La cultura è un investimento sul futuro ed anche un sostegno per
l’economia. Questo è dimostrato per l’indotto dei grandi centri
museali, architettonici e delle città d’arte, per i grandi eventi
letterari (Salone del libro di Torino, Festival di Mantova,
eccetera) dove, secondo i calcoli della Camera di Commercio di
Firenze, ogni euro investito ne rende 2, 49. Però ciò che entra in
crisi è il lavoro culturale capillare, l’incremento delle dotazioni
bibliotecarie e la conseguente attività promozionale, gli incontri e
i convegni di qualità in sede locale che forse non creano ricadute
sull’indotto come i grandi eventi, ma esercitano una insostituibile
azione educativa, creano condizioni di incontro, confronto e
dialogo essenziali in una realtà sociale che cammina verso
l’imbarbarimento; ma soprattutto valgono a costruire un’identità ed
un’immagine di vita. Per il momento non tutto è perduto perché
l’impegno dei volontari, non solo temporale e lavorativo ma anche
finanziario, ha tamponato le falle più vistose. Per quanto tempo
dureranno la pazienza e il senso di sacrificio ? Se si perde questo
tessuto e si smarriscono questi valori sarà difficile ricostruirli e
resteremo in balia dei mostri televisivi, sguaiati e diseducativi.
La cultura non è né un costo né un lusso. E una risorsa e un
investimento per il futuro. Per questo motivo conviene cercare di
convincere Governi e cittadini che la cultura non è un problema ma
una soluzione di tanti problemi. Uno degli obiettivi del 1500
anniversario dell’Unità d’Italia potrebbe essere proprio questo:
ridurre l’analfabetismo culturale e ravvivare la democrazia. Solo il
9% degli italiani adulti, tra i 25 e i 64 anni possiede una laurea.
La media europea è del 21%, Più di due milioni di adulti sono
analfabeti completi; quasi 15 milioni sono semianalfabeti.
Per concludere almeno una notizia positiva: secondo l’Istat nel
settimo rapporto l’impegno delle famiglie per la cultura e lo
spettacolo è aumentato del 7%. Non si può attribuire a loro colpa il
contesto nazionale.
Sono tempi molto difficili
per la diffusione della cultura; la situazione economica italiana ha
imposto una decurtazione degli interventi statali, con particolari
ricadute negative nel settore sociale, sulla sanità, sulla cultura,
istruzione e ricerca. Negli ultimi cinque anni l’intervento dello Stato
nella cultura è sceso di oltre il 30%. La dotazione del ministero per i
Beni e le Attività culturali è passata da 2201 milioni di euro del 2005
a 1509 milioni previsti per il 2011. Solo per le attività dell’ultimo
anno la diminuzione delle risorse è di quasi il 12%.
L’intero settore pubblico (Stato, Regioni, enti locali) nello stesso
periodo ha ridotto il suo intervento da quasi 7 miliardi a circa 5
miliardi e 450 milioni di euro segnando un calo del 20%. Lo Stato
italiano nel 2010 ha speso per la cultura lo 0,21% del bilancio statale:
25 euro pro capite contro i 46 euro della Francia. La situazione si
ripercuote nei bilanci regionali, provinciali e comunali. In
quest’ultimo settore (secondo alcuni sindaci) anche a causa del
cosiddetto patto di stabilità che mette sullo stesso piano comuni
virtuosi e viziosi. Così sono in difficoltà non solo le attività
ordinarie di grandi e prestigiosi enti, ma soprattutto quelle attività
definite, a torto, “minori” che ravvivano la provincia e le periferie
del Paese. Perciò se qualche realizzazione importante viene attuata con
contributi privati, l’attività minuta entra in crisi mettendo in
difficoltà l’entusiasmo di tanti volontari.
Così tante iniziative rischiano di spegnersi, molte riviste culturali
riducono la periodicità o chiudono, le sale cinematografiche scompaiono
per lasciare spazio ai centri commerciali (35 in Liguria negli ultimi
dieci anni). I sostegni delle fondazioni bancarie si fanno più esigui e
si concentrano su progetti significativi, le scuole e gli istituti di
ricerca vivono in regime di costante e stabile precarietà (mi venga
scusato l’ossimoro). Si crea una distanza sempre più grave tra cittadini
e politica. Si assottigliano l’orgoglio ed il senso di appartenenza ad
una comunità, si frustra la voglia di conoscere della gente, la
produzione creativa, si appiattiscono l’eccellenza ed il merito. Per
reperire risorse per il Fondo unico per lo spettacolo il Governo ha
aumentato di un centesimo al litro il prezzo dei carburanti dando
l’impressione che la cultura sia una tassa.
Il marketing per vendere la cultura, quindi, o per lo meno per farla
sopravvivere con stratagemmi low cost. Eccola, la seconda
contraddizione. Chi ha visitato almeno una volta il Salone di Torino
negli ultimi anni non può aver fatto a meno di notarlo: da una parte
gli stand delle grandi case editrici, tutti luci e colori,
imbellettati, profumati e patinati, con le grandi firme (che sempre
più sono personaggi televisivi) pronte per gli autografi, con il
pubblico in fila per comprare un libro che potrebbe trovare in
qualunque autogrill. Dietro, un po’ più in ombra, un po’ più
“sgualciti”, i piccoli editori, quelli che trovano autori nuovi,
storie diverse, che vivono di passione, locaI e fantasia. Il mondo
dell’editoria sta cambiando, e nessuno può fermare il cambiamento.
Il libro diventa sempre più un prodotto (e per certi versi, è anche
un bene che sia così), la tecnologia smuove le acque: i libri si
vendono con i book-trailer (a volte, va detto, veri capolavori), si
vendono online, si vendono digitali (e ormai siamo al pareggio: per
ogni libro di carta, un libro elettronico).
L’importante, alla fine di tutto, è non perdere la rotta. Non
pensare che la tecnologia possa cambiare i valori di fondo: le
parole, le idee, i racconti restano quelli, a prescindere dal mezzo
che usano per andare in giro. L’importanza (e la fatica) di
studiare, il piacere di conoscere, il desiderio di approfondire, la
curiosità sono valori che fanno crescere e sviluppare una società e
un territorio. Gli Amici di Peagna lo sanno da trent’anni e
proseguono su questa strada, con il contributo, piccolo, anche di
questo giornale. La speranza è che un clima migliore e un panorama
diverso si possano iniziare a vedere anche oltre i confortevoli
confini di Peagna.
Gli Amici di Peagna compiono trent’anni e arrivano al Salone del Libro.
Lo fanno a piccoli passi, con grande attenzione, messi in mostra dalla
Regione Liguria. Ed è questa la prima delle due contraddizioni che i
giorni di Torino portano a galla e che non possiamo fare a meno di
notare e raccontare.
Da quattro-cinque anni a questa parte, la risposta che esce dai palazzi
della politica è più o meno sempre la stessa: “Non ci sono soldi”.
Risposta legittima, ma che a volte - e succede a livello nazionale come
a livello locale - sembra piuttosto un ritornello facile e sempre pronto
per nascondere, più che la mancanza di denaro, la mancanza di idee e di
volontà. Cosa è la cultura, secondo le istituzioni ? Non è facile
capirlo. I tagli incessanti e dolorosi a musei, teatri, biblioteche,
festival, scuole, sembrano lasciar intendere che la cultura è una voce
di bilancio come le altre, una fisarmonica che si allunga e si accorcia
a seconda dei tempi e delle esigenze di cassa contingenti. Invece la
cultura dovrebbe essere un investimento, una risorsa, un punto fermo:
per far crescere i giovani, per costruire un’economia virtuosa, per
portare turismo e ricchezza. Dove sta dunque la contraddizione ? La
Biblioteca di Liguria, dalla piccola Peagna, conquista il palcoscenico
di Torino. Ma intorno a lei la vita culturale di questa regione frana,
scivola via, diventa deserto; e il mondo politico da una parte elogia e
dall’altra usa le forbici, da un lato prende a esempio gli Amici di
Peagna e dall’altra, in tanti mesi, partorisce come unica idea quella di
una Book Commission, un’agenzia che sulla falsa riga della Film
Commission convinca gli scrittori più famosi a usare la Liguria come
scenario dei loro romanzi.
Associazione
”AMICI DI PEAGNA”
Oggi, in Provincia di Imperia, le Associazioni sono:
Nel 1973, le Associazioni per la Cultura, le Arti, le Tradizioni e la Difesa dell’Ambiente, esistenti sul territorio ligure, dopo numerosi contatti informali, si sono riunite a Savona per fondare la Consulta Ligure. Tra queste associazioni figurava: A Compagna di Genova, A Campanassa di Savona, Cumpagnia d'i Ventemigliusi di Ventimiglia, Famija Sanremasca di Sanremo, Communitas Diani di Dino Marina, Vecchia Alassio di Alassio, U Campanin Russu di Varazze, Cumitau Naçiunale d'e Tradiçiue Munegasche di Monaco Principato.
CUMPAGNIA d'i VENTEMIGLIUSI
Piazza Libertà, 1 - Torre Comunale
- 18039 - VENTIMIGLIA IM
CUMPAGNIA d'u ÇERVU
Palazzo Viale
- 18010 - CERVO IM
FAMIJA SANREMASCA - Arti e Tradizioni
Palazzo Borea D’Olmo - Via Matteotti, 143 - 18038 - SANREMO IM
AMICI DEL CASTELLO
c/o Teatro Concordia
- 18010 - DIANO CASTELLO IM
A VASTERA – UNIUN DE TRADISIUN BRIGASCHE Via Padre Semeria, 130
- 18038 - SANREMO IM
CENTRO CULTURALE TABIESE Palazzo Lercari,
POB 56
- 18018 - TAGGIA IM
CIRCOLO LIGUSTICO ARTE E AMBIENTE Piazza Alberto Nota, 1
- 18038 - SANREMO IM
CIRCOLO CULTURALE CA’ DE PUIO c/o Eraldo Tomati - Via
IV Novembre, 13 - 18016 - SAN BARTOLOMEO AL MARE IM
COMMUNITAS DIANI Palazzo del Parco
- viale Matteotti
- 18013 - DIANO MARINA IM
COMPAGNIA STABILE CITTA’ DI SANREMO Piazzale Cassini, 13
- 18038 - SANREMO IM
CUMPAGNIA ARMASCA
Casella Postale 188
- 18011 - ARMA DI TAGGIA IM
CUMPAGNIA DELL’URIVU
Via Zara, 6
- 18100 - IMPERIA
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