LA FOCE DEL ROIA E QUASIMODO

      Nel 1926, venticinquenne, Salvatore Quasimodo veniva assunto quale “geometra straordinario”, con l’assegno giornaliero di £ire 30, dal Ministero dei Lavori Pubblici e destinato al Genio Civile di Reggio Calabria.
     Nel 1931, veniva trasferito al Genio Civile di Imperia. Si recava spesso a Genova, dove stringeva amicizia con Angelo Barile, Adriano Grande e Camillo Sbarbaro. Collaborava con la rivista “Circoli”.
      Nel 1932, dava alle stampe “Oboe sommerso”, edito da Circoli. Nel 1934, il poeta era in Sardegna. Nel 1938, si dimetteva dal Genio Civile. Il 10 dicembre del 1959 gli veniva assegnato il Premio Nobel per la letteratura. Moriva a Napoli, il 14 giugno 1968.
     Tra il 1931 ed il 1932, Salvatore Quasimodo ha dimorato per un po’ di tempo in Ventimiglia. Era incaricato di seguire i lavori esecutivi della strada montana che avrebbe condotto da Ciaixe fino a Passo Muratone, nel tratto che da Cima d’Aurin porta agli Abegli, lungo l'antico tracciato chiamato "Alta Via dei Monti Liguri". Quel tratto di percorso è oggi conosciuto col nome di “strada militare”, giacché furono impiegati proprio i soldati per eseguirla, con mansioni di “sterratori”, evitando di lasciarli poltrire nelle caserme.
     Pur gravato dal suo lavoro di “geometra straordinario”, il poeta non tralasciò di seguire l’ispirazione incombente, anche in quel periodo, tanto che di quella sua permanenza nella Zona Intemelia ne ha lasciato segno in tre emblematiche liriche: La foce del Fiume Roia - Alla Liguria - Sul colle delle “Terre Bianche”.
     A ricordo di quel soggiorno, nell’aprile del 1976, il Circolo Intemelio della Stampa, volle apporre sulla facciata della costruzione più prossima alla foce del nostro fiume, una lapide che riporta i realistici versi alla medesima foce dedicati.
     Quella lapide invoglia assai ad intraprendere il tentativo di traslare nel “nostru parlà” quei versi, così nostri, ed il risultato, che appare subito positivo, conduce immancabilmente a rileggere in ventemigliusu anche le altre due liriche coinvolte.

FOCE DEL FIUME ROIA

 

             Un vento grave d’ottoni

          mortifica il mio canto,

          e tu soffri a grembo aperto

          la voce disumana.

 

            Da me divisa s’autunna

          ai moti estremi giovinezza

          e dichina.

 

            La sera è qui, venuta ultima,

          uno strazio d’albatri;

          il greto ha tonfi, sulla foce,

          amari, contagio d’acque desolate.

 

            Levita la mia vita di caduto,

          esilio morituro.

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da “Ed è subito sera - Oboe sommerso” 1930 - ‘32.

     SUL COLLE DELLE

     «TERRE BIANCHE»

 

              Dal giorno, superstite

            con gli alberi mi umilio.

 

              Assai arida cosa;

            a infermo verde amica,

            a nubi gelide

            rassegnate in piogge.

 

              Il mare empie la notte,

            e l’urlo preme maligno

           in poca carne affondato.

 

              Un’eco ci consoli della terra

           al tardo strazio, amata;

 

           o la quiete geometrica dell’Orsa.

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da “Ed è subito sera - Erato ed Apòllion” 1932 - ‘36.

         ALLA LIGURIA

 

        Sulle tue montagne, nella ruota

     di giovinezza, ho costruito una strada,

     in alto tra i castagni;

     gli sterratori sollevavano macigni

     e stanavano vipere a grappoli.

     Era l’estate degli usignoli

     meridiani, delle terre bianche,

     della foce del fiume Roja.

     Scrivevo versi della più oscura

     materia delle cose,

     volendo mutare la distruzione,

     cercando amore e saggezza

     nella solitudine delle tue foglie sole.

     E franava la montagna e l’estate.

     Anche lungo il mare

     avara in Liguria è la terra,

     come misurato è il gesto

     di chi nasce sulle pietre

     delle sue rive. Ma se il ligure

     alza una mano,

     la muove in segno di giustizia.

     Carico della pazienza

     di tutto il tempo della sua tristezza.

     E sempre il navigatore

     spinge lontano il mare

     dalle sue case per crescere la terra

     al suo passo di figlio delle acque.

 

 

da “Dare e avere” 1960 - ‘65

           A FUXE D’A RÖIA
..

In ventu pesante d’utùi
u murtifica u mei cantu,
e tü ti ghe patìsci a perséntu desventràu
cu’ ina vuixe desümana.
.
Da mì spartìa, a s’utùna
ai muviménti de versu â fin, a zuventüra
e a se redüxe.
.
A seira, chì, a l’è vegnüa pe’ ürtima,
in turméntu de gagiài;
a giàiřa a gh’à d’ê bòte, inscia fuxe,
amàre, andàna d’aighe scunfurtàe.
.
A se léva a mei vita de cazüu,
esigliu möirente.

INSCI’A COLA D’Ê «TÉRRE GIÀNCHE»
.

                       
D’â giurnà, revegnénte
               cu’i arbuři me rabàtu.

.
                       
Maiscì àspera cosa;
               versu a suferénte verde amiga,
               versu d’ê nivuře zéze
               ch’i nu’ pön che deventà aighe.

.
                      
A marina a l’ince a nöte,
               e u bérru u càrca marrìu
               inte poca carne afundau.

.
                      
In renbùmbu u ne cunfòrte, d’â terra
               a l’antigu turméntu, ben vusciüa;

.
                   
opüre: a càrma geumetrica de l’Ursa.
 

                  Â LIGÜRIA
.
Insce tou muntagne, int'a ròda
d’a zuventüra, gh’òn messu sciü ina strada,
in’autu, int'u mezu ae castagne;
i terraséi i tirava sciü blòchi de pria
e i destanàva scursi a rapi.
U l’eira l’estau d’î rusignöi
de mezegiurnu, d’ê terre gianche,
d’a fuxe d’a scciümàira: a Röia.
Mì caciavu zü d’i versi d’a ciü scüra
sustànsa d’ê cose,
vurrendu andamà u desbànu,
çercandu l’amù e u savé
inte l’abandùn d’ê tou föglie sule.
A sbuiràva a muntagna e fina l’estàu.
Aiscì longu â marina,
carestiùsa, in Ligüria, a l’è a terra;
cum’u l’è mesürau u gestu
de chi nasce insc’e prie
d’ê sou rive. Ma se u ligure
u l’àissa ina man,
u a bugia in segnu de giüstissia.
Càrregu d’a pasciensa
de tütu u tempu d’a sou mařincunìa.
E d’urdinàriu u navigatù
u spuncia luntan a marina
dae sou cae pe’ ingroscià a terra
au sou passu de figliu d’ê aighe.

L.M.

2005

 

 

 rivista il : 16 aprile 2013
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