Anche qui
sorsero a sue spese le scuole elementari e da lui fu donato il terreno
per la costruzione di molte strade, fra cui il Corso della Repubblica,
la Via Aprosio ed il Lungoroia Girolamo Rossi, del Teatro Politeama
Sociale e del grandioso Giardino Pubblico, vanto della città. Generoso
aiuto ebbero poi le istituzioni di beneficenza fra cui, in primo luogo,
l'antico ospedale di S. Spirito che provvide ad ingrandire, a dotare di
arredi e di apparecchiature e di mezzi finanziari di gestione e così
l'orfanotrofio.
Ma è difficile ricordare tutte le sue opere
filantropiche perché, come diceva l'on. Giuseppe Biancheri, allora
deputato di Ventimiglia e Presidente della Camera dei Deputati: «Innanzi
a quest'uomo mi porrei in ginocchio tanto è il bene che ha fatto e che
fa ogni giorno e più è il bene che non si conosce, di quello che è noto
al pubblico».
Non di rado veniva in città con la sua carrozza dove
s'incontrava volentieri coi maggiorenti per informarsi dei bisogni e
delle aspirazioni della popolazione e lo ricordo - quand'ero un
frugoletto - nella farmacia di mio padre a intrattenersi con lui e ad
accarezzarmi i capelli, mentre io guardavo con timore riverenziale
quelle, per me stranissime, fedine che gli coprivano le gote e che non
ho più dimenticato.
Ricorderò ancora la sua sensibilità per le iniziative
culturali, alle quali collaborò sempre generosamente. A lui si deve tra
l'altro la costruzione del Museo Preistorico dei Balzi Rossi a Grimaldi,
l'acquisto ed il restauro della Porta Canarda, la compera di gran parte
delle antichità scavate nella Ventimiglia romana, che erano state messe
all'asta, come si usava a quei tempi, in un albergo di Bordighera e che
furono in parte collocate nel Giardino ed in parte donate alla città di
Ventimiglia e sistemate in una sala appositamente costruita a sue spese
nel Convento di San Francesco che ospitava in quel periodo il Ginnasio.
Un'analoga sistemazione fu da lui offerta per i volumi della
Biblioteca Aprosiana, che si trovavano da tempo racchiusi in casse.
Nell'Università di Genova creò inoltre l'Istituto Botanico, che ricordo
per averlo frequentato quando era ancora diretto dal suo amico Otto von
Penzig, ed alla Reale Società di Orticultura di Londra fece dono di un
grandioso parco.
Ancora in piena attività, sir Thomas Hanbury moriva il 9
marzo del 1907, all'età di 75 anni, fra il compianto sincero di tutta la
popolazione che aveva così largamente beneficato, lasciando i suoi
giardini al fastigio della perfe-
zione e della fama.
Il figlio sir Cecil ne continuò l'opera, con la collaborazione
della moglie Lady Dorothy, per un trentennio, profondendovi i beni
ereditati, che già la prima guerra mondiale aveva largamente falcidiato.
Poi, dopo la sua morte, sopravvenuta nel 1937, la grande tragedia della
seconda guerra mondiale doveva colpire gravemente i giardini, rimasti
per oltre sei mesi no man's land, fra le linee tedesche ed
alleate. Al termine della guerra la Famiglia Hanbury non aveva più i
mezzi per riparare gli immensi danni e finanziare la gestione dei
giardini e l'indifferenza delle pubbliche amministrazioni della
provincia, divenuta in qualche caso collusione, fu sul punto di sfociare
nella lottizzazione della proprietà. E dobbiamo ringraziare la battaglia
condotta dal compianto prof. Nino Lamboglia, col quale ho sia pur
modestamente collaborato, se l'integrità dei giardini è stata salvata,
con l'acquisto da parte dello Stato nel 1960 e con l'opera di
ricostruzione compiuta, con grave sacrificio economico, dall'Istituto
Internazionale di Studi Liguri sotto la direzione botanica del prof.
Onorato Masera e quella di conservatoria immobiliare dell'ing. Paolo
Ceschi, durante il ventennio della sua gestione.
Auguriamoci che, col passaggio dell'amministrazione alla
Soprintendenza ai Monumenti ed alla Università di Genova, continui ad
essere pienamente rispettata la poliedrica impronta che sir Thomas aveva
dato al suo giardino, riportandolo con i ragguardevoli mezzi che lo
Stato mette ora a disposizione, ai fastigi di un tempo.
In particolare vorremmo che si procedesse non soltanto
al reintegro delle varietà botaniche già esistenti e rilevabili dall'Hortus
Mortolensis, ma anche all'acclimatazione in pien'aria di sempre
nuove specie esotiche, che i progressi scientifici degli ultimi decenni
ed anche l'esistenza di una fitta rete di servizi aerei internazionali
rende oggi più facile.
Ma vorremmo anche che fosse conservata ed esaltata la
componente estetica dei giardini che, non meno di quella botanica, ha
contribuito alla loro fama.
Non dimentichiamo infine la generosità con la quale sir
Thomas aveva aperto questo suo paradiso terrestre alla gente,
rinunciando per alcuni giorni della settimana alla privacy, di
cui gli inglesi specialmente in quei tempi erano tanto gelosi, e
devolvendo ad opere benefiche il ricavato. Oggi purtroppo il pubblico
non è più quello dei tempi di sir Thomas e i danneggiamenti e i furti
rappresentano un pericolo reale che si può, a mio parere, evitare
soltanto con l'organizzazione di visite accompagnate a gruppi non molto
numerosi.
Cionondimeno, con la proprietà e la gestione pubblica del
giardino, una visita turistica imperniata sui suoi valori culturali ed
estetici costituisce un dovere imprescindibile dell'Amministrazione,
anche se la sua organizzazione pratica potrebbe esser delegata, con
opportuni finanziamenti, alla locale Azienda Autonoma di Soggiorno e
Turismo.
Queste sono le caratteristiche essenziali che sir
Thomas Hanbury ha voluto dare ai suoi giardini e penso che il miglior
modo di ricordarlo e di commemorarlo sia quello di restargli fedeli
nell'amministrazione della sua prestigiosa eredità.
Nel secolo XIX, quando l'Inghilterra, al culmine della sua potenza,
dominava i mari e, attraverso i mari, l'economia mondiale, Londra aveva
a giusto titolo ereditato dall'antica Roma l'appellativo di caput
mundi.
In questa Londra nasceva nel 1832 Thomas Hanbury che,
come molti altri dei suoi conterranei, dopo una solida preparazione
culturale e di relazioni umane, acquisita nelle mirabili scuole inglesi,
decideva di cercare all'estero , all'ombra dell'Union Jack, la sua
fortuna.
Ispirato forse dal fratello maggiore Daniel,
farmacista, scelse a sua meta la Cina, da cui provenivano a quei tempi
molte preziose spezie ed altre materie prime, assai ricercate in Europa.
Installatesi a Shanghai, che stava in quegli anni
- dopo l'apertura agli europei del suo porto - diventando la più
importante metropoli commerciale e industriale della Cina, seppe
affermarsi giovanissimo nel campo delle esportazioni e più tardi,
approfittando del tumultuoso sviluppo della città, in imprese
finanziarie ed edilizie, tanto che intere vie cittadine erano passate in
sua proprietà.
.
Thomas Hanbury non divenne però, come spesso accade, schiavo
delle ricchezze che aveva saputo accumulare grazie alla sua intelligenza
ed alla sua dedizione al lavoro, ma ancora giovanissimo - aveva soltanto
35 anni - decise di tornare in patria. Ed eccolo nel 1867, assieme al
fratello Daniel, per una lunga vacanza di riposo a Mentone, già a quei
tempi frequentata da una distinta colonia turistica inglese.
Ed è nel corso di questa vacanza che Thomas, innamorato della
nostra incantevole plaga, non ancora snaturata dal cemento, della quiete
che vi regnava, tanto diversa dalla convulsa baraonda di Shanghai e
della dolcezza del clima, decideva di farne la sua seconda patria.
Ma non era certo confacente al suo dinamico carattere una
vita dedicata soltanto al riposo ed alle relazioni mondane e sorse così
il grandioso progetto, ispirato dall'eccezionale microclima della zona,
di realizzare attorno alla nuova dimora che intendeva crearsi, un grande
giardino di acclimatazione con piante provenienti da ogni parte del
mondo. Un progetto che era certamente congeniale all'amore per la natura
di Thomas ed alle capacità botaniche di Daniel. Fu così che, a seguito
di accurate esplorazioni per terra e per mare nella zona compresa fra
Mentone e Bordighera, venne scoperta e prontamente acquistata la grande
proprietà di circa 40 ettari, già appartenente alla famiglia Lanteri e
poi agli Orengo ed ai Grandis, degradante dal villaggio della Mortola
fino al mare sull'omonimo pittoresco promontorio, che divide il golfo di
Latte da quello di Mentone.
Altrettanto sollecito l'inizio dei lavori sia per il restauro
della villa, nel rispetto delle sue caratteristiche architettoniche, sia
per la sistemazione del giardino, rispettosa anch'essa della flora
spontanea locale - comprendente il mirto che nel suo nome dialettale
a Murtura ha dato il nome alla frazione - ed anche delle
tradizionali coltivazioni dell'ulivo, della vite e degli agrumi, che
hanno conservato nell'angolo superiore di ponente ed a sud della Strada
Romana, che divide la proprietà, la loro antica dimora, mentre a poco a
poco si aggiungevano - coltivate in pien'aria - piante provenienti
dall'Australia, dalla Nuova Zelanda, dall'Estremo Oriente, dall'India,
dall'Africa, dalle Canarie e dalle due Americhe.
Thomas Hanbury aveva ormai dedicata la sua vita - con
l'intelligenza e la tenacia che gli erano proprie - alla grande impresa
che doveva immortalare il suo nome e neanche la
prematura scomparsa di Daniel, primo ispiratore del progetto, avvenuta
nel 1873, ne intralciò il rapido progresso. A sostituire il fratello fu
invitato dalla Germania, probabilmente per suggerimento di Otto von
Penzig titolare della cattedra di botanica dell'Università di Genova,
divenuto suo grande amico, un noto esperto tedesco di giardinaggio
Ludovico Winter a cui seguirono, col progredire dell'impegno
scientifico, illustri botanici inglesi e tedeschi, fra i quali ricorderò
in particolare Aiwin Berger, autore nel 1913 della seconda edizione
dell'Hortus Mortolensis, il grandioso catalogo che portò in tutto
il mondo la fama dei Giardini Hanbury.
Ma pur assorbito dalla sua grande impresa e dalle
visite e dai soggiorni di illustri ospiti - fra i quali la stessa Regina
Vittoria - non dimenticò la terra che l'ospitava ed i suoi abitanti di
cui fu sincero amico e generoso mecenate. Già la creazione stessa del
Giardino, con le occasioni di lavoro generosamente retribuite che
offriva, aveva interamente trasformato le condizioni economiche della
popolazione della Mortola, dipendenti fino allora dai magri proventi
dell'agricoltura e della pesca o dalla temporanea emigrazione. Egli si
preoccupò inoltre senza indugio di migliorarne le condizioni di vita,
sostituendosi alla carente amministrazione pubblica, e già nel 1868,
appena un anno dopo la sua venuta, aveva aperto, a sue spese, scuole
elementari private alla Mortola e a Grimaldi.
Più tardi, nel 1881, costruirà alla Croce un edificio scolastico modello
con un vasto giardino consegnandolo, completamente arredato, al Comune
per le frazioni di frontiera e costruirà anche per le stesse frazioni il
cimitero e alla Mortola un acquedotto, a cui seguirà nel 1892 il
grandioso edificio scolastico della frazione di Latte.
.
Le sue
benemerenze non si limitarono però alle frazioni che circondavano la sua
dimora, ma si allargavano con eguale generosità al centro di Ventimiglia
ed in particolare al sestiere di Sant'Agostino che, malgrado stesse
sviluppandosi rapidamente a seguito della costruzione della ferrovia,
mancava di pubbliche attrezzature.
Dott. Emilio
Azaretti
Console Onorano
della Cumpagnia d'i Ventemigliusi
.
Signor Presidente della Provincia di Imperia,
Signora Soprintendente e Signora Rappresentante del Console inglese di
Genova,
Signor Curatore del Giardino Botanico Hanbury,
Signori Presidenti dell'E.P.T. e dell'A.A.S.T.,
Signori Rappresentanti dell'Amministrazione Comunale di Ventimiglia,
Signor Presidente della Consulta Ligure,
Signore, Signori !
NOTE:
1) Tobias G. Smollett fu
certamente fra i primi inglesi a stabilirsi in Riviera. Verso la
metà del 1700 comprò, infatti, a Nizza, per 40 sterline, una casa
colonica con annesso terreno e albero di fico. In seguito
raccolse le impressioni di un suo viaggio in Italia in un libro, per
la verità, non molto tenero nei confronti del nostro Paese.
2) Nel 1896, questa voce calunniosa trovò addirittura
ospitalità sulle colonne del Caffaro il quale fu
immediatamente costretto a ritrattare il contenuto di un incauto
articolo, pubblicato nel numero del 3.4 ottobre. Il giornale dovette
riconoscere che le dichiarazioni e gli apprezzamenti espressi
sulla persona di Thomas Hanbury dal proprio corrispondente
erano assolutamente privi di fondamento e di senso.
3) Nei Kew Gardens di Londra si è dovuti giungere a
proibire ai visitatori l'introduzione nel parco di strumenti
musicali, o atti a riprodurre musica, per preservarne la
tranquillità.
Per questo - facendo seguito al Dott. Emilio Azaretti - io vi
parlerò ancora di Thomas HANBURY così come egli emerge dalla storia
e dalla cronaca del suo tempo.
Se noi, oggi,
malgrado il passare degli anni e le avversità degli eventi, siamo
tuttora in grado di godere di tanta parte del patrimonio hanburiano,
dobbiamo convenire che ciò è possibile grazie alla infaticabile e
multiforme attività esplicata da questo personaggio la cui memoria,
giunta sino a noi, continuerà a vivere nel tempo.
Un'attività tesa a
creare un'opera vasta e duratura - improntata alla solidità, alla
ricchezza, alla perfezione e al buon gusto - destinata a
sopravvivere al suo Autore.
A Thomas HANBURY si
può attribuire, a buon diritto, l'orazione exegi monumentum aere
perennius perché egli ha veramente innalzato un'opera più
durevole del bronzo e di cui noi, oggi, possiamo considerare il
valore e valutare la portata lungo un arco che - partendo dal 1867,
data della fondazione - abbraccia ormai 115 anni di storia.
Ai dati e alle
notizie biografiche, che abbiamo or ora ascoltato, vorrei pertanto
tentare di aggiungere anche il ricordo di qualche episodio della
vita di Thomas HANBURY avvalendomi della tradizione orale, ancor
presente nella memoria delle ormai pochissime persone viventi che lo
hanno conosciuto direttamente.
Episodi che possono
aiutarci a gettare luce sull'intima e straordinaria personalità
dell'Uomo e a delinearne un ritratto morale quanto più veritiero
possibile.
Ma, per far questo, è
forse necessario, prima, indagare in un'altra dirczione e
soffermarci brevemente sul tempo in cui HANBURY visse ed in cui la
sua figura va inquadrata, proprio per essere meglio compresa.
Approdato sulla
spiaggia scogliosa della Mortola, nel corso di una gita in barca,
compiuta nel marzo 1867, egli fa parte di quelle avanguardie di
esploratori e di intellettuali inglesi che, attratti dal fascino
naturale e dal patrimonio di testimonianze storiche della Riviera
Ligure, precorsero il flusso sempre crescente di visitatori,
chiamato, in seguito, turistico.
Già sul finire del
'700 - secolo per eccellenza delle esplorazioni - scrittori come lo
Smollett
1 e lo Young e,
poi, agli inizi dell'800, paesaggisti come il Brockedon,
avevano soggiornato nella nostra zona diffondendo in seguito in
Inghilterra le descrizioni e le immagini della costa e
dell'entroterra ligure attraverso le loro opere.
E, più tardi, un
altro intellettuale, questa volta italiano, il Ruffini, coinvolto
nei moti risorgimentali - percorrendo in senso inverso, e per motivi
politici, il cammino degli inglesi - aveva portato in terra di
Britannia, con i suoi ideali patriottici, l'immagine letteraria
della Liguria come terra dolce e ospitale da scoprire.
L'escursione alla
Mortola di Thomas HANBURY, anche se occasionale, non fu dunque
dovuta al caso. Da Mentone, dove egli aveva stabilito, per così
dire, la sua base, aveva iniziato l'esplorazione dei dintorni, alla
ricerca di un sito idoneo all'attuazione di un progetto cui pensava
da tempo.
Anzi, per la verità,
quando egli visitò per la prima volta La Mortola, il luogo lo aveva
già individuato sul promontorio di Cap Martin dove aveva in
corso trattative per l'acquisto di una vasta proprietà da
trasformare in giardino di ambientazione.
Fu la bellezza del
paesaggio della Mortola e l'eccezionale mitezza del suo clima a
determinare la scelta del luogo.
Egli, come molti
altri suoi compatrioti, aveva mediato nel lungo contatto con i
popoli dell'Oriente, l'amore per la natura ed una venerazione, quasi
religiosa, per gli alberi che si veniva ad innestare sulla passione
naturalistica, così diffusa nell'Inghilterra vittoriana, e che
affondava le radici nella cultura inglese dei secoli precedenti. La
cultura dell'instaurazione del regnum hominis sulla natura,
dell'uomo ministro e interprete di essa, che aveva trovato in Bacone
uno dei più autorevoli rappresentanti.
È dunque nel
panorama storico-culturale dell'Inghilterra del secolo scorso - nel
momento in cui essa sta raggiungendo l'apice della propria potenza
imperiale ed economica - che si assiste ad un fervido sviluppo degli
studi naturalistici. Darwin, con i suoi viaggi ed i suoi studi, ha
fatto scuola e, sulle sue orme, uno stuolo di ricercatori si dedica
all'allargamento e all'approfon-dimento delle conoscenze nel campo
delle scienze naturali.
Sorgono e si
moltiplicano iniziative, associazioni, accademie, che denotano la
straordinaria diffusione dell'interesse naturalistico in tutto il
mondo anglosassone.
È in questo
clima, respirato in patria da Thomas e dal fratello Daniel che nasce
e si sviluppa l'idea del Giardino Botanico ed è a Londra, fra le
mura della stessa casa degli Hanbury - dove gli studi di
fitofarmacologia, in cui è particolarmente versato Daniel, sono una
tradizione di famiglia - che matura il proposito di acclimatare
piante esotiche a scopo di studio e ricerca.
E Thomas troverà
sempre nel fratello - valente studioso di piante medicinali e
certamente più colto di lui - un prezioso consigliere, un
instancabile collaboratore, un amico.
* * *
Come abbiamo visto, la scelta della Mortola fu determinata
dalle favorevoli condizioni climatiche e dalla bellezza naturale del
paesaggio e, già in questo noi scopriamo una delle capacità, fra le
più peculiari, di Thomas HANBURY, quella di saper cogliere ed
armonizzare gli elementi della realtà in vista del suo piano
creativo.
Il Giardino Hanbury
sorse in un periodo storico di crisi del giardino classico, del
cosiddetto formal garden. Stava infatti affermandosi, in
quegli anni, il concetto del giardino romantico che doveva
rispettare, quanto più possibile, l'immagine della natura, in
omaggio a quel principio, così ben espresso in un verso di Victor
Hugo, secondo il quale: L'homme fait le jardin, les champs soni
faits par Dieu.
Thomas HANBURY seppe
capire appieno lo spirito del tempo e riuscì a conciliare le
esigenze dei due indirizzi, che si andavano intanto sintetizzando
nello stile neoclassico-romantico, inserendo in questo
contesto il giardino botanico vero e proprio, e il tutto in un
ambiente che, infine, risultava una copia perfetta, anzi migliorata
della natura.
Ma, molteplici sono
ancora le sintesi che egli seppe ottenere nella concezione e nella
realizzazione del suo giardino disponendo sapientemente, l'una
accanto all'altra, le specie più svariate in modo che fossero parte
di un tutto armonico ed esteticamente gradevole. E poté giungere a
questo risultato avvalendosi della esperienza e dell'apporto delle
due maggiori scuole botaniche del tempo - in un certo senso
antagoniste - quella inglese e quella tedesca.
E non è ancora tutto:
l'ambientazione delle piante esotiche avvenne nel più assoluto
rispetto della flora mediterranea locale, fosse essa spontanea o
coltivata, che fu oggetto di studio appassionato e di attenta
catalogaziene.
Ed infine HANBURY
seppe conciliare la propria privacy con la fruizione pubblica
aprendo i cancelli del suo giardino alle folle ammirate dei
visitatori.
Il rispetto, che egli
porta all'ambiente e che esige dagli altri, è assoluto e la
preoccupazione ecologica di salvaguardare la natura in lui non
conosce veramente limiti.
Fa ricostruire, per
ben due volte, e sempre più a valle, il frantoio condominiale degli
abitanti del paese - che è azionato dalle acque del torrente Sorba -
e lo fa dotare di un sistema di pozzetti di decantazione onde
evitare che i liquami oleosi delle moliture inquinino le acque del
ruscello.
La parte di
proprietà, conservata a bosco, è mantenuta con la stessa cura
riservata al giardino e, periodicamente, viene effettuata la pulizia
dei sentieri e del sottobosco.
Il suo Orario e
Regolamento per il personale, del 1893, prevede severe sanzioni
disciplinari e pecuniarie per chi fuma nel Giardino o nel Bosco
e per chi tocca fiori o frutti.
Ed, infine, dopo la visione armonica della realtà e la
benevolenza per gli uomini, un altro dato significativo emerge dalla
personalità di HANBURY ed è quello dell'amore per questa nostra
terra, che egli predilesse e considerò sempre la sua terra, e
per questo Palazzo che egli trasformò in sua stabile casa di
abitazione.
Anche se egli
possedeva in Inghilterra proprietà e beni, non volle mai avere colà
quella che noi, oggi, chiameremmo la seconda casa.
La sua vera ed unica casa fu il Palazzo e, durante i brevi
soggiorni in patria, preferì sempre l'ospitalità di amici o la
residenza in albergo.
Ed, ogni volta,
tornando fra noi, dopo essere sceso dal treno alla stazione di
Mentone, incurante della fatica del viaggio, amava percorrere a
piedi il tratto di strada che lo portava alla Mortola. Giunto nei
pressi del ponte sul Rio Sorba, attraverso un cancelletto di
servizio, entrava nella sua proprietà e, seguendo il solitario
sentiero che costeggia il torrente, raggiungeva il Palazzo
gustando così, indisturbato, fra sé e sé, la gioia del ritorno alla
terra e alla casa prediletta.
Un amore che, col
passare degli anni, andava crescendo e che Sir Thomas voleva
dimostrare anche oltre la barriera della morte.
Risale al penultimo
decennio dell'800 il progetto, realizzato solo in parte, di
costruzione del cimitero di famiglia nella zona sud-orientale del
Giardino dove, ancora oggi, esiste un boschetto di cipressi,
circondato, da tre lati, da un muro di cinta in pietra.
La recinzione muraria
non fu portata a termine perché, nel frattempo, egli era venuto a
conoscenza che insormontabili difficoltà di natura
giuridico-burocratica avrebbero impedito, sia a lui che ai suoi
famigliari, di trovare sepoltura in quel luogo.
La sua volontà di
restare per sempre nella nostra terra avrebbe potuto essere esaudita
soltanto a patto che il suo corpo fosse stato incenerito. Impartì
allora le disposizioni necessario per la cremazione del suo corpo e
fece iniziare i lavori di edificazione del mausoleo che furono
completati nel 1886.
La sua morte,
avvenuta per polmonite, alla età di 75 anni, il sabato 9 marzo 1907,
getta nel lutto e nella costernazione tutta la zona intemelia.
Innumerevoli sono le personalità, gli amici, gli estimatori che
giungono, da ogni parte, alla Mortola per rendere omaggio alla sua
salma.
Il giorno del
funerale, una fiumana ininterrotta di gente si accalca lungo i
cinque chilometri della strada che porta a Ventimiglia. Da qui il
feretro proseguirà per Sanremo, dove ha sede l'Istituto di
Cremazione, e da dove le sue ceneri faranno ritorno alla Mortola per
restarvi in perpetuo.
Tredici anni dopo, il
mausoleo accoglierà anche quelle della moglie, Katharine ALDAM,
colta dalla morte in Inghilterra nel 1920.
Ma, anche dalla
tomba, HANBURY non cessava di beneficare. Qualche tempo dopo la
morte, per sua volontà testamentaria, agli oltre cinquanta
dipendenti, venne corrisposta una somma pari ad un anno di
stipendio.
Una sorta di
pre-liquidazione (istituzione allora assolutamente sconosciuta) che
fu una vera provvidenza per i magri bilanci familiari di quel tempo.
* * *
Questi fu dunque, in
vita e in morte, l'uomo HANBURY che noi, oggi, siamo venuti qui a
commemorare.
A volte, quando si
parla dei personaggi del passato - per sottolinearne maggiormente le
doti di preveggenza ed i meriti acquisiti nei confronti della
posterità - si usa dire che essi, anche se vissuti molto tempo fa,
sono dei moderni.
Ebbene, io non credo
si possa dire che Thomas HANBURY fu un moderno. Ritengo di
fare cosa giusta, e di tributargli onore, lasciandolo nel passato in
cui è vissuto ed al quale appartiene.
La nostra società,
così depauperata di valori morali, sconvolta da tante tensioni e da
tanti fattori di disgregazione, livellatrice degli individui e dei
loro gusti, ben difficilmente sarebbe in grado di esprimere un
personaggio come Thomas HANBURY.
Ne il nostro mondo
attuale ne il nostro vivere senza qualità, rosi dall'ansia di
trasformare i luoghi e gli ambienti in beni di consumo, potrebbero
mai produrre un giardino come questo.
Non per nulla, quest'opera,
questo incomparabile capolavoro dell'uomo, amico ed alleato della
Natura, rischia - ogni giorno di più - di apparire un bene
anacronistico, un retaggio gravoso che diventa sempre più difficile
conservare.
Ed in ciò, il
problema particolare del Giardino Hanbury rientra in quella
caratteristica negativa generale, propria del nostro tempo, che è
l'incapacità di raccogliere e tramandare ai posteri le
testimonianze, ambientali e storiche, che abbiamo ricevuto dal
passato.
E, del resto, il
pubblico odierno che ne dovrebbe essere il fruitore, proteso com'è
al godimento dei beni materiali, si dimostra sempre meno in grado di
gustare le gioie dello spirito. Nella sua sfrenata e fragorosa
ricerca di evasione - che è fuga da se stessi, prima ancora che
dalle inospitali città - si rivela incapace di apprezzare i doni
della natura, i valori della contemplazione e del silenzio di cui
questo giardino è uno dei superstiti santuari.
3
Un vero mondo di
bellezza indimenticabile come lo definì il Penzig in un
magistrale articolo apparso ne Le Vie d'Italia e dell'America
Latina del novembre 1927.
* * *
Ecco, dunque, Signori che avete avuto la bontà di ascoltarmi
fin qui, e cari Amici della CONSULTA LIGURE e della CUMPAGNIA d'i
VENTEMIGLIUSI, quali sono le sfide del tempo in cui viviamo, che
dobbiamo raccogliere se vogliamo salvare l'opera di Thomas HANBURY,
oggi in pericolo.
Io non posso fare a
meno di concludere questo ricordo - del tutto inadeguato alla figura
dell'Uomo - senza rivolgere un accorato appello affinchè nulla
rimanga intentato o trascurato, di quanto sta nelle nostre
possibilità operare, per la soluzione di questo problema.
Che la mano pubblica
possa e sappia conservare ciò che i privati, con l'intelligenza,
l'intraprendenza e la passione hanno saputo creare e ci hanno
lasciato !
Soltanto così questa
cerimonia potrà assumere quel valore positivo e fruttuoso, che noi
tutti auspichiamo essa abbia, e che resta il modo migliore di
onorare la memoria di Thomas HANBURY.
Ma, vi è ancora un aspetto della personalità di Hanbury che
vale la pena di ricordare perché dimostra come il suo slancio
umanitario andasse oltre le necessità immediate e future del suo
prossimo.
Egli desiderava,
infatti, che coloro con i quali era a contatto avessero a godere
anche di ciò che non fosse soltanto lo stretto necessario, forse,
anche qui memore, dell'evangelico: non di solo pane vive l'uomo.
Ed è nel suo rapporto
con i dipendenti e con le loro famiglie che noi scopriamo l'umanità
più intima di Thomas Hanbury, testimoniata dal suo abituale
comportamento nei confronti della popolazione della Mortola.
Ed ecco, infatti, le
sue frequenti visite al villaggio - che egli faceva mantenere in
ordine e costantemente pulito - visite che effettuava, sì per
alleviare sofferenze, ma soprattutto per conversare con gli
abitanti, per giocare con i bambini e portar loro regali, per
organizzare le numerose feste annuali che egli desiderava si
celebrassero nel modo più solenne e che culminavano nel sontuoso
banchetto di San Luigi, offerto a tutti il 21 giugno, giorno del suo
compleanno; banchetto al quale egli partecipava con spirito di
cordialità e di amicizia.
Particolare interesse
poi egli mostrava per le tradizioni popolari - che la trasformazione
economica e sociale del paese, seguita alla fondazione del giardino,
tendeva a far cadere in desuetudine - e che egli invece si
preoccupava di conservare.
Egli non desiderava
che il piccolo villaggio della Mortola - ormai assurto ai fasti
della fama internazionale - avesse a perdere la sua identità,
il suo genuino folklore locale.
Prova di questo suo
interesse sono le danze popolari nel campo da tennis, il Ballo di
San Luigi, le feste dei Maggi e la Festa della
Vendemmia riportata in auge raccogliendo ciò che ancora
sopravviveva degli antichi riti vendemmiali.
Quest'ultima festa,
per volere di HANBURY, si celebrava in settembre, al termine della
raccolta dell'uva nel vigneto del Giardino, e, per partecipare ad
essa, Sir Thomas anticipava puntualmente, ogni anno, il rientro dal
soggiorno estivo in Inghilterra, dove, invece, i suoi famigliar! si
trattenevano fino ad autunno inoltrato.
Questa fu, dunque, la
Belle Epoque della Mortola, aliena dalle frivolezze del
tempo, ma intensa di vita popolare, di calore umano, di felice ed
armonica convivenza civile, di progresso economico e sociale.
La grande umanità di
Thomas HANBURY - diciamo pure in termini cristiani - il suo profondo
amore per il prossimo gli valsero la famosa lettera che l'allora
Vescovo di Ventimiglia, Mons. Ambrogio Daffra, gli scrisse con il
formale invito a convenirsi alla religione cattolica e che egli fece
incorniciare e conservò appesa alla parete del suo studio.
* * *
I muratori che eseguono lavori devono fare in modo che le piante non
abbiano a subire il men che minimo danno.
Le cartacce gettate a
terra - allora assai più rare di oggi - sono considerate da HANBURY
un vero insulto per il suo Giardino.
Ma queste cure
minuziose, che assillano la vita quotidiana di Sir Thomas, non lo
distolgono mai dalla visione generale dei problemi.
Egli porta a
compimento il suo progetto, di portata mondiale, curando
contemporaneamente gli interessi della zona che lo ospita.
Sceglie, sul luogo,
la mano d'opera necessaria - ancorché non qualificata - e, a
differenza di quanto spesso avviene ai nostri giorni, l'insediamento
imprenditoriale non sconvolge l'assetto del luogo, non turba il
paesaggio e non ne compromette la bellezza che, invece, risulta
esaltata ed infine porta effettivo e durevole benessere nella zona
circostante.
Ecco dunque chi fu,
in realtà - al di là di tutti i suoi altissimi meriti - quest'uomo
dall'aspetto signorile, di statura piuttosto alta, dagli occhi
azzurri e dallo sguardo penetrante, sempre velato da un'espressione
di umana simpatia.
Egli fu l'uomo
dell'armonia con se stesso e con la realtà in cui operava.
La realizzazione
delle innumerevoli opere pubbliche, sociali e culturali, che egli
promuove e sostiene, le donazioni e le beneficenze pubbliche e
private, le amicizie di cui si lega, sono la prova della sua visione
multilaterale dei problemi ai quali egli seppe sempre dare una
risposta positiva.
Ad arricchire la
figura di HANBURY concorre, infatti, l'altro aspetto, non meno
importante della sua personalità, che è quello del filantropo.
Ed, anche qui, per
meglio comprendere il personaggio, è necessario tornare, ancora una
volta, all'Inghilterra del secolo scorso, dove la filantropia non è
una moda passeggera, o un fatto snobistico, ma una tradizione
culturale profondamente radicata nel costume, e le cui origini
risalgono all'illuminismo inglese del '700.
Filantropia che non
si limita alla beneficenza spicciola, o all'atto caritatevole, ma
che è iniziativa di progresso, creazione di istituzioni per
l'elevazione umana e sociale, nella visione prospettica dei problemi
del tempo.
Thomas HANBURY era
stato fondatore, in Inghilterra, di due importanti società
filantropiche: quella per la soppressione del crudele commercio
dell'oppio e quella per l'abolizione della schiavitù. E
ciò dovrebbe essere sufficiente a sfatare l'assurda, prima ancora
che inveritiera, diceria secondo cui HANBURY avrebbe costruito la
sua fortuna col commercio degli schiavi.
2
Quando egli giunge in
Italia, e vi si stabilisce, non trova piaghe sociali gravi come
quelle causate dai loschi traffici dei narcotici o degli schiavi,
ma, da noi, la situazione non è certo rosea.
In quegli anni, il
nostro Paese stava faticosamente uscendo dal travaglio
dell'unificazione, ottenuta a prezzo di enormi e sanguinosi
sacrifici.
Un traguardo storico
che l'Italia raggiungeva con secoli di ritardo rispetto agli altri
paesi europei, portando con sé il fardello delle passate divisioni e
dominazioni, della decadenza e del sottosviluppo.
Anche se la Liguria
di allora non poteva, per fortuna, essere annoverata fra le regioni
più arretrate, i giganteschi problemi economici e sociali che
gravavano sulla vita del giovane stato unitario facevano sentire
anche qui da noi le loro pesanti conseguenze. Thomas HANBURY, nella
Zona Intemelia, sopperì generosamente e, in molti casi,
completamente alle croniche carenze della pubblica amministrazione.
Non a caso, dunque,
la sua fama di filantropo spesso è pari - quando non supera - quella
di Fondatore del Giardino Botanico.
Abbiamo visto che
egli non si limitava ad occuparsi delle necessità contingenti del
suo prossimo, ma si preoccupava di dare ai problemi una soluzione
duratura, capace di assicurare l'avvenire di coloro che beneficava,
memore forse di quel detto cinese - certamente a lui non ignoto -
secondo il quale chi dona un pesce aiuta un uomo a sopravvivere per
un giorno, chi gli insegna a pescare lo affranca dal bisogno per
tutta la vita.
Thomas Hanbury, in
quegli anni, intravedeva nella floricoltura uno dei principali
fattori di sviluppo economico della nostra zona e desiderava che i
suoi dipendenti - mettendo a frutto l'esperienza acquisita in
giardino - fossero i pionieri di questa nuova attività, allora ai
primissimi albori.
Un giorno, raduna i
suoi giardinieri ed offre ad ognuno di essi una talea di rosa, di
varietà pregiata, dicendo loro: «Questa pianta potrà rappresentare,
in avvenire, la vostra fortuna !».
Ma, per la verità,
pochi sono coloro che ascoltano quelle profetiche parole. I più
preferiscono la sicura occupazione in giardino che permette, oltre
tutto, di continuare a dedicarsi alla pesca e alle colture
tradizionali - dell'olivo, della vite e degli agrumi - considerate
immediatamente più redditizie.
E poi c'è sempre
un'attività supplementare - un secondo lavoro, diremmo oggi - sorto
e sviluppatesi dopo che la nuova linea di confine del 1860 ha diviso
la nostra zona dal nizzardo: il contrabbando che viene esercitato,
nottetempo, con le barche da pesca.
* * *
Non è questa la prima volta che la nostra Associazione si
riunisce in questo storico Palazzo che ospitò illustri personaggi
del passato.
Già sette anni fa, e
precisamente il 29 giugno 1975, la CONSULTA LIGURE delle Associazioni
per la Cultura, le Arti, le Tradizioni e la Difesa dell'Ambiente,
allora ai primi anni di vita, tenne qui una delle sue prime importanti
riunioni durante le quali venivano gettate le basi della futura
attività, volta alla difesa del patrimonio culturale della nostra
Regione.
La nostra Associazione, infatti,
secondo quanto stabilisce l'articolo 1° del suo Statuto, ha come
scopo di tenere unite e arrotoliate tutte le Associazioni liguri i cui
fini siano lo studio della storia, delle tradizioni e della lingua; la
conservazione delle bellezze naturali e del patrimonio artistico, nella
tutela degli interessi della Liguria, al di fuori e al di sopra di ogni
fede religiosa e politica.
Non sta dunque nei poteri
della CONSULTA LIGURE - che non possiede mezzi politici e burocratici -
risolvere i problemi, ma rientra nei suoi precisi compiti sollecitare le
Pubbliche Amministrazioni affinchè i problemi vengano affrontati e
portati a soluzione.
E questa azione di
stimolo e di incitamento la CONSULTA LIGURE la esercita unicamente in
forza della tradizione culturale - storica, linguistica ed etnografica -
che essa rappresenta attraverso le Associazioni di cui è espressione.
Fra i numerosi problemi
di cui la CONSULTA si è occupata in questi anni - problemi che
riguardano la salvaguardia del patrimonio spirituale ed ambientale della
Liguria - vi è quello, angoscioso, del Giardino Hanbury di cui essa non
poteva assolutamente disinteressarsi.
Un problema, o meglio, un
groviglio inestricabile di problemi che si trascinano ormai da anni con
gravissimo danno di questo complesso botanico e con un danno morale ed
economico - difficilmente valutabile, ma non meno grave - per la nostra
zona, per la Liguria e per questo nostro Paese, già afflitto da tanti
mali.
Non posso, purtroppo,
fare a meno di tornare qui a ripetere - sebbene con profonda amarezza -
quanto, circa due anni fa, fu inutilmente chiesto, a gran voce e da più
parti, nel corso di una non certo soporifera Tavola Rotonda,
indetta dall'Unione Intemelia, e svoltasi presso la sede
dell'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Ventimiglia.
Chiedevamo allora - e chiediamo oggi
- la predisposizione di un piano di pronto intervento per il salvataggio
del Giardino, in quanto patrimonio botanico, soprattutto in quanto
complesso vivente e che, quindi, per legge di natura, non può attendere.
Non chiedevamo allora - e
non chiediamo oggi - strutture sofisticate e avveniristiche, ma concreti
interventi - ripeto - di pronto soccorso: l'acquisto di indispensabili
materiali e modesti attrezzi di cui, ai nostri giorni, dispone qualsiasi
piccola o media azienda agricola, la fornitura dei fertilizzanti, degli
antiparassitari e del carburante; la ristrutturazione dei vivai e delle
serre, la sostituzione degli esemplari estinti e la messa a dimora di
nuove specie, l'applicazione delle etichette di nomenclatura, il
recupero di quelle aree periferiche del Giardino che, per la loro
posizione, sono cadute maggiormente in abbandono.
Chiedevamo - e mi scuso
con coloro che hanno la pazienza di ascoltarmi se, nella solennità di
questa cerimonia, sono costretto a parlare di tale argomento - che si
obbligasse il Comune di Ventimiglia a completare finalmente i lavori
dello scarico fognario di questa sua frazione, iniziati vent'anni fa,
che ha trasformato il letto del torrente Sorba, proprio nel tratto in
cui esso attraversa il Giardino, in un pantano melmoso i cui miasmi si
spandono sui viali.
E, fra le altre cose,
chiedevamo che venisse finalmente affrontato il problema dell'ingresso
al pubblico che, dopo la liberalizzazione e la gratuità, si è dimostrato
uno dei fattori più rovinosi per il Giardino.
Per dovere di
obiettività, dobbiamo dire che una delle nostre richieste di allora è
stata accolta: si è provveduto alla costruzione del nuovo acquedotto, ma
- a quanto risulta - la sua realizzazione è stata soltanto parziale e,
di
conseguenza, il suo funzionamento è ridotto.
Ma, soprattutto,
chiedevamo - in quanto ogni problema era e resta subordinato a questo -
che si addivenisse alla firma della Convenzione fra gli Enti interessati
alla gestione del Giardino, in modo che fossero stabilite competenze,
compiti e responsabilità di ognuno di essi.
Nell'attesa di questa
Convenzione - che tarda a venire - lo stato di decadenza del Giardino ha
raggiunto ormai un limite oltre il quale, per esso, non esiste più
alcuna possibilità di sopravvivenza.
A questo punto, io non
ritengo sia più il caso di continuare nell'elencazione delle cose da
fare: esse sono sotto gli occhi di tutti e non passa giorno - si può
dire - che la stampa non se ne faccia portavoce. Mai, come in questi
anni, il Giardino della Mortola ha fatto notizia ed ha ricevuto
dalle cronache quell'onore negativo che esso certamente non meritava.
Ne, d'altra parte, in questo momento,
la comme-morazione di Thomas HANBURY - voluta dalla CONSULTA LIGURE e
dalla CUMPAGNIA d'i VENTEMIGLIUSI - anche se doverosa, poteva assumere
un carattere meramente celebrativo e rituale. Non potevamo ricordare
HANBURY in questo luogo ed ignorare il pietoso stato attuale in cui
langue la sua opera.
Per questo, noi
intendiamo attribuire a questa riunione un particolare, profondo
significato: ricordare la figura di Thomas HANBURY nella visione del
passato splendore a fronte della miseria presente. E ciò, senza che sia
nei nostri intenti trasformare questa commemorazione in una diatriba
densa di asprezze polemiche o di j'accuse nei confronti di
chicchessia. Del resto non ve n'è alcun bisogno: anche se il nostro
giudizio su questa vicenda non può essere che negativo, la polemica non
è in noi, ma è nelle cose. E' l'assurda realtà dei fatti che è più
polemica di ogni discorso.
E qui mi rivolgo - in
special modo - agli Amici della CONSULTA LIGURE, fra i quali, qualcuno,
comprensibilmente, proponeva azioni protestatarie, anche plateali.
Noi non siamo un Comitato
di Agitazione, che promuove manifestazioni di piazza, o una Commissione
Inquirente, cui spetta indagare sulle responsabilità, ma siamo un Ente
Consultivo che rappresenta i valori culturali della terra ligure dai
quali, come dicevo all'inizio, riceviamo la forza necessaria alla nostra
azione.
E, d'altronde, la
situazione del Giardino Hanbury - nella sua obiettiva gravita - è tale
da sconsigliare ogni iniziativa che non sia dettata dalla ragione o
disgiunta dalla considerazione di un passato che vale la pena di
rivisitare per attingervi idee e proposte per l'avvenire.
Noi intendiamo dunque
evocare la memoria del Fondatore del Giardino - le cui ceneri sono
custodite qui, a pochi passi da questo Palazzo - per trarre dalla sua
figura il coraggio e l'energia necessaria a salvare dalla rovina la sua
opera se, ancora oggi, ha valore il foscoliano: A egregie cose il
forte animo accendono /l'urne dei forti.
Perché, quand'anche non
esistessero altre motivazioni per salvare quest'opera - che pure
sussistono e validissime - noi dovremo accingerci a questo compito
soltanto per rendere omaggio alla figura del suo Autore.
* * *
Renzo Villa
Membro della Giunta
Esecutiva dlla Consulta Ligure
.
Signore,
Signori,
Amici della Consulta e della Cumpagnia d'i Ventemigliusi !
Ed ecco il testo del discorso:
«A nome della Società di M. S. e del Comitato, vorrei innanzitutto
ringraziare tutti coloro che hanno voluto assistere a questa
inaugurazione ed onorare il nostro piccolo paese in questo momento
solenne con la loro presenza. La Società della Mortola, assieme alla
popolazione, in segno di gratitudine e pietà, ha voluto erigere un
piccolo monumento al loro benefattore defunto, l’illustre e
compianto Sir Thomas Hanbury.
Una quarantina d’anni addietro il nostro piccolo paese di La Mortola,
situato nell’ultimo lembo d’Italia ancora disunita, ne era forse
anche l’ultimo per importanza.
Nessuno allora avrebbe potuto credere che, di queste rupi e sassi,
di questa valle e promontorio, si sarebbe potuto creare un paradiso
che avrebbe suscitato l’entusiasmo del mondo intero e che sarebbe
stato, nello stesso momento, così benefico per la popolazione del
paesello. E se quarant’anni addietro, nessuno conosceva La Mortola,
ormai il nome di Sir Thomas Hanbury lo ha reso rinomato fin negli
ultimi angoli del mondo.
L’uomo illustre, di alto intelletto, di ottimo cuore e di mente
serena doveva spargere il bene attorno a sé e rendere felice il
piccolo paese che egli aveva scelto per sua dimora. E al paese di La
Mortola e al suo giardino egli era legato con ogni fibra della sua
anima.
E tale era l’amore verso il luogo prediletto, verso la patria
adottata, che ha voluto rimanere unito con essa eternamente e gli è
caro riposare tra i mesti cipressi secolari di La Mortola. Ad ognuno
di noi, che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, sarà presente
nell’anima l’immagine della sua persona simpatica ed affabile, di
uguale benevolenza verso tutti, di una vera mente olimpica. Noi
tutti conserveremo questa memoria come un prezioso tesoro.
E non è per noi che abbiamo voluto erigere questo monumento.
Esso sarà per la gioventù, per i posteri, per tutti coloro che non
avranno potuto conoscere il benefattore di persona. E i padri e le
madri insegneranno ai loro figli chi rappresenta il bronzo, e
insegneranno loro ad essere grati e rispettosi. Ed i ragazzi e le
ragazze qui presenti dovranno ricordarsi di questo giorno solenne
per tutta la vita affinché la memoria dell’illustre uomo rimanga
viva nel paese grato e fedele. E così consegno questo monumento alle
autorità pubbliche !».
Il 9 marzo scorso, ricorreva il Novantesimo anniversario della morte di
Sir Thomas Hanbury, fondatore nel 1867 del Giardino Botanico della
Mortola e grande benefattore della collettività ventimigliese. La sua
morte, avvenuta il 9 marzo 1907, fu sentita da tutti come una perdita
irreparabile perché scompariva l’uomo che, per tanti anni, veva svolto
un ruolo importante ed insostituibile a beneficio della Città di
Ventimiglia e di tutta la zona circostante. Se ne andava l’uomo, ma
restavano le sue opere: il Giardino, l’Istituto Botanico donato
all’Università di Genova, il Museo Preistorico dei Balzi Rossi, le
scuole delle frazioni di Ponente e tutti gli innumerevoli interventi a
favore dell’ospedale, dell’Orfanotrofio, della Biblioteca Aprosiana e di
altri monumenti Storici come Porta Canarda e il Museo Archeologico.
Thomas Hanbury morì nella sua villa della Mortola all’età di 75 anni e
volle che le sue ceneri rimanessero per sempre nel giardino da lui
creato, custodite nel mausoleo, all’ombra dei secolari cipressi del
“Viale della Pace”. Su di lui e sulla sua opera sono stati versati ormai
fiumi di inchiostro in Italia e all’estero.
Noi pensiamo di commemorarlo, nel Novantesimo anniversario della morte,
con la pubblicazione di un documento rimasto finora inedito. Si tratta
del discorso pronunciato nel 1908 dal curatore botanico del giardino
Aiwin Berger, presidente del Comitato che si era formato alla Mortola
per onorare la memoria di Thomas Hanbury con l’inaugurazione di un busto
bronzeo in piazza della chiesa. Berger, di nazionalità tedesca, che era
stato per molti anni a diretto contatto con Sir Thomas, di cui godeva
l’incondizionata stima, pronunciò il suo discorso in italiano alla
presenza del Sindaco di Ventimiglia Francesco Lorenzi e degli assessori
comunali. Per l’occasione, nella piazza si era radunata una grande folla
e vi erano convenute le rappresentanze delle associazioni cittadine. La
cerimonia era stata organizzata dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso
della Mortola, più volte beneficata dallo stesso Hanbury.
Nota: Il testo del discorso è tratto da Lebenserinnerungen “Ricordi
biografici” sulla vita di Atwin Berger scritti dalla maglie Elisaheth
anche a nome dei figli Friedrich e Verna. Il dattiloscritto inedito è
stato gentilmente messo a disposizione da Horst Luding. pronipote di
Berger.
LA VOCE INTEMELIA
anno LII n. 3 - marzo 1997
Ricordo di Sir
Thomas Hanbury
di Renzo VILLA - 1997
seriamente ogni
possibilità di sopravvivenza, nella consapevolezza che la rovina di un
patrimonio cosi raro e prezioso significherebbe un danno incalcolabile,
non soltanto per la cultura, ma per l'economia e il turismo della zona
intemelia e della Liguria.
La commemorazione di Thomas HANBURY - al di là
del suo carattere celebrativo - ha voluto essere un appello a tutte le
forze politiche, amministrative e culturali affinchè, nel nome e nel
ricordo di Hanbury, si giunga finalmente al superamento di quelle
difficoltà burocratiche che tuttora impediscono di sollevare il Giardino
dallo stato di abbandono in cui si trova.
Per l'occasione, al Palazzo Hanbury, è stata
esposta la Mostra Fotografica Retrospettiva LA MORTOLA D'ALTRI
TEMPI, allestita nel 1976 dal Consiglio della Parrocchia di San
Mauro, che comprende un centinaio di fotografie d'epoca, degli
Hanbury e del loro Giardino, riprodotte da Adriano VIALE.
Alcune di esse illustrano questa pubblicazione
commemorativa di cui auspico la più ampia diffusione nella speranza che
essa possa rappresentare un contributo alla soluzione del problema di
Villa Hanbury.
Un problema che riguarda noi tutti e del quale si
attende una adeguata, e ormai non più procrastinabile, soluzione.
.
Genova, giugno 1982.
Prof. Francesco GALLEA
Presidente della CONSULTA LIGURE
Il 20
giugno 1982, alla Mortola (Ventimiglia), nel Salone Grande del
Palazzo Hanbury - per iniziativa della CONSULTA LIGURE delle
Associazioni e della CUMPAGNIA D'I VENTEMIGLIUSI - si è tenuta
la commemorazione di Sir Thomas HANBURY, Fondatore del Giardino
Botanico, nel 150° anniversario della nascita.
Thomas Hanbury nacque infatti a Londra il 21 giugno 1832 e
si spense alla Mortola, ove riposano le sue ceneri, il 9 marzo 1907.
La manifestazione, che ha avuto luogo con la collaborazione
della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici della Liguria e
della Università degli Studi di Genova, si è aperta con la prolusione
della Soprintendente Dott. Arch. darà PALMAS DEVOTI cui sono seguite le
orazioni commemorative di Emilio AZARETTI e Renzo VILLA i quali hanno
parlato rispettivamente a nome della "Cumpagnia d'i Ventemigliusi"
e della "Consulta Ligure". Le due relazioni costituiscono la
materia della presente pubblicazione.
Alla commemorazione di Sir Thomas HANBURY - oltre
alle delegazioni delle Famiglie Liguri, associate alla
Consulta, e ad un pubblico scelto ed appassionato - hanno
partecipato, fra le Autorità, Leone PIPPIONE Presidente della
Amministrazione Provinciale di Imperia, il Dott. Andrassy FALCIOLA
Presidente dell'E.P.T., il Dott. Mario BLANCO Presidente dell'A.A.S.T.,
l'Assessore alla Cultura Gasparino CARAMELLO e il Prof. Mario PALLANCA
Consigliere del Comune di Ventimiglia, la Signora Anna Silvia CAUVIN in
rappresentanza del Console inglese di Genova, il Dott. Piergiorgio
CAMPODONICO Curatore del Giardino.
Erano inoltre presenti: la
Dott. Francisca PALLARES Direttore dell'Istituto Internazionale di Studi
Liguri, l'Ing. Paolo CESCHI Presidente della Sezione Intemelia di "Italia
Nostra" e rappresentante della Commissione Consultiva per
VillaHanbury, il Geom. Fedele A. PALMERO Presidente delDistretto
Scolastico, la Dott. Marisa DE VINCENTI AMALBERTI Presidente dell'Unione
Intemelia e i rappresentanti locali di numerosi Enti ed Associazioni
protezionistiche.
La CONSULTA LIGURE, forte della tradizione culturale che
rappresenta, ha inteso, con questa cerimonia, ricordare Thomas Hanbury
nel momento in cui le condizioni del Giardino Botanico sono giunte
ad uno stadio di decadenza tale da comprometterne
Presentazione