Viabilità preromana nel Ponente ligure
Una serie di
toponimi rivelatori del famoso tracciato da l’Alpe Summa al Bignone
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IL TRACCIATO
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La prima citazione sull’esistenza di un
tracciato viario, che avesse percorso la costa del Mar Ligure,
attraversando il territorio intemelio, è dello storico e viaggiatore
greco Posidonio, vivente fino all’anno 50 e.V., nell’isola di Rodi.
Questi segnalò la presenza, fin dal secondo secolo prima di Cristo, di
una strada tra Piacenza e Marsiglia, che valicava l’Alpis Summa,
l’odierna Turbia, conosciuta col nome di Via Heraclea o Herculea,
giacché si voleva tracciata dall’eroe greco nel corso del suo ritorno
dalla decima fatica, quando andò a rapire la mandria di buoi a Gerione,
nell’isola di Erizia, sulle sponde dell’Atlantico.1
Nei pressi di Marsiglia, la strada percorsa da Ercole,
sarebbe transitata per la regione de La Crau, dove avvenne la battaglia
dei Campi Lapidarii, combattuta dall’eroe contro i Liguri, guidati dai
giganti Albione e Dercino; quando Zeus fece piovere sassi in soccorso
del suo pupillo in difficoltà. Dopo quell’avventura, l’eroe avrebbe
trovato sollievo a Monaco, che da lui prende nome, giacché, dai
massalioti, nell’antichità veniva chiamata Portus Hercules Monœaci, per
il fatto che vi si celebrava l’ermafroditismo insito in quel mitico
personaggio.
Non si sono mai trovati riscontri del tempio che si
dice lo celebrasse, avendolo cercato sulla Rocca, sulla Turbia e persino
su mont’Agel, tutti luoghi dall’intenso fascino paesaggistico, ma
soprattutto segnati da evidenti forze geomagnetiche, intese da sempre,
che rendono il sito un territorio d’eccezione, dal punto di vista
esoterico, fino ad eleggerlo a sito della celebrazione di Ottaviano
Augusto, imperatore.2
Dalla Turbia, Heracle avrebbe seguito i crinali che
scavalcano il Granmondo o la Longoira per calarsi verso il guado nella
Roia in relazione ai crinali che si dipartono dalla Collasgarba, sito
abitato fin dalla remota antichità. Una
sosta sulla collina delle Mauře, che avrebbe potuto dar valore semantico
al sito poi chiamato "San Cristoforo", oggi “San Giacomo”, nel senso di Colla Heraclea e relativo
tempietto dedicato ad Heracle, per quell'occasione; un faunum
in pietra, che sarebbe sorto in rilevante ottica con Monaco e la Turbia.3
Altro sito in ottica con San Giacomo e la Turbia,
proseguimento ideale della via Heraclea, è Seborga, per andare avanti sui
crinali del Caggio, verso il Ceppo e le dorsali dell’Argentina, onde
scansare l’impenetrabile Lucus Bormanus, la foresta costiera che da
Montenero sarebbe stata estesa fino a Diano Marina, dove se ne conserva
il ricordo toponimico.4
Lo confermerebbero la Tavola Peutingeriana e
l’Itinerario Antonino che pongono sulla costa: Vado, “Pullopice”,
Albenga, “Luco Bormani” e poi Ventimiglia, prima di “Lumone” ed “Alpe
Summa”.
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SAN ROMANO, UN INDICATORE
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Il percorso della Strada Heraclea sul
suolo intemelio potrebbe essere stato tramandato dalla presenza, in
zona, di altari dedicati a San Romano, disposti lungo una impressionante
sequenza territoriale.5
Il dies natalis di Romano è tradizionalmente il 9
agosto, la vigilia della festa dedicata a San Lorenzo, con l’agiografia
del quale divide il martirio. In considerazione che il giorno 12 agosto
la Chiesa commemora san Ercole, valutando che l’epopea dell’omonimo eroe
greco è stata assai propagata, nell’antichità degli Intemelii, il titolo
di “Romano” potrebbe anche essere riferito a questo arcaico mito, anche
per il significato che il termine “romano” assume nel senso di uomo
smisurato, così come lo era Eracle, l'Ercole latino.6
San Romano è un martire cristiano,7 il quale vanta tradizionalmente un
certo culto sul nostro territorio, a cominciare dalla vicina Nizza, dove
gli è dedicata una chiesetta collinare legata al territorio circostante,
ma fino ai primi anni del Novecento gli era attribuita una chiesa, nel
centro storico, oggi dedicata a san Gaetano Thiene, ma popolarmente
ancora conosciuta col suo nome.
Ben quattro siti, nella parte bassa della Zona
Intemelia, conservano chiese dedicate a questo soldato; in altri tre
luoghi vi sono intitolati altari secondari, ma in ogni caso importanti:
- Altare nella cattedrale di Monaco Principato, del quale è
patrono assieme a Santa Devota.
- Borgo con chiesa al confine Est del Principato di Monaco;
prospiciente la Baia di Roccabruna.
- Chiesa romanica nella valle del Carei, a Sud-Ovest di
Castellaro, nell’entroterra di Mentone.
- Un altare nella parrocchiale di Torri.
- L’altare originale, nella barma del santuario alla
Madonna
delle Virtù, in Siestro.
- Chiesa campestre sul crinale soprastante Bigauda, nella
collina a Sud-Ovest di Camporosso.
- Chiesa campestre sotto i Ruchin, oggi conosciuta come San
Gregorio;
sul crinale che da Dolceacqua conduce a Perinaldo, o riporta a Soldano,
in Val Verbone.
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CAMBIAMENTI AGIOGRAFICI
Come Romano, inteso quale “uomo smisurato”, sia Eracle che Cristoforo, miti relativi a uomini di alta statura, sono
stati molto attivi nell’antichità della Zona Intemelia. San Cristoforo,
protettore dei viandanti, era ancora molto attivo nel XV secolo; gli era
dedicata la collina delle
Mauře, a tutto il 1498.
L’agiografia più antica vuole Romano legionario, quindi
armato di gladio e vestito della lorica, con la palma del martirio in
mano; ma nel tempo, gli agiografi hanno voluto San Romano nella veste
dalmatica
di sacrestano nella basilica di papa Sisto e del diacono Lorenzo.
Gli attributi novecenteschi dei dipinti, presenti sugli
altari delle nostre cappelle, lo vedono indossare sovente i panni del
diacono e persino del vescovo, confondendosi volentieri con San Gregorio, che guarda caso
riporta anch’egli l’attributo di "magno", riferito alla sua grandezza
morale e culturale, ma non solo.
Nella versione di soldato, il Principato di Monaco lo
ha eletto a santo Patrono, abbinato a Santa Devota, forse per sostituire
il patronato che il divo Ercole concedeva a questo luogo così
evidentemente esoterico. È soldato anche a Mentone e in
Siestro, ma lo vediamo chierico, in dalmatica, a Camporosso.
In Dolceacqua, dove si è fatto in modo di
sostituire Romano con Gregorio; le mamme dei primi anni del Novecento
cantavano la ninna-nanna: “San Gregò e San Ruman fe’ adormì ‘stu belu
magnan - San Roman e San Gregò fe’ adormì ‘stu belu figliò”, fissando la
trasformazione in atto nella dedicazione della chiesetta ai Ruchin.
Se poi, diamo per buona la trasformazione di Romano nel
Römu che è diventato il vescovo protettore della città di San Remo, il
tracciato Herculeo si definisce sempre più evidente, all’altitudine
della “barma” che, si dice, abbia ospitato il santo, sulle falde di Monte Bignone.8
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NOTE:
1) La via Heraclea o Herculea
conduceva dall’Italia fino ai Celtoliguri, alla Celtica ed agli Iberi.
Se qualche Greco o indigeno vi passava, era sorvegliato dalle
popolazioni vicine, in modo che non subisse alcun torto: infatti, questi
popoli, pagavano un’ammenda per le persone a cui era recato danno. Come
riporta Apollonio Rodio, anche Giasone con gli Argonauti vagava, dalle
foci del Rodano, verso levante e solo con l’aiuto di Era, sarebbe
riuscito a passare incolume nel bel mezzo dei mille popoli Celti e
Liguri, fino all’Etruria. - … come vengono cantate fedelmente le
grandissime insegne della nave Argo, oltre questo mare, presso la terra
Ausonia e le isole Liguri, che sono chiamate Stecadi ? - … e le isole
Liguri: presso l’ltalia vi sono tre isole, abitate da Liguri, dette
anche Stoichades, o Stecadi, per la loro disposizione in fila. - Le
Isole d’Hyeres.
2) In Egitto per tutto l’inverno del 30 e la primavera del 29 p.e.V.,
risolto l’assetto dell’Oriente, Ottaviano fece ritorno a Roma il 13, 14
e 15 agosto di quell’anno, per celebrare tre magnifici trionfi delle
vittorie riportate in Dalmazia, ad Azio ed in Egitto. Attuò donativi ai
veterani ed ai poveri adoperando i tesori di Cleopatra; indi, alla fine
dei tre giorni di feste, consacrò il tempio dedicato a Cesare. Come
aveva già fatto Pompeo Magno, anche Augusto, in quell’occasione, aveva
fatto coincidere il suo triplice trionfo con le feste celebrate a Roma
in onore di Eracle, il 12 agosto in onore di Heracles Invictus ed il
giorno successivo in onore di Heracles Victor, l'Eracle vincitore.
3) Ancora nel 1498, la chiesetta a cavaliere della colla Mauře era
aperta al culto di San Cristoforo, che dava il nome alla medesima,
intera collina. Con l’avvento del cristianesimo, San Cristoforo aveva
assunto i caratteri formali di Heracle, come lui gigantesco e come lui
ritratto mentre porta sulle spalle un fanciulletto divino. È infatti
assai nota la statua greca, scolpita da Fidia, dove Hercole trasporta Heros in
spalla, oltre il fiume, dalla quale nasce l'agiografia di San Cristoforo.
4) I percorsi trasversali alle evidenze vallive, lungo la costa del
mare, non venivano quasi mai disposti per attraversare i corsi d'acqua
presso la foce, perché è risaputo come i guadi migliori si rintraccino
nei punti mediani del corso finale, ma soprattutto per non dar spazio ad
eventuali assalti pirateschi, sempre in agguato in luoghi di
attraversamento forzato.
5) San Lorenzo è celebrato sul territorio presso il Var e sulle alture
ad Ovest di Ventimiglia. Oltre la zona presa in esame, che San Lorenzo
sia diffuso in ogni dove, ossia, non definendo una traccia ben precisa e
lineare, non è cosa ragguardevole; come invece risulta notevole la
sequenza, piuttosto allineata, che accompagna i San Romano lungo
l’Appennino Ligure, ma specialmente su quello Toscano, fino a Porto
Ercole, eppoi giù, giù, fino alla Calabria, dove il mito di Ercole pare
abbia lasciato i territori italici per imbarcare la mandria di Gerione
verso la Grecia, capolinea di quella fatica, come di tante altre.
6) In molti gerghi celtici, Romàn ha il significato di smisurato, mentre
il derivato: Romedàri indica omaccione, uomo d’alta statura: da
ro-molto
e mevd-grandezza. Anche dromedario, ad indicare il grosso animale
orientale, rientra in questa sequenza. Nella parlata costiera intemelia il nome di San Romano è
Romàn, che nei dialetti della Val
Nervia viene pronunciato Rumàn e in quelli delle valli tra il Nervia e
l’Argentina diviene Römàn. Si deve anche considerare che il patrono
sanremese, San Romolo, localmente è detto Römu, che, nel tempo, è
diventato Remu, andando a definire la città protetta: San Remo. Sia
Röman che Römu possono considerarsi sovrapposizioni ad una divinità
latina importata e sovrapposta all’elemento costitutivo locale, che
potrebbe esser stato il riconosciuto Bormano, divinità della selva che
ricopriva tutto il Ponente ligure. Nel panteon celto-ligure,
precedente l'arrivo dei Massalioti,
il nome della divinità in causa potrebbe essere stato prossimo a Rom,
Brön, o Crow, che sono prefissi di deità galliche riconosciute. Con un
nome simile nella mitologia celto-gallica viene definito un gigante il
cui nome significa “corvo”, era il dio delle battaglie, del valore e dei
bardi; segnatamente: Brön > Brannos > Brennio >
Brenno, che in gallese è Bròn, localmente sarebbe stato Borman, legato all’acqua ed al bosco.
Crow in inglese
si pronuncia crou e nei dialetti intemeli il corvo e detto proprio
cròu.
Significativamente il termine Römu è conducibile al nome col quale gli
arabi indicavano i cristiani delle coste provenzali, fin dal VII secolo;
vocabolo che è presente nel francese attuale con la pronuncia rùmu e la
grafia roumu.
7) Legionario incaricato di assistere al supplizio di San Lorenzo, si
rifiutò di eseguire dichiarandosi cristiano. Fu sottoposto a
flagellazione e poi decapitato a Roma nell’anno 258 dell’Era Volgare. Si
invoca contro il pericolo di possessione demoniaca. Il dies natalis è
tradizionalmente il 9 agosto, la vigilia della festa dedicata a San
Lorenzo.
8) Pare che la barma sanremese fosse
conosciuta come römu già prima che ospitasse quel vescovo
eremita, forse anche per definirne il romitorio che avrebbe
rappresentato per il territorio Matuziano.