Magiargé a Bordighera
Riflessioni di Massimo Cavalli, nel 1982, sulla famosa fontana bordigotta
Una giovinetta triste, ma delicata e casta, tramutata in marmo come per volontà di un incanto o di un mitologico destino, e ancora piena d’amore.
Con lo sguardo rivolto al mare, verso la marina da dove le onde paiono riportarle un fatale ricordo della sua vita.
Alle spalle i verdi pini del capo di Bordighera alta che sembrano ascoltare il sospiro che emana dal suo viso.
È Magiargé, la fanciulla di Bordighera, la fanciulla che a Bordighera trovò l’oasi che protesse il suo riposo.
Amata e voluta da un uomo che correva i mari e che come spesso accade abbandonò la sua violenza disarmato dall’eterno femminino.
A Bordighera egli volle che il suo amore trovasse asilo e da allora nasce la tradizione della città delle palme come luogo eletto di accoglienza e di serenità.
Anche la vicenda di Miss Lucy e del dottor Antonio, secondo il romanzo di Giovanni Ruffini, ha poi confermato questa ispirazione essenzialmente pacifica che Bordighera offre ai suoi abitanti e ai suoi cultori.
Città di serenità e di raffinatezza.
La statua di Magiargé non può non suggerire qualcosa a chi ha sensi nel cuore e la sua acqua non può non comunicare un momento di attesa e di amorosa riflessione a chi anche per poco la contempli.
Poiché ogni fontana è una poesia.
È certo qualche coppia romantica avrà sostato avvertendo nell’animo dolci pensieri vicino a questa che può ritenersi come la prima giovine della nostra città.
Vittima di un destino e di una disperata forza d’amore.
Vorremmo che Magiargé fosse qualcosa di più di una statua di marmo che si osserva di passaggio, ma un simbolo d’amore e di pace della città delle palme.
LA VOCE INTEMELIA anno XXXVII - n 10 - ottobre1982