rivista il: 17 luglio 2011
G U I D A
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Gigiòle

Cartéla

 
 
 
  SAgre  E  GARE

    I MAUI

         Trasportare mattoni è sempre stato uno dei gravami insiti nell'edilizia, allora, gli organizzatori di gare popolari hanno pensato bene di trasferire il trasporto di mattoni, con l'aggravante di farlo nel più breve tempo possibile.
          Nel dopoguerra la gara è stata piuttosto diffusa, sbiadendo ad ogni quinquennio, fino ad arrivare alla sparizione, anche perché nell'edilizia, nel frattempo erano stati introdotti gli elevatori elettrici.
          Le foto qui a fianco, danno documento ad una prova di mattoni avvenuta nell'estate del 1961; una delle ultime.

  U RUMPIPIGNATA

         Per il fatto che la Diocesi di Ventimiglia fosse stata suffraganea dell'Arcidiocesi milanese fino al 1806, l'osservanza del Rito Ambrosiano metteva in campo il protrarsi del periodo carnevalesco di una settimana; infatti la domenica che seguiva il mercoledì delle Ceneri romane, era chiamata "Rumpipignata" ed, in atmosfera carnevalesca, si praticava il gioco popolare della "pentolaccia", con la partecipazione dell'intera popolazione.
         L'usanza era ancora assai praticata prima dell'ultima guerra, ad essa partecipava attivamente anche la componente femminile. Nel dopoguerra, la consuetudine riprese con sempre meno intensità e minore partecipazione popolare, diventando, negli Anni Sessanta, un divertimento infantile.
         I contenitori appesi alla corda fluttuante, son sempre state capaci pignatte di terracotta, che potevano contenere anche liquidi vari, oltre che a segatura e leccornie. Nel dopoguerra, le pignatte vennero sostituite con robusti sacchi cartacei, che oltre a costringere all'abbandono dei liquidi, cambiavano anche la dinamica del momento di rottura, reso meno efficace.

 

       I giorni di festa popolare sono sempre stati dotati di occasioni aggregative che prevedevano momenti di competizione, partecipati attivamente dalla comunità. Gli "abai", coadiuvati da solide maestranze, organizzavano "festin", nei quali erano inseriti giochi di destrezza, ai quali partecipavano tutte le generazioni, adolescenti e uomini fatti, molto meno presenti  le femmine.

 U PALU D'A CüCAGNA

          L'albero della cuccagna, eretto secondo la diffusa tradizione, è stato presente in tutte le feste popolari dei centri abitati dell'entroterra. l'altissimo tronco  d'uno snello larice, decorticato e reso liscio, veniva spalmato di grasso, ma in qualche caso, la viscosità quasi insuperabile gli veniva procurata dal contenuto delle foglie di agave, o di pianta grassa equivalente, sfregando sul tronco le succose foglie.
          Dopo vari tentativi che l'abau lasciava eseguire ad elementi solitari, per far divertire la folla, giacché quei tapini non avrebbero potuto giungere mai alla soluzione; venivano ammessi i gruppi organizzati, che provavano a risolvere l'arrampicata, formando una piramide umana, quasi mai conclusiva.
          Infine si facevano avanti elementi atletici, attrezzati di sacca contenente cenere, la quale veniva spalmata sul viscido soprastante, per rendere attiva la presa delle gambe. A forza di tentativi abortiti, il tronco perdeva molta viscosità, quindi infine qualcuno riusciva nell'intento; ma il pubblico era stato certamente soddisfatto.

          In un paese di mare, non poteva mancare la variante del palo disposto orizzontalmente sulla superficie marina, a qualche metro d'altezza, che nella nostra città era ancorata alla Pria Margunaira. Disposta com'è, fin'ora, al centro di un anfiteatro naturale di inusitata bellezza, la Margunaira fungeva da sede insostituibile per i passatempi popolari marini.

      Tra le prove più conosciute, anche tra gli Intemeli, erano praticati: il tiro alla fune,  prove di corsa con oggetti in equilibrio, corsa a coppie con una gamba legata a quella del socio, corsa a coppie con socio sulle mani, sostenuto per le gambe, e altre vaghezze, oltre alle prove che vengono sotto descritte.

  E SAGRE ANCöI

         Sul nostro territorio, le sagre del passato si chiamavano "festin" ed erano momenti di aggregazione per il centro abitato che lo indiceva, ma soprattutto erano l'occasione, di accomunamento con la gente proveniente dai centri vicini. Sovente la componente giovanile finiva la giornata a suon di botte, sia pure per motivi di gallismo, dove però insistevano rivalità ataviche fra borghi.
         Fino all'immediato dopoguerra, era in questi festin che avevano svolgimento le gare di abilità, ma negli Anni Cinquanta, questa componente è andata diradandosi, fino a perdersi nel successivo decennio, nel quale si facevano avanti invece le "sagre", che mettevano in luce un prodotto alimentare tipico del posto, al quale ci si affidava per richiamare i vicini ed i villeggianti, sempre più autonomi nei trasporti.
           In queste Sagre, a Ventimiglia si è confermata "a castagnola", il 26 agosto; a Vallecrosia "a s
üca" regna a metà ottobre, per Bordighera è "u pesciu" che frigge al porto, a metà luglio. Sasso richiama con "a berlecata" all'inizio di agosto, Seborga cuoce "a tripa" a fine luglio, mentre nello stesso periodo, San Biagio della Cima fa andate "u cunigliu". Soldano  arrostisce "a saussissa" a fine settembre, invece, Perinaldo onora la sua "articioca" nella seconda domenica di maggio; per Vallebona sono "i gnochi" a trionfare ad inizio agosto.
           Per Camporosso "i barbagiuài" sono ormai una conferma nella terza domenica di settembre; Dolceacqua celebra "e micheléte" il 15 d'agosto, come Isolabona fa per "e anghile" in giugno. Apricale con "e pansaròle" della seconda domenica di settembre è stato uno dei primi a lanciare la sagra. Rocchetta Nervina conferma  "a crava e faix
öi" in settembre, mentre Pigna offre "i burei" ad ottobre, quando Buggio da visione alle sue "marune".
            In Val Roia, Airole propone "i beroudi" in maggio, quando Olivetta San Michele magnifica "l'
öřiu de tagiasca"; Breil-sur-Roya mette in pista "e trüte", Saorge "i burei" e Fontan "e anghile". Saint-Dalmas-de-Tende cuoce "i canestreli", intanto che La Brigue mette in vetrina "sugeli, tume e amé", come fa Tende, con  "tume e amé" intanto che festeggia i suoi famosi "müřatei".
           Menton richiama il mondo intero con i çitron, ma cuoce stupendi "barbajuans" con il riso, quando non pone nel paiolo una gigantesca zuppa per "i bazaїs"; Monaco incanta con la "s
üpa de pesciu" e non solo. Nel mentonese, Castellar, Castillon, Gorbio, Sant'Agnes e Roquebrune sono pronti ad accogliere i visitatori con ottimi prodotti locali. Sospello presenta un sorprendente "pan bagnà", ottimo olio e funghi.

 GIGIOLE   E   CARTELE

        Fino agli Anni Sessanta, ogni sagra o festa patronale, ogni "festìn" dunque, non mancava di avere il suo ballo popolare; sovente all'aperto, ma molte volte allestito sotto l'accogliente "ballo a palchetto", col suo tendone verde e la pista, tonda, in masselli di legno, che venivano resi maggiormente scivolosi con abbondanti dosi di borotalco.
      Nell'apposito palco rialzato, prendeva posto la "bandìna", un'orchestrina di quattro o cinque elementi, che produceva un nutrito programma di ballabili, condito con qualche brano alla moda. Dall'imbrunire, terminate le incombenze religiose o le mansioni di fiera, l'orchestrina richiamava l'attenzione verso le danze ed allora, le ragazze si disponevano, in bella mostra, nelle vicinanze della pista, mentre i cavalieri (i maschi in generale) si davano da fare per invitarle alle danze. Era il momento nel quale entravano in campo gli incaricati del comitato organizzatore, addetti a recuperare le spese.
      Quando ancora la SIAE non aveva del tutto guastato il comparto del divertimento popolare, con l'applicazione asfissiante delle tasse sui biglietti obbligatori, i sistemi per invitare i ballerini a versare un'offerta monetaria erano essenzialmente due: accattivanti signorine, armate d'un elegante cesto in vimini, avvicinavano i maschi, ballerini e non, applicando al risvolto dell'abito, con uno spillo, un pezzetto o due di nastro colorato, che funzionava quale ricevuta dell'immancabile obolo, che erano conosciute come "gigiòle". Il colore, come la loro combinazione, o la forma, dei pezzetti di nastro, cambiava di volta in volta, affinché qualche maschio non facesse il furbo, esibendo la gigiola della volta precedente.
       L'altro sistema prevedeva l'acquisto di un certo numero di "cartéle", sorta di contromarche in cartoncino che venivano ritirate da attenti addetti, all'entrata del ballo a palchetto. Dopo l'uso per qualche anno, che rendeva le cartele una sorta di brandelli cartacei, inverosimilmente unti, gli organizzatori le rinnovavano, con una tornata di provvidenziale stampa.
        L'uso delle cartele, prevedeva l'impiego della corda, tesa fra due addetti a percorrere tutta il palchetto, a spingere le coppie di ballerini che non intendevano abbandonare la pista, mentre alcuni addetti intervenivano sulla parte mediana della corda, facendole superare le teste dei ballerini che, rimanendo sul posto, consegnavano però la cartela, altrimenti: fuori dal palchetto, alla maniera del parco buoi.

  BALLI  POPOLARI

 

A PAPURA

           A cominciare dai primi anni del Novecento, si ha notizia della presenza della "cattura della papera lasciata libera in mare", tra le prove popolari nel corso dei festeggiamenti patronali di San Secondo, il 26 d'agosto, in piena stagione balneare.
          Nelle acque della Marina San Giuseppe, dal 1946, terminato il devastante conflitto mondiale, la tradizione riprese assai partecipata. Lo conferma la foto qui accanto, scattata nel 1947, che ritrae la cattura della papera da parte di un nutrito equipaggio, formato da baldi giovanotti, tutti appartenenti a stimate famiglie locali.
            L'usanza tenne banco fino agli Anni Settanta, anche se gli anni di assenza arrivano a risultare parecchi. Dopo quel periodo, ancora libero da controindicazioni, entrarono pesantemente in scena gli animalisti, che suggerirono altri tipi di passatempi.
           Oggi, per andare a caccia folclorica di papere, bisogna fare come i canottieri lombardi della FIC, che si sono recati in tournée in Cina, dove il divertimento è ancora concesso.

 

 

Cala di Palermo

FIC a Xinjin