Caffè Imperiale - Ventimiglia Anni Cinquanta
Laterale al Mercato dei Fiori, in via Roma, dove oggi si aprono le prime due vetrine del Credit Agricole
PRODUTTIVITÀ DI CENTRO
di Luigino Maccario
Nella Ventimiglia del dopoguerra, il plesso del “Mercato dei Fiori” ospitava una vivace operosità, che rendeva attivi i negozi di un ampio circondario.
Dalle cinque della mattina il plateatico del mercato era pressoché occupato dai negozianti di frutta e verdura all’ingrosso, alacri approvvigionatori dei numerosi negozi e ristoranti di buona parte della Zona Intemelia. La gran quantità degli operatori presenti, in specie d’inverno, riempiva di buon’ora i bar e le osterie del circondario, alla ricerca di un po’ di calore e soprattutto della colazione.
Dalle otto in poi i grossisti cedevano il posto ai dettaglianti del mercato annonario, che esponevano sui loro banchetti i prodotti appena acquistati, con le rimanenze dei giorni precedenti. Una campata del mercato veniva però destinata ai coltivatori locali per la vendita delle loro primizie, come si dice oggi, a “kilometro zero”.
A mezzogiorno, annunciato dalla sirena della Torre Comunale, aveva termine l’annonario, per far posto alle numerosissime ceste di fiori, dove i floricoltori della Zona esponevano la produzione in vendita. Due ore dopo, la sirena del mercato annunciava il via delle contrattazioni, mettendo in movimento il viavai delle ceste verso i centri di raccolta degli spedizionieri floricoli. Quelli che erano i compratori ed erano dislocati in magazzini molto prossimi al mercato. Anche nella appendice di servizio, sul fondo del mercato, qualche spedizioniere metteva operosissime signore ad incestare su banchetti noleggiati. Nel tardo pomeriggio, dopo l’intervento dei netturbini, il plateatico poteva riempirsi di persone in adunate al coperto, inerenti la vita sociale. La sera vi si praticava persino degli sport.
Avrete capito come, per tutta la giornata, una inusitata folla di avventori si affannava a proseguire la ricerca della colazione, tentando anche di trovare qualcosa da mangiare per pranzo e probabilmente pure per cena.
Dall’alba al tramonto, tutt’attorno, venivano principalmente somministrati numerosi testi di pisciadéla, fugàssa e farinà, opportunamente innaffiati da ettolitri di vini e bevande varie.
In prossimità del mercato, il maggior produttore di ottima farinata è stato il “Forno Toscano”, che arrivava a sfornarne oltre cento testi al giorno. Nel campo di focaccia e pisciadéla emergeva invece il “Venti Settembre”, sull’angolo Via Roma-Via Martiri. Tra i caffè-bar, l’Imperiale era il più affollato di avventori abituali che giocavano a bigliardo e a belota, “mercato-facendo”.
Anche nella giornata di domenica, col mercato chiuso, il luogo si affollava al momento delle uscite dallo spettacolo, dai tre cinema del circondario: il Comunale, l’Impero e l’Ideal.
Oggi il mercato non è più un’area libera, è occupato in modalità definitiva da un attivissimo Mercato Annonario, ma la produttività generale del luogo è crollata. Il termometro della diversità di situazione ce lo segnalano i testi di farinata venduti oggigiorno che si possono contare sulle dita di una mano, sommando tutta la produzione effettuata nel circondario.
È vero che potrebbe trattarsi del cambiamento di gusto generazionale verso la farinata, ma dagli oltre cento testi prodotti allora all’attuale miseria il risultato ci segnala che la produttività cittadina si è allontanata dal mercato, mettendo in campo un differente minor valore per il centro.
Del resto, la diminuzione generazionale nella vendita della farinata ha anche intaccato quel valore nel circondario portuale di Nizza, dove un tempo i testi risultavano ben di più dei nostri cento.
LA VOCE INTEMELIA anno LXXIV - n. 12 - dicembre 2019