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NELL’ANTICHITÀ

 

LA  BEVERA  SFOCIAVA

NEL  GOLFO  DI  LATTE

 

     La cattura della Bevera, il flusso torrentizio proveniente dal Col de Turini, da parte del Fiume Roia, potrebbe essere avvenuta nel corso dell’Età del Ferro, attraverso la lenta erosione delle falde Sud di Monte Pozzo, incuneate nella pendice Nord-Est di Cima Gavi. A causa di quell’evento, la draira di transumanza per le greggi provenienti da Tenda, avrebbe subito un progressivo abbassamento di quota, che nel Medioevo l’avrebbe portata a livello del greto, col conseguente doversi inerpicare delle greggi verso il Passo dello Strafurcu, attraverso il quale si transitava fin dall'antico, con la draira di crinale.

    Le pendici Nord della Cima di Gavi, il monte oggi completamente eroso dai prelevamenti della Cava Bergamasca, erano connesse con le pendici Sud di Monte Pozzo, nel punto dove l’Ottocentesca Cava Acquarone ha lasciato quella profonda escavazione, che oggi assume la quota di almeno 170 metri. | Nel lento erodere delle sue nuove sponde le acque della Bevera potrebbero aver dato forma a un qualche lago, forse anche di ampia entità che comunque interessava i siti che oggi contengono Calvo, San Pancrazio e Torri. |

    In antico la Bevera dopo aver lambito il sito che oggi contiene il Serro, avrebbe tracimato dai 165 metri dell’attuale Passo di Sant’Antonio, tra le pendici Ovest della Cima di Gavi e quelle Est della Cima di Terca; saltando ai 115 metri, nella bassa valle del Ruassu, che proviene dal Granmondo, ed inserirsi così in quella che è la Valle del Latte. | Il dolce profilo di detto Passo è stato certamente determinato dall’escavazione prodotta dai detriti litici provenienti dal Col del Turinì. |

    Il solo apporto idrico del Ruassu avrebbe erosa la parte alta della vallata del Latte ad una quota meno profonda di quella scavata dalle acque abbondanti e precipitose della Bevera; anche perché, sempre per l’apporto del solo Ruassu, la Piana sedimentaria di Latte non potrebbe avere la vastità che presenta. Infatti, alle analisi geologiche le ghiaie alluvionali della Piana risultano provenienti dal territorio di Sospello, con i caratteri litici del Turinì, del Ventabren e del Braus.

    La continua erosione, oppure un semplice sconvolgimento territoriale avrebbe scavata la connessione tra Pozzo e Gavi, fino ad una quota inferiore ai 160 metri, permettendo al letto della Bevera di indirizzarsi verso Levante e raggiungere le acque della Roia, nel sito prospiciente le Porre.

 

 

VARIAZIONI DI QUOTA DELLA DRAIRA

    In seguito al cambio di letto della Bevera, la Draira dello Strafurcu, dal Pozzo verso la Maglioca, ha cominciato ad attraversare in guado la variazione del corso d’acqua, emissaria forse di un qualche lago creatosi a quote lievemente inferiori, progressivamente all’allargarsi piuttosto dinamico del varco torrentizio verso la Roia, fino a quote assai basse che riportavano in ogni caso verso la sicura “posta” di Seglia, su terreni per i quali, nell’antichità, il raccordo collinare tra Pozzo e Gavi avrebbe rappresentato l’estensione ideale della draira transitata dalle greggi in transumanza, dopo la percorrenza sul crinale del Pozzo, in quota, verso il raggiungimento delle pendici ovest della Magliocca, l’attuale San Lorenzo, il crinale del Colle d’Appio, del Monte, del Colle e la discesa sullo Scoglio.

    L’attraversamento del guado in quota ha avuto una durata assai lunga nei secoli; potrebbe essere stato in uso ancora nell’Alto Medioevo. La necessità di transitare con le greggi per quei terreni alberati e paschivi, gli ha fatto conservare il toponimo de “i Franchi”, anche se, alcune improbabili leggende, per quel toponimo, ci tramandano la visita di antichi sudditi carolingi; di paladini intenti a dar nomi a luoghi e paesi e persino di esuli Albigesi, in fuga dalla Provenza.

    Il primo cammino avrebbe rispettato le necessità del tempo; quest’ultimo diventava imprescindibile. Il punto d’arrivo della strada di transumanza, con l’entrata nei rigogliosi Paschei, era sacralizzato dalla presenza di una “crota” dedicata ad una dea agreste. Il termine “draira”, localmente, indica il tratturo.

    La discesa su Varase, San Rocco e Bevera, al guado verso le pendici di Seglia, e sempre in fondovalle tutta la Maneira fino a San Steva, da dove il cammino riprendeva a risalire verso lo Scoglio, sulle falde dell’Aurignagna è stato un percorso intrapreso soltanto nel XI secolo con la relativa sicurezza tutelata dal Libero Comune, eppoi dai genovesi.

 

 

 

SULLA  FOCE  DEL  BEVERA  A  LATTE

    Qualche ventimigliese, poco attento alle notizie progressivamente rese pubbliche dagli studiosi locali, non ammette che, nell’antichità, il Torrente Bevera potesse sfociare in mare sulla spiaggia di Latte, scavalcando l’altura di Sant’Antonio; anche quando ne venisse ordinatamente informato.

    Riportiamo la citazione che il dottor Emilio Azaretti ha pubblicato a pagina 48, nella RIVISTA INGAUNA e INTEMELIA - anno XLI - n. 1-4 - Ist. Int. St. Lig. Bordighera 1986; nell’articolo sulla TOPONOMASTICA DELLA COSTA VENTIMIGLIESE:

2.16 Inizia poi u Cian de Laite «la piana di Latte» una estesa formazione deltizia che contrasta con la modesta, saltuaria portata del Valùn de Laite «rio Latte», che l’attraversa. La spiegazione del contrasto è stata individuata, dai geologi B. Limoncelli e M. Marini, nella cattura del torrente Bevera, che aveva anticamente la sua foce a Latte, da parte del fiume Roia. La sella di spartizione fra l’alveo del Bevera e quello del rio Latte, poco rilevata e a dolce inclinazione, in netto contrasto con l’aspra morfologia della zona circostante, conferma chiaramente l’avvenimento.

                                                     Pubblicato in una prima stesura su: LA VOCE INTEMELIA del maggio 2007

 

 

Il bacino del Rio Latte

 

L'ANTICO BACINO DEL RIO LATTE

2.4 Idrogeologia - pagina 24

Piano di Bacino dell’Ambito N° 1 “ROIA”

 

REVISIONI sul testo:

  2.4 IDROGEOLOGIA: La Carta idrogeologica con la gerarchizzazione del reticolo idrografico è rappresentata nella TAV.3. Il reticolato idrografico dell’area in esame costituisce, per le sue caratteristiche morfostrutturali, una nota particolare del paesaggio: infatti spesso i corsi d’acqua scorrono molto incassati in valli piuttosto strette. Analizzando il percorso delle due aste principali ci si accorge subito che esiste uno stretto rapporto fra le diverse aste. I problemi Bevera-Latte non possono essere disgiunti dai problemi più complessi che hanno comportato e guidato l’evoluzione spazio temporale del ben più ampio sistema Roia-Bevera. Appare evidente che il sistema Roia - Bevera ha risentito in modo determinante di attività tettoniche locali che si sono sovrapposte all’assetto strutturale regionale, attività che, peraltro, sembrano tuttora non del tutto quiescenti. Se è vero che il Roia ha catturato il Bevera può anche essere vero che il Rio Ruassu ha operato la cattura dell’alto corso del Rio Sgorra, mentre il bacino del Rio Latte rappresenta la naturale continuazione del Bevera.

 

Carta geoitologica schematica della Provincia di Imperia: 1) Calcari mesozoici dell’alta Val Tanaro. 2) Calcari giurassici del Grammondo. 3) Calcari marnosi del Cretaceo sup. 4) Flysch ad Helmintoidea a prevalenza calcareo - Cretaceo sup. -. 5) Flysch ad Helmintoidea a prevalenza arenaceo - Cretaceo sup. -. 6) Calcari nummulitici del Luteziano. 7) Calcari arenaceo-marnosi del Luteziano. 8) Lembi calcarei - Paleocene-Eocene -. 9) Conglomerati ed argille del Pliocene. 10) Flysch (flysch a blocchi, Flysch di Ventimiglia).

 

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U GIARDIN D'E STRIE

 

IL PASSO DELLO STRAFURCU

 

TRANSUMANZA INTEMELIA

 

PASTORIZIA

periodizzazione