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Caterina Gaggero Viale

Diario di Guerra

della Zona Intemelia

1943 - 1945

PROSPETTI SEMESTRALI

E     BRANI SCELTI

                                                                                                  Edizioni ALZANI Pinerolo.                Pubblicazione dell'ottobre 1988

 

PRESENTAZIONE

    Stranamente, della millenaria storia di Ventimiglia, si conosce meglio la parte antica che la moderna, intendendo per moderni gli avvenimenti di questi ultimi cent’anni.

    Non molto si sa del periodo bellico e, specialmente, degli anni cruciali 1943-45, a parte quanto tramandato da Mons. Nicolo Peitavino ne « La Città Martire » (Edizioni Arti Grafiche Silvestrini & F., Ventimiglia 1948).

    Notizie interessanti, benché succinte, si possono trovare pure nel « Diario di GiPi » scritto dall’Ing. Giuseppe Biancheri-Chiappori e pubblicato in due puntate nei numeri di Ottobre e Dicembre 1984 de La Voce Intemelia.

    Un contributo dettagliato e certamente determinante alla conoscenza ài questo tragico capitolo di storia ventimigliese, e intemelia, viene però ora dal Diario di guerra tenuto per due anni dalla nostra concittadina Caterina Gaggero vedova Viale, detta A Lila.

    Nata a Bordighera nel 1891, da una famiglia di origine genovese, era titolare della rinomata osteria-trattoria da Bataglia, posta in una zona stupenda, nella parte meridionale del territorio delle Ville, frazione di Ponente del Comune di Ventimiglia, in prossimità di Latte.

    La gestione dell’osteria non impediva ne a lei ne alla figlia Ada di coltivare la campagna circostante e di portarne quotidianamente i prodotti al mercato ortofrutticolo di Ventimiglia, almeno fino a che le vicende belliche non lo resero impossibile.

    L’Autrice è consapevole che si sta attraversando un momento, pur nella sua gravita, assolutamente eccezionale e decide di conservare memoria scritta degli avvenimenti di cui è quotidianamente testimone diretta o indiretta.

    Con tutto ciò non intende fare opera storiografica che il Diario ha una motivazione esclusivamente familiare in quanto è dedicato al figlio Aldo, prigioniero di guerra in Nord Africa, in modo che egli, al suo ritorno, possa venire a conoscenza di quanto è accaduto a Ventimiglia e dintorni durante il periodo di forzata assenza.

    Per l’Autrice, scrivere il Diario è un po’ come parlare ogni giorno col figlio lontano del quale non ha notizie e col quale non può comunicare.

    Come spesso avviene nelle cose umane, anche in questo caso, si verifica quella che il Vico definiva «eterogènesi dei fini» tanto che i sette quaderni scolastici manoscritti, concepiti come «documento domestico» travalicano questo scopo per assumere il valore di testimonianza storica locale di considerevole interesse.

    Sempre attenta a quanto succede e, solitamente bene informata dai giornali, dall’Eiar, da Radio Londra o, più semplicemente dagli avventori dell’osteria, la Gaggero riesce ad offrirci, giorno per giorno, un quadro succinto, ma sempre esatto e completo, non soltanto degli avvenimenti locali, ma anche di quanto sta succedendo sui vari fronti dove la guerra infuria con sempre maggiore violenza.

    Lo stile è asciutto e incisivo e l’Autrice non indulge che rarissimamente a autocommiserazioni e sentimentalismi. Si limita a narrare i fatti e, quando vuoi fare qualche commento, preferisce usare, in modo ironico, due slogans propagandistici di guerra, divenuti drammatica realtà: «Adesso viene il bello» e «Nudi alla mèta».

    Scritto quasi mezzo secolo fa, il Diario è di gusto che potremmo definire «moderno» e di agilissima e avvincente lettura. Inizia, significativamente, il 10 dicembre 1943, data del primo disastroso bombardamento aereo e prosegue ininterrottamente, giorno dopo giorno, fino al 21 dicembre 1945 quando la guerra è terminata da otto mesi, ma le sue conseguenze si fanno ancora sentire e, purtroppo, il figlio Aldo non è ancora rimpatriato.

    Al di là delle vicende tragiche che vi sono descritte, il Diario rispecchia fedelmente il modo di vivere e di pensare di quel particolare momento in cui, alle rovine e ai lutti, si affiancava un pauroso disorientamento delle coscienze, provocato dalla caduta di ogni certezza, non soltanto politica, ma anche morale e civile.

    Nel Diario si colgono le contraddizioni e le incertezze proprie di quel periodo quando i tedeschi, da scomodi alleati, diventano temibili padroni di casa, i «ribelli» si trasformano, a poco a poco, in patrioti e gli anglo-americani vengono definiti indifferentemente nemici o «liberatori» dei quali si condannano le catastrofiche incursioni aeree ma, nello stesso tempo, si attende ansiosamente l’avanzata.

    Allo stesso modo come si spera sempre nella prossima sconfitta della Germania e nella caduta della R.S.I., due fatti a venire intrinsecamente connessi e che restano la «conditio sine qua non» per il ritorno della pace.

    Ed è curioso notare come l’Autrice, parlando della situazione in Italia, usi sempre il termine «repubblica» nella sua genuina accezione dialettale che lo fa equivalere a «caos» e «anarchia».

    Sullo sfondo di questo fosco scenario degli avvenimenti narrati, la figura dell’Autrice appare in controluce come quella di una donna tipicamente ligure, pragmatica, forte di carattere e con la religione della casa, della terra e del lavoro. Un culto tanto più sentito proprio in quanto la guerra stava sconvolgendo i modelli tradizionali di vita e di attività.

    Malgrado il pericolo incombente, A Lila, con l’aiuto della coraggiosa figlia Ada, riesce a portare a termine la vendemmia e la raccolta delle olive salvaguardando gli averi familiari, invisibilmente murati in un sottoscala. Con infiniti stratagemmi e cautele anche la preziosa mula Cita (quasi un personaggio di famiglia), l’indispensabile barroccio e il bestiame minuto saranno sottratti alle razzie. Il tutto, in vista del giorno, ardentemente desiderato, in cui la guerra avrà finalmente termine e sarà giunto il momento di ricominciare da capo e andare avanti.

    Ma ciò che maggiormente sorprende è il fatto che nella Ventimiglia di allora, Beirut ligure degli anni ‘40, vi fosse ancora qualcuno desideroso di lasciare scritta sui fogli di quaderno la storia di quei giorni interminabili che furono soltanto di paura, sofferenza, distruzione e morte.

                           Ventimiglia, ottobre 1988.

                                                                              Renzo VILLA

                                                                            Console Rappresentante della “Cumpagnia d’i Ventemigliusi”

 

La pendice delle Ville e il caseggiato con l'Osteria"Da Bataglia"

PREFAZIONE

    All’osteria da Bataglia, nella seconda stanza a fianco della cucina, quella con le volte, sono nato nel maggio del ‘52. Mio padre, Aldo, era tornato dalla prigionia da sei anni e, da poco, era guarito dalla malaria.

    L’osteria continuava a funzionare e, nella fascia sopra il forno, all’ombra di tre grandi ulivi, c’era ancora il gioco delle bocce in terra battuta.

    La domenica, i clienti venivano a piedi dai dintorni a mangiare il coniglio con le olive e, in primavera, fave e salame. Io giravo per la cucina e volevo un pezzetto di coniglio per me, ma bisognava sceglierne un pezzo piccolo in modo che i clienti non si accorgessero che mancava.

    Si mangiavano pure castagnole, amaretti, mignin, övi düri, fichi secchi e fiori di zucca ripieni. Il vecchio Enrico, che era quasi completamente senza denti, prendeva la sua rosetta di pane e, col coltellino, toglieva tutta la crosta prima di mangiarla.

    Si beveva il rossese prodotto a Canun, quello di Mamante e di Tunin d’Andrì. Qualche volta, andavo anch’io a prenderlo col barroccio e facevamo anche due viaggi di seguito per risparmiare una bolletta del dazio.

 

    I ragazzi bevevano gazzose e aranciate; d’estate andavamo al Borgo, da Lupi, a prendere una sbarra di ghiaccio che, allora, sostituiva il frigorifero.

    In camera, nel cassettino del comò, c’erano i sette quaderni che formano questo diario. Quando sapevo già leggere (a cinque anni avevo fatto la « primina » da suor Cristina), nelle giornate di pioggia e freddo, li leggevo con mia nonna Caterina, A Lila, davanti alla stufa a legna. Secondo come tirava il vento, si affumicava la casa e bisognava aprire le finestre.

    A sei anni andavo a Ventimiglia Alta alla «dottrina», il catechismo che ci insegnava Dina Belloni, amica di mia nonna. Ci guardava in faccia e indovinava se avevamo studiato la lezione o no perché, ci diceva, «gli occhi sono lo specchio dell’anima».

    Mia nonna morì nel ‘59 nella stessa stanza dov’ero nato io: l’accompagnammo a piedi da casa fino alle Gianchette con una sosta in Cattedrale per la messa.

    Sedici anni dopo morì mio padre; i funerali si seguivano già in macchina, partendo dall’ospedale.

    Da almeno vent’anni pensavo di pubblicare questo diario e, qualche volta, ne avevo anche iniziato la trascrizione a macchina.

    Poi, lo scorso inverno, mi è capitato di parlarne tra amici a Latte dove mi trovavo per motivi di lavoro. Ne ho fatto leggere qualche pagina ed ho capito che si trattava di un documento molto interessante, non solo per me.

    Tutti abbiamo radici, un passato; alcuni, leggendo questo diario, ricorderanno un certo periodo della loro vita. Per quelli che, come me, non c’erano ancora sarà più facile capire da dove proveniamo.

Arturo VIALE

 

Caterina Gaggero col nipote Arturo Viale

 

PRESENTAZIONE DEL PERIODO

 DICEMBRE 1943 - GIUGNO 1944

    Il Diario inizia alla data del 10 dicembre, quando Ventimiglia viene attaccata per la prima volta dagli aerei alleati che seminano distruzione e morte a Nervia e alle Gianchette. Gli abitanti, terrorizzati, all’indomani stesso iniziano l’esodo verso le frazioni, luoghi ritenuti più sicuri.

    Una seconda incursione aerea ha luogo l’antivigilia di Natale, il 23 dicembre, ed una terza l’indomani di Capodanno, la domenica 2 gennaio 1944.

    Come annota l’Autrice, nelle zone rurali non si trova più una casa o una cantina da affittare tanta è la gente che ha abbandonato la città. La presenza di un cosi gran numero di persone per la campagna si traduce in un ottimo « business » per l’osteria da Bataglia sempre affollata di clienti che cercano di dimenticare le amarezze e le preoccupazioni del momento davanti ai buoni piatti de A Lila e allo squisito vino per il quale l’osteria va giustamente famosa.

    Ma, anche se gli affari vanno bene dal punto di vista economico, nel cuore della proprietario vi è sempre conficcata una spina dolorosissima: la mancanza di notizie del figlio Aldo, prigioniero di guerra. Un dolore che le sporadiche cartoline, giunte con molti mesi di ritardo, attraverso le organizzazioni assistenziali internazionali, non riescono a lenire.

    Nel frattempo, la situazione in zona si va aggravando: i tedeschi fortificano e minano dappertutto e la loro presenza rappresenta sempre più una minaccia. Gli allarmi aerei sono ormai quotidiani e i bombardamenti causano continue interruzioni della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia.

    I generi alimentari scarseggiano e, per sfamarsi, non bastando le misere razioni delle tessere annonarie, bisogna ricorrere al cosiddetto « mercato nero » i cui prezzi aumentano paurosamente.

    Per motivi di sicurezza, nel mese di febbraio, gli uffici finanziari, Registro e Catasto, vengono trasferiti a Bordighera. Anche gli uffici comunali, da Ventimiglia Alta, scendono nella Casa Littoria, l’attuale palazzo del Comune.

    Il 26 aprile avviene un fatto doloroso per tutta la cittadinanza: i tedeschi fanno saltare la passerella sul Rota. Nella cosiddetta «notte dei bengala» o «di San Luigi», fra il 21 e il 22 giugno, Ventimiglia subisce un terribile bombardamento aereo notturno che provoca nuove vittime e aggiunge rovine alle rovine.

    In ogni famiglia in cui ci sono giovani di leva si vive il dramma della scelta: o ottemperare ai bandi di chiamata alle armi e arruolarsi nei corpi della R.S.l. o prendere la via della montagna ed unirsi ai «ribelli» le cui file si vanno ingrossando ogni giorno di più. C’è anche chi tenta vie di mezzo che garantiscano l’esonero dagli obblighi militari come l’assunzione nella Todt o il servizio nell’Unpa, la protezione civile di allora.

    C’è, infine, chi sfortunatamente, incappa in qualche retata dei tedeschi e finisce in Germania, nei lager dove già si trovano molti militari italiani che, dopo l’8 settembre, non sono riusciti a sfuggire alla cattura.

    Sul fronte italiano gli alleati compiono qualche piccolo progresso, ma assai lentamente, fino a che due fatti di notevole importanza riaccendono nei cuori la speranza della liberazione: il 4 giugno Roma viene occupata e, due giorni dopo, gli angloamericani effettuano il colossale sbarco sulle coste della Normandia. Sul fronte orientale, i russi si preparano a sferrare una potente offensiva.

    Hitler si vendica degli scacchi subiti scaraventando sull’Inghilterra le sue V1 «l’arma di rappresaglia» con la quale vuole anche rispondere alle terrificanti incursioni aeree alleate che stanno radendo al suolo, ad una ad una, le città tedesche.

    È su questo scenario, di distruzioni e angoscia per quanto di brutto l’avvenire tiene in serbo, che si chiude il 1° semestre del Diario.

 

DICEMBRE 1943

10 dicembre 1943, venerdì

    Prima incursione aerea su Ventimiglia, alle ore 13,30 circa. Prima è stato sorvolato e bombardato il ponte sul Nervia, verso Vallecrosia. Il ponte è rimasto intatto, ma sono state mietute molte vittime.

    Pochi minuti dopo, altro stormo di aeroplani, circa 26, che ha colpito le Gianchette, in via Tenda. Le vittime, fra un posto e l’altro, oltrepassano il centinaio. Il frantoio, la casa Palmero e tutte le case vicine sono state rase al suolo.

22 dicembre

    Morte del nonno, ore 10.

23 dicembre

    Alle ore due del pomeriggio si deve fare il funerale. Poco prima dell’ora stabilita, seconda incursione su Ventimiglia. Bombe sganciate, qualcuna in mare e le altre in via Saonese, vico Colletta e viuzze vicine. Meneghin Palmero u Descaussu e qualche altro non sono stati più trovati.

    Un posto che è stato proprio centrato in pieno è dove abita Giuanin de Lüchin. Ben cinque sono state le bombe sganciate in quel sito che hanno spianato tutto schiantando le piante d’olivo e rovinando ogni cosa.

    Maria era sola in casa e si è salvata miracolosamente.

    Giuanin è venuto al funerale del nonno e questa è stata forse la sua salvezza. Se fosse stato in casa o in campagna chissà se ora sarebbe ancora vivo. Funerale davvero da ricordare; la gente che era venuta per l’accompagnamento spaventata, parecchi sono corsi via. Perfino il curato ha detto di sospendere il funerale, che poi è stato fatto circa mezz’ora dopo, appena saputo che il ponte e la strada erano intatti.

    Lo spavento è stato indescrivibile per tutti, si vedevano due grandi nubi di fumo salire, su dietro Peidaigo. Giuanin è corso via perché temeva che fosse successo qualche cosa nel luogo dove abitava e così fu infatti: è stato un posto molto colpito.

    Lo zio Andrea è stato ferito, si trovava al Campassu,* è stato colpito da schegge ad una coscia ed ha un braccio rotto. L’hanno portato a Sanremo, assieme agli altri feriti. Il funerale del nonno è finito con solamente pochissimi parenti, ossia quelli di casa.

 

* Così è chiamata la parte dello scalo ferroviario di Ventimiglia che, dalla stazione, si estende fino al cavalcavia di Nervia.

 

24 dicembre

    Giuanin, dopo aver passato la notte scorsa di vedetta alla sua casa rovinata, stasera è venuto a prendere alloggio nella nostra casa, che certo a noi non disturba e siamo contenti di offrire quel che possiamo. Anche la zia Antonia è qui.

25 dicembre. Natale

    Moltissimo lavoro abbiamo * perché la gente è tutta in giro per le campagne. Per paura dei bombardamenti, nessuno vuole più stare a Ventimiglia.

 

* Come si è detto, l’Autrice del Diario Caterina Gaggero ved. Viale gestiva, con l’aiuto della figlia Ada, l’osteria-trattoria da Bataglia, sita nel territorio della frazione Ville, ma nelle vicinanze di Latte.

 

26 dicembre

    Anche oggi moltissima gente in giro, causa gli allarmi. Per fortuna che fanno bellissime giornate, sembriamo essere al mese di maggio.

27 dicembre

    Oggi ha portato il mobilio la zia Manin. Gli abitanti di Ventimiglia non fanno che portare via dalla città bauli e tutto quello che possono.

28 dicembre

    Anche Gasti ha smontato la sua casa e portato la roba più importante qui da noi. Di giorno, abbiamo sempre gente. Al mattino partono tutti, ritornano per il desinare e poi stanno fuori fin verso sera. Abbiamo avuto per diversi giorni tre allarmi al giorno e tutti hanno paura di qualche nuovo bombardamento.

29 dicembre

    Oggi non vi sono stati allarmi. In campagna non si trova più una casa ne una stalla vuota; non vi è buco dove la gente non sia alloggiata. Tutti hanno paura di stare a Ventimiglia dopo i bombardamenti dei giorni scorsi. Noi abbiamo sbarazzato la tua camera * nella quale prenderanno alloggio Giuanin e Maria, nell’altra vi è Giulina; ora siamo al completo, la nostra casa è piena.

 

* L’Autrice si riferisce alla camera del figlio Aldo, prigioniero di guerra, per il quale scrive il Diario.

 

30 dicembre

    Oggi, un allarme solo, però dicono che abbiano bombardato in diversi posti. Ormai non esistono più zone che non siano state colpite.

    Oggi abbiamo ricevuto due tue lettere, però non abbiamo ancora il tuo indirizzo. Sono state scritte il data 27 giugno 1943 e sopra vi è il timbro di New York; abbiamo idea che tu sia laggiù.*

 

* L’Autrice si riferisce alle lettere del figlio Aldo, giunte attraverso la Croce Rossa Internazionale ed effettivamente partite dall’America benché, in realtà, egli si trovasse prigioniero di guerra in Nord Africa come si saprà in seguito.

 

31 dicembre

    La fine dell’anno è trascorsa calma, senza allarmi e con ben bene di gente nella nostra osteria.

 

GENNAIO 1944

1° gennaio

    Giornata animatissima per noi, molto lavoro per tutto il giorno. Abbiamo venduto più di 80 litri di vino, nella nostra sala non sembrava affatto che vi fosse guerra, pareva quasi che fosse una gran festa.

6 gennaio. Epifania

    Anche oggi molta gente qui nella nostra osteria, come del resto quasi tutti i giorni; abbiamo avuto un allarme solo alle undici.

7 gennaio

    Stamane, Antonia e Manin si sono alzate alle 5 e mezzo per andare a San Remo a trovare lo zio Andrea e sono state molto in dubbio nel partire dato che si sentiva un violento bombardamento. Sebbene fosse lontano tremavano i vetri.

    Sono partite, ma anche a San Remo non se la sono passata tanto bene, si sono rifugiate verso Bignone.

8 gennaio

    Oggi tre allarmi, anche stamane verso Nizza (dicono Saint-Raphael) violento bombardamento. Anche a San Remo sono state gettate alcune «pillole», sul porto e in città, ma nulla è capitato allo zio Andrea.

    La città più devastata nella nostra Riviera è Imperia-Oneglia; quasi tutti i giorni vi fanno visita gli aeroplani inglesi.

9 gennaio

    Anche oggi due allarmi e abbiamo sentito il violento bombardamento in Francia. Qui da noi molta gente, come del resto tutti i giorni e noi siamo arcistufe * essendo stanche di fare una vita così. Sebbene ci sia ancora il guadagno, preferiremmo il lavoro della campagna.

 

* L’Autrice si riferisce a se stessa e alla figlia Ada che convive con lei.

 

* * *

3 febbraio

    Ieri il bombardamento è stato fatto a Tolone, pare vi siano 4.000 morti e abbiano distrutto molta ferrovia. Stamane sono stati a Savona, dicono che anche laggiù vi siano molti danni.

7 febbraio

    Oggi si riapre il mercato dei fiori al pomeriggio, come di consueto. Ieri, a Latte, hanno perquisito parecchie case alla ricerca di roba mangereccia.

* * *

20 giugno

    Stamane, all’Umberto I,* vi erano dei soldati di sentinella col fucile e l’elmetto in testa, ma per il resto vestiti in borghese. È la classe del ‘26 che è stata appena chiamata alle armi. A Ciotti, due militi della Confinaria sono morti in seguito allo scoppio di mine disseminate dai tedeschi. La scorsa notte, circa 200 uomini, fra richiamati e operai della Todt, hanno preso la via della montagna per raggiungere i ribelli che, oggi, hanno fatto saltare il ponte di Perinaldo.

 

* La Ridotta dell’Annunziata, adattata a caserma, aveva per titolo “Umberto I”.

 

21 giugno

    Anche stanotte, altri giovani sono andati a raggiungere i ribelli. Continuano i bombardamenti, sulla Riviera e ovunque. Torino ha subito la 35a incursione aerea, anche a Genova le rovine sono immense.

22 giugno

    Stanotte, alle due e un quarto, abbiamo avuto un brusco risveglio. L’allarme, seguito poi da un’infinità di apparecchi.

    Come al solito, non avevamo idea di alzarci, ma il grande chiarore ci ha fatto andare a curiosare dalla finestra. Che spettacolo, il primo per noi ! Che fuochi e poi certo anche spari ! Non siamo stati ad indugiare prima di uscire di casa e metterci al sicuro. Se avessimo aspettato ancora un po’ saremmo stati tutti belle finiti. Tre bombe sono cadute sotto la casa di Lanfredi, delle quali due solo esplose. Povera nostra campagna, come è rimasta desolata, quanto danno abbiamo avuto ! Però, possiamo dirci fortunati che non hanno avuto nessuna avaria le vasche e la tubazione. I danni della casa, neanche questi sono ingenti. Il danno più grosso è nella vigna perché anche le viti sono rovinate.

    La durata dell’allarme è stata di 50 minuti, il bombardamento di 22 minuti, le bombe, lasciate cadere su Ventimiglia e dintorni, un’infinità. Cominciando dalla salita degli Scüri, Rivai, Marina, Piazza Vittorio Emanuele, Gallardi, Siestro, Via Chiappori, Via Roma, Sottoconvento, Via Cavour, Via Mazzini, La Mortola. Queste sono le zone che più delle altre presentano i segni della distruzione causata dalle bombe nemiche.

    La città, ovunque, mostra mutilazioni dolorose. La cosa incredibile è che le uniche bombe sganciate nella nostra zona sono quelle cadute da noi. Il destino ha voluto che fossimo noi i colpiti.

    I morti finora accertati sono 23 e una sessantina i feriti, numerosissime sono le persone senza tetto. L’attacco nemico si è esteso fino a Vallecrosia che è stata pure duramente provata dall’incursione. Il bombardamento ha provocato l’interruzione della via Aurelia, ha seriamente danneggiato l’acquedotto e il telefono, la luce è rimasta interrotta e anche la ferrovia: i treni arrivano solo fino a Bordighera.

 

PRESENTAZIONE DEL PERIODO

 LUGLIO - DICEMBRE 1944

    Si intensifica l’attività dei «ribelli» alla quale tedeschi e fascisti dei vari corpi: Milizia, G.N.R. e Brigate Nere rispondono con feroci rappresaglie di cui è spesso vittima la popolazione civile. Ventimiglia e la Zona Intemelia continuano a subire attacchi aerei che causano morti e feriti un po’ ovunque.

    Il 20 luglio il Führer sfugge ad un attentato, gli alleati continuano ad avanzare in Francia e, il 15 agosto, ha luogo un secondo sbarco sulle coste della Provenza. La liberazione sembra ormai a portata di mano ma, intanto, la guerra, con tutte le sue disastrose conseguenze, si avvicina sempre di più.

    Ai primi di settembre, gli alleati raggiungono Mentone e quindi la Zona Intemelia viene a trovarsi in -prima linea. Subito iniziano i cannoneggiamenti da terra e dal mare contro la città e il territorio circostante.

    Col passare dei giorni, la speranza di essere liberati va affievolendosi perché il fronte si è fermato lungo la linea di confine e - anche se, in quel momento, nessuno può prevederlo - vi rimarrà fino all’aprile 1945.

    Ormai non si è più sicuri da nessuna parte, anche i paesi vengono bombardati e mitragliati dagli aerei. Gli abitanti di Ventimiglia e delle frazioni abbandonano le case, divenute pericolose, e si trasferiscono negli scantinati, nei ricoveri di fortuna, nei tunnel ferroviari. In città, la popolazione si riversa nelle due gallerie-rifugio del Borgo e di San Secondo.

    Ma, un nuovo provvedimento delle autorità tedesche viene ad aggravare ulteriormente la situazione. Con sole 48 ore di preavviso, gli abitanti delle frazioni di Ponente e delle valli Roia e Bevera devono sfollare. La massa dei profughi, con le poche masserizie e il bestiame minuto che riesce a portarsi appresso, si riversa in Ventimiglia, una città pressoché distrutta, dove i viveri e l’acqua scarseggiano e manca la corrente elettrica.

    Molti degli sfollati, dopo avervi fatto tappa, proseguono il cammino e si spargono nei centri limitrofi, comunque il più lontano possibile dall’inferno ventimigliese.

    Con tutto questo, gran parte delle vittime del bombardamento di Ospedaletti del 5 marzo 1945 saranno cittadini di Ventimiglia colà sfollati ed alloggiati all’Hotel Suisse.

    Poi, giungerà l’ordine di evacuazione per tutta la popolazione di Ventimiglia, ma l’ordine, dopo vari rinvii, non verrà mai completamente eseguito.

    Intanto, la vita sta diventando impossibile: a parte il pericolo continuo delle granate, furti, razzie, requisizioni, retate dei tedeschi che vogliono assicurarsi la mano d’opera maschile, sono all’ordine del giorno.

    L’Autrice del Diario è una delle ultime persone ad abbandonare la sua abitazione da Bataglia per trasferirsi forzatamente nei pressi di Porta Marina.

    Tutto sembra andare di male in peggio, soltanto la Natura, incurante della guerra e della follia umana, ha regalato un eccezionale raccolto di olive che ora rischia di andare completamente perduto perché le campagne sono deserte e chi oltrepassa la caserma Umberto I in direzione della frontiera va incontro al pericolo di essere catturato dai tedeschi e magari fucilato.

    Tuttavia, per ricuperare almeno una parte di tutto quel ben di Dio che i secolari alberi d’ulivo hanno prodotto, i tedeschi stessi organizzano delle squadre di raccoglitori, composte da civili ai quali concedono il permesso di recarsi, sotto la loro scorta, in quella specie di terra di nessuno che sono le frazioni di Ponente.

    Ada, la figlia dell’Autrice, incurante del pericolo al quale va incontro ogni giorno, entra a far parte dei raccoglitori soprattutto per avere la possibilità di sorvegliare la casa abbandonata dove, in un sottoscala, è stata murata tutta la roba più preziosa, e per raccogliere i prodotti della campagna e l’erba necessaria al sostentamento della mula.

    Per questo motivo, le due donne, malgrado gli ordini di sfollamento, rimarranno a Ventimiglia proprio per essere il più vicino possibile a casa e per non doversi disfare della Cita.

    Nel mese di dicembre, giunge notizia in città di due atroci episodi: a Grimaldi e a Torri, i tedeschi hanno fucilato dei civili, fra cui vecchi e bambini, rei di non aver obbedito all’ordine di sfollamento.

    Brutte notizie anche dai fronti di guerra: la Germania ormai allo stremo delle forze, riesce ancora a scatenare un’offensiva nelle Ardenne che ritarderà l’avanzata delle forze alleate.

    È così, in questo quadro poco confortante, che si chiude il 1944, l’anno certamente peggiore per Ventimiglia, ma non soltanto per essa.

 

LUGLIO 1944

1° luglio

    Stamane Pinuccio è partito per Baiardo, accompagnato da Manetta. Chissà se riuscirà a raggiungere i ribelli ! La settimana scorsa è morto Cassini, il genero di Pepinetu; la morte è stata causata da una mina disseminata nel suo terreno a Grimaldi.

    I prigionieri di Airole sono stati liberati, tranne due di cui fino ad ora si ignora la sorte.

2 luglio

    Si sentono spesso sganciare bombe non tanto distante da noi. Su tutti i fronti continua l’avanzata degli anglo-americani. I ribelli sono scesi fino a Calvo, ma nessun fastidio hanno dato alla Milizia e nemmeno alla popolazione.

    Oggi abbiamo cominciato a vendere il vino a Lire 36 alla bottiglia.

3 luglio

    Pinuccio è tornato, si è presentato ieri l’altro, l’hanno subito mandato dietro un mulo e poi la fatalità ha voluto che, assieme ad altri, fossero circondati dai tedeschi e fossero presi prigionieri. Lui però si è scusato dicendo di essere andato a Baiardo a salutare un amico sfollato. Avendo ancora la sua licenza non scaduta, lo hanno lasciato libero. Cercherà egli un’altra via di scampo ?

    I ribelli sono tornati a Calvo.

* * *

1° agosto

    Stamattina sono andata a Ventimiglia per riscuotere il sussidio e ho passato l’intera mattinata nella galleria del Cavo. È stata una giornata di allarmi consecutivi, e dire che non abbiamo ancora visto il bello !

2 agosto

    Giornata come ieri, la sirena ha fischiato continuamente.

    È stato ucciso il figlio del Barun di Siestro. Il dott. Cassano * è stato arrestato e portato via dalle SS. Attendiamo delle giornate nere e, pur di salvare la vita, siamo pronti a qualsiasi sacrificio.

 

* Medico condotto di Latte, poi rilasciato.

 

3 agosto

    Dopo una notte di rumore continuo, prodotto dalle zattere e dagli apparecchi, la mattinata è stata abbastanza brutta. Verso le 10, formazioni di apparecchi hanno combattuto con i caccia. Un’infinità di piccole bombe sono state gettate a San Bemardo, Seglia, Peidaigo e Ville. Le più vicine a noi sono cadute da Rocco: 5 di numero. Alle Ville, abbiamo da lamentare una morta, la Magnuna che lavorava da Enrico a raccogliere ceci. Hanno sganciato pure su Bevera con diversi morti anche là. La giornata è proseguita con un ininterrotto rombo di apparecchi che sorvolavano continuamente le nostre teste.

4 agosto

    Sebbene molto a malincuore, sono partita lo stesso, data la mia solita abitudine di andare al mercato. Erano le 6,30 e gli apparecchi già ronzavano sulle nostre teste. È stato un attimo e la gente è scomparsa tutta. Sono rimasta sola con la mia Cita che frustavo più che potevo per farla correre e potermi mettere in salvo. Quando sono giunta sul ponte Roia, gli apparecchi bombardavano Bevera, ma mi sembrava che fossero sulla mia testa. Ero terrorizzata, ho raggiunto la galleria del Borgo e mi ci sono infilata, finalmente al sicuro, ma angosciata per la mula che avevo lasciata esposta al pericolo. Certo, appena tornata un po’ di calma, sono ripartita, ma le frustate che prendeva la povera bestia erano continue.

    Un giovane che era anche lui rifugiato in galleria, e che veniva verso Latte, mi faceva compagnia e coraggio e gridava anche lui alla mula per farla galoppare di più.

    Sono arrivata a casa senza che gli aeroplani mi rombassero più sulla testa. Non andrò più a Ventimiglia con la bestia. È stata una giornata terribile per tutti, la gente non è più uscita dai rifugi, tutti zeppi di persone. Anche le gallerie del treno sono state occupate, famiglie intere vi hanno preso alloggio. Verso le 10,30, hanno gettato di nuovo le loro bombe per colpire il ponte, ma non vi sono riusciti neanche questa volta. Molte bombe sono cadute nel Roia e qualcuna alle Gianchette, che ormai sono addirittura rase al suolo.

    Anche il ponte di Nervia è stato preso di mira, ma è rimasto intatto. In serata sembra che l’uragano di ferro e di fuoco si sia calmato un po’, ma non abbiamo quasi il coraggio di andare a letto.

* * *

1° ottobre

    Tutti dicevano che, per settembre, la guerra sarebbe stata finita; purtroppo ci sembra che incominci ora perché, come ha detto il Duce, «Adesso viene il bello».

    Questa notte, il cannone ha tuonato continuamente e il pomeriggio di oggi l’abbiamo passato quasi interamente nella stalla perché venivano giù shrapnel * e granate, questa volta non contate. Il bombardamento è ripreso in serata ed è coninuato nella notte. Verso le 6 di stasera, all’imboccatura della galleria-rifugio, dalla parte verso il mare, vi sono stati 5 morti e parecchi feriti; fra i morti vi è il figlio di Gildo.

    Anche in corso Umberto I **, ieri, vi sono stati diversi morti e feriti.

Oggi, secondo giorno senza pane. Come comincia ad essere affamata e Impaurita la gente e seminuda o, per lo meno, senza casa, mobilio e vestiti ! «Nudi alla meta».

 

* Granate che esplodono per aria.

** Attuale corso Genova.

 

2 ottobre

    Anche oggi sono arrivate parecchie cannonate nei nostri dintorni e siamo stati all’erta quasi tutto il giorno. La notte non c’è stato male, è stata passabile. In Piemattone, da Mascarello, vi è l’incendio, il Butassu e i dintorni sono stati molto battuti.

 

PRESENTAZIONE DEL PERIODO

 GENNAIO - GIUGNO 1945

    Col nuovo anno, la situazione di Ventimiglia continua a peggiorare. La città è ormai ridotta ad un cumulo di macerie contro le quali ogni giorno si accaniscono inutilmente i cannoni di Mont Agel e delle navi mentre lo scalo ferroviario è stato distrutto dai tedeschi.

    Salvo alcuni negozi di generi alimentari, aperti per qualche ora al giorno, non vi è in città più alcun segno di vita commerciale o economica in genere.

    La vita civile si va degradando di giorno in giorno tanto che non esiste più nemmeno il servizio di pompe funebri. Un comune carro da trasporto, a trazione animale, fa il giro della città per raccogliere le bare che vengono poi trasportate frettolosamente al cimitero.

    Il 14 febbraio 1945 può essere considerato il giorno in cui si tocca il fondo dell’abiezione: in prossimità del cimitero i tedeschi fermano due uomini che stanno trainando un carretto a mano con la salma di un loro amico, ucciso da una granata, e li obbligano a scoperchiare la bara per controllarne il contenuto.

    La pressoché totale mancanza di notizie fa sì che, in città, si diffondano le voci più strane e incontrollate come quelle della morte di Vittorio Emanuele III e della scomparsa di Goering.

    Dicerie che l’Autrice riporta «per dovere di cronaca» ma, dalle quali, si premura di prendere le distanze, memore forse di quel detto dialettale «tempu de gherra, ciü buxie che terra».

    La gente non sa più cosa credere ne cosa pensare e finisce per affidarsi alle previsioni del Gran Pescatore di Chiaravalle, il popolare almanacco che, anche quell’anno, è stato puntualmente pubblicato.

    Ma, ormai, la guerra sta per finire e, questa volta, per davvero: gli anglo-americani da occidente e i russi da oriente si stanno avvicinando al cuore della Germania.

    A Ventimiglia, già dalla sera del 23 aprile, tedeschi, bersaglieri e milizie fasciste cominciano a ritirarsi. Nella notte fra il 24 e il 25, dopo aver fatto saltare il ponte stradale sul Roia e il cavalcavia di Nervia, anche gli ultimi occupanti lasciano la città.

    Ma, sia durante la notte che nella mattinata seguente, 25 aprile, i proiettili continuano a piovere su Ventimiglia e dintorni come se nulla fosse accaduto.

    È allora che due delegazioni di cittadini, una per mare e l’altra per terra, partono alla volta di Mentono per avvisare gli alleati del nuovo stato di cose. Nel primo pomeriggio, un ricognitore in avaria atterra fortunosamente su un isolotto nel letto del Rota. Tutta la popolazione accorre e i piloti, ignari della situazione, vengono invitati a comunicare via radio ai comandi che i tedeschi sono andati via.

    In serata, le prime pattuglie delle truppe degaulliste, accompagnate dai civili che sono andati loro incontro, entrano in città. Così, in questo modo singolare, si conclude la lunga tragedia di Ventimiglia.

    L’Autrice, nello stilare le note dell’avvenimento, non si perde in considerazioni o commenti benché questo giorno, atteso da tanto tempo, sia certamente il più importante di tutti quelli ricordati nel Diario. Forse non ha nemmeno il tempo di scrivere molto perché si sta già preparando a fare ritorno immediato da Bataglia, la casa che ha dovuto dolorosamente abbandonare sei mesi prima.

    La guerra è finita, ma la pace, guadagnata a prezzo di tante sofferenze, non va esente da problemi e incertezze per l’avvenire.

    Ventimiglia e il suo circondario - come, del resto, la Valle d’Aosta ed alcune zone di frontiera in Piemonte - sono sfate raggiunte dalle truppe del generale De Gaulle prima dell’arrivo degli anglo-americani, che completeranno, soltanto dopo, l’occupazione del territorio nazionale, eccezion fatta per Trieste e la Venezia Giulia.

    La zona di occupazione francese all’inizio arriva a Nervia, poi si sposta a Vallecrosia e, da ultimo, si spinge fino al vallone di Borghetto San Nicolò, alle porte di Bordighera. Qui i francesi stabiliscono una linea di confine che può essere varcata in entrata soltanto dai residenti a Ventimiglia e paesi limitrofi purché muniti di documenti vistati dall’autorità militare.

    In città appaiono scritte murali inneggianti a «Vintimille française» e si comincia a parlare sempre più insistentemente di annessione alla Francia. In alcuni centri dell’entroterra intemelio, si indicono plebisciti per l’oui o il non al «rattachement».

    Intanto, in questa nuova situazione, del tutto imprevista, la vita riprende a poco a poco, ma tanti e tali sono stati gli sconvolgimenti e le distruzioni provocate dalla guerra che, passata l’euforia dei primi giorni di libertà, i problemi appaiono in tutta la loro enorme dimensione e ci si rende conto che dovrà passare molto tempo prima di un completo ritorno alla normalità.

    I primi reduci rientrano dai campi di prigionia, il che fa aumentare le speranze che, anche per Aldo, figlio dell’Autrice, si avvicini il giorno del rimpatrio. Purtroppo non sarà così anche se, d’ora innanzi, le sue lettere arriveranno con maggiore frequenza e regolarità.

    Gioia in famiglia, invece, per il ritorno del nipote Turetu che faceva parte della Milizia Ferroviaria e, dopo il 25 aprile, non aveva più dato notizie di sé.

 

GENNAIO 1945

1° gennaio

    L’anno l’abbiamo incominciato male, ma la fine la vedremo ?  Oppure saremo già scomparsi dalla faccia della terra ? ... La giornata di oggi, calma e quasi senza spari, ci ha permesso di meditare fin che abbiamo voluto.

2 gennaio

    Ada, sebbene tanto raffreddata, è voluta andare lo stesso a casa nostra. Tre persone, che abitavano qui vicino alla cantina dove siamo alloggiate, sono andate via. Hanno detto che torneranno ancora, ma intanto la solitudine cresce sempre, più sola rimango e più lunga mi sembra la giornata, più triste e paurosa.

    Oggi non è stato più come ieri; hanno sparato continuamente.

* * *

1° febbraio

    Notte quasi completamente in bianco. Sul calar della sera, i tedeschi hanno fatto il solito baccano qui sotto alla Marina e, a mezzanotte meno un quarto, li sentiamo camminare e poi colpire accanitamente, col calcio del fucile, la nostra porta. Ada si è alzata ed è andata ad aprire. I tedeschi hanno perquisito alla meglio la nostra abitazione e, visto che non c’erano uomini, sono andati a bussare alle porte del vicinato portandosi via quelli che trovavano. Sabino, Italo, Ricca, Scarpetta, Bono, il figlio di Leone Calsamiglia e, infine, quasi tutti quelli che hanno avuto la disgrazia di non potersi nascondere sono stati presi. Giulin Toscano è riuscito a farsi chiudere in un armadio.

    Ada, stamane, è dovuta andare dalla Milizia perché volevano informazioni riguardo al figlio di Giunti. La Cita è di nuovo il nostro tormento: Italo,* che si curava di custodirla, è stato preso dai tedeschi e, se è vero che lo tratterranno per venti giorni, ci sarà un altro fastidio per Ada, mattino e sera. Anche oggi il bombardamento ha preso una piega violenta.

 

* Italo Muratore, il cui nome ricorre spesso nel Diario, era il magazziniere della Cooperativa Muratori di Ventimiglia che aveva sede in piazza Vittorio Emanuele nei locali oggi occupati dagli uffici dell’A.C.I.. Nel magazzino della Cooperativa era stata ricavata la stalla nascondiglio per la mula «Cita» e per il barroccio.

 

* * *

1° marzo

    Colpi come quelli di questa notte non ne avevamo ancora sentiti, tanto che non abbiamo potuto chiudere occhio.

    Forse non hanno fatto nemmeno troppo danno perché devono essere caduti nel fiume. Schegge e ghiaia arrivavano fin quassù accrescendo l’infernale rumore con il loro scroscio.  Ma, poi, la giornata è stata calma.

    Da oggi, Italo è entrato a far parte dell’U.n.p.a., ciononostante non mancherà di governare la mula e comprarmi il pane perché io ho sempre un’immensa paura a uscire di casa.

    Una cosa che mi vergogno a scrivere è che do’ due Lire a una vecchia perché mi vada a prendere un secchio d’acqua.

    Abbiamo ricevuto oggi una lettera di Carlini che ci rinnova l’invito ad andare a casa sua. Ada è andata a raccogliere le olive fin sopra ai Cadetti, è tornata che non l’aspettavo ancora, più presto del solito.

* * *

1° aprile. Pasqua

    Ada si è alzata prestissimo ed è subito partita per Bordighera. Sono stata molto in ansia perché le navi hanno sparato a lungo. Si continua a parlare di pace, ma noi siamo sempre allo stesso punto, sotto bombardamenti incessanti.

    Possiamo paragonarci a Cassino, se addirittura non saremo peggio.

2 aprile

    Corre voce che il Führer abbia preso il volo e che Goebbels si sia suicidato. Il giornalino «Il Quotidiano» * che ogni tanto, arriva fin qui da noi, ammette nel suo bollettino di guerra che i tedeschi perdono terreno; però continua a parlare di immancabile vittoria dell’Asse.

 

* «Il Quotidiano», Giornale della Federazione Fascista Repubblicana di Imperia, era un bollettino di due fogli. Usciva in sostituzione de «L’Eco della Riviera» ed era l’unico giornale che, ogni tanto, riusciva ad arrivare nella disastrata Ventimiglia di quegli ultimi mesi di guerra. L’ultimo numero fu pubblicato il 21 aprile 1945.

 

25 aprile, mercoledì

    Sono scrosciate cannonate per tutta la notte. Ma allora è proprio noi che vogliono ammazzare ? Ada è partita per andare a casa, ma dicono che i tedeschi, prima allontanarsi, abbiano minato dappertutto.

    Di qui dalla Marina San Giuseppe è partito un battello con sopra Bottiero, Rocca e Dàrdano: vanno a Mentone a chiamare i francesi e a dire loro che ormai tedeschi a Ventimiglia non ve ne sono più.

    Ada, nell’andare a casa, ha incontrato Lorenzo Vacca che le ha proposto di andare ad avvisare i francesi. Così sono andati fino a Mentone dove sono arrivati prima della barca. Sono tornati al pomeriggio, sani e salvi dalle mine, conducendo con sé i liberatori. Poco prima, un piccolo aereo militare, a causa di un’avaria al motore, era atterrato qui davanti a noi su un isolotto del letto del Roia e tutta la gente attraversava il fiume per avvicinarvisi il più possibile.

    Ci sarebbe stato proprio da girare una pellicola ! E dire che stamane sono ancora passati gli aeroplani e, subito dopo aver pranzato, abbiamo dovuto rifugiarci in galleria perché c’è stato un mitragliamento su per la vallata di Camporosso e hanno sganciato diverse bombe dalle parti di Vallecrosia.

    I tedeschi che avevano fatto saltare il ponte sono stati uccisi dai patrioti a Vallecrosia. Altri tedeschi in ritirata hanno trovato la morte fra Ospedaletti e San Remo. Del ponte, soltanto due arcate sono andate distrutte e ci si può benissimo passare sopra con un carretto a mano. Il cavalcavia di Nervia è, invece, impraticabile. Nelle vicinanze della proprietà del signor Grazio, a causa delle mine, un soldato francese è morto, tre sono rimasti feriti. Pure ferita una suora e Benedé.

    La bandiera bianca sventola sulla Torre Littoria. Le campane suonano a festa, per lo meno quelle poche che vi sono ancora. Quella che si trovava alla Madonna delle Virtù giace abbandonata davanti alla sede dell’U.n.p.a.. La gente, quasi incredula, esce dalla galleria, dai rifugi e dalle cantine dove ha trascorso lunghi mesi in condizioni di vita terribili.

 

26 aprile

    Stamane sono passati Pippo e Adriano che andavano da Bataglia. Ho deciso di andarci anch’io e di dormirci. Ada trasporta a casa la roba che abbiamo qui a Ventimiglia; porta su anche le galline ed io ho intenzione di trasferirmi nella nostra casa. Ora vedrò fin dove arriva il mio coraggio.

    Continuano a passare truppe francesi, molti soldati sono negri. Sia i militari che i civili passano per la strada Romana.

    Un mulo è stato ucciso da una mina nei pressi del signor Orazio.

 

PRESENTAZIONE DEL PERIODO

 LUGLIO - DICEMBRE 1945

    Nel mese di luglio si verifica un fatto di notevole importanza per il futuro di Ventimiglia: le truppe francesi evacuano la Città e la zona circostante che passano sotto la giurisdizione dell’A.M.G. (Allied Military Government). Sulla torre comunale torna a sventolare la bandiera italiana e si può nuovamente andare a Bordighera senza bisogno del «passaporto».

    La guerra è finita da oltre due mesi, ma continua implacabilmente a uccidere «per procura». Lo stillicidio di morti e feriti, vittime delle mine disseminate dai tedeschi, è interminabile, specie nelle frazioni di Ponente. Oltre agli abitanti, trovano la morte nei campi minati anche coloro - e sono molti - che tentano di passare clandestinamente la linea di confine.

    Continua la pietosa opera di recupero e identificazione delle salme dei fucilati dai tedeschi, a Grimaldi, Latte, Forte San Paolo.

    Intanto una grave siccità colpisce le campagne e manda in rovina i raccolti di cui vi sarebbe estremo bisogno. Un altro flagello, quello dei topi, rende difficile la vita nelle zone che sono state a lungo disabitate a causa dello sfollamento.

    Si cominciano a riparare i danni, specialmente quelli delle opere pubbliche più importanti: strade, ponti, ferrovia.

    La gente vuole dimenticare a tutti i costi e il più presto possibile le sofferenze patite e, quasi ogni sera, durante questa prima estate di pace, in città e nelle frazioni, si diffonde la musica delle feste da ballo all’aperto.

    Nel luogo di residenza dell’Autrice, si fanno grandi preparativi per la tradizionale festa della Madona da Vila, che cade l’8 settembre e attira sempre molta gente. Grande concorso di pubblico si registra anche alla Mortaio il 14 settembre, festa della Croce.

    Continua il ritorno dei reduci, ma, di Aldo giungono soltanto lettere e cartoline. L’osteria da Bataglia ha riaperto i battenti; la pioggia abbondante ha posto fine alla siccità; un vignaiolo viene ad offrire il suo vino, come già faceva in passato, ai bei tempi.

    Il Diario di guerra di Caterina Gaggero Viale termina qui, ma la sua attesa dovrà continuare fino al maggio 1946 quando finalmente avrà la gioia di riabbracciare il figlio, dopo quattro anni e mezzo di lontananza.

 

LUGLIO 1945

1° luglio

    Italo ha finito di ricostruire la cantonata dell’Erba Luisa, distrutta da una cannonata. La fascia in alto, dove erano cadute tre frane, è ormai in ordine. Stamattina, mi sono recata a riscuotere in moneta di occupazione la somma che avevo depositato in franchi francesi. Mi hanno dato il doppio per cui i 10.900 franchi mi sono stati cambiati in 21.800 Lire.

    In serata, abbiamo avuto una lieta sorpresa: Bertacchi e sua figlia sono venuti a trovarci, in bicicletta.

6 luglio

    Oggi, nel pomeriggio, altra improvvisata: malgrado il caldo, anche Carlini è giunto da noi in bicicletta.

7 luglio

    Bertacchi è partito stamane presto, alle 6. Le truppe francesi se ne stanno andando via. Per la strada è un continuo passare di carri armati, cannoni e autocolonne di camion dirette in Francia. Sarà meglio o peggio ?

8 luglio

    La Cita ha le labbra gonfie, Italo e Felice l’hanno medicata. Si tratta che abbia i denti da limare, nientemeno !

* * *

14 agosto

    Oggi, finalmente, i soci del consorzio di Peidaigo hanno avuto l’acqua.

19 agosto

    Questa sera, nel «Bosco del Principe» alla Mortola, vi sono state altre vittime delle mine: quattro morti e un moribondo.

    Le mine hanno provocato morti e feriti anche sulla spiaggia di Grimaldi e ne causano continuamente su per i valichi dove c’è sempre gente che tenta di passare il confine clandestinamente. Le ultime vittime sono quattro polacchi che tentavano appunto di andare in Francia.

    Il vino nuovo è già fatto ed è abbastanza buono. Pensare che siamo in anticipo di un buon mese !

    A San Bernardo, grande festa da ballo.

26 agosto

    Oggi, festa di San Secondo.

28 agosto

    Negli ulivi di Tremayne e dal dottor Ughetto vi è gente che spigola ancora le olive. Chi aveva mai visto una cosa simile al mese di agosto ?

* * *

1° settembre

    Alle Ville, gran movimento per i preparativi della festa dell’8 settembre. Ieri l’altro è tornato, reduce dalla prigionia in Germania, Gino di Pinella. Oggi abbiamo ricominciato a vendere il vino, ossia abbiamo riaperto l’osteria. Stastera, Italo e Ada mettono nelle botti il vino della seconda vendemmia.

4 settembre

    Gino e sua moglie, stasera, sono passati a salutarci. Il figlio di Ciccio, Giuanin, è tornato pure lui dalla Germania dove si trovava assieme a Gino.

6 settembre

    Oggi, per la Cita. è stata una giornata faticosissima, ma per me non lo è stata di meno. Siamo state a trasportare l’uva di Carmagnò alle Ciasse. La fatica non è neanche tanta per il carico quanto per la strada che è molto brutta. Da parecchi giorni i badianti del ballo delle Ville sono indaffaratissimi.

1° ottobre

    Nei giorni scorsi un uomo dei Ciotti è stato ucciso da tre individui che stava accompagnando oltre il confine.

6 ottobre

    Sono andata col barroccio a Ventimiglia dalla signora Guidotti a riprendermi due damigiane e due materassi.

7 ottobre

    Vincenzo ha cresciuto famiglia; la cettarola * gli ha regalato un bei maschietto. Quanta contentezza in casa dei Petaleti; la signora Sabina non si contiene più.

 

* Originaria di Cetta, in alta Valle Argentina, luogo di nascita della moglie.

 

9 ottobre

    Oggi, è l’anniversario della morte di Bianchina e, qualche giorno fa, sono andata alla messa di suffragio.

10 ottobre

    Anche oggi, le mine hanno fatto la loro vittima. Questa volta ai Ciotti, uno dei paesi più colpiti da questo flagello.

* * *

1° novembre

    Ieri Ada ha comprato quattro crisantemi (Lire 100) e li ha portati al cimitero. Questa mattina due li avevano già rubati.

    Oggi, il cielo è nuvoloso, ma la giornata è trascorsa senza pioggia.

2 novembre

    Stanotte ha ricominciato a piovere e oggi, ogni tanto, ne viene giù un po’. Corre voce che Elfizio sia arrivato a Napoli e che abbia mandato un telegramma a casa. Italo cerca di riparare le finestre della stanza al piano superiore. I vetri rotti li sostituisce con quelli dei quadri e poi esegue molti altri lavoretti.

3 novembre

    Ieri, giorno dei morti, è stata una giornata piuttosto uggiosa: ha piovigginato in continuazione. Da due giorni avevo raccolto l’insalata e, stamattina, sono partita per andarla a portare al mercato. Nella curva dei cipressi ho incontrato molta gente a piedi, di quelli che vanno verso il confine per passare clandestinamente in Francia. Mi hanno detto che era inutile andare avanti perché la strada era interrotta in più punti.

    Al pomeriggio, sono andata al cimitero con la signora Sabina.

* * *

8 dicembre

    Triste anniversario della partenza di Aldo. Sono già passati quattro anni dacché siamo rimaste sole. La giornata è brutta; sembra voglia nevicare.

9 dicembre

    Questa mattina la neve è discesa fin sotto Canun, poco distante da noi. Qualche fiocco di neve si vede anche sull’erba della nostra campagna. La temperatura è rigidissima.

11 dicembre

    Da ieri sera piove a dirotto. L’acqua ha già provocato una frana nella fascia del caco.

21 dicembre, venerdì

    Continuano le giornate piovose e ora le fontane rinvengono. La siccità, questa volta, è davvero finita.

    I giornali di questi giorni parlano dell’imminente arrivo di prigionieri dal Marocco. Attendiamo con ansia !

    Stamane, verso le 10,30, una visita che ci ha fatto piacere: Capello che ci ha portato delle buone notizie.

    Al pomeriggio, Bacì Bagnela è venuto a vedere se vogliamo il vino.