496 (GABURRI, cit., p. 6). Tra i lemmi chiosati da Arcangeli nel suo saggio (p. 39), trovo unfigone corrispondente a sicophanta del Catholicon, glossato come "el f. o guardiano de fici et aliquando ... el calumniatore". Il lemma nulla aggiunge alla definizione dell'area dì figone, visto che la figura di Giovanni Bernardo ci rimanda ancora alla Liguria Occidentale e alla Lombardia; ma è di qualche interesse per il significato che gli viene attribuito, visto che "sicofante", ossia "delatore" e per estensione "calunniatore" mancava finora alla serie di attività, non precisamente commendevoli, del nostro personaggio. È legittimo però il dubbio che l'autore del Vocabulista abbia accostato figone a sicofante più per la coincidenza delle rispettive etimologie che per effettiva corrispondenza semantica: questo, considerando che il greco sykophantes, ripreso poi dal latino sycophanta significa letteralmente "colui che denuncia chi contrabbanda o ruba i fichi". In sostanza, non è impossibile che Giovanni Bernardo, disponendo di un termine comunque ingiurioso, ne abbia tradito parzialmente il significato pur di rendere, con elegante accostamento, il grecismo documentato dal Catholicon. Un altro segno comunque, della vitalità del termine e della sua ricchezza e ambiguità semantica.
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30 G. L. BECCARIA, Un esempio di teatro popolare: il "Judicio de la fine de lo mondo", in Le forme della lontananza. La variazione e l'identico nella letteratura colta e popolare: poesia del Novecento, fiaba, canto, romanzo, Milano 1989, p. 343.
Appunti per una storia della parola figùn
Fiorenzo Toso - INTEMELION 1995
0. Il mio interesse per il termine figùn è nato da una sene di articoli pubblicati a metà degli anni ‘80 sulla rivista "R ni d’àigùra" e sul mensile "La Voce Intemelia" 1. I diversi autori davano alcune coordinate sulla storia della parola e sul suo significato; a mia volta, riscontrandone la ricorrenza in alcuni testi in genovese antico e classico, ritornavo sulle vicende di questa voce con due brevi contributi, apparsi, a distanza di anni tra loro, su "La Voce Intemelia"2. Da parte degli indagatori della cultura ligure-alpina, successivamente, venivano proposti altri chiarimenti, che consentivano una migliore definizione del tema.3
Ad esso vorrei ora dedicare qualche ulteriore approfondimento, che ritengo sia utile per la stona della parola ma anche, più m generale, per le problematiche linguistiche, storiche ed etnografiche della Liguria di Ponente e per l’area intemelia in particolare.
Cercherò quindi di esaminare l’origine e la diffusione del termine, l’evoluzione semantica a partire dai probabili significati di base, il contesto d’uso antico e attuale. Alcune conclusioni generali si accompagneranno alle necessarie considerazioni di carattere storico ed etnolinguistico, per offrire qualche chiave interpretativa e per meglio capire le ragioni della "fortuna" del termine.
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1. In area ligure, figùn è evidentemente un derivato di figu ‘fico’, che riflette la regolare evoluzione fonetica del latino ficus, REW 32814: analoga è ovviamente l’etimologia delle varianti che si riscontrano, come vedremo, su un territorio piuttosto vasto dell’Italia settentrionale, con diramazioni e concordanze in Corsica, Francia meridionale e Spagna.
Il valore del suffisso -un è accrescitivo in tutta la Liguria fino alla Valle Argentina, e diminutivo, come in provenzale, a ovest di Taggia 5: nel caso del nostro termine, la cui diffusione ligure sembra almeno in parte legata all’area delle antiche diocesi di Albenga e Ventimiglia, resta così difficile stabilire quale potesse essere l’accezione originaria, se ‘ficone’ o ‘fichino’. Considerando comunque che in ligure il suffisso -un può assumere (e nel caso specifico ha effettivamente assunto) una connotazione spregiativa o peggiorativa6, il corrispondente più esatto, m una traduzione letterale italiana, potrebbe in realtà suonare ‘ricaccio’, ‘ficuccio’, o qualcosa di simile.
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2. La forma ficus + suffisso -one è documentata in Liguria, come vedremo, a partire dal sec. XV. Essa non è però esclusiva di quest’area. Una rapida ricognizione sui dizionari dialettali italiani 7 ha consentito di raccogliere le seguenti attestazioni extraliguri:
- italiano del sec. XVI fìgone ‘uomo da poco’, ‘cialtrone’ con evidente sfumatura gergale, nelle opere del Lasca (Firenze 1503-1584) e del Lomazzi (Milano 1538-1600)8;
- monferrino figun ‘timido’, ‘poltrone’ 9;
- pavese figon ’scioccane’ 10;
- comasco figòn ‘persona noiosissima’, ‘inetto’ 11;
- bolognese figôn nelle espressioni andar a fìgón ‘morire’ e esser per figón ‘star male’ 12;
- ferrarese figòn ‘millantatore’, ‘fanfarone’, ‘smargiasso’ 13,
- polesano figon ‘bubbolone’, ‘esageratore’ 14;
- romanesco ficona, femminile, nell’espressione la bbeata ficona ‘donna che si lascia corbellare’15.
- còrso ficoni ‘detto di coloro che hanno la gola grossa’ e ‘dicesi talvolta ai Genovesi’ 16.
Va osservato che il termine non ricorre in altri repertori piemontesi, lombardi, emiliani e veneti da me consultati, e che sembra completamente assente nell’Italia meridionale. Tra i derivati di fìcus assimilabili in qualche modo al nostro, sarà invece utile segnalare la presenza di figòtt ‘donnaccia mal messa, sciamannata’ in brianzolo 17, figòtt ‘beniamino’, ‘viziato’, ‘lezioso’ in friulano 18, figoto ‘id.’ in giuliano 19 e ficùs ‘dispettoso’ in valtellinese 20.
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3. In area extraitaliana, le forme assimilabili a figùn sono le seguenti:
- provenzale figoun ‘abitante di Figounia, casale sito nel comune di Ventimiglia’ e lou figoun ‘dialetto parlato nella medesima località e in
alcuni punti vicino a Grasse, come Mons ed Escragnolles’ 21.
- francese del sec. XVI figon ‘mangiatore di fichi’ in Jacques Amyot 22.
- castigliano, dal sec. XVII, figon ‘locanda in cui si cucinano e vendono cibi a basso costo’ ma in origine, con accezione spregiativa, ‘venditore (ambulante o meno) di cose da mangiare’; spagnolo del sec. XVIII ‘sodomita’ 23.
- catalano figo ‘uomo piccolo e disprezzabile’, ‘individuo inutile’ (coi derivati figonet, figonot) e, per influsso castigliano ‘locale in cui si ven-
de cibo’ 24.
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4. Passiamo adesso a esaminare le attestazioni moderne e i significati attuali in area ligure e nei dialetti collegati, da Ponente a Levante:
- ligure di Provenza figùn ‘nome che gli abitanti dei centri di Biot, Vallauris, Mons ed Escragnolles danno al loro antico dialetto, oggi quasi estinto, che è di ceppo ligure’ 25;
- monegasco figunin ‘abitante di Grimaldi, località del comune di Ventimiglia, e dei suoi dintorni’; anche nell’espressione parli cum’ù figunì ‘parli con accento strascicato’ 26;
- mentonasco fighon ‘abitante della Mortola, località del comune di
Ventimiglia’, in documenti dell’epoca napoleonica 27;
- brigasco figùn ‘ligure occidentale’, in senso spregiativo: e care én li figùn ‘scendo in Liguria’, parlàa fìgùn ‘parlare ligure’ 28; ciü én là di figùn, l’i a dëmà a marina ‘più in là dei liguri, c’è solo il mare’, proverbio di Viozene. P.L. Massajoli mi segnala gentilmente la ricorrenza del termine, nello stesso significato, anche a Tenda;
- ormensco figùn ‘ligure confinante con gli ormeaschi (detti in opposizione savuialdi) e anche ‘ligure in genere’ e ‘persona insincera’: parloa figùn ‘parlare ligure’ 29;
- oneghese figon ‘nome dato da Piemontesi e Provenzali ai Liguri del Ponente, coltivatori e mangiatori di fichi’ 30;
- calizzanese figùn, plurale ‘abitanti della Riviera’ 31;
- ottonese figùn ‘abitanti della Riviera’, così detti perché salivano in Val Trebbia a vendere fichi 32;
- lontanino/zgn (con ; lunga) ‘persona allampanata, goffa’ 33;
- spezzino figón ‘persona lenta, molle, anche rammollita’ 34.
Il termine non sembra ricorrere altrove. Va però ancora registrato fighé ‘abitante delle frazioni a valle di Zoagli’, detto dagli abitanti delle frazioni a monte, con sfumatura spregiativa 35, ed è sicuramente connesso con la nostra serie il cognome Figone, caratteristico di Varese Ligure e della Val Petronio, che tradizionalmente sarebbe riferito, secondo informazioni da me raccolte, a famiglie originarie della Riviera. Andrà ancora tenuto presente che in Val Fontanabuona, i venditori di fichi un tempo provenienti dalla frazione Munti (Montepegli ?) di Rapallo avevano fama di persone miserabili ed indigenti 36.
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5. Da ultimo, verificheremo le attestazioni storiche in Liguria. Esse risalgono tutte a un periodo circoscritto, tra il secolo XV e il XVI, e rimontano a testi sia in latino che in genovese o volgare di impronta genovese. Lo spoglio di testi letterari dei secc. XVII-XVIII e dei dizionari otto-novecenteschi ha permesso di constatare l’uscita della voce dall’uso genovese già a partire dal Seicento:
- figone ‘servo’ nel sec. XV, secondo G. Rossi 37;
- fìgonus ‘appellazione di dispregio onde venivano chiamati nelle diocesi di Ventimiglia e d’Albenga operai randagi, un quid simile dei Cici del Triestino’ in documenti dei secc. XV e XVI, ancora secondo il
Rossi 38;
- figono ‘colono’ nel sec. XV secondo E. Pandiani, ma più verosimil-
mente ‘uomo di fatica’ in senso generico 39;
- figoneti ‘abitanti della Riviera di Ponente’ in un testo del 1473;40
- figoni ‘uomini (soldati) originari della Riviera di Ponente’ in un testo
del 1522 41;
- figon ‘uomo di bassa manovalanza’ nelle poesie genovesi di Paolo
Foglietta (1520c.-1596c.) 42.
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6. In generale, lasciando per ora da parte la sua connotazione "etnica" e gli specifici significati liguri, il termine sembra riferirsi a due nuclei semantici principali:
a. uomo da poco, infingardo, poltrone, anche sciocco, che è di area italiana settentrionale, lombarda con appendici in Monferrato, e che riaffiora in romanesco e in catalano, probabilmente in maniera indipendente; qui, verosimilmente per tramite emiliano, va anche il significato spezzino del termine, che sembra slegato dal contesto ligure, almeno secondo i significati che il termine ha assunto attualmente nel resto della Liguria.
b. smargiasso, millantatore, che è una specializzazione caratteristica di Ferrara e del Polesine.
Il primo significato può essere abbastanza facilmente ricondotto alle caratteristiche del frutto, molle e polposo, non senza qualche richiamo, probabilmente, alla nota vicenda dell’impiccagione di Giuda a un albero di fico, episodio che associò costantemente la pianta al tema del tradimento e dell’inaffidabilità: qui va anche l’ormeasco ‘persona insincera’, non necessariamente collegato all’altro significato presente in quel punto; il significato di ‘smargiasso’ deriverà in qualche modo dal primo, poiché rappresenta comunque un’ulteriore caratterizzazione in senso negativo.
Alla mollezza del fico, probabilmente, è legato anche il significato bolognese (‘molle come un fico’, ossia ‘malato’, ‘prossimo a morire’), anche se la Coronedi Berti lo collegava al cognome di un antico becchino.
Sull’evoluzione di tutti questi significati avrà pesato in varia maniera anche l’accezione oscena di figa, che è di area molto vasta.
Il significato ‘sodomita’, invece, di sola area spagnola, viene facilmente spiegato da Corominas in quanto connesso con figo, higo come traslato per ‘tumore anale’, nella credenza che l’atto sodomitico generi simili malattie 43.
Abbastanza ricostruibile è anche il passaggio in còrso al significato di ‘persona con la gola grossa’ (che sarà poi un collo grasso), perché chi ha una grande pappagorgia può facilmente presentare una ‘faccia da fico’ larga e carnosa nella parte inferiore; meno chiaro, e del resto dubbio come si è detto, è il riferimento a una persona ‘allampanata’ in Val Fontanabuona.
Il ‘mangiatore di fichi’ del francese cinquecentesco e il ‘rivenditore di cibo’, poi ‘rivendita di cibo’ di area spagnola sono ovviamente di facile interpretazione: nel caso spagnolo (come vedremo per quello ligure, che probabilmente è indipendente da esso) occorre tenere conto che nei paesi mediterranei i fichi costituivano un cibo a basso costo, e che il loro commercio, anche essiccati, era molto comune.
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7. Il fatto interessante è che, nella sua storia in area ligure, il termine assume significati autonomi, anche se in parte riconducibili a quelli documentati in altre aree: è probabile che in origine il figùn ligure avesse un significato analogo alle attestazioni lombarde (significato conservato in spezzino), e che le accezioni che stiamo per esaminare rappresentino specializzazioni successive.
I significati liguri sono già tutti presenti nella documentazione antica, che è genovese ma si riferisce in più di un caso all’area del Ponente ligure; però, l’accezione dominante si dimostra oggi vitale solo ai margini dell’area. Riassumiamo.
- Tra Quattro e Cinquecento, per figon, figone si intendono:
a. persone provenienti dalla Riviera, in generale seminomadi o dedite al vagabondaggio, che vengono impiegate per umili lavori, e che sono spesso coinvolte in guerre e episodi di colonizzazione;
b. a Genova i figoin sono anche lavoratori non specializzati, probabilmente a basso costo di manodopera.
- Attualmente il termine è uscito dall’uso a Genova, e nella Riviera di Ponente è conosciuto ma non adoperato, mentre il suo uso viene attribuito in genere ai "Provenzali" e ai "Piemontesi". Di fatto, però, è piuttosto vitale solo in aree confinanti o collegate con la Liguria, o nella fascia montana della Liguria stessa (anche nel Levante), per indicare gli abitanti della Riviera; in molti casi viene spiegato col fatto che i rivieraschi ‘mangiavano i fichi’ o ‘andavano a vendere i fichi’: come ci si allontana dalla Liguria verso il Piemonte interno o verso la Provenza interna, il termine scompare.
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8. Sembra così che il termine figùn, nella sua distribuzione e accezione antica e attuale, sia stato "esportato" proprio dalla stessa area in cui vivono coloro che vengono definiti figoni dai loro vicini.
E’ probabile che, in origine, la parola fosse quindi usata nella Liguria marittima, ad indicare non tutti gli abitanti, ma una fascia di popolazione particolarmente povera e fluttuante, per la quale il consumo di fichi poteva essere una fonte di sostentamento preziosa: il significato originario del termine, ‘infingardo’ o simili, sarà stato allora rafforzato dalla constatazione che quei popolani si nutrivano prevalentemente di fichi.
Coi secc. XV-XVI siamo proprio nell’epoca storica, tra la fine del medio evo e l’inizio dell’età moderna, in cui è documentata una fase di recessione e di crisi economica che investe tutta la fascia marittima della Liguria, dove le colture dell’olivo e della vite, e quella più tradizionale degli agrumi, non sono sufficienti ad arginare il fenomeno dello spopolamento e dell’emigrazione di fasce anche consistenti di popolazione 44, di quegli infingardi "mangiatori di fichi" (figon, come in francese) dediti per necessità a forme di vagabondaggio, piccoli furti, traffici non sempre leciti, ma anche disposti a prestare le loro braccia a lavori occasionali e mal retribuiti.
Insieme alle colonie genovesi d’oltremare 45, la Provenza era per ovvi motivi di vicinanza una delle mete preferite dei figoni. Qui il termine passò non a caso a indicare sia i nuclei di colonizzatori liguri che ripopolarono in pianta stabile varie località, soprattutto nei dintorni di Grasse, a partire dalla prima metà del sec. XV, sia i lavoratori stagionali che si recavano nella regione transalpina (ancora fino a tempi abbastanza recenti) per compiere lavori agricoli o attività di servizio 46.
Dal dialetto nizzardo, il termine rientrò in area ligure, a Monaco e a Mentone, dove si specializzò per indicare i più vicini tra i figoni, ossia gli abitanti di Grimaldi e della Mortola, località dette anche, scherzosamente. Figunia: monegaschi e mentonaschi potevano sentirli come "diversi", pur parlando dialetti abbastanza affini, per il fatto di appartenere ad amministrazioni politiche differenti.
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9. L’altra meta dei figoni ponentini era ovviamente Genova, dove il termine compare nella stessa epoca in cui prendono vita le colonie liguri di Provenza.
L’afflusso di questi gruppi di diseredati nella capitale dovette essere piuttosto massiccio, tanto da mettere in crisi il mercato del lavo ro non specializzato, se i figoin sembrano rappresentare una vera e propria categoria a sé di bassa manovalanza fluttuante, distinta dagli schiavi e dai famuli, ma non dotata di una propria professionalità: sono di volta in volta soldati svogliati e poco combattivi (testo del 1522), lavoratori occasionali nei campi (documenti Pandiani), servi (documenti Rossi), mulattieri e domestici in "villa", laddove non è necessario ricorrere a camerieri professionalmente preparati (Foglietta).
La provenienza dei figoni dalla Riviera di Ponente è un elemento caratterizzante: tra Quattro e Cinquecento si parla dei soldati figoni in opposizione a quelli di Genova e del Levante, si parla di figoneti come di Liguri del Ponente in opposizione ai Lombardi, sono delle diocesi di Albenga e Ventimiglia i figoni che vanno a popolare la Corsica.
È possibile che da Genova, attraverso il Monferrato, la "fama" dei figoni si sia estesa per un certo periodo anche in Lombardia, se le attestazioni riportate dal Battaglia, relative comunque a quell’area, sembrano collegarsi al tema di una manodopera irregolare che viene paragonata agli schiavi 47.
Mi sembra però improbabile che la fortuna del termine in area lombarda sia da connettere a un influsso ligure, e meno ancora a un’emigrazione di figoni liguri verso la Padania: figon ‘infingardo’ doveva preesistere, o è comunque una formazione autonoma, che potrebbe essersi occasionalmente rafforzata, per un certo periodo, a contatto dell’accezione ligure.
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10. In generale, verso l’area ligure montana, l’espansione del termine figone segue un percorso semantico un po’ diverso rispetto a quanto avviene a Genova e in Provenza.
Nella fascia di confine tra Liguria e Padania, diciamo pure dall’area brigasca fino a Ottone passando per Calizzano, il termine non reca mai riferimenti a un’immigrazione di figoni, ne alla prestazione di manodopera: i fìgoni sono dunque, essenzialmente, gli abitanti stanziali della Riviera e dell’immediato retroterra, così detti perché mangiano i fichi, che occasionalmente salgono a vendere nelle alte valli.
Del resto, sarebbe assurdo pensare a un’emigrazione dei figoni in aree montane a loro volta caratterizzate da fenomeni di spopolamento e di emigrazione definitiva o stagionale 48.
I figoni di Briga, di Ormea, di Calizzano o di Ottone vivono così in pianta stabile sulla costa, sono radicati in una regione che, non a caso, assume da loro il nome scherzoso di figunìa, (almeno a Briga): sono certamente diversi dai figoni di Genova e della Provenza.
Ovviamente, il fatto di mangiare e commerciare fichi è alla base della denominazione, come in provenzale e in genovese antico, ma cambiano le modalità attraverso le quali il termine si diffonde: esso smarrisce l’originaria caratterizzazione sociale, e ne assume una più scherzosa, solo col tempo destinata ad assumere un connotato spregiativo, legata agli usi gastronomici che vengono a torto o a ragione attribuiti alla massa della popolazione in questione (specie alle fasce povere), secondo uno schema che si ripete un po’ ovunque 49.
In questo senso, e solo in questo senso, si può affermare che figùn, nella fascia montana, ha assunto in certo qual modo un significato "etnico": più esplicito nel Ponente che nel Levante (se a Ponente lo si ritrova in espressioni come parlar figone), e con implicito un giudizio di merito, non positivo, ma che non sembra corrispondere oggi ai significati correnti nella Padania, di persona svogliata o infingarda.
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11. Figùn ‘abitatore della Riviera’ e in particolare ‘del Ponente’, per i montanari delle Alpi e degli Appennini Liguri è quindi qualcosa di simile alle forme scherzose con sfumatura spregiativa con le quali si indicano gli abitanti di località vicine nei più svariati contesti.
Ma non è certo paragonabile, ad esempio, ai liguri gabibu ‘meridionale’, lumbardu ‘settentrionale’, barbòtu ‘forestiero in genere’, non al settentrionale terrone e al meridionale polentone, non allo spagnolo gabacho ‘francese’ o al francese macaroni ‘italiano’, non al còrso lucchese ‘italiano’ o ad altri appellativi che hanno in genere connotazioni fortemente spregiative: una tale sfumatura era forse presente in Provenza e a Genova all’epoca dei flussi migratori quattro-cinquecen-teschi, quando i figoni potevano somigliare, in certo qual modo, ai vucumprà attuali, come loro senza fissa dimora, venditori occasionali, disposti ai lavori più umili e meno qualificati.
L’accezione "montana" di figùn sembra riflettere piuttosto un’attitudine scherzosa (e se vogliamo non priva di una certa affettuosità), ed è da considerare espressione di un campanilismo paesano, lo stesso spirito che ha dato vita a decine di epiteti, nomignoli e storielle con i quali si gratificano reciprocamente gli abitanti dei vari paesi della Liguria e non solo della Liguria 50.
Certo, la rivalità tradizionale tra montanari e rivieraschi 51 finisce per attribuire al termine una connotazione più forte, ma non ne andrà certo enfatizzata la sfumatura negativa a discapito di ciò che il termine tutto sommato sottintende: una conoscenza reciproca che significa anche, inevitabilmente, contatti, relazioni, reciproca stima.
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NOTE:
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1) L. MACCARIO, Etnia brigasca, "La Voce Intemelia", 1984, 1; Intervento anonimo su "R ni d’àigiira", 2 (1984); P.L. MASSAJOLI, Ancora sul termine "figùn", "R ni d’àigùra", 4 (1985); R. VILLA, I figùi, "La Voce Intemelia", 1985, 1.
2) F. TOSO, Ancora su I Figùi, "La Voce Intemelia", 1985, 4; F. TOSO, L’altro nome dei Ponentini. Nuove note sulla storia del termine figùn, "La Voce Intemelia", 1987, 4.
3) Lemma Figùn e seguenti in P.L. MASSAJOLI - R. MORIANI, Dizionario della cultura brigasca. I - Lessico. Alessandria 1991, pp. 198-199; R. MORIANI, Le Alpi Marittime, incrocio di civiltà, in "Pontedassio e la Valle Impero. Puntedasce e Valle d’Ineia. Conferenze/Cunfeènse 1992-1993", a cura di G. GANDOLFO. Imperia 1994, pp. 103-132, partic. allepp. 112-113.
4) In realtà, in area ligure le forme maschili concorrono, anche negli stessi punti, con la variante femminile figa, sia per ‘albero di fico’ che per ‘frutto del fico’: cfr. G. PETRACCO SICARDI, F. TOSO e altri. Vocabolario delle Parlate Liguri. II. Genova 1987, pp. 41-42. Non è da escludere che la forma maschile sia, in parte, un reintegro per evitare l’omofonia con figa nel significato osceno, che è un traslato diffusissimo, e non soltanto in area italiana. Sull’argomento cfr. H. PLOMTEUX, I dialetti della Liguria orientale odierna. La Val Graveglia. Bologna 1975, pp. 338-339 (con rimandi bibliografici).
5) E. AZARETTI, L’evoluzione dei dialetti liguri esaminata attraverso la grammatica storica del ventimigliese. Sanremo 1977, p. 269.
6) II suffisso latino -one serviva originariamente a designare una caratteristica fisica o di comportamento di una persona: è ovvia la facile compresenza di una sfumatura peggiorativa come in imbriagùn ‘ubriacone’, invexendùn ‘confusionario’, belinùn ‘minchione’, ecc.
7) Mi sono limitato a esaminare le opere disponibili nella sezione di Consultazione della Biblioteca Universitaria di Genova.
8) S. BATTAGLIA, Grande dizionario della lingua italiana. Torino dal 1961: la -g- nella forma impiegata dallo scrittore toscano ("è questi forse tigone o qualche schiavo, che altri se ne abbia a vergognare") sembra fare escludere che si tratti di una forma fiorentina. E’ probabilmente un lombardismo come nel Lomazzi ("Le stirpi dei tigoni / che per tutto le genti turbano").
9) G. FERRARO, Glossario Monferrino. Torino 1889.
110) E. GALLI, Dizionario pavese-italiano. Pavia 1965.
111) P. MONTI, Vocabolario dei dialetti della città e diocesi di Como... Milano, 1845.
112) C. CORONEDI BERTI, Vocabolario bolognese-italiano. Bologna 1869.
113) L. FERRI, Vocabolario ferrarese-italiano. Ferrara 1889.
114) P. MAZZOCCHI, Dizionario polesano-italiano. Rovigo 1907.
115) F. CHIAPPINI, Vocabolario romanesco. Roma 1945.
116) F.D. FALCUCCI, Vocabolario dei dialetti della Corsica. Firenze 1972.
117) F. CHERUBINI, Vocabolario milanese-italiano. Milano 1839.
118) J. PIRONA, Vocabolario friulano. Venezia 1871; G. FAGGIN, Vocabolario della lingua friulana. Udine 1985.
119) E. ROSAMANI, Vocabolario giuliano. Trieste 1990.
120) L. VALSECCHI - PONTIGGIA, Saggio di vocabolario valtellinese. Sondrio 1960.
121) F. MISTRAL, Lou trésor dòu Félibrige. Edition du centenaire. Genève-Paris 1979. Va però notato che il termine non sembra molto diffuso in area occitanica: non è registrato da L. BOUCOURAIN nel Dictionnaire analogique et étymologique des idiomes méridionaux. Paris 1898, ne in altri repertori minori. P.L. Massajoli mi segnala gentilmente l’assenza della voce in dizionari dei dialetti provenzali alpini di Gap, Roure (Val Po), della Val Stura, di Elva. Secondo P. SENÉQUIER Les parlers de Biot, Vallauris, Mons et Escragnolles, "Revue de linguistique et de philologie comparée", XIII (1880), pp. 308-314, per gli abitanti della Provenza erano un tempo considerati figoni gli abitanti delle diocesi di Ventimiglia e di Albenga.
22) P. GODEFROY, Dictionnaire de l’ancienne langue francaise, Paris 1884; C. HUGUET, Dictionnaire de la langue francaise du XVI siecle. Paris 1973.
23) J. COROMINAS, Diccionario critico etimològico de la lengua castellana. Berna 1954; M. ALONSO, Enciclopedia del idioma. Madrid 1958. La f- iniziale, per arcaismo grafico o per effettiva pronuncia, corrisponde alla consonante successivamente caduta, per cui si ha oggi in castigliano higo ‘fico’.
24) A. ALCOVER e F. MOLL, Diccionari Català, Valencià, Balear. Palma de Mallorca 1968.
25) Indicazione tratta da M. CORTELAZZO, La posizione delle estinte colonie liguri in Provenza, in "3me Colloque de Langues Dialectales". Monaco 1978, pp. 13-19; P. ROUX, Parler monégasque et "Moussenc", id., pp. 87-98. Le località in questione furono popolate tra il 1470 e il 1562 da coloni provenienti dalle diocesi di Ventimiglia e di Albenga.
26) L. FROLLA, Dictionnaire monégasque-francais. Monaco dal 1975; R. ARVEILLER, Etude sur le parler de Monaco. Monaco 1967.
27) Segnalato da R. VILLA, I figùi cit. Secondo Villa, la passeggiata domenicale dei mentonaschi a Grimaldi era detta familiarmente anda in Figunìa. Figons ‘habitants des Mortola et des Grimaldi’ è usato anche nell’articolo: R. GHERSI, Garavan, les Cuses et Menton, in "Ou paìs mentounasc", 19 (1994), 72, pp. 3-9, sempre con riferimento ad avvenimenti accaduti tra la fine del sec. XVIII e l’inizio del XIX.
28) P.L. MASSAJOLI - R. MORIANI, Dizionario... cit.; P.L. MASSAJOLI, Ancora sul termine "figùn" cit., scrive però che "oggigiorno tutti i brigaschi da me interpellati [...] hanno più o meno detto che fìgùn significa ‘commerciante o venditore di fichi’", con evidente attenuazione del significato spregiativo; ancora dal Dizionario della cultura brigasca: fìgunia ‘scherzoso e recente per indicare la Liguria occidentale’; figunàya ‘scherzoso per indicare un gruppo di Liguri’; figuniti ‘Liguri abitanti nei territori finitimi ai Brigaschi e quindi considerati solo mezzi ligurì; figunisàa ‘parlare ligureggiando’. Si veda anche P. BOLOGNA, Dizionario della lingua brigasca. Roma 1991: ‘gli abitanti della Liguria in genere, chiamati così (perché produttori di fichi) dai Piemontesi’.
29) G. COLOMBO, Vocabolario italiano-ormeasco e ulmiòscu-italian. Ormea 1985. P.L. Massajoli mi segnala l‘assenza del termine nei dizionari dei vicini dialetti (piemontesi) di Boves e Villanova Mondovì.
30) L. RAMELLA, Dizionario onegliese. Imperia 1989.
31) G. PETRACCO SICARDI, F. TOSO e altri cit.
32) Segnalazione di P.L. MASSAJOLI, Ancora, sul termine "figùn" cit.
33) Gentile segnalazione di M. Cuneo; l’allungamento della - i - fa sorgere qualche dubbio sulla connessione della voce di Val Fontanabuona con la nostra serie.
34) F. LENA, Nuovo dizionario del dialetto spezzino. La Spezia 1992.
35) Gentile segnalazione di F. Monteverde.
36) Gentile segnalazione di M. Cuneo.
37) G. ROSSI, Glossario medievale Ligure, Torino 1896: "Denegata ingiustamente tale licentia a tale servo o serva, fante o fantesca, figone o famiglio" nello Statuto dei Padri del Comune.
38) G. ROSSI, Glossario medievale ligure. Appendice. "Miscellanea di Storia Italiana", s. III, 13 (1909), pp. 133-218: in particolare, "Nel quaderno, conservato negli Archivi di Stato in Genova, dell’anno 1520 intitolato Corsicae Fabr. Adiacii, nel quale sono registrati i nomi degli individui che in detto anno abbandonarono la Liguria per recarsi a ripopolare Aiaccio in Corsica, col nome di Battista Lanteri da Porto Maurizio, unum ex conductorum familiarum missarum a M.° Officio ad habitandum in presenti loco Adiacii, sono registrati con alcuni pochi di Bajardo, e Vallebona (della diocesi di Ventimiglia) uomini di Pietralata, Boscomare, Alassio, Andagna e di Cosio jurisdictionis Albingane. Ebbene in detto sommario si legge: Rado grani siculi, cum armis missis per M.° Officium pro subvenendis familiis figonorum nuper missis".
39) E. PANDIANI, Vita privata genovese nel Rinascimento, in "Atti della Società Ligure di Storia Patria", XLVII (1915). Nel Glossario, dopo avere ripreso le notizie segnalate dal Rossi, l’autore aggiunge: "a Genova però appare da molti documenti che il figono fosse il colono, l’uomo che lavorava la campagna". E alle pp. 209-210: "un proclama contro ‘servos et servas, famulos et famulas ac figonos’ ci insegna come non fosse raro che essi dessero alloggio o vitto ad altri senza il permesso del ‘mesere o patrum’, che vendessero abusivamente ortaglie e frutta ed asportassero ‘coxa alcuna de caxa’ ed anche scappassero con la refurtiva. E poiché il decreto accenna a tré ordini di servi, s’intendeva allora lo schiavo, assoluta proprietà del padrone, mentre il famulus (fante) corrispondeva all’antico liberto. Il ‘figonus’ (figun o famiglio) era il colono o fattore di campagna". In realtà questa catalogazione mi pare dubbia. Lo stesso Pandiani pubblica a p. 323 un documento tratto dal Cartularium Rationum Privatarum Antonii Galli degli anni 1504-1509, in cui il termine sembra designare piuttosto un lavoratore occasionale. Infatti, da una nota spese per alcuni lavori eseguiti in una villa di Terralba: "Item die 19 Martii pro Jani figono pro iornatis 9 L. 2,5".
40) Si tratta del più antico incunabolo genovese. La raxone de la Pasca e de la luna e le feste, Genova 1473, per il quale vedi l’edizione in facsimile a cura di G. BALBI, II primo incunabolo genovese, Torino 1974. Redatto in volgare con forti elementi linguistici liguri, il testo di questo almanacco comprende tra l’altro una descrizione della Liguria ispirata al Bracelli, nella quale, trattando del mercato di Toirano, si afferma che "Lombardi e figoneti li vano di e nocte". Secondo antica consuetudine. Lombardi sono detti tuttora, con connotazione spregiativa, gli abitanti della Pianura Padana m genere, almeno in alcuni dialetti liguri (Vocabolario delle Parlate Liguri cit., s.v. lunbardu): il mercato di Toirano viene quindi descritto come punto d’incontro commerciale tra Piemontesi e Liguri della Riviera di Ponente. Da alcuni accenni, sembra che l’anonimo autore dell’almanacco fosse originario del Ponente, e forse di Sanremo.
41) Opera e lamento de Zena che tracta de la guerra et del saccho dato per li spagnoli a li XXX di de Magio nel MCCCCCXXII, in "Atti della Società Ligure di Storia Patria", IX (1870), pp. 413-422: alludendo alla facilità con la quale i nemici si sono impadroniti di Genova, l’anonimo autore dileggia i soldati "zenoesi" e "maxime quelli figoni e quegli antri levantini". Qui il nostro termine sembra espressamente contrapposto a Levantini per indicare i soli abitanti del Ponente.
42) Le poesie di Paolo Foglietta, uno dei documenti fondamentali della letteratura d’espressione ligure, sono contenute nell’antologia Rime diverse in lingua zeneixe, la cui prima edizione, risalente al 1575, è oggi irreperibile. Ad essa hanno fatto seguito altre cinque edizioni dal 1583 al 1612. Un’edizione moderna del Foglietta, purtroppo piuttosto scorretta e con non pochi errori di interpretazione, è quella a cura di E. VILLA e V.E. PETRUCCI: P. FOGLIETTA, Rime diverse in lingua genovese. Genova 1983. Citeremo qui dall’edizione delle Rime diverse in lingua genovese ..., Pavia 1583. Nelle poesie di Foglietta il termine figon ricorre quattro volte; in una poesia, nella quale afferma di preferire la vita di città agli ozi agresti, il poeta afferma: "Una villa me trovo si vexinna / che senza tegni mura posso sta / ni speisa de figon me conven fa, / chi ro meschin patron sempre assassinna"; in un altro sonetto, criticando le nuove mode di foggia spagnolesca. Foglietta afferma che i nobili non devono indossare abiti troppo corti "come fa ro zaneto o ro figon I ch’esse espedij per servirne den"; altrove, ricordando i bei tempi in cui vigevano costumi più morigerati, afferma che la servitù era ridotta al minimo, "e in villa e in cà serviva ro figon"; infine, ancora criticando l’uso moderno dei pantaloni, il poeta dice "che de citten parei ne fan figoin, I bazanotti, schiaoi e marine". E’ evidente dal contesto chefìgon sta qui a indicare un individuo addetto a umili mansioni, assimilabile agli zaneti ‘famigli’, ‘servi’, agli schiavi, ai marinai, ma anche ai bazariotti termine che indica in genere gli autori di traffici poco puliti: il figon è inoltre un lavoratore non specializzato, che di volta in volta viene utilizzato per servire in villa, per condurre un mulo o per altre faccende.
43) II passaggio da ‘fico’ a ‘malattia dell’ano’ si ha anche in area ligure, dove ricorre fighi ‘emorroidi’ in tabarchino di Calasetta (Vocabolario delle Parlate Liguri cit.).
44) In proposito cfr. ad esempio G. AIRALDI, Nel nome di Genova. Storia di una crisi, in "L’altra faccia di Colombo. La civiltà in Liguria dalle origini al Quattrocento". Torino 1992, soprattutto alle pp. 286-291.
45) Il documento citato dal Rossi, relativo all’emigrazione di figoni delle diocesi di Albenga e Ventimiglia nella zona di Ajaccio va letto in questo contesto: il governo genovese utilizzava queste fasce di popolazione fluttuante, disposta a spostarsi, per consolidare con l’impianto di colonie stabili la propria presenza nei domini d’oltremare. E’ da episodi di questo tipo, evidentemente, che il termine figone è passato in còrso a designare genericamente i "Genovesi" (ossia i Liguri), come attesta il Falcucci.
46) Secondo N. Lamboglia (ripreso da R. VILLA, 1figùi cit. ), i Provenzali chiamavano figoni tali stagionali perché essi avevano l’abitudine di portare un cesto di fichi ai loro datori di lavoro; J.A. Durbec ha raccolto (cfr. R. VILLA cit.) testimonianze su tale uso relative a Cannes nella prima metà del sec. XV.
47) Cfr. nota 8.
48) Unica eccezione, il caso del cognome Figone di Varese Ligure, che sembra indicare un’emigrazione dalla costa verso una località dell’interno; ma non dimentichiamo l’importanza storica di Varese come mercato dell’alta Val di Vara, lungo le direttrici del Cento Croci. La diffusione attuale di molti cognomi liguri, valga per tutti il caso del brigasco Lanteri, testimonia invece, semmai, di un fenomeno inverso di emigrazione dalla montagna verso la costa.
49) “Gli è che la politica estera pontremolese era allora dominata dalla forma di nazionalismo in apparenza più innocente, ma in realtà più pericolosa: cioè il nazionalismo gastronomico [...]. I lombardi erano chiamati polentoni, i genovesi eran detti minestroni e fagiolai i toscani. Perché un popolo quando comincia ad abusare dell’ingiuria culinaria, finisce sempre per praticare una politica provocatrice [...]. Da queste considerazioni è pertanto lecito trarre una conclusione poco lieta, dovendosi prevedere che, anche quando saranno abolite tra i popoli tutte le frontiere politiche, economiche, etniche e religiose, una frontiera resterà pur sempre, tetragona a tutti i colpi: la frontiera gastronomica" (L. CAMPOLONGHI, Pontremoli, Venezia 1988, p. 31).
50) A solo titolo di esempio, traggo da G. ACCAME - G. PETRACCO SICARDI, Vocabolario pietrose, Pietra Ligure 1981, le seguenti definizioni degli abitanti dei dintorni della cittadina: favâ per i borgesi, sciacateste per i calvisiesi, turchi per i cerialesi, fögin per i feglinesi, cü giani per i finalborghesi, gnabri per i finalmarinesi, gaòsci per i finalpiesi, becùi per i loanesi, saraceni per i varigottesi; nella stessa opera figurano proverbi e detti salaci sugli abitanti di altre località dei dintorni. Per un elenco consimile nell’area interna del Levante (Bedonia), assai esauriente, si veda S. MUSA, I firossi da Geléina de Rucaja, Bedonia s.a., pp. 91-93: è interessante, qui, il fatto che i Zeneisi (ossia, i rivieraschi in senso lato), vengano detti beccafighi, con riferimento, probabilmente, non tanto all’uccello, quanto alla solita fama di ‘mangiatori’ e ‘venditori di fichi’. In proposito si veda anche S. RAFFI LUSARDI, Il desco del villaggio. Rivisitazioni (Alte valli Ceno e Taro), Bedonia 1986, p. 181: "tanto più che l’acquistarne [fichi] dalla vicina Liguria, o farne oggetto di baratti, non era dispendioso".
51) Come altrove in Liguria, la rivalità tra abitanti della costa e abitanti della montagna appare di volta in volta legata a tradizioni storiche (la diversa appartenenza politica ad esempio), ma anche e soprattutto alle modalità di un diverso rapporto con l’ambiente, di peculiari tradizioni economiche, sociali, alimentari ecc.: non è certo da dati di questo tipo che si può desumere l’idea di una separatezza culturale, o di un atavico contrasto, sempre contraddetto da una secolare vicenda di interrelazioni; sarebbe come dedurre chissà quali conclusioni da strofette come quella che circola a Stella sugli abitanti di Varazze, citata in R. BOLLA - P. REBAGLIATI, Stella San Martino, Savona 1982: "Mi sun dra Steira / se no u fusse me u farciva / pre pie ‘na curterin-na / e mazé tuci quei dra marin-na"!
NUOVE NOTE SUL TERMINE FIGUN
Fiorenzo Toso - 1987
I lettori della "Voce Intemelia" ricorderanno l’articolo di Renzo Villa del marzo 1985, che riprendendo un accenno di Luigino Maccario, del febbraio 1984, illustrava ampiamente l’origine e il significato del termine figùn, vivo in varie lingue e dialetti nel significato di "Ligure Ponentino".
Qualche lettore ricorderà anche un mio intervento dell’aprile 1985, in cui segnalavo l’esistenza di tale termine nelle poesie genovesi di Paolo Foglietta (fine sec. XVI), col significato di "persona addetta ad umili mansioni, per lo più proveniente dalla Riviera".
A circa due anni dall’articolo di Villa, penso di poter aggiungere qualche nuova delucidazione, spigolata qua e là, per meglio chiarire la storia della parola figùn.
Intanto essa si incontra, nella forma figon (pl. figogni,) anche a Calizzano, sempre col significato di "Rivierasco": il termine si trova quindi diffuso nelle aree dell’Oltregiogo di lingua ligure (Briga, Calizzano appunto e, come afferma Villa, Ottone in Val Trebbia), così come in Provenza e nel basso Piemonte.
Quanto alla presenza di tale termine in genovese, è possibile retrodatarla di circa un secolo rispetto alle citazioni del Foglietta tenendo conto di due testi della fine del ‘400 e dell’inizio del ‘500.
La Raxone de la Pasca è una sorta di almanacco pubblicato nel 1473, che in una lingua mista di ligure e italiano da tra l’altro informazioni geografiche su varie località della Liguria: parlando di Toirano e del suo mercato, l’anonimo autore afferma testualmente: «Lombardi e figoneti li vano di e nocte», intendendo, naturalmente, per commerciare.
Un altro componimento anonimo, pubblicato nella prima metà del ‘500; anch’esso in un misto di ligure ed italiano, descrive in versi il sacco di Genova compiuto da spagnoli e milanesi nel 1522: verso la fine, alludendo alla facilità con cui i nemici si sono impadroniti della città, l’autore dileggia i soldati zenoesi e «maxime quelli figoni e quegliantri levantini».
Mi pare, da ambedue le citazioni, che venga messo in evidenza il carattere etnico della voce figùn, la prima volta contrapposto a lombardo (nel significato generico di "abitante dell’Oltregiogo, anche Piemontese", tuttora conservato a Pietra Ligure e ad Arenzano, qui anche con valore spregiativo), la seconda contrapposto a levantino, "abitante della Riviera di Levante".
Riassumendo, il termine figùn doveva significare a Genova, tra ‘400 e ‘500, "Rivierasco del Ponente". Più oltre, tale voce passò a significare, in particolare, "uomo di bassa manovalanza, generalmente proveniente dal Ponente": tale è il significato ricavabile dalle poesie del Foglietta.
Altrove, dove il termine si è conservato, esso ha mantenuto il significato originario, come è chiaramente dimostrato da Villa, assumendo eventualmente una connotazione scherzosa o lievemente ironica.
Un ultimo dato interessante può essere l’esistenza del cognome Figone, diffuso nel Levante ligure con ampia frequenza in due comuni dell’Entroterra (Varese Ligure e Casarza), ma attestato anche in Riviera tra Chiavari e Sestri Levante. La diffusione di tale cognome potrebbe riflettere l’antica presenza di oriundi Ponentini nella Liguria Orientale, completando il quadro geografico dell’antica diffusione della voce figùn.
Ancora su I Figùi
Fiorenzo Toso - aprile 1985
In relazione all’interessante articolo di Renzo Villa (Voce Intemelia del marzo scorso) su I Figùi, credo sia utile segnalare un’altra fonte in cui si parla di questi "misteriosi" personaggi. Alludo alle poesie di Paolo Foglietta, cinquecentesco poeta genovese di ispirazione ora civile ora amorosa. Nei suoi versi, pubblicati nell’antologia Rime diverse in lingua Genovese (Pavia 1583, di cui si conoscono anche edizioni precedenti), e recentemente riediti a cura di E. Villa e V. E. Petrucci (Genova, Tolozzi 1983), il termine figon ricorre quattro volte.
Nella rima XXII, in polemica coi patrizi genovesi troppo amanti delle splendide ville di campagna, il poeta afferma essere la città stessa la sua villa, dicendo di Genova:
UNA VILLA ME TROVO SI VEXINNA
CHE SENZA TEGNÌ MURA POSSO STA
NI SPEfSA DE FIGON ME CONVEN FA
CHI RO MESCHIN PATRON SEMPRE ASSASINA.
(Possiedo una villa così vicina, che posso fare a meno
della mula per recarmici, ed evitare la spesa del figon,
che sempre assassina il suo povero padrone).
Altrove (sonetto XXVIII), criticando le nuove mode in seguito alle quali i nobili genovesi, abbandonando le toghe avevano adottato vestiti di altra foggia, afferma che i buoni cittadini non devono portare abiti corti
COME FA RO ZANETO O RO FIGON
CH’ESSE ESPEDIf PER SERVIRNE DEN.
(Come fanno il servo ed il figon, che debbono
essere liberi nei movimenti per meglio servirci).
Per contestare gli sprechi fatti dai nobili nell’acquistare cavalcature di gran pregio e nel mantenere paggi sontuosamente vestiti (sonetto XXXIII), Foglietta si richiama ai costumi dei vecchi genovesi che andavano in villa a dorso di mulo, senza usare sontuose briglie di velluto, concludendo
E IN VILLA E IN CA SERVIVA RO FIGON.
(E in campagna e a casa bastava il servizio del figon).
Infine ritroviamo il termine in un’altra poesia (XXXVI) assai critica verso gli abiti alla moda, e in particolare verso l’uso dei pantaloni,
CHE DE CITTEN, FAREI NE FAN FIGOIN,
BAZARIOTTI, SCHIAOI E MARINÉ.
(che ci fanno sembrare, più che cittadini, figoin,
rivenduglioli, schiavi o marinai).
Il termine figon, a quanto mi risulta uscito dall’uso vivo nel genovese (già non s’incontra nella letteratura seicentesca), sembra avere pel Foglietta un significato dispregiativo, ed è associato, almeno in due casi, ai muli. La tentazione di tradurre il termine come "mulattiere" sarebbe quindi grande, se vi fosse qualche altro elemento. Resta il fatto che il figon è pel cinquecentesco poeta genovese un uomo destinato a lavori servili, verosimilmente infido e non certo degno di grande considerazione.
Il termine appare anche contrapposto a Citten, cittadino, il che potrebbe far pensare a un’origine rivierasca (o montanara) dei figoin, venendo così a corrispondere in parte coi significati proposti da Renzo Villa.
Quanto scrive Fiorenzo Toso sembra confermare che ci troviamo in presenza di un termine molto diffuso e antico, ricco di storia e di significati. Significati che potevano variare a seconda dei luoghi e delle epoche. La questione comunque resta aperta e il giornale è a disposizione di chi volesse ulteriormente interloquire. Renzo Villa
F I G U I
Renzo Villa - marzo 1985
Dal Glossario Medioevale Ligure di Girolamo Rossi, apprendiamo che il significato (o i significati) del termine figùn, rivolto agli abitanti del Ponente Ligure anche dagli altri Liguri, sarebbe: mangiatore e venditore ambulante di fichi, ma anche servo, girovago e, qualche volta, magari ladruncolo, per necessità o per le occasioni che la vita randagia e zingaresca offriva.
Pierleone Massajoli, studioso di cultura brigasca, diceva che, nel termine figùn, non è insito alcun significato spregiativo per i liguri della costa. Lo stesso segnalava che lo stessi termine era usato anche ad Ottone, in provincia di Piacenza, dove i liguri si spingevano a vendere i loro fichi.
Trattandosi evidentemente di liguri del levante, fa specie che il Plomteux, così attento alle voci di quell’area linguistica, non riporti il termine figùn nella sua opera I DIALETTI DELLA LIGURIA ORIENTALE ODIERNA, Patron 1975.
Ma, forse, la cosa è spiegabile: figùn, come soprannome attribuito ai liguri migranti, era più diffuso e usato dagli abitanti delle zone contermini che dai liguri stessi che se lo vedevano imporre dagli altri.
Tornando, ora, dalle nostre parti e a quelli che erano considerati figùi dai piemontesi e dai provenzali, resta la questione fondamentale che può essere posta in questi termini: dire figùn a un tale significa semplicemente definirlo un ligure d’occidente o volerlo, in qualche modo, offendere ?
La risposta, non facile, potrebbe essere la seguente, a principio, figùn significò probabilmente soltanto venditore di fichi, ma, poi, col passare del tempo, il termine subì un ampliamento semantico, in bene e in male.
Forse più in male che in bene perché se è vero che - per gli abitanti del Basso Piemonte e della Provenza - diventò sinonimo di oriundo della Liguria di Ponente, nello stesso tempo, assunse il significato peggiorativo di girovago e di infingardo.
E, se, dall’area ligure-provenzale allarghiamo la nostra indagine a quella panmediterranea, spingendoci sino alla Spagna, scopriamo che, già ab antiquo, dire figon a qualcuno non era proprio fargli un complimento.
Figon - che in spagnolo vuol dire "bettola" o "rivendugliolo", ma è pur sempre una variante di higo "fico" - è attestato, fin dal 1636, come "tabernucho, bodegon donde se guisan y venden cosas ordinarias de corner. Significò antes ‘figonero, tabernero de figon’ 1603, y en el origen fue termino despectivo e insultante, [...]
Risparmiamoci il seguito poco gradevole della definizione, che è tratta dal BREVE DICCIONARIO ETIMOLOGICO DE LA LENGUA CASTELLANA di Joan Corominas, pag.272.
Oggi, nessuno va più in giro a vendere fichi e molti pregiudizi che esistevano un tempo nei confronti dei forestieri, sono scomparsi.
Possiamo, pertanto, dire che figùn ha riacquistato e conservato, fra i suoi vari significati, soltanto quello, un po’ scherzoso, di abitante della Liguria occidentale, terra produttrice di fichi.
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Ma, se fra i tanti figùi del passato, prendiamo, ad esempio, quelli della ristretta zona ad occidente di Ventimiglia, posta a ridosso della frontiera, troviamo che la loro terra era chiamata addirittura Figounìa (Mistral TRESOR DOU FELIBRIGE, 1° 1151) e che, per i provenzali, figoun era un Habitant de Figounia, hameau de la commune de Vintimille mentre Lou figoun era il patois qu’on parie a Figounìa et dans quelques localités des environs de Grasse, telles que Mons et Escragnolles: c’est une corruption du génois.
Per i monegaschi, i figunin erano les habitants de Grimaldi et de ses environs (L. Frolla DICTIONNAIRE MONEGASQUE-FRANCAIS, pag.135). E.R. Arveiller (ETUDE SUR LE PARLER DE MONACO, pag.65) aggiunge: quand un enfant avait un langage traìnant, on lui faisait honte en lui disant: "parli ‘kum u figu’ni"; tu parie comme un habitant de Figunia; il s’agii d’un hameau dépendant de Vintimille.
Da ricordare ancora che, nel passato, la passeggiata domenicale dei mentonaschi a Grimaldi era definita: andà in Figunìa.
Quanto alla Mortola, i suoi figùi non erano meno conosciuti, non soltanto come venditori di fichi, ma come pascolatori abusivi di capre nel territorio dei mentonaschi suscitando le vivaci proteste di questi ultimi: Les récriminations soni faites bien souvent a rincontro des "FIGHONS" habitants de la Mortala, hameau génois, qui laissent paìtre leurs chèvres au quartier des Cuses [.....] (LA VIE A MENTON SOUS LA REVOLUTION ET L’EMPIRE, Annales de la Société d’Art et d’Histoire du Mentannais, pag.75).
Nella stessa opera, in nota n° 487, si dice: Lamboglia (N.) essaie de definir le sens du nom "Fighons" donne alors en Provence aux hommes qui venaient de la Ligurie. Il pense que c’était parce que ces derniers avaient coutume d’apporter une corbeille de figues a ceux qui les accueillaient. Durbec (J.A.) constate l’existence de cette coutume a Cannes dans la première moitié du XV siede où des éléménts ligures commencent a s’infiltrer dans cette localité (Recherches régionales 1976, n" 2, p.63).
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Questi, dunque, erano i figùi d’una volta, i quali non è detto trascorressero tutta la vita a vendere fichi o a svolgere mansioni subalterne. Qualcuno di essi - più intraprendente e fortunato degli altri - durante le peregrinazioni, trovava il modo di sistemarsi, migliorava la propria condizione sociale o faceva fortuna dimenticandosi però - da buon parvenu - dei suoi compagni meno favoriti dalla sorte. Lo diceva anche il proverbio: Candu u figùn u munta in sciu u figu, u se ne fute de l’amigu.