In quella torre, nel 1673, Paolo Agostino Aprosio, accademico apatista di Firenze, compose un trattatello morale intitolato: La strage dei vizi capitali.
Costruita nel XVI secolo, quale torre magazzino ed abitativa da difesa, sulla
collina di Siestro, a levante del fiume Roia, diventò particolarmente
famosa nel XIX secolo, per aver ospitato il fuggiasco mazziniano
Giovanni Ruffini.
La sua struttura, vincolata nel 1939, presenta una pianta quadrangolare,
ma non possiede più le fattezze originarie. Adibita ad abitazione è oggi
di proprietà privata.
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Fallito il tentativo mazziniano d’impadronirsi della fortezza di Savona,
i fratelli genovesi: Iacopo, Giovanni ed Agostino Ruffini cercarono
l’esilio. Agostino giunse in Svizzera, con Mazzini, per andare poi ad
Edimburgo, da dove tornerà nel 1840, onde essere eletto deputato.
Iacopo fu scoperto ed incarcerato; si toglierà la
vita in carcere, per non tradire. Giovanni fu esule in Francia ed
Inghilterra, dove scrisse i romanzi “Lorenzo Benoni” ed “Il dottor
Antonio”, ambientato a Bordighera, contribuendo notevolmente al lancio
turistico della cittadina delle palme, in Gran Bretagna.
Nel 1881, morirà
a Taggia, della quale era originaria la famiglia. Nel transitare da
Ventimiglia, nel giugno del 1833, Giovanni Ruffini venne aiutato
dall’amico Andrieta Biancheri, padre del futuro deputato, che lo affidò
al forzuto oste della Locanda del Cervo, certo Lucangelo Pignone.
Questi, lo nascose nella “Torrazza di Siestro”, per poi caricarlo in una
gerla e portarselo alla marina a spalle, così da poterlo far partire in
barca, alla volta dell’oltre Varo, nell’ospitale Francia.