Dicembre 2011
I volontari
alpini ventimigliesi del Gruppo ANA , con la supervisione di Bruno
Manera, hanno riassettato il "Giardino del Corsaro Nero", dotandolo di
un ingresso al pubblico verso il Belvedere del "Cavu", che renderà
fruibile questo grande tesoro.
A Partire dall'anno 1998, in Ventimiglia si è fatto strada un
movimento culturale che mira a valorizzare il giardino posto sui
bastioni del Cavu, nel così detto "Munte d'ê
Muneghe", sotto il nome di "Il
Giardino del Corsaro", in considerazione al fatto che i ruderi
presenti su quel promontorio apparterrebbero alle mura del castello
comitale, il maniero dei Conti di Ventimiglia, progenitori di
quell'Emilio di Roccabruna, dei Ventimiglia-Lascaris, che Emilio
Salgari ha immortalato nelle vesti del famoso "Corsaro Nero".
Dall'anno 2002
al 2005, molte iniziative di spettacolo, espositive e di richiamo
culturale, hanno carat-terizzato l'attività associativa locale in
nome del corsaro salgariano, ma oggi la cosa pare assopita.
Il Corsaro Nero, il più noto degli "Spantegai", è tornato a
riconquistare la sua terra con una battaglia incruenta,
combattuta senza spade e fioretti ma con fiori uniti a mazzetti
ed è riuscito a soggiogare decine di migliaia di persone, cosa
che non avveniva da anni, confluite in città attratte dal
fascino del racconto colorato e profumato delle sue avventure.
Visto il meritato successo di altre manifestazioni collaterali
legate al suo nome, quali l’Agosto Medievale e il Convegno “Il
Corsaro Nero – Immaginazione e immagine” con annessa Mostra al
Forte dell’Annunziata, oltre alle iniziative che hanno coinvolto
scuole ed Enti regionali e nazionali, pare meritevole di
attenzione il proposito, espresso da alcune istituzioni
cittadine, di proseguire, anche per l’avvenire, lo sfruttamento
di questo personaggio della fantasia salgariana a fini
promozionali turistici.
Peraltro non sarebbe cosa nuova considerando che già altre città
hanno tratto vantaggio dall’utilizzo di figure di protagonisti
della letteratura più o meno storici e più spesso immaginari.
Basterebbe anche solo pensare a Vernante che, per il solo fatto
di aver dato i natali a Mussino, celebre illustratore delle
avventure del burattino collodiano, si propone come la città del
"Papà di Pinocchio", attirando visitatori di ogni età, e non
solo scolaresche, in ogni periodo dell’anno, attraverso la
decorazione delle facciate di numerosi edifici con affreschi
riproducenti le immagini che commentano gli episodi più
significativi del racconto.
Nessuno oserebbe proporre per Ventimiglia una soluzione di
questo tipo (realizzabile forse solo nella Città Alta), tuttavia
qualche cosa di diverso si potrebbe suggerire. Si richiederebbe
la promozione di iniziative di ampio respiro e risonanza e un
pizzico di fantasia.
Barbadirame a suo tempo e la prof.ssa Giovanna Forlano
recentemente, hanno, ad esempio, proposto un bando di concorso
nazionale di scultura (che ne dice Gigliola Coppo ?) per la
realizzazione di un monumento al nostro personaggio da
collocarsi sulla punta dal Cavu, di fronte al mare aperto: il
che potrebbe costituire una integrazione al sito archeologico da
realizzare, con opportuni scavi, sul Monte delle Muneghe, come
più volte suggerito dal prof. Mario Ascheri.
Altra proposta di collocazione: il terrazzo del Forte
dell’Annunziata (una parte del quale, quella inferiore, non
ancora restaurata, potrebbe essere utilizzata per ospitare una
mostra permanente anche per le parti migliori, non
deteriorabili, dei carri delle diverse edizioni della Battaglia
dei Fiori). Forza, avanti con le idee !
L’immagine del Corsaro potrebbe diventare, nell’immaginario
collettivo, il logo caratterizzante la città accanto a quello di
“Città martire”, colpevolmente calato nell’oblio, città della
“Battaglia dei Fiori” e, ahimè, del mercato del venerdì.
Si potrebbe obiettare che esaltare come icona quella di un
personaggio violento, proiettato verso la vendetta come unico
scopo della propria esistenza, significherebbe celebrare il
gusto della rivincita, della rappresaglia, della punizione in un
momento come quello attuale che necessita invece di perdono e
comprensione. Si potrà ancora osservare che intorno a noi
esistono personaggi veri, concreti, vivi che meriterebbero
emulazione ma forse non avrebbero la stessa presa emotiva di
quelli fantastici della società mediatica.
Proporre la figura del Corsaro Nero non significa esaltare lo
spirito drammatico di vendetta portato all’esasperazione sino al
sacrificio della donna amata, ma comprendere lo spirito
cavalieresco dell’onore, della fedeltà al giuramento anche se,
come si legge negli atti del Convegno nella relazione di Claudio
Gallo e Caterina Lombardo, citando Roberta Fioraso «l’eroe
salgariano è fondamentalmente un vinto ... La vera vittoria
sarebbe l’annientamento del nemico e il possesso della donna
amata. Ma questa completa vittoria l’eroe salgariano non la
raggiungerà mai per un semplice motivo: la donna e la guerra,
l’eros e l’amicizia, l’amore e la violenza, il sangue e le
lacrime si escludono a vicenda».
Peraltro, Salgari, nell’inventarsi i personaggi non si è mai
posto l’obiettivo pedagogico e la fortuna delle sue opere sta
proprio nell’essersi volontariamente collocato fuori del filone
lacrimoso della letteratura del suo tempo.
Nel Corsaro Nero emerge l’amore per il mare, anche spesso colto
nelle sue manifestazioni teatralmente drammatiche, un mare che «sfolgoreggiava
sempre intorno alla nave, rumoreggiando sordamente contro i neri
fianchi e frangendosi contro l’alta prora».
In altri tempi il Corsaro sarebbe stato proposto per il San
Segundin d’argento per aver contribuito alla diffusione del nome
di Ventimiglia nel mondo.
Oggi c’è qualcosa di più significativo del monumento ad un
protagonista con lo sguardo perso nell’orizzonte, quello del
nostro mare ?
Ovidio Bosio
LA VOCE INTEMELIA
anno LX n° 9 - giugno 2005 -
pag. 6
Nel 1686 è scoppiata la guerra tra la Francia e la Spagna per il
possesso delle Fiandre. Esercitando una grande influenza sul
Piemonte, Luigi XIV aveva chiesto soccorsi al Duca Vittorio Amedeo
II, il quale non aveva potuto rifiutarsi dal mandargli tre dei suoi
più agguerriti reggimenti, quelli d’Aosta, di Nizza e della Marina.
Nella realtà non fu Vittorio Amedeo, ma suo padre Carlo Emanuele II,
duca di Savoia dal 1642 al 1675, ad inviare truppe al soldo di Luigi
XIV di Francia. Anche la data del 1686 non corrisponderebbe alla
realtà storica, poiché il reggimento della Marina, formato da dieci
compagnie di soldati nizzardi, veniva inviato proprio nelle Fiandre,
però nel 1672, ma certamente al comando di quel Lascaris-Grimaldi,
signore di Ventimiglia, al servizio di Luigi XIV, Re di Francia.
Il Re Sole stava egemonizzando l’Europa sotto la guida di illuminati
ministri, tra i quali spiccava Giobatta Colbert, il quale in
gioventù operò quale scrivano nel Banco di San Giorgio a Genova,
dove veniva presentato al Cardinale Mazarino che gli servirà da
intermediario presso il Re Luigi XIV. Per la realizzazione della
Grande carta dei domini francesi, Colbert chiamò un nostro
conterraneo, il perinaldese Gio Domenico Cassini, valente astronomo,
che giunto a Parigi il 4 aprile 1669, veniva iscritto alla famosa
Accademia di Francia. In quel tempo, Perinaldo faceva parte del
Marchesato di Dolceacqua, retta dai Doria che conducevano una
politica filo sabauda. I Duchi di Savoia, nonostante la posizione
geografica del ducato e le strettissime parentele francesi, erano
riusciti a mantenere una certa autonomia nei confronti dei potenti
sovrani d’oltralpe, sino al 1642. Vittorio Emanuele II sarà il vero
creatore dello Stato Sabaudo; infatti con il trattato di Utrecht del
1713, con la restituzione di Nizza e della Savoia, otteneva il Regno
di Sicilia che dovette cedere all’Austria in cambio del Regno di
Sardegna. Nel 1675, Maria Giovanna di Nemours incaricò Giovanni
Tommaso Borgogno di tracciare la carta corografica del Piemonte e
dei domini sabaudi, che verrà edita nel 1680. Borgogno è stato un
altro valido cartografo perinaldese, nato alla scuola dei Cassini e
dei Marvaldi, divenendo poi anche un valente ideatore di
scenografie. Lasciata la nostra città nel secolo XIII, i Ventimiglia
avevano fissato la loro dimora in Tenda, dove crearono una potente
contea di confine che controllava il transito alpino del Piemonte
verso Nizza e viceversa. Nel frattempo, attraverso il matrimonio di
Guglielmo Peire con la principessa Eudoxia, figlia dell’Imperatore
bizantino Teodoro II, avvenuto nel 1261, i Ventimiglia di Tenda
assunsero il cognome Lascaris, estendendo i loro domini nella valle
del Maro, sopra Oneglia ed in molte località del Nizzardo.
I
PIEMONTESI NELLA GUERRA DELLE FIANDRE
Nel 1672, Luigi XIV di Francia, il Re Sole, si trovava impegnato
nell' annoso conflitto, combattuto contro gli Asburgo di Spagna, per
il possesso delle Fiandre, vantato nei confronti della moglie Maria
Teresa, figlia del defunto Filippo re di Spagna. Le Fiandre erano
state assoggettate alla Spagna dal figlio del vicerè di Napoli, il
temibilissimo duca d’Alba, quel Ferdinando Alvarez di Toledo,
generalissimo di Carlo V e Filippo II, inviato in quelle terre dal
1556 al 1573. La campagna seicentesca si dimostrava più difficoltosa
del previsto, sicché il Re Sole pensò di richiedere un esercito
all’alleato duca di Savoia, il quale non avrebbe potuto distogliersi
dal partecipare, in considerazione dei vincoli di parentela e della
posizione geografica del giovane ducato, troppo a ridosso del
colosso francese. Il duca Carlo Emanuele II infatti, inviava senza
indugio alcuni reggimenti di fanteria: “Aosta”, “Carignano”,
“Marina” e “Nizza”, dei quali gli ultimi due erano composti di
soldati nizzardi e tendaschi.
IL REGGIMENTO “LA MARINA”
AL
COMANDO D’UN VENTIMIGLIA-LASCARIS
Dai documenti sabaudi esaminati e tramandati da Aubert de la Chenaye
e dal Denina, citati nella “Storia Militare del Piemonte” del
Saluzzo, risulta che il reggimento “la Marina”, inviato nelle
Fiandre, nel 1672 al soldo del Re Sole, era comandato dal conte
Enrico Lascàris, dei Signori di Ventimiglia e di Tenda. Solitamente
il reggimento veniva impiegato quale presidio nelle principali
fortezze del nizzardo, con cinque compagnie a guardia di Villafranca
e tre di stanza a Sant’Ospiçe. Altre sei compagnie, a presidio di
Nizza e del suo porto, costituivano il reggimento “Nizza” appunto,
comandato dal Conte di Monasterolo, governatore della piazzaforte
marittima.
I
CONTI VENTIMIGLIA-LASCARIS DEL CASTELAR
Dopo aver agito quale Podestà genovese della propria città, nel
1219, il conte Guglielmo II, trasferiva la corte comitale nel più
tranquillo dominio di Tenda. Dopo le nozze del nipote di questi, il
valoroso Guglielmo Peire con Eudoxia, figlia dell’imperatore
bizantino Teodoro II, la famiglia del Conte aveva adottato il
cognome imperiale greco dei Lascàris e con questo partecipava alla
corte sabauda di Torino, svolgendo importanti incarichi. Nel 1633,
si trova Pietro Antonio Lascàris capitano della fortezza di
Villafranca e governatore del Poggetto, succeduto nell’incarico al
padre, il patriarca Marc’Antonio Lascàris, nello stipite dei
Ventimiglia, conti del Castelar. Questo ramo, imparentato con i
Grimaldi di Boglio, era stato impostato dal conte Ottone, nel 1350.
Questi era il secondogenito di Guglielmo, capostipite del ramo
attestato al Poggetto. A Castelar, nel 1600 nasceva il conte Paolo,
che nel 1636 verrà eletto gran maestro dell’Ordine di Malta. Nel
nizzardo i Ventimiglia-Lascàris contavano rami dinastici a Gorbio e
Sant’Agnese, oltre a quello di La Verdiére, creato dal conte
Manuele, nel 1283; stipite che darà quattro importanti vescovi di
Riéz, proprio a cavallo dei secoli XVI e XVII. Quale luogotenente al
conte Pietro Antonio, nella piazzaforte di Villafranca, era
dislocato il valoroso capitano Berlengieri.
RECUPERO DELLA MEMORIA
Sabato 1° giugno 2002, si è chiusa con una manifestazione di
piazza la prima fase del progetto "Il giardino
del Corsaro", promosso
dall’Assessorato ai Servizi sociali del Comune di Ventimiglia
nell'ambito delle iniziative a favore dei diritti dei minori e
degli adolescenti. |