G U I D A
NELL'ANTICHITÀ

      La cattura del Bevera, il flusso torrentizio proveniente dal Col de Turini, da parte del Fiume Roia, potrebbe essere avvenuta nel corso dell'Età del Ferro, attraverso la lenta erosione delle falde Sud di Monte Pozzo, incuneate nella pendice Nord-Est di Cima Gavi.  A causa di quell'evento, la draira di transumanza per le greggi provenienti da Tenda, avrebbe subito un progressivo abbassamento di quota, che nel Medioevo l'avrebbe portata a livello del greto, col conseguente inerpicarsi verso il Passo dello Strafurcu, il quale nell'antichità si trovava perfettamente in quota.

IL   TORRENTE   BEVERA   SAREBBE

SFOCIATO  NELLA  PIANA  DI  LATTE

   SULLA FOCE DEL BEVERA A LATTE
.

      Qualche ventimigliese, poco attento alle notizie progressivamente rese pubbliche dagli studiosi locali, non ammette che, nell’antichità, il Torrente Bevera potesse sfociare in mare sulla spiaggia di Latte, scavalcando l’altura di Sant’Antonio; anche quando ne venisse ordinatamente informato.
      Riportiamo la citazione che il dottor Emilio Azaretti ha pubblicato a pagina 48, nella RIVISTA INGAUNA e INTEMELIA - anno XLI - n. 1-4 - Ist. Int. St. Lig. Bordighera 1986; nell’articolo sulla TOPONOMASTICA DELLA COSTA VENTIMIGLIESE:
.
2.16 Inizia poi u Cian de Laite «la piana di Latte» una estesa formazione deltizia che contrasta con la modesta, saltuaria portata del Valùn de Laite «rio Latte», che l’attraversa. La spiegazione del contrasto è stata individuata, dai geologi B. Limoncelli e M. Marini, nella cattura del torrente Bevera, che aveva anticamente la sua foce a Latte, da parte del fiume Roia. La sella di spartizione fra l’alveo del Bevera e quello del rio Latte, poco rilevata e a dolce inclinazione, in netto contrasto con l’aspra morfologia della zona circostante, conferma chiaramente l’avvenimento.
.
                                                 
Pubblicato su LA VOCE INTEMELIA del maggio 2007

 

    Le pendici Nord della Cima di Gavi, il monte oggi completamente eroso dai prelevamenti della Cava Bergamasca, erano connesse con le pendici Sud di Monte Pozzo, nel punto dove l’Ottocentesca Cava Acquarone ha lasciato una profonda escavazione, fino ad una quota di almeno 170 metri, tanto da permettere il contenimento delle acque della Bevera in un grande lago che si allargava sui siti che oggi contengono Calvo, San Pancrazio e Torri.
     Avrebbe lambito il Serro, per tracimare dai 165 metri del Passo di Sant’Antonio, tra le pendici Ovest della Cima di Gavi e quelle Est della Cima di Terca; saltando ai 115 metri, nella bassa valle del Ruassu, che proviene dal Granmondo, ed inserirsi così in quella che è la Valle del Latte.
     Il solo apporto idrico del Ruassu avrebbe erosa la parte alta della vallata di Latte ad una quota meno profonda di quella scavata dalle acque abbondanti e precipitose della Bevera; anche perché, sempre per l’apporto del solo Ruassu, la Piana sedimentaria di Latte non potrebbe avere la vastità che presenta. Infatti, alle analisi geologiche le ghiaie alluvionali della Piana risultano provenienti dal territorio di Sospello, con i caratteri litici del Turinì e del Brouis.
   La continua erosione, oppure un semplice sconvolgimento terreno avrebbe scavata la connessione tra Pozzo e Gavi, fino ad una quota inferiore ai 160 metri, permettendo al letto della Bevera di indirizzarsi verso Levante e raggiungere le acque della Roia, nel sito prospiciente le Porre.

LA DRAIRA DELLO STRAFURCU
RICOSTRUZIONE A PRIMA DELL'ETÀ DEL FERRO

     VARIAZIONI DI QUOTA DELLA DRAIRA
.

       In seguito al cambio di letto della Bevera, la Draira dello Strafurcu, dal Pozzo verso la Maglioca, ha cominciato ad attraversare in guado l’emissario del lago a quote lievemente inferiori, progressivamente all’allargarsi piuttosto dinamico del varco torrentizio verso la Roia, fino a quote assai basse che riportavano in ogni caso verso la sicura “posta” di Seglia, su terreni per i quali, nell’antichità, il raccordo collinare tra Pozzo e Gavi avrebbe rappresentato l’estensione ideale della draira transitata dalle greggi in transumanza, dopo la percorrenza sul crinale del Pozzo, in quota, verso il raggiungimento delle pendici ovest della Magliocca, l’attuale San Lorenzo, il crinale del Colle d’Appio, del Monte, del Colle e la discesa sullo Scoglio.
       L’attraversamento del guado in quota ha avuto una durata assai lunga nei secoli; potrebbe essere stato in uso ancora nell’Alto Medioevo. La necessità di transitare con le greggi per quei terreni alberati e paschivi, gli ha fatto conservare il toponimo de “i Franchi”, anche se, alcune improbabili leggende, per quel toponimo, ci tramandano la visita di antichi sudditi carolingi; di paladini intenti a dar nomi a luoghi e paesi e persino di esuli Albigesi, in fuga dalla Provenza.
       Il primo cammino avrebbe rispettato le necessità del tempo; quest’ultimo diventava imprescindibile. Il punto d’arrivo della strada di transumanza, con l’entrata nei rigogliosi Paschei, era sacralizzato dalla presenza di una “crota” dedicata ad una dea agreste. Il termine “draira”, localmente, indica il tratturo.
       La discesa su Varase, San Rocco e Bevera, al guado verso le pendici di Seglia, e sempre in fondovalle tutta la Maneira fino a San Steva, da dove il cammino riprendeva a risalire verso lo Scoglio, sulle falde dell’Aurignagna è stato un percorso intrapreso soltanto nel XI secolo con la relativa sicurezza tutelata dal Libero Comune, eppoi dai genovesi.

Immagine da  Google Earth
'' Passo dello Strafurcu

© : lavoro del 1999 - disposto in aprile 2008
inizio pagina

 

 rivista il: 18 gennaio 2012
home
 
RITORNO