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Una legge del 1990 indicava ai Comuni italiani la necessità di esporre ogni giorno dell’anno il vessillo comunale, in alternativa con la bandiera nazionale, che dovrà essere esposta nelle giornate di festa o ricorrenza e nei giorni dedicati alle sedute del Consiglio cittadino, oltre che, abbrunata, nelle eventualità luttuose.
In seguito, considerando i noti fermenti secessionistici padani, è stato indicato di esporre il tricolore nazionale ogni giorno, sul municipio, al centro del vessillo azzurro europeo, per ora corredato di quindici stelle gialle in circolo.
Dalla primavera del 1998, la Regione Liguria ha dotato tutti i Comuni del vessillo regionale, disponendo per legge che sia esposto assieme al tricolore ed alla bandiera europea, relegando così il vessillo comunale ad essere esposto solamente nella Sala Consigliare. (Vedi foto in calce)
In ogni modo, in quel tempo, per dar corpo alla realizzazione d’un vessillo comunale, l’Amministrazione in carica nel 1990, aveva incaricato la Cumpagnia d’i Ventemigliusi di condurre una ricerca adeguata.
Nell'occasione, dovetti mettere in ordine gli appunti che tenevo da parte sull'argomento, ampliandoli con qualche curiosità, prima di consegnarli e vedere realizzato l’attuale vessillo civico.
Luigino Maccario - 2007
Nel novembre del 2001, anche un’azienda commerciale ha voluto alzare il nostro vessillo comunale sui pennoni che attorniano gli ampi parcheggi attorno al supermercato di Bevera, nei pressi del ponte per le Porre, dimostrando una notevole sensibilità nei confronti delle nostre tradizioni.
UNA BANDIERA PER VENTIMIGLIA
Ricerca per l’allestimento di un vessillo comunale.
LA SITUAZIONE UFFICIALE
Prima per consuetudine, ma dallOttocento per legge dello Stato, tutte le città italiane sono dotate d’uno stemma, corredato da un motto, prerogativa ed opportunità di tutti i Comuni d’Italia, d’Europa e forse del mondo.
Ebbene, anche la città di Ventimiglia ne possiede uno, che è posto in bell'evidenza sul gonfalone comunale assieme al relativo motto, mentre risulta dipinto da più di centotrent'anni sul rosone decorativo sulla scalinata delle Lateranensi, nel lato ovest di piazza Cattedrale. (1)
Sulla facciata del vecchio Palazzo Civico, ottocentesco, di fronte alla Cattedrale, in Ventimiglia Alta, all'apice degli angoli rivolti verso la piazza fanno bella mostra una ricostruzione gessosa, in rilievo, dello stemma comunale medievale ed una dello scudo, contenente il motto della famiglia contile. I motivi araldici contili e comunali ventimigliesi, questa volta a colori, dominano una bell'ncisione contenuta in un “Atlante Ligustico” del XVIII secolo. (2)
Nel dopoguerra, il Comune si era corredato d’alcune orifiamme da esposizione stradale, per abbellimento dei momenti pubblici di parata. Allora, ne decorava il percorso nobile del corso fiorito, durante la Battaglia dei Fiori, o la piazza del Comune, nel corso delle feste comandate.
Però, una bandiera con i simbolismi antichi della città e del comune, forse non era mai stata proposta. Sembra giusto ricercare le simbologie, il più storicamente reali, nell'intraprendere l’allestimento di una bandiera a significare la nostra città.
CONSEGUENZE ARALDICHE
L’araldica ufficiale delle città italiane è relativamente giovane, infatti, è stato soltanto dopo la data dell’unità della Patria, il fatidico anno 1860, che si è consolidata. Ovvero, quando i reali ufficiali di toponomastica hanno cominciato a formulare l’attuale geografia politica italiana, cosicché le città della penisola hanno dovuto definire le loro peculiarità anagrafiche.
Precedentemente, altri momenti influirono parzialmente sulla toponomastica e l’araldica della nostra zona, ma in modo per noi meno determinato. Come esempi, si possono citare: l’occasione di conglobamento della Repubblica genovese al Regno Sardo, ed ancora più indietro nel tempo, il momento dell’occupazione genovese del Libero Comune di Ventimiglia.
La nostra città ha avuto, nell'’importante rito della scelta o conferma dello stemma, un padrino d’eccezione, lo storico del Ponente ligure per antonomasia, il concittadino professor Girolamo Rossi, espertissimo autodidatta, unico allora in grado di definire il problema.
Dal suo memoriale intimo apprendiamo la frenetica attività, in quegli anni, della Regia Deputazione di Storia Patria, della quale era membro onorario, per mettere a punto l’araldica nazionale. (3)
IL GONFALONE
L’allestimento del gonfalone comunale, in ordine alla forma ed ai colori araldici, ha tenuto conto dei dettami proposti, in quel momento, dallo spirito unitario nazionale.
Molti Comuni italiani, di tradizioni antiche quanto quelle che ci riguardano, hanno allora operato delle scelte più legate a particolari documenti storici di epoca medievale, preservando determinati colori e certe fogge.
La tinta del nostro gonfalone, o meglio dei gonfaloni che da allora si sono succeduti, a causa dell’usura, è sempre stato l’azzurro, il colore ufficiale dell’unificazione nazionale italiana. (4)
Come il gonfalone, due delle orifiamme, confezionate in questo dopoguerra avevano avuto il fondo azzurro, con lo stemma comunale al cuore del vessillo, mentre, in antitesi, altre due presentavano un fondo rosso, con una studiata striscia laterale gialla, di un quarto, ed il leone comitale al cuore.
Era certamente il segnale che l’ordinazione delle orifiamme era stata preceduta da un’attenta ricerca storico-araldica. Ma torniamo alla primaria costruzione del gonfalone, nel secolo scorso.(A)
IL MOTTO
Per Girolamo Rossi è stato facile, ricavare dalle attente cognizioni storiche locali uno stemma ed un motto per la nostra città, quindi farlo approvare dai nobilissimi padri coscritti del Consiglio Comunale d’allora, come richiesto dall'araldica ufficiale di stato.
Per questo motto, egli si riferì a quanto appreso da una lettera a Cicerone, scritta nell'anno 49 a.C. da Marco Clelio Rufo, (5) lettera che ci comunica le prime notizie dirette sulla situazione politica interna della nostra città agli albori dell’Impero, quando il partito pompeiano vi provocò disordini, facendo assassinare un concittadino, il nobile Domizio, che avendo ospitato Giulio Cesare.
A questa provocazione i cittadini insorsero ed appunto Marco Clelio Rufo, luogotenente di Cesare, fu costretto ad accorrere con truppe dalla Provenza, in soccorso del presidio minacciato.
Fin da allora il centro abitato, Capitale dei Liguri Intemelii, era classificato “civitas”, sede di un “municipium” già dall'’anno 89 a.C., quando i locali conseguirono il diritto latino e videro completare la romanizzazione dell’antica Liguria.
LO STEMMA
La scelta, o meglio la conferma dello stemma è stata, in pratica, più semplice, anche se per Ventimiglia si ristringevano di molto i documenti disponibili, tardo antichi e medievali, a causa della nota distruzione degli archivi da parte del duca Carlo di Borbone, Connestabile di Francia, nell'anno 1526.
Infatti, il Rossi, nell'edizione dell’anno 1857 della sua Storia della Città di Ventimiglia, descrive un antico sigillo dei Consoli, dell’anno 1194, custodito, allora nell'archivio capitolare ed ora al Museo Bicknell; dicendo: “E’ molto antico il simbolo del leone nello stemma della Città di Ventimiglia, che lo portava pure impresso nel suo sigillo
Il leone rampante coronato e rivoltato, si ha sul busto e sulla cassa d’argento del martire san Secondo, opera del 1623.
Lo stemma ventimigliese è riferito, certamente a quel leone, al quale, nell'occasione è stata imposta una corona comitale, forse per precisare che le origini storiche del territorio defluiscono anche dalla nobiltà d’una contea. (6)
LA BANDIERA MEDIEVALE
È però la bandiera, rappresentativa del comune ventimigliese, lo scopo della nostra ricerca, quindi curiosando nell'opera di Girolamo Rossi, troviamo la descrizione d’una bandiera documentata.
Nel capitolo dedicato al Contado dice: “.... e sul mastio della torre più alta sventolava giornalmente la bandiera, portante lo stemma dei conti, che era uno scudo di sangue al capo d’oro, col motto - Proe millibus unus -. (7)
Dunque, il colore rosso carminio dominava sui tre quarti dello scudo, sormontato dal giallo oro, per il restante quarto. Certamente questa costruzione non è mai stata casuale e, considerando la disposizione logistica degli smalti vassallatici medievali c’è da ritenere che fossero i colori del nostro contado.
I COLORI
Alla caduta dell’Impero Romano fu l’autorità dei Vescovi a tenere unite le entità territoriali municipali, quasi sempre corrispondenti alle antiche Diocesi, basi territoriali per l’impero, fino all'istituzione del sistema vassallatico, introdotto da Carlo Magno.
In alcuni casi furono gli stessi vescovi-conti a detenere il potere in qualità di vassalli, oppure, come è possibile sia avvenuto nella nostra città, i vescovi hanno dominato per tutto l’evo antico, fino all'avvento di una famiglia vassallatica.
Infatti, dall'anno Domini 789 circa, la contea fu affidata ad un Conte, rampollo della Marca di Tuscia, nominato dall'Imperatore, ed inserita, subito dopo nella costituenda Marca Arduinica, detta Marca di Susa. (8)
Il rosso ed il giallo non erano i colori di alcuna delle Marche e delle discendenze nominate, mentre sono stati sicuramente colori dei Municipi d’origine romana, disposti secondo diversi parametri. (9)
ORIGINE ROMANA
La disposizione romano-imperiale dei colori di riconoscimento dati alle coorti, raccolte od operanti in certe province del vasto impero, seguendo una logica schematica nell'assetto territoriale accentrato verso Roma “Caput Mundi”, ha lasciato un segno profondo e continuativo nei territori di Provenza, Catalogna ed Andalusia.
Ancora oggi, sia il sud occitano della Francia che l’attuale nazione spagnola conservano ufficialmente il giallo ed il rosso, i colori che, attraverso il proseguimento dell’uso sul nostro territorio, le tenevano unite fisicamente alla Federazione Latina.
Dobbiamo considerare ancora che il “municipium” ventimigliese, seguendo la sorte di alcuni territori della costa ligure, restò inglobato nel sistema difensivo bizantino, durante tutta l’epoca delle invasioni gotiche, con il parziale e sporadico ingurgito longobardo, fino all'inserimento nella Marca di Susa, conservando così, certamente, meno alterate le tradizioni imperiali. Per questo, bisogna ritenere i colori rosso e giallo, depositari di un antico retaggio territoriale zonale, continuati, per radicata tradizione dal Libero Comune. (10)
LA BANDIERA
Se quelli che furono i colori del “municipium”, restarono i colori della Contea e quindi del Comune; lo restarono di conseguenza le rispettive proporzioni definite per lo scudo comitale, per le quali ci resta il documento.
Quindi il leone coronato come stemma comunale al cuore di un vessillo, rosso nei tre quarti del corpo, sormontato al capo dal quarto giallo oro, sono la debita conseguenza.
Il ricercatore del progetto per le orifiamme esistenti nel dopoguerra era giunto alle stesse conseguenze, quando aveva allestito il drappo con il leone coronato al cuore dei tre quarti rossi di sinistra, definiti col giallo oro.
La bandiera comunale oggi allestita è certamente quanto di storicamente può essere più vicino ad una tradizione storica, sorretta da ogni sorta di documenti e di precedenti situazioni.
L’altra soluzione, avrebbe potuto essere, una bandiera di supporto dello stemma, ovvero una copia del Gonfalone comunale, con arma e motto su campo azzurro, così come erano state impostate le altre due orifiamme del dopoguerra, ma ne sarebbe andata diminuita l’originalità storica del vessillo.
DESCRIZIONE ARALDICA
Di campo porpora al capo d’oro,
caricato al cuore d’un leone rampante,
sormontato da corona comitale.
COLORI COME SIMBOLI
Ora che la bandiera è confermata, togliamoci la curiosità di verificarne i simboli, analizzandone i colori secondo indicazioni esoteriche.
In alchimia la trasmutazione dovrebbe passare dall'opera al nero, che è morte e ritorno al caos primordiale, poi dall'opera al bianco, purificazione, per giungere dall'opera al rosso, in cui fusione e metamorfosi avvengono. Il rosso è colore fondamentale legato al principio della vita animale ed umana, dal momento che il nostro liquido vitale, il sangue, è rosso. Colore del fuoco, del calore, del cuore. E’ anche il colore esoterico che deve essere dispensato soltanto a chi lo cerca.
Rosso della matrice, a doppia polarità: infatti, il sangue è la condizione della vita, ma anche della morte. Rosso guerriero, fiammeggiante, che occorre saper controllare, come i propri istinti. Nella Roma antica, il rosso era stato il colore dei re, prima, quindi dell’imperatore.
L’oro, la luce del sole diffondono il ricco colore giallo. E’ il più caldo di tutti i colori ed è anche quello che tende verso il bianco smagliante, accecante. L’oro è fondamentalmente segno di pace, crea la felicità, ma purtroppo anche l’orgoglio, la gelosia e la cupidigia.
Nello stesso modo, il sole risveglia i germogli della vita, fa crescere e maturare, ma può bruciare. Il vello d’oro di Giasone rimane il più perfetto simbolo della ricerca dell’assoluto, che è sempre “avanti”, inaccessibile verità che dona se stessa, s’insegna, ma resta sempre da scoprire.
Il leone è simbolo di potenza, di sovranità, ma anche del Sole, dell’oro, della forza penetrante della luce e del verbo. Rappresenta anche la giustizia: da cui i leoni del trono di Salomone, del trono dei re di Francia e di quello dei vescovi medievali.
Nella tradizione celtica, il leone ricorre a volte come guardiano di un castello misterioso o di una soglia di difficile accesso, mentre spesso il suo posto viene occupato, nella tradizione primitiva, dall'orso.
IL LEONE
Il leone è il quinto segno dello Zodiaco, occupa il mezzo dell’estate, caratterizzato dall'aprirsi della natura sotto il caldi raggi del sole, che è il suo maestro planetario. Bisogna tenere presente l’importanza di quel periodo, del mese d’agosto, per la nostrana ricorrenza della solennità civile e religiosa più importante dell’anno, per tutto il medioevo, fin dalla romanità.
Una curiosità: nell'assegnazione degli oroscopi territoriali, il Leone è il segno zodiacale definito per la nazione italiana. Un’altra curiosità è rilevabile nella grafica usata per la realizzazione del nostro stemma ottocentesco. Il leone viene rappresentato in posizione rampante verso la destra, con la zampa destra sollevata in bella evidenza, inoltre presenta la lingua segnatamente fuori della bocca.
Questa simbologia è riferibile alla vicenda esoterica di Chiram Abiff, il famoso architetto che costruì il Tempio di Salomone, attraverso la sapienza delle conoscenze segrete trasmessegli dai costruttori delle piramidi. La leggenda racconta che essendo stato Chiram assassinato da tre “compagni d’arte”, non riuscendo a rianimarlo, gli subentrò un maestro muratore descritto come “la forte presa di una zampa di leone”.
Il leone con la zampa sollevata divenne uno dei simboli più venerati dalla massoneria, ma l’allegoria è anteriore di 350 anni alla costruzione del Tempio di Salomone, infatti lo stesso simbolo si trova all'interno della tomba di Tutankhamon: il gesto simbolico della scultura in alabastro del dio mutante Bes, il nano leonino con la zampa alzata ed impreziosita.
Inoltre la criniera del leone, fin dai tempi antichi veniva associata ai raggi del sole, mentre la evidente fuoriuscita della lingua era considerata simbolo di fertilità, o della capacità del sole di intervenire sulla fertilità della terra, sia della fertilità vegetale, sia di quella animale. Ricordiamo che il periodo di calura estivo, in pieno agosto, viene detto “solleone”.
Un coperchio intarsiato di cinque tonnellate, fatto di pietra calcarea, copriva il sarcofago del nobile Pacal, all'interno della piramide di Palenque, in Messico. Tra i simboli decifrati, presenti tra gli intarsi, è emerso il ritratto di Tonatiuh, il leonino dio-sole dei Maya, che con la lingua vistosamente fuori della bocca, lecca una donna partoriente, nel tentativo di aumentarne la fertilità.
Quindi, come si presenta la statuetta di Bes, che era il protettore delle donne durante il parto, così come ci dice il ritratto amerindo di Tonatiuh, in mezzo ai due bimbi solari, è evidente che raggruppano le varie scuole del culto del sole e di quello della fertilità, riservati anche al leone del nostro stemma.
CURIOSITÀ STORICA
Altra curiosità sullo stemma leonino, così diffuso in provincia, potrebbe essere generata proprio dal pesante intervento, imposto dalla cultura del Rossi, sulla scelta degli stemmi per le città di Bordighera e San Remo.
Ora, per Bordighera, figlia e sorella della città egemone della Contea e del Libero Comune, l’acclamazione all'immagine del “Leone rampante sulla palma” era storicamente conseguente e proponibile.
Per la cultura di San Remo, invece, l’accettazione dello stemma, del resto molto simile a quello di Bordighera, potrebbe aver significato accogliere, una supremazia storica, molto più dovuta verso la contea, che verso il Libero Comune.
Di conseguenza, per la "città dei fiori", sarebbe stato più logico uno stemma, molto più realisticamente storico verso i soli colori giallo e rosso, con loro conseguente disposizione, che non verso il leone, immagine significativamente comunale.
Il rapporto di San Remo verso il Libero Comune ventimigliese, per intervento diretto dell’invadente Genova, non è stato dei più continuativi e dei più felici, quindi il leone comunale nostrano, inserito per San Remo, potrebbe significare un equivoco storico.
Quando nell'anno 1885, creando la Provincia di Imperia, si creò lo stemma provinciale, semplicemente assemblando gli stemmi delle città allora storicamente emergenti, metà dello stemma venne dedicato ad Oneglia e Porto Maurizio, mentre la restante metà, che dovrebbe riportare il leone ponentino; è dedicata all'equivoco leone sanremasco previa la presenza della palma bordigotta.
I COLORI DEI SESTIERI
Ancora una curiosità può derivare dalla precedente ricerca sui colori emblematici cittadini, che avevo condotta cooperando con Erino Viola, allo scopo di stabilire i colori per il vessilli delle Rezerie di Sestiere, nell'anno 1975.
Partendo appunto dal vessillo comitale e comunale, rosso e giallo, gli stessi colori vennero assegnati al Sestiere di Piazza o di Castello, entità simbolicamente riconducibile al nucleo primario comunale.
Per il Sestiere di Sant’Agostino o del Cuventu, la città moderna in espansione, era d’obbligo mantenere il rosso, abbinandolo al bianco del saio agostiniano, come il bianco è la tendenza evolutiva del giallo.
Al Sestiere dell’Oliveto competeva il mantenimento del giallo, colore del prezioso succo del frutto, accostato al verde dell’albero, ormai così presente nella nostra tradizione.
Per il Sestiere del Campo, o della Rocchetta, era necessario il verde della piazza di Marte, ovviamente contrastata dal bianco della luce diurna, continua evoluzione del giallo.
Al giallo, al bianco, al rosso ed al verde, abbinati al territorio ed al suo ambiente era sufficiente aggiungere il restante colore emblematico dell’acqua, per avere tutte le combinazioni cittadine presenti e richieste.
L’azzurro del mare, affiancato al bianco smagliante del sole, evolutivo del giallo, ha dato i colori al Sestiere della Marina o di San Nicolò, oggi San Giuseppe.
Altro rione d’acqua, il Sestiere del Borgo, detto anche del Lago, per la presenza del porto canale, necessitava del colore azzurro, abbinato di conseguenza al giallo, secondo la logica dominante l’impulso iniziale; se non ché, sia per motivi estetici,(11) che per mancanza di argomentazioni simboliche si è cercato un altro colore, il nero, stemperato poi da alcuni riporti d'oro arabescati.
Nel linguaggio del blasone, il nero si chiama sabbia, termine che esprime le sue affinità con la terra sterile, abitualmente rappresentata dal giallo ocra, colore che è talvolta il sostituto reciproco del nero, appunto.
NOTE:
(1) Nell'anno 1985, un bellissimo calco in resina, opera del concittadino geometra Giovanni Luciano, raffigurante lo stemma cittadino ed il motto, secondo i canoni della più documentata tradizione, è stato degnamente ubicato a decorare la parete nobile, dietro gli scanni della Giunta, presso la rinnovata ed elegante Sala Consiliare, nel nostro Municipio.
(2) L’incisione, firmata da F.M. Accinelli, è conservata nella Civica Biblioteca Berio di Genova, nella Sezione Conservazione, m.r.Cf.2/ll. Lo stemma della famiglia contile riporta i colori rivoltati.
Ma quello non è il solo errore contenuto nella bella stampa a colori, infatti, nel letto del Roia compare la scritta “Barbaira Fiume”, che confonde il torrente di Rocchetta Nervina con il ben più importante e nobile “Rotuba”. Inoltre la Cattedrale ed il suo svettante campanile sono scambiati con il tetto dell’Oratorio dei Neri. Segno forse che l’autore ha rilevato appunti superficiali, oppure si è servito di appunti altrui.
(3) Ricordiamo che il Rossi è stato anche attivissimo membro della Società Ligure di Storia Patria.
(4) A ben vedere, anche sulla stessa incisione Accinelli, il leone rampante comunale spicca su fondo azzurro; fatto che potrebbe essere usanza del Settecento. L'Azzurro è certamente stato il colore dominante, nel vessillo del Regno Sardo, dal 1783 al 1802, quale bandiera marittima, ma dal 1816 al 1848 dominerà sulla bandiera nazionale del Regno Sardo, prima dell'assunzione del tricolore bianco-rosso-verde.
(5) Documento: CICERONE, Ad Familiares, VIII, 15.
Lettera di M. Clelio Rufo. Anno 49 avanti Cristo, 15 marzo.
“Sed tamen quodnam ob scelus iter mihi necessarium retro ad Alpes versus incidit ? Adeo quod Intemelii in armis sunt: neque de magna causa.Bellienus, Verna Demetrii, qui ibi cum praesidio erat, Domitium quemdam, nobilem illic Caesaris hospitem, a contraria factione nummis acceptis, comprehendit et strangulavit: civitas ad arma iit: eo nunc cohortibus mihi per nives eundum est. Usquequaque, inquis, se Domitii male dant. Vellem quidem Venere Prognatus tantum animi habuisset in vestro Domitio, quantum psecade natus in hoc habuit”.
(6) Per quanto riguarda lo stemma dei signori di Ventimiglia, il leone risulta presente, in aggiunta allo scudo già descritto, soltanto per i rami dei signori del Maro e di Marsiglia, molto più tardi del giuramento del Breve comunale.
(7) Il motto comitale “prœ millibus unus” è scolpito, in fattura ottocentesca, sullo stemma gessoso applicato sull'apice, nel cantone di levante dell’antico palazzo comunale, che abbiamo già nominato.
(8) Nella Storia della Città di Ventimiglia, il Rossi descrive il Conte discendente della Marca Arduinica e ne porta copiosa documentazione con bibliografia, mentre un più recente studio condotto dal professor Enzo Bernardini, esprime quanto riportato, oltre allo studio sulla conservazione bizantina del territorio ventimigliese, per un lungo periodo dell’Alto Medioevo.
(9) Non è peregrino ipotizzare che i Conti di Ventimiglia trassero il loro blasone dalla nobile storia cittadina, prelevando i colori dell’antico municipio per disporli sul proprio scudo e sul loro vessillo, così come il nome della città divenne il titolo nobiliare del casato, il “cognome” contile.
(10) Quando il Comune obbligò il Conte al “Giuramento del Breve”, anche la Compagna cittadina assunse gli stessi colori.
(11) Sia Erino che i primi Rettori del Sestiere non gradivano il valore estetico dell’abbinamento azzurro - giallo ocra, che peraltro è un efficace contrasto cromatico, d’un colore caldo con uno freddo, molto usato negli abbinamenti blasonici medievali ed ora, per certi aspetti, tornato di moda. Nel 1991 i Rettori del Sestiere Burgu hanno saputo abbinare al nero il giallo oro di ricchi ornamenti.
(A) E' uso araldico rivoltare le orifiamme sui lati mantenendo al cuore lo stemma, quindi alla sinistra del colore dominante.
FONTI BIBLIOGRAFICHE
G. Rossi - STORIA DELLA CITTA’ DI VENTIMIGLIA - eredi G. Ghilini - Oneglia 1886
P. Guelfi Camajani - DIZIONARIO ARALDICO - Hoepli - Milano 1940
F.G. Rostan - STORIA DELLA CONTEA DI VENTIMIGLIA - I.I.S.L. - Bordighera 1971
Atti S.L.S.P. - FONTES LIGURUM ET LIGURIAE ANTIQUAE - S.L.S.P. - Genova 1976
G. Rossi - MEMORIALE INTIMO - annotato da L. Gasparini - C.d.V. - I.I.S.L. - Bordighera 1983
A.C. Ambesi - EUROPA MISTERIOSA - L’Europe secrète - S.R.D. Sagdos - Milano 1983
N. Lamboglia - F. Pallares - VENTIMIGLIA ROMANA - I.I.S.L. Itinerari n0 7 - Bordighera 1985
E. Bernardini - LA PROVINCIA D’IMPERIA La Riviera e il suo entroterra - I.G. DeAgostini - Novara 1985
J. Chevalier, A. Gheerbrant - DIZIONARIO DEI SIMBOLI - BUR Rizzoli - Milano 1986
Maurice Cotterell - LE PROFEZIE DI TUTANKHAMON - Corbaccio - Milano 1998
Tre Sindaci, nella Sala Consiliare, durante la "Strena de Deinà 2005".
Aldo Lorenzi - Giorgio Valfré - Albino Ballestra
Notare, sulla parete di fondo, a destra della bandiera italiana il vessillo comunale
U Nostru Pavigliùn
Il vessillo comunale ventimigliese è una bandiera, ma potrebbe essere definita stendardo, oppure, molto più opportunamente "pavegliùn", come era nominata nel medioevo l'insegna comunale issata sui pennoni delle navi, aggregate nella numerosa flotta del Libero Comune Marinaro.
Del resto, anche il Principato di Monaco, che ha registrato una storia medievale molto finitima a quella ventimigliese, chiama il vessillo biacorosso "u pavayun".
Il vessillo comunale, primo sulla destra
SIGILLO COMUNALE
Nell’edizione del 1857, di Storia della Città di Ventimiglia, Girolamo Rossi inseriva il testo della pergamena datata 9 luglio 1194, bollata dal sigillo del comune.
È molto antico il simbolo del leone nello stemma della Città di Vantimiglia, che lo portava pure impresso nel suo sigillo - Un esemplare si conserva attaccato ad una pergamena del 1194; il Cais in un documento del 1305 ricorda il sigillum consulum Vintimilii, in quo est sculptus quidam leo. - Il leone rampante, coronato e rivoltato, si ha sul busto e sulla cassa d'argento del martire San Secondo, opera del 1625 - Eppure il De Beatiano a pag. 42 del Mercurio araldico (Venezia 1686) dà per stemma a Ventimiglia uno scudo diviso orizzontalmente in due parti uguali, la superiore d'argento l'inferiore di rosso, con leone che stendesi sopra ambedue i campi, alternando i colori, ossia come si direbbe in termini araldici moderni «troncato d' argento e di rosso al leone dall’uno e dall’altro» - Un simile stemma dà l'Uggelli al Municipio di Ventimiglia nella sua Italia sacra.
Credo di massima importanza riferir qui per disteso un decreto dei consoli dell’anno 1194, custodito nell'archivio capitolare di questa cattedrale. Pergamena n. 1, alla quale sta attaccalo il sigillo in cera del Comune:
GIROLAMO ROSSI.
* Qui honorem vale "possessione"; si veda il DUCANGE.