a Diana - Diàna Stéla
(*) Nome che non deriva dalla omonima divinità della caccia, ma dal latino dies (giorno), intendendolo così come la stella che annuncia il giungere del giorno.
Ancora nei primi
anni dell’ultimo dopoguerra, l’attenzione popolare generale verso il
cielo, gli astri e le stelle era molto più impegnata ed intensa di come
viene vissuta dalle generazioni attuali. Stelle e pianeti intrattenevano
ancora, con la maggior parte della gente, una interdipendenza ad ampio
raggio, che conteneva ancora, piuttosto inalterate, le relazioni
maturate tra l’Uomo e lo Zodiaco in epoche molto antiche.
Nell’osservazione del cielo era valutata la sopravvivenza stessa della
comunità, come quando la levata eliaca (il sorgere subito prima del
Sole) di un corpo celeste fosse associata al periodo d’esecuzione di una
determinata pratica agricola, ma anche marinata, diveniva un indicatore temporale
preziosissimo per il futuro dell’intera collettività.
Un esempio di
questa attenta considerazione era certamente riservato verso il
luminosissimo pianeta Venere, protagonista indiscusso del nostro
orizzonte celeste; ma anche vivace interprete attivo dell’originario
sentimento religioso umano.
Nei paesi
intemelìi, il pianeta Venere è conosciuto come u Steřùn, quando
compare luminosissimo la sera, proprio appena il Sole è calato; infatti
è anche a
Stéřa
d'u Lampecàn, il crepuscolo. Quando
invece, il medesimo pianeta emerge dal mare al sorgere del giorno,
Venere è detta a Diana,* o meglio Diana stéřa, che diventa
a Breseghìna, nella sua fase di scomparsa mattutina.
Il pianeta Venere era anche detto a Steřa d'i faixöi,
perché al suo apparire la massaia ligure metteva la pentola dei fagioli
sul fuoco, affinché questi potessero giungere a perfetta cottura lenta, per
pranzo. Era il sorgere all'orizzonte della medesima stella che indicava
ai pescatori di acciughe, dopo una notte al largo, come fosse giunta
l'ora del rientro; mentre al pastore, indicava il momento di dar la
sveglia al gregge, dando inizio alla mungitura.
Nella civiltà
classica, il pianeta Venere appariva in ogni mitologia; sotto il suo
simbolo dominava la gioia di vivere nell’essere umano, con
l’inebriamento dei sensi nella festa primaverile. Quel mito, riteneva
Venere composta da due corpi separati: quando rifulge di sera ad
occidente, prende il nome di Espero, o Stella della sera o del pastore,
quando invece è visibile al mattino, verso levante, prima del Sole, si
chiama Lucifero (Eosphorus), Fosforo o Stella del mattino. Nell’antica
Roma, le era dedicata la festa delle Veneralia, che cadeva il
primo aprile). Fu Pitagora ad identificare nel pianeta Venere sia
Lucifero, la stella del mattino, che Vespero, la stella della sera.
Nello Stil
Novo il pianeta fu anche chiamato Stella Diana, nome non dedotto
dalla omonima dea della caccia, ma dal latino dies (giorno),
indicandolo come indicatore del giorno incombente.
La forma di sferoide oblato, che distingue il pianeta Terra, determina
la “precessione degli equinozi”, un impercettibile movimento che fa
avanzare lentissimamente le levate eliache degli corpi celesti, compreso
il nostro Venere. Anche attraverso la lettura della “Divina Commedia”
apprendiamo come durante il Medioevo la posizione celeste della levata
eliaca di Venere fosse assai anticipata nei confronti dell’attuale.
Infatti, nella terzina (Purg. I, 19-21), il Poeta dice che:
“Lo bel
pianeta che ad amar conforta,
Faceva tutto
rider l’oriente,
Velando i
Pesci ch’erano in sua scorta,”
Pare assodato,
il come Dante abbia desunte le posizioni dei corpi celesti dall’Almanach
perpetuum del rabbino Prophacius di Marsiglia.