TERRITORIO INTEMELIO |
TOPONIMI NASCOSTI
Nei secoli, su qualunque territorio sono andate perse le vestigia di luoghi, cui apparteneva un proprio toponimo, che invece si è conservato nelle conoscenze del popolo, oppure nei risvolti di qualche libro o documento.
Ecco quelli ritrovati, sul territorio ventimigliese, con le debite analisi.
SAN ROCCO IN ASSE
Il colonello Matteo Vinzoni, nella tavola del Commissariato di Ventimiglia dello “Atlante dalla Sanità”, redatto per la Serenissima Repubblica di Genova nel 1722, pone un Posto di Guardia, in Casetta di legno, nel luogo di San Rocco. Relativamente vicino a questo, pone il Posto dell’Asse, “in Casetta di matteria fabricata a quest’effetto”.
Provvedevano a questi due Posti, in turni di tre Uomini di giorno e altrettanti di notte, un Caporale e venticinque Uomini di Ventimiglia per il primo; mentre un Caporale e cinquanta Uomini di Bevera, controllavano il secondo, partecipando ai turni del primo.
Il Vinzoni non manca di segnalare, com’è uso fare, la distanza delle due ore di cammino, che divideva gli uomini abitanti a Bevera dal posto di lavoro.
Gli Uomini del Sobborgo di Sant’Agostino, in quegli anni già decisamente abitato, prestavano invece servizio a Nervia, distanti almeno un quarto d’ora, per scongiurare che non si allontanassero dal posto, o non favorissero un doppio lavoro.
Viene inoltre segnalato che a San Rocco, come a Porta di Marina, ai Balzi Rossi ed a Frampaure, ai piedi della Longoira, sovrintendono “l’i Deputati”, che per San Rocco, di giorno e di notte, sono in numero di venti.
Questi Deputati, che il Vinzoni in altro paragrafo segnala come “delli principali cittadini di Ventimiglia” altro non erano che ispettori delle guardie, mentre l’incarico di “Bollettari” era sostenuto dal Cancelliere della Communità e da suo fratello.
Esisteva, dunque, nel ‘700 un posto di controllo sanitario, sostenuto dalle esazioni di gabelle daziarie, in località San Rocco, che l’illustrazione del Vinzoni pone sulla via romana (Iulia Augusta), a circa trecento palmi di Genova, quasi come 750 metri, a levante del vallone di San Secondo.
Il luogo, ora interrato nell’ampio parco ferroviario, strategicamente posto ai piedi della strettoia creata dal contrafforte roccioso delle Maule, a ridosso della Portasse, ricavata in quel muraglione difensivo costruito dagli assalitori genovesi già nel 1200.
Da lì, si sarà certamente potuto controllare visivamente ogni movimento che fosse intervenuto, fino all’altro Posto delle Asse. Sarà stato, con ogni probabilità un luogo brullo, anche se il disegno riporta una serie di alberelli ed una casa, lato mare, perché potrebbe essere stato un luogo di quarantena.
Infatti, nel medioevo. San Rocco divideva con San Lazzaro la protezione degli appestati ed in nome loro si gestivano quegli ospedali detti poi “lazzaretti”.
Sempre dal disegno vinzoniano possiamo rilevare una costruzione, quindi degna di segnalazione, proprio alle falde della parete rocciosa, all’altezza dell’attuale tunnel per Siestro, inoltre a ridosso del Resentello appare il segno della cappelletta dedicata al Santo patrono.
Dando voce all’ipotesi che viene alla mente, il terrapieno ferroviario potrebbe nascondere, in quel punto una chiesuola e forse un ospizio, dedicati a San Rocco, in concorrenza toponimica col più accertato e famoso luogo vallecrosino.
LUIGINO MACCARIO
LA VOCE INTEMELIA anno XLV n 2 - febbraio 1990
ORIGNANA
Aurignana, in dialetto locale, come il professor Lamboglia indica nella “Toponomastica Intemelia”, compare in atti del 1063, ai confini del Priorato di San Michele, tra il fiume Roia e Castel d’Appio. Il notaio Amandolesio la chiama Orignana nel 1261, mentre nel 1523 viene detta Olignana. Ne deriva il cognome ventimigliese Olignani, nobile famiglia in auge fino al 1700.
Sempre il Lamboglia la indica, con certezza, come un antico fondo romano, dove sono già avvenuti ritrovamenti di tombe e altri oggetti.
Sul foglio 102 della Carta d’Italia, dell’Istituto Geografico Militare, rilievo del 1937, nel quadratino 50-51/86-87 è indicato un generico Olignana, sul territorio alle spalle di Forte San Paolo.
Matteo Vinzoni, nel 1720, descrivendo il Commissariato di Ventimiglia, per lo “Atlante della Sanità” della Serenissima Repubblica di Genova, mette di guardia al posto di frontiera di Miciorè, alle falde della Longoira, un caporale e quaranta uomini provenienti da Sant’Antonio, Appio e Ořignana.
Specifica inoltre che questi uomini «...sono distanti dalla detta sua guardia, cioè Sant’Antonio ore tre. Appio tre e mezza, e Ořignana quattro circa».
Sulla carta il Vinzoni compie un vistoso errore di ubicazione del borgo, ponendolo alle spalle di una non ben definita “Celae” che vorrebbe essere Seglia, se nella descrizione, il Vinzoni non dimostrasse di confonderla ulteriormente con Sealza, quivi indicata “Celza”.
La dott. Laura Balletto nella rassegna “Toponimi Medievali del territorio di Ventimiglia” del 1972, unifica Ořignana all’attuale Peidaigo, pur rilevando che nell’Amandolesio compaiono entrambi i termini.
Ritengo invece che Ořignana designasse l’insieme degli abitati di case Boi e San Bernardo ed indicasse tutto il territorio posto tra questi e la chiesa di San Michele, compreso tra il Monte, il poggio di Peidaigo ed il fiume Roia.
Nella ricerca etimologica condotta dalla prof. Giulia Petracco Sicardi, per la Toponomastica di Pigna, viene all’occhio l’assonanza del ventimigliese Ořignana col locale Ouri, entrambi toponimi fondiarii, quello derivante dal latino “Aurius”, questo dal gentilizio “Aurinius”.
Anche la descrizione fatta dalla Sicardi per gli Ouri, calza a puntino per l’Ořignana medievale: «...zona coltivata intensamente, viti, orti, seminativo, olivi, con molte case sparse, forse la migliore regione agricola del territorio di xxxxx, nome della bandita comprendente tale zona».
LUIGINO MACCARIO
LA VOCE INTEMELIA anno XLV n 1 - gennaio 1990
RIPA SANTO STEFANO
Luigino Maccario
RICERCA DEL SITO
Sia nella memoria dotta che in quella popolare ventimigliese pare sia scomparsa del tutto la ubicazione del sito contenente la chiesa medievale di Santo Stefano e del relativo toponimo, in quella che è stata «ripa Sancti Stephani».
Se ne cercherebbe il sito archeologico nei pressi del Mattatoio, o tutto al più poco oltre il Mulino di Peglia, mentre i toponimi esistenti, ancor vivi, ed il vago ricordo dei residenti lo porrebbero nei pressi del Piazzale autostradale.
La zona a settentrione della Porta Piemonte è stata ed è certamente Olignana, mentre «ad ripam», dopo l’attuale Peglia, è consolidato «u Prau», percorso dal rudere arcato di una condotta aerea per l’acqua, probabilmente convogliata verso la isola dei Gorreti fin dal medioevo. Quindi si può escludere sia il Mattatoio che il Mulino, che comunque sarebbero restati inglobati in quel lungo molo - prolungamento del porto Lago - verso settentrione: manufatto di evidenti origini medievali.
MEMORIE ORALI
Tale molo, oggi sotterrato dal ponte ferroviario e dal terrapieno che sopporta il Tennis Club, nella parte più a nord, è ancor vivo nella memoria di Antonio Parodi ed amici, che dicono di averlo usato, anteguerra, per fare «e ciumbe int'a lòna de Peglia».
Sulle falde del colle, verso tramontana, ad Olignana seguono Le Lisce, Parmarin e la collina dei Maristi, poi Maneira, ma già abbiamo superato il probabile Santo Stefano, luogo vivo e vivace nella memoria di Vittoria Muratore, novantatreenne, che vi ha abitato per molti anni fino al dopoguerra. Nel suo ricordo è ancora vivo il nome di «San Steva» dato alla zona dove gestiva «a Fascia Longa», contenente un antico muro, forse proprio quello descritto nelle «Notizie» del 1901, da Girolamo Rossi.
Detto luogo, che ha perso la antica identità toponomastica dopo la costruzione della Caserma Gallardi, in parte ridotta è oggi sommerso dal terrapieno De Villa - Fonte e per la massima parte si apre verso le palafitte del piazzale autostradale, alle falde del poggio che ospita la strada per San Lorenzo.
MEMORIE CARTOGRAFICHE
Una cartina di anonimo, del giugno 1745, «Marche de l’Armée de Menton a la Bordighera», pubblicata a Parigi nel 1775, riporta «S.to Stefano» chiaramente indicato fra la mulattiera per Castel d’Appio e le case di un eventuale San Bernardo.
Una carta del Gustavo, detta «Tipo visuale del fiume Roia» pubblicata a Genova nel 1793, presenta una strada importante che da Sant’Agostino, percorsa la riva sinistra, guada il fiume presso Roverino per inerpicarsi verso Castel d’Appio. Dovremmo considerare molto ampia la probabile vastità del Lago antico e medievale, che avrebbe caratterizzato la foce del fiume Roia, concedendo un porto ampio e sicuro alla nostra città.
L’alveo del Roia è veramente esteso; inoltre oggi dobbiamo tener presenti i possenti apporti alluvionali, sicché nel medioevo la zona umida sarebbe stata inferiore di almeno sei metri, molto più ampia e ad un livello all’altezza di Roverino. Certamente dobbiamo pensare che il punto di apporto dell’immissario nel Lago fosse situato molto vicino alla zona attuale dell’Autoporto.
IPOTESI CONCLUSIVE
Da quest’area il Lago era contenuto ad oriente dall’isola dei Gorreti, delimitata sull’altra sponda da un importante braccio di fiume che da Roverino finiva ad inondare i Paschei.
Un probabile facile guado avrebbe potuto permettere di guadagnare da «Royrino», verso la riva destra, la strada per Tenda; strada che per l’altro verso conduceva in agevole pendenza fino a San Michele, attraverso il Passo dello Strafùrcu.
Quindi, la presenza di un’antichissima chiesa dedicata al primo dei martiri cristiani, presso un bivio stradale di grande importanza, darebbe un senso alla sua frequentazione altomedievale, in una zona priva di importanti insediamenti abitativi.
Darebbe senso ancora al suo rapido decadimento con l’apertura del ponte in zona Borgo, mentre porrebbe il tracciato dell’antica via Romana in prospettive finora mai percorse.
LA VOCE INTEMELIA anno XLIX n 5 - maggio 1994
RASSEGNA LUNGO LA ROIA
Dagli atti rogati dal notaio Amandolesio dal 1256 al 1264, in Ventimiglia, il professar Lamboglia, prima, e la dottoressa Laura Balletto, con molta attenzione, hanno cercato di dar corpo attuale, ai toponomi ivi contenuti.
Qualcuno di questi nomi di località è tuttora esistente ed è stato facile localizzarlo, per altri i tentativi sono stati finora infruttuosi.
Vorrei provare a coinvolgere i numerosi lettori della “Voce Intemelia”, affinché segnalino l’eventualità della conoscenza, magari per sentito dire, sulla memoria attuale di toponomi, siti in vicinanza del fiume Roia, non ancora ben identificati.
SANTO STEFANO
molti riconoscono una località di tale nome, nei pressi del rudere di una chiesetta campestre, sita tra la Gallardi e Parmarin, che pare portasse tale nome.
La Balletto stessa si dice certa della collocazione nei pressi dell’attuale Olignana, verso il fiume Roia, quindi le indicazioni ci sarebbero tutte.
Negli atti veniva indicato: ubi dicitur Sanctus Stephanus, oppure in plano subtus ecclesiam Sancti Stephani, o ad Sanctum Stephanum.
CAGALUPI
nominato come Cagalupum o in plano Cacalupi aveva il confine superiore verso montagna, con le terre di Ottone (Latarellis) quello inferiore era verso il mare, mentre da un lato, verso il fiume Roia confinava con le terre di certo Guglielmo Poipino, dall’altro era il fondo di Guiranno Tenda.
Con qualche probabilità potrebbe essere stato sito in vicinanza del torrente Bevera, in quanto facente parte di certe sentenze, per un’eredità che prevedeva terre nei pressi della vallis Bivere.
TEMULA
Temola o Temura, come potrebbe essersi trasformato, è citato: ubi dicitur Temala, in plani Temule, ubi dicitur in Temuta. Non pare un nome del tutto dimenticato, infatti vi è chi oggi lo indica come attivo; il problema sta nell’identificarne con certezza i confini.
BEUTRA
ritrovare questo nome è un terno al lotto, ma tanto vale provare; di certo, si conosce, era contenuto in territorio Vintimilii.
LUIGINO MACCARIO
LA VOCE INTEMELIA anno XLV n 3 - marzo 1990