Antonio Aniante, lo scrittore che da molti anni viveva fra noi, in
silenzio, così come silenziosamente ci ha lasciato, a 83 anni, il 6
novembre 1983.
Senza annunci mortuari, senza fiori, senza particolari cerimonie
funebri, per suo espresso desiderio, non volendo recare disturbo a tutta
questa gente che lavora, come aveva lasciato detto.
Siamo stati a trovare la vedova, M.me Simone Briffault, nella villa I
Pini, adagiata sulla sommità di una piccola collina, alla periferia
di Latte. Qui, Antonio Aniante ha trascorso un lungo periodo della sua
vita, dall’età di 60 anni fino alla morte.
In casa ci sono i nipoti, giunti dalla Sicilia, per assistere alla Messa
che verrà celebrata domani, nel trigesimo della morte.
Mentre conversiamo, la signora Simone ci mostra le decine di articoli di
giornale, sparsi sul tavolo, che parlano di suo marito con cui era
sposata dal 1952.
Ne scorriamo assieme i titoli: “È morto Antonio Aniante, scrittore di
confine” (Il Giornale di Sicilia), “II Novecento di Aniante” (Il Tempo,
il quotidiano alla cui terza pagina aveva a lungo collaborato),
“Aniante, un poeta che amava il silenzio” (La Sicilia), “Addio ad
Aniante” (Il Giorno), “Quando Pirandello dialogava con Aniante” (Il
Borghese).
Poi passiamo a visitare lo studio dello scrittore: le pareti tappezzate
di libri, la collana delle sue opere, ordinate negli scaffali, i
voluminosi fascicoli dei manoscritti e dei carteggi. Ogni cosa è rimasta
al suo posto come egli l’ha lasciata.
Dalle finestre del luminoso soggiorno della villa – che il tramonto
decembrino inonda di rosso – si gode lo stupendo panorama del Golfo di
Latte con lo sfondo verde del promontorio della Mortola.
Un paesaggio che – come ci racconta la vedova – Aniante ammirava per ore
tutti i giorni ed ogni volta esclamava: non mi stancherei mai di
contemplarlo !
Purtroppo, gli ultimi anni di vita dello scrittore furono continuamente
insidiati dai mali che dovevano poi condurlo alla tomba. Anni segnati
dai periodici ricoveri all’Ospedale Santo Spirito di Ventimiglia e dalle
lunghe giornate, trascorse in casa, amorevolmente assistito dalla moglie
e sorretto dalle assidue cure domiciliari di Madre Costanza e delle
Suore del Ricovero “Chiappori” di Latte.
Aniante amava la nostra gente, soprattutto i bambini, ma adorava anche
la flora e la fauna della nostra terra in cui aveva scelto di vivere.
Renzo Villa
LA
VOCE INTEMELIA
anno XXXIX n. 1 - gennaio 1984
Antonio Aniante e Domenico Modugno, a Venezia nel 1958, per la prima rappresentazione de "La Rosa di zolfo"
RICORDO DI ANTONIO ANIANTE,
UN
FRONTALIERE DELLA CULTURA
Lo scrittore, vissuto per lunghi anni a Latte di Ventimiglia,
commemorato a Savona dal
Sodalizio “Luigi Pirandello”
Proiezione de “L’uomo dal fiore”, l’unico documentario esistente su Aniante.
Lettura di alcuni brani di sue opere teatrali da parte di attori del
“Piccolo Teatro”.
Il 15 febbraio
1986, a Savona, nel palazzo dell’Anziania in piazza del Brandale,
è stato rotto il silenzio ingiustamente calato sulla memoria di Antonio
Aniante, lo scrittore di origine siciliana “emigrato” in Francia e poi
stabilitesi definitivamente a Latte, la più popolosa frazione del
Ponente ventimigliese.
L’iniziativa della commemorazione è partita dal Sodalizio
siculo-savonese “Luigi Pirandello” in collaborazione con la società A
Campanassa e l’Associnema di Savona.
La manifestazione alla quale hanno partecipato, fra le autorità, il
Provveditore agli Studi Franzone e il Prof. Mantero, e un pubblico
attento e qualificato, si è aperta con il saluto del Presidente de A
Campanassa Ing. Peluffo, del Dott. Motta Presidente del Sodalizio
“Pirandello” e del Dott. Benino Presidente della sezione Liguria del
Sindacato Libero Scrittori Italiani di cui Aniante fu socio e
presidente onorario.
Infine l’appassionato ricordo della signora Maria Cirone Scarfì autrice,
assieme al marito, del documentario “L’uomo dal fiore” (questo significa
in greco lo pseudonimo “Aniante”) girato a Latte, nel giardino della
villa I Pini, pochi mesi prima della morte dello scrittore,
avvenuta all’ospedale di Ventimiglia il 6 novembre 1983.
Quando su un piccolo schermo, montato per l’occasione, sono apparse le
immagini a colori di Aniante, con la sua voce che risuonava fra le
pareti di pietra dell’antico palazzo, è stato un momento di grande
commozione per tutti, specialmente per la vedova M.me Simone Briffault,
giunta da Ventimiglia con una piccola delegazione della nostra città.
Con voce melodiosa, velata di leggeri accenti ironici, lo scrittore
ricordava alcuni episodi della sua carriera di scrittore, costretto a
vivere la fase finale della vita in un’epoca di “cultura
industrializzata” nella quale egli, evidentemente, non riusciva ad
identificarsi.
Durante l’intervista, Aniante era in compagnia del pittore Virio da
Savona, ospite d’onore alla manifestazione, il quale, prima della
proiezione del documentario, aveva ricordato l’incontro e l’amicizia con
Aniante a Parigi nel lontano 1932, quando lo scrittore aveva aperto a
Montparnasse la galleria d’arte Jeune Europe per la quale
passarono quadri di artisti destinati poi a diventare famosi come
Matisse, De Chirico, De Pisis.
Ed era ancora Aniante a ricordare, durante l’intervista, che se, al
momento della chiusura della galleria, anziché essere costretto dalle
necessità economiche a svendere tutte le opere, fosse riuscito a
conservare per sé qualcuno dei quadri che, negli anni successivi,
raggiunsero quotazioni astronomiche, egli sarebbe diventato certamente
ricco. Ma tutto questo lo diceva sorridendo pacatamente, senza ombra di
rimpianto o amarezza.
A questo punto, ha inizio la commemorazione ufficiale, tenuta dalla
Prof.ssa Graziella Corinovi dell’Università di Genova che ha ricordato
le principali tappe del lungo curriculum di Aniante scrittore,
nato nel 1900 alle falde dell’Etna, a Catania, patria di Verga e di
Bellini, del quale scriverà poi una biografia, mentre alla città natale
e alla Sicilia dedicherà gran parte della produzione letteraria.
E Catania - dove nel 1982 è stato pubblicato dall’editore Aldo Marino il
bello studio biobibliografico di Rita Verdirame su Aniante - sarà
l’unica città al mondo a ricordarsi di lui.
Secondo la Prof.ssa Corsinovi, ci troviamo di fronte ad uno scrittore
di tutto rispetto (scrittore anche in lingua francese, fatto che
trova riscontro soltanto in D’Annunzio) il cui scarso successo di
critica era spiegato dall’Autore stesso con queste amare parole: «Non
sempre la qualità va di pari passo con la fortuna».
Ma - ha proseguito la relatrice - oggi finalmente l’Italia
scopre di aver avuto una avanguardia novecentista nel trinomio
Pirandello, Rosso di San Secondo, Aniante. Tre cittadini del mondo
quanto a ideale artistico ma, nello stesso tempo, tre avanguardisti,
alla sofferta ricerca di soluzioni nuove per il loro teatro - che, nel
caso specifico di Aniante, era quello romano degli Indipendenti
di Anton Giulio Bragaglia - dal quale si studiavano di eliminare le
finzioni sceniche tradizionali sfruttando tecniche innovative futuriste.
Di Aniante scrittore è stata ricordata la capacità di far lievitare
la realtà fino alla magia, secondo i canoni del "realismo magico"
di Bontempelli al quale egli giunse per un suo proprio itinerario
artistico.
Nell’opera di Aniante, romanziere e drammaturgo, sono presenti i
caratteri fondamentali dell’ambiente siciliano: passione, sensualità,
religione, superstizione e fanatismo. Ma è anche riscontrabile la
componente grottesca ed umoristica, che stempera il moralismo, e la
svalutazione della scienza e della cultura in favore del vitalismo
futuristico.
Lo sradicamento dall’Italia, e soprattutto dalla Sicilia, il
“pendolarismo” italo-francese, sono le ragioni principali della
solitudine di Aniante e del suo isolamento di “petit sicilien”
nella cosmopolita metropoli parigina d’anteguerra brulicante di varia
umanità: esuli alla ricerca di una patria, artisti in cerca di successo,
bohémiens, déracinés, gente che viveva alla giornata nella
quotidiana speranza di sfamarsi.
Ma la Francia, malgrado tutto, resta pur sempre per Aniante una seconda
patria, anche nel dopoguerra quando si stabilisce nella zona di confine
e diventa una specie di frontaliere della cultura.
Non per nulla, La Rosa di zolfo, il suo ultimo e forse maggiore
lavoro teatrale, ridotto in un atto, viene rappresentato per la prima
volta a Nizza nel 1957 dalla Troupe du Petit Théatre du Quai
Saint-Jean Baptiste con un anno di anticipo sulla prima
rappresentazione mondiale nel testo definitivo in tre atti, avvenuta a
Venezia nel 1958, al XVII Festival Internazionale di Prosa con
l’interpretazione di Enrica Corti, Paola Borboni, Domenico Modugno e
Ottorino Guerrini per la regia di Franco Enriquez.
Al termine dell’applauditissima commemorazione della Prof.ssa Corsinovi,
due giovani attori del Piccolo Teatro di Savona, Mariassunta
Rossello ed Enrico Cirone hanno letto alcuni brani di Gelsomino
d’Arabia e de La Rosa di zolfo, due opere teatrali che, a
distanza di tanti anni, conservano intatta la loro carica fantastica e
surrealistica.
* * * *
Ad Aniante va
dunque restituito il titolo di scrittore, e di poeta anche, se si
vuole tener conto di quanto egli scrisse a proposito della poesia
erba aromatica e benigna, che deve rimanere il nostro miglior rimedio,
da coltivarsi sempre.
Cosa che egli, giovanissimo, iniziò a fare fin dall’esordio con la
raccolta di versi Costellazioni, pubblicata a Catania nel 1915 e
che continuò nell’ultimo periodo della vita, fino alla morte quando -
come prefigurava in Obbrobriose Confessioni del 1952 - avrebbe
visto sfilare davanti agli occhi quella che definiva la pellicola
stravagante della sua vita e della sua carriera.
RENZO VILLA
LA
VOCE INTEMELIA
anno XL n. 3 - marzo 1986
Trasferitosi, negli Anni Trenta a Parigi - dove conobbe Pirandello - vi
esercitò la professione di antiquario e, più tardi, scrisse in lingua
francese, alcune delle sue più importanti opere fra cui il racconto
Un jour très calme che fornì a Duvivier la trama per il film Sous
le ciel de Paris.
Nella capitale francese, Aniante ottenne uno dei massimi riconoscimenti
della sua carriera letteraria: la medaglia d’oro dell’Accademia di
Francia.
Nel secondo dopoguerra si ristabilì in Italia e pubblicò La baia
degli angeli (1951), ambientato nel mondo degli esuli italiani a
Nizza nel periodo bellico e, nel 1958, mise in scena, alla Biennale di
Venezia, la Rosa di zolfo, una delle sue migliori opere teatrali.
Gli ultimi suoi scritti. La canicola (di ambiente provenzale) e
Fatti e parole risalgono agli Anni Settanta.
Sempre negli anni del dopoguerra, Aniante fu addetto culturale al
Consolato Generale d’Italia, prima a Nizza e poi a Monaco, e contribuì
col prestigio della sua personalità al ristabilimento dei rapporti di
buon vicinato fra Italia e Francia, dopo il dramma del secondo conflitto
mondiale.
LA
VOCE INTEMELIA
anno XXXIX n. 1 - gennaio 1984
Nel
1974, prefazionando l’Ulivo di Alberto Rebaudo, aveva scritto, a
proposito del secolare albero d’ulivo del suo giardino: Per tutto
l’oro del mondo non me ne staccherei e, se fosse possibile, vorrei
riposare, per sempre, alla sua ombra.
Il suo desiderio estremo può dirsi, in parte, esaudito. Egli riposa,
ora, nel piccolo cimitero di Latte, non molto distante dalla sua villa,
dal suo giardino e dall’ulivo secolare di cui si sentiva tanto legato.
* * * *
Antonio Aniante, il cui vero nome era Antonino Rapisarda, era nato a
Viagrande (Catania) dove, qualche anno fa, gli è stata dedicata una via.
Secondo i biografi, egli nacque il 2 gennaio 1900, ma, in realtà - e
questo è un particolare del tutto inedito - la sua vera data di nascita
è il 23 dicembre 1899.
I genitori si presentarono all’ufficio di stato civile dieci giorni dopo
per procrastinare di un anno il futuro servizio militare del figlio, ma,
forse, anche col segreto intento di dargli i natali nel nuovo secolo.
Giovanissimo, all’età di quindici anni, debuttò con un libretto di
versi. Costellazioni, cui seguirono ben presto i primi romanzi ed
i testi teatrali di ambiente siciliano fra i quali sono da ricordare:
Sara Lilas (1923), Gelsomino d’Arabia (1927), Amore
mortale (1928) e i Ricordi di un giovane troppo presto
invecchiatesi (1931).
Lo
scrittore, che visse a lungo a Ventimiglia e vi morì,
commemorato alla Civica Biblioteca Aprosiana,
alla
quale sono state donate le sue
opere -
Proposta l’intitolazione del Ponte Roia bis allo scrittore.
Antonio Aniante a tre anni dalla morte
A far fede della validità e dell’attualità delle opere di
Aniante stanno le recenti riedizioni de La rosa di zolfo,
Sellerio 1986, e Vita di Vincenzo Bellini Passigli
Editori, Firenze. E sull’Almanacco Bompiani 1987, che
esce in questi giorni a cura di Leonardo Sciascia, interamente
dedicato a Luigi Pirandello nel 50° della morte, figurerà un
saggio di Aniante sul suo grande conterraneo.
* * * *
Nato a Viagrande, in provincia di Catania, all’inizio del
secolo, Antonio Aniante poeta, dram-maturgo, romanziere,
giornalista, saggista, dopo un primo soggiorno giovanile a
Parigi, e la laurea in filosofia conseguita a Milano, visse per
tre anni un’intensa stagione teatrale a Roma, durante la quale
le sue opere furono rappresentate al Teatro degli
Indipendenti sotto la direzione di Anton Giulio Bragaglia.
Collaboratore della rivista «Novecento» di Massimo
Bontem-pelli, caposcuola del cosiddetto «realismo magico»,
Aniante si
colloca letterariamente nella corrente che va sotto il nome
appunto di «novecentismo» e, ancora in giovane età, fu
definito da Marinetti, fondatore del futurismo, «un siciliano
del Novecento».
Negli Anni Trenta, Aniante ritorna a Parigi dove, in mezzo a
notevoli difficoltà e sfortune, riesce al fine a raggiungere la
gloria letteraria alla quale aspirava ardentemente.
Una delle sue opere principali Vie et Aventures de Marco Polo,
dapprima rifiutata dagli editori, viene pubblicata nelle
prestigiose collane del Mercure de Franco.
Numerosi sono i libri in francese - soprattutto biografie - che
Aniante scrive in quegli anni e, per i suoi meriti, gli viene
conferita dall’Académie Française la medaglia d’oro quale
migliore scrittore straniero in lingua francese.
Aniante trascorre gli anni della guerra nel nizzardo, riuscendo
fortunosamente a sfuggire all’arresto da parte dei tedeschi e,
nel dopoguerra ricopre la carica di addetto culturale ai
Consolati d’Italia a Nizza e Monaco.
All’inizio degli Anni Sessanta, fa costruire a Latte la villa “I
Pini” nella quale si stabilisce con la moglie e dove vive fino
alla morte.
Come è stato posto in luce dal relatore, nella parte conclusiva
della commemorazione, numerosi sono i riferimenti a Ventimiglia
e alla Zona Intemelia presenti nelle opere autobiografiche e
negli articoli di giornale scritti nel periodo 1950-70.
Per questo motivo, e per rendere un meritato omaggio alla
memoria dello scrittore, la manifestazione si è chiusa con la
proposta, avanzata al Comune di Ventimiglia, di intitolare al
nome di Antonio Aniante il Ponte Roia bis, che scavalca il fiume
di confine fra Italia e Francia, le due patrie di Aniante,
frontaliere della cultura.
Giovedì
6 novembre 1986, alla Civica Biblioteca Aprosiana, ricorrendo il
terzo anniversario della morte di Antonio Aniante, ha avuto luogo -
a cura dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Ventimiglia e de
l’Academia Ventemigliusa - la commemorazione dello scrittore
vissuto per oltre vent’anni a Latte, dopo aver peregrinato a lungo
in Italia e in Francia.
La commemorazione è stata tenuta da Renzo Villa, Console
Rappresentante dei Ventemigliusi, alla presenza della signora
Simona Briffault, vedova di Antonio Aniante.
All’inizio della cerimonia il Consigliere Delegato alla Cultura,
Oscar Romagnone ha rivolto parole di ringraziamento alla vedova per
la donazione delle opere del marito alla Biblioteca Aprosiana.
In segno di riconoscenza, alla signora Aniante è stata pure
consegnata una targa a nome dell’Amministrazione Comunale di
Ventimiglia.
Sono così entrati a far parte del patrimonio dell’Aprosiana una
quindicina di libri di Antonio Aniante fra cui le opere
autobiografiche Ne sur le Mont Gibel, Editions des Quatre
Vents 1946; Obbrobriose confessioni, “Corbaccio” dall’Oglio
1952; Ricordi di un giovane troppo presto, invecchiatesi,
Cappelli 1953 e Figlio del sole, Ceschina 1968.
Fanno parte inoltre del “fondo Aniante”, costituito all’Aprosiana.
La forét merveilleuse, Arthaud 1949; La fin du monde,
Aux Editions de Mon Moulin 1949 ; Le lys et les chénes -
L’Homme de Genie devant la mort, Collection l’Etoile d’Ulysse,
Paris 1950; La zitellina (di cui un intero capitolo è
dedicato alla stazione di Ventimiglia) Cappelli 1953;
Ultime notti di Taormina,
Cappelli 1957; I racconti della montagna di fuoco,
Sansoni 1968; La canicola, Ceschina 1969 e Memorie di
Francia, Sansoni 1973.