In
Ventimiglia Alta, la sistemazione urbanistica che caratterizza la piazza
della Cattedrale, sul lato verso Ponente si è definita nel 1671, alla
conclusione dei lavori per erigere il monumentale Monastero delle
Canonichesse Lateranensi, che vi si affaccia con l’imponente scalone a
due rampe contrapposte.
L’ampio complesso che ha costituito l’importante monastero, si è
notevolmente ampliato ed evoluto, ospitando diversi servizi cittadini,
che ancor oggi stanno continuamente mutando. Nel tempo, ha contenuto: un
collegio, l’asilo, la scuola pubblica e soprattutto l’ospedale, dal 1860
al 1956.
Al culmine della scalea, si impone un ampio loggiato che ha lo scopo di
prospettare degnamente una struttura, neppure troppo conosciuta,
gioiello dell’arte sacra barocca: la chiesa di Sant’Antonio Abate al
Castello; che, come l’intero complesso è patrimonio comunale, unico,
fino al Giardino del Corsaro Nero, sull’estrema punta del Cavu.
Verso Levante la piazza è aperta sull’affascinante panorama verso
l’antistante collina di Siestro, assai ridotta nei confronti di quello
che si poteva ammirare, oltre la collina delle Maure, ancora a metà del
Settecento, quando la cattedrale non era ancora umiliata
dall’ingombrante seminario.
Il lato di Tramontana si è definito nel 1570, quando la Comunità
ristrutturava il Palazzo Comunale, sull’angolo tra via Falerina e
l’allora strada principale, intitolata ai Lascàris, stava evolvendo la
sua forma, applicando un piano urbanistico atto a concedere, ai
“Magnifici” del tempo, la creazione delle loro articolate magioni,
dotate di splendidi giardini, verso la panoramica Colla.
Evoluzione degli insediamenti sul Cavu
Sappiamo come, fin dal medioevo, sul sito è stato presente un luogo di
culto intitolato al santo anacoreta della Tebaide, con il quale i
Conti Ventimiglia vantavano una parentela, che avrebbe dovuto
intervenire, giacché una loro progenitrice, di nome Guitta o Ghitta,
avrebbe dato alla luce il famoso santo eremita.
Sulla traccia di un fortilizio bizantino, eretto fin dall’Alto Medioevo
a protezione del sottostante Porto Canale, i Conti edificarono la loro
dimora cittadina, che non abitarono per molto tempo, trasferendo i loro
interessi ai margini della Contea, quando il potere del Libero Comune
Marinaro si fece troppo esplicito, attorno al secolo XII.
In seguito, la struttura fortificata del castello venne adibita dagli
occupanti genovesi quale sede del Capitanio e del successivo Podestà,
fino al XVII secolo, quando venne decisa la completa ristrutturazione
del sito, nella necessità di dotare il territorio di un importante
collegio per l’istruzione delle giovani. Nel
1667, su disegni
dell’architetto genovese Pier Antonio Corradi, si dava inizio alla
demolizione di almeno un’ala del palazzo comitale ed al parziale
sbancamento del colle per elevare l’ampia scalea, a definizione del
monastero delle Canonichesse Lateranensi.
Il 7 luglio 1866, un Regio decreto sopprimeva gli Ordini e le
Congregazioni religiose, chiudendo tra gli altri il Monastero delle
Canonichesse Lateranensi agostiniane. Nel settembre del 1867, la chiesa
ed il monastero delle Lateranensi venivano assegnati al Municipio. Il 6
dicembre 1870, le Lateranensi, soppresse venivano incorporate con le
Salesiane; le monache restanti a Ventimiglia si trasferirono nel
convento di San Remo. Nel 1876, il Monastero, acquistato dal Comune,
veniva dato in uso alla Congregazione delle Giannelline, le Suore di
Nostra Signora dell’Orto, che dal 1843 operavano in appropriati locali
sul retro della Cattedrale.
Anche la storia dell’ospedale cittadino è legata al luogo, infatti nel
1860, in un braccio
dell’antico monastero, si ricavava un decoroso Ospedale, che
nell’ottobre del 1872 era definito Ospedale Civile Santo Spirito. Fino a
quel periodo l’Ospedale di Santo Spirito, ad assetto religioso, aveva
operato nel Sestiere Uliveto, in una struttura oramai ridotta alla
fatiscenza. Ancora nel 1612, un cospicuo lascito del benefattore
Antonio Palmari, aveva permesso l’ampliamento della piccola struttura.
Nel 1885, il lascito della benefattrice
Caterina Lorenzi, permetteva un ampliamento e una miglior organizzazione
dell’Ospedale Civile Santo Spirito; ulteriormente affinati col lascito
dell’anziana
domestica Francesca Guglielmi, deceduta il 18 gennaio 1893. Anche il
comm. Sir Thomas Hanbury, morendo il 9 marzo 1907, nella sua villa di
Mortola, lasciava una cospicua somma per l’Ospedale.
Nel 1956, constatando come le esigenze di un ospedale moderno non
fossero più compatibili con i locali dell’antico monastero, l’Ospedale
Civile Santo Spirito si spostava al Funtanin, in quella che era stata,
dal 1892, la caserma dei Bersaglieri, opportunamente ristrutturata e
sopraelevata. Si trattava di un luogo splendido e molto accessibile, se
non si fosse stati a conoscenza di come sarebbe stato interessato al
movimento franoso sull’avancorpo dell’intera collina, dal Cavu alla
Ridotta dell’Annunziata, così com’è posta sopra i calanchi degli
Scoglietti.
Giunto al 1961, l’Ospedale Civile Santo Spirito, evacuava i locali
pericolanti, al Funtanin, e veniva provvisoriamente trasferito nella
Casa Valdese di Vallecrosia. Nel 1962, dopo alcuni appropriati lavori si
trasferiva nei locali dell’ECA di Pigna, presso il cavalcavia di Nervia.
Nel 1978, con l’istituzione del Servizio Sanitario nazionale, la Zona
Intemelia veniva iscritta nell’Unità Sanitaria Locale n° 1, con sede a
Ventimiglia. Presero a funzionare gli uffici nella casa Davigo, “Villa
Olga” presso Nervia; ma ben presto la direzione della U.S.L. si trasferì
a Bussana.
Nel 1980, venivano unificati gli Ospedali di Bordighera e Ventimiglia.
La vecchia struttura bordigotta sulla Via Romana veniva chiusa, mentre
la struttura ventimigliese lasciava ad altri servizi i locali dell’EPA
di Pigna. L’Ospedale unificato occupò lo spazioso monastero dei monaci
di Saint Charles, ai confini tra Vallecrosia e Bordighera, nel mezzo
dell’ampio parco prospiciente il Seminario Pio IX.
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