rivista il : 16 luglio 2011

 

 

        Nu’ vegu ni Sant’Ampegliu, ni u Cavu Martin, ni mancu a punta d’A Murtura, l’è cume se ghe fusse davanti ina tendina de lüxe: noma a Çità a se ve franca intu barbagliu, e, derè â Çità, e due fire de muntagne paresche a due aře. Ma sentu in sciû mei fronte a fàra d’u su, e i mei ögli i s’asbascia agagnai. E cume in fringhelu orbu cantu a lüxe che nu’ pösciu ciü ve’. Nu’ sun staitu mai veramente pueta che davanti â mei marina deserta e abarbagliante.
      E m’arregordu iscì d’i tramunti d’ouru. I pescavui ch’i tira a re’, adaixu, carmi, rassegnai; o che i s’apareglia pe’ u tartanun. I sun i mei veci amighi Pascienza, Giuà, e Piè, e i me riçeve senza mancu mirame cume fusse ün d’i sou. Mi’ pousava u mei libru insc’ina pria e gh’agiütava a tirà, o ghe dumandava d’e nutiçie in scià pesca. Ciü suvente però l’invidiava. Da chi a in po’ i üřtimi ragi i spariran de derè ai murri d’a Pruvença luntana, e u ciairù grixu u ne infruperà inta sou cařma. Pöi parescerà a lüna de derrè a A Burdighea. A l’è ina gala de lüna che a tramunterà aviau.
      .................

E ASSE
                                      de Alessandro Varaldo -  1932

        Candu u mei travagliu de scritù (che u paresce tantu liberu e che in scangiu u l’à ciü caene che nu’ se pense) u m’û permeterà, vögliu turna vegnì a Ventemiglia e çercà i recanti ascusi e e viste abrighe de candu eira figliö.
        Vögliu turna zirundà pe’ tüta a ciaza de "E Asse” che, ai mei tempi, a l’andava d’a buca d’u Röia a chela da scciümaira de Nervia. A nu’ l’è ciü a mèixima, u saciu, a l’è tüta scangià. Ma mi’ faron contu de nu’ acòrzime d’u prugressu che gh’è staitu, serreron caiche vota i ögli e me parescerà de vémeřa turna cume a cheli tempi.
       E l’è lulì che fassu inte stu mumentu.
       Caru pe’ a stradeta che a traversa a vila d’i mei veci, e m’afermu in sce l’autu scarin d’arena che u domina a ciaza. L’è mezugiurnu; (a l’eira a mei pasciun, ina vota, de carà â marina in sciû bon d’u mezugiurnu). A ciaza, maiscì larga inte cheli tempi, a lüxe cume in’autra marina: i gussi d’i pescavui, astracai, paresce che i rie suta a stu baixu asfarau. Nu’ gh’è arima viva.

da "A BARMA GRANDE"   Primu Libru

 

Le Asse viste da William Brockedon, nel 1829

 

G U I D A
ESPANSIONE MODERNA

LE  ARENE  E  LE  ASSE

       Fino a metà del Novecento, la città di Ventimiglia trasferì i suoi abitanti dall'abitato in alto sullo "Scögliu", verso il piano, in quello che era detto "u Cuvéntu", attorno alla Stazione Ferroviaria Internazionale. Esaurito questo sito di espansione, che è diventato di fatto il Centro Città, accogliendo la maggior parte dei servizi; l'urbanizzazione e la speculazione edilizia hanno occupato la piana a Levante, compresa tra il fossato del Rio Resentello e quello della "Riana d'ê Vàche", che sono stati coperti, rispettivamente a Via E. Chiappori e Via C.C. Tacito.
       Dal Resentello alla Riana, il territorio giacente lungo la costa è conosciuto col nome di "e Asse" e il suo fondo, composto da fini sabbie fertili, per secoli, ha sostenuto un ruolo agricolo di primaria importanza. La parte interna di quel territorio, sottostante l'altura delle Màuře, percorsa anche dai binari del treno, è divisa in due toponimi: presso il Resentello e fino a "via regina", l'attuale Via Dante, ha il nome di "e Cabàne"; da li fino alle Vàche, è conosciuta con il nome di "e Aréne".
       Quel "cabane" deriva dalla presenza, fino a metà Ottocento, delle decadenti baracche che costituirono l'accampamento genovese, durante l'assedio duecentesco, che ha anche prodotto la "Bastida", trasformata poi nel quartiere "u Valùn", presso il Convento Agostiniano.

   Per definire il toponimo Asse, veniva posto in campo il termine che definiva i legnami sconnessi o bruciati, riportando la sua nascita alla distruzione provocata, nell’anno 643 alla Città Nervina e dintorni, dal sovrano longobardo Rotari. La popolazione intemelia si era trasferita sui monti, sino a quando il figlio di Rotari, Rodoaldo, nel 652, accordò loro i mezzi per riedificare la città, che sarà retta dai Longobardi fino al 774.
     In forme più dotte, asse potrebbe essere stato designato a quella spiaggia lungo la quale le acque marine oscillavano con moto alterno per cui l’altezza di marea si attenuava fino ad annullarsi.
      Nel medioevo, su quell’ampio tratto di spiaggia renosa, potrebbero essere emerse moltissime monete antiche conosciute come “asse”, dal latino as, che erano l’unità monetaria bronzea ed argentea degli antichi Romani, che si divideva in dodici once e corrispondeva in origine all’unità di peso, la libbra.
        La porta che permetteva il transito sull’antemurale costruito dai Genovesi nel 1221, durante l’assedio che sottometterà Ventimiglia, era stata battezzata Porta delle Asse, perché apriva la via, che attraverso questa regione conduceva alla Bastida, case costruite, presso il Convento agostiniano, per accogliere quanti abbandonavano la città sullo Scoglio, a causa degli stenti procurati dall’assedio.
       Nei secoli successivi, l’odiata porta non venne più usata, finendo vittima di un’inarrestabile decadimento, condiviso con tutto l’antemurale, tanto da venir riconosciuta come Portasse, parafrasi peggiorativa del suo nome originale.
                                                        L.M.

                          LA VOCE INTEMELIA   anno LXI  n° 6  -  giugno 2006

 home