Nei
secoli, su qualunque territorio sono andate perse le vestigia di
luoghi, cui apparteneva un proprio toponimo, che invece si è
conservato nelle conoscenze del popolo, oppure nei risvolti di
qualche libro o documento.
Ecco quelli ritrovati, sul territorio
ventimigliese, con le debite analisi.
TOPONIMI NASCOSTI
Esisteva, dunque, nel ‘700 un posto di controllo sanitario,
sostenuto dalle esazioni di gabelle daziarie, in località San Rocco,
che l’illustrazione del Vinzoni pone sulla via romana (Iulia
Augusta), a circa trecento palmi di Genova, quasi come 750 metri, a
levante del vallone di San Secondo.
Il luogo, ora interrato nell’ampio parco ferroviario,
strategicamente posto ai piedi della strettoia creata dal
contrafforte roccioso delle Maule, a ridosso della Portasse,
ricavata in quel muraglione difensivo costruito dagli assalitori
genovesi già nel 1200.
Da lì, si sarà certamente potuto controllare visivamente ogni
movimento che fosse intervenuto, fino all’altro Posto delle Asse.
Sarà stato, con ogni probabilità un luogo brullo, anche se il
disegno riporta una serie di alberelli ed una casa, lato mare,
perché potrebbe essere stato un luogo di quarantena.
Infatti,
nel medioevo. San Rocco divideva con San Lazzaro la protezione degli
appestati ed in nome loro si gestivano quegli ospedali detti poi
“lazzaretti”.
Sempre dal disegno vinzoniano possiamo rilevare una costruzione,
quindi degna di segnalazione, proprio alle falde della parete
rocciosa, all’altezza dell’attuale tunnel per Siestro, inoltre a
ridosso del Resentello appare il segno della cappelletta dedicata al
Santo patrono.
Dando voce all’ipotesi che viene alla mente, il terrapieno
ferroviario potrebbe nascondere, in quel punto una chiesuola e forse
un ospizio, dedicati a San Rocco, in concorrenza toponimica col più
accertato e famoso luogo vallecrosino.
LUIGINO MACCARIO
LA VOCE INTEMELIA anno XLV n° 2 - febbraio 1990
Il colonello Matteo Vinzoni, nella tavola del Commissariato di
Ventimiglia dello “Atlante dalla Sanità”, redatto per la Serenissima
Repubblica di Genova nel 1722, pone un Posto di Guardia, in Casetta di
legno, nel luogo di San Rocco. Relativamente vicino a questo, pone il
Posto dell’Asse, “in Casetta di matteria fabricata a quest’effetto”.
Provvedevano a questi due Posti, in turni di tre Uomini di giorno e
altrettanti di notte, un Caporale e venticinque Uomini di Ventimiglia
per il primo; mentre un Caporale e cinquanta Uomini di Bevera,
controllavano il secondo, partecipando ai turni del primo.
Il Vinzoni non manca di segnalare, com’è uso fare, la distanza delle due
ore di cammino, che divideva gli uomini abitanti a Bevera dal posto di
lavoro.
Gli Uomini del Sobborgo di Sant’Agostino, in quegli anni già decisamente
abitato, prestavano invece servizio a Nervia, distanti almeno un quarto
d’ora, per scongiurare che non si allontanassero dal posto, o non
favorissero un doppio lavoro.
Viene inoltre segnalato che a San Rocco, come a Porta di Marina, ai
Balzi Rossi ed a Frampaure, ai piedi della Longoira, sovrintendono “l’i
Deputati”, che per San Rocco, di giorno e di notte, sono in numero di
venti.
Questi Deputati, che il Vinzoni in altro paragrafo segnala come “delli
principali cittadini di Ventimiglia” altro non erano che ispettori delle
guardie, mentre l’incarico di “Bollettari” era sostenuto dal Cancelliere
della Communità e da suo fratello.
. .
Ritengo invece che Ořignana designasse l’insieme degli abitati di
case Boi e San Bernardo ed indicasse tutto il territorio posto tra
questi e la chiesa di San Michele, compreso tra il Monte, il poggio
di Peidaigo ed il fiume Roia.
Nella ricerca etimologica condotta dalla prof. Giulia Petracco
Sicardi, per la Toponomastica di Pigna, viene all’occhio l’assonanza
del ventimigliese Ořignana col locale Ouri, entrambi toponimi
fondiarii, quello derivante dal latino “Aurius”, questo dal
gentilizio “Aurinius”.
Anche la descrizione fatta dalla Sicardi per gli Ouri, calza a puntino
per l’Ořignana medievale: «...zona coltivata intensamente, viti,
orti, seminativo, olivi, con molte case sparse, forse la migliore
regione agricola del territorio di xxxxx, nome della bandita
comprendente tale zona».
LUIGINO MACCARIO
LA VOCE INTEMELIA anno XLV n° 1 - gennaio 1990
Aurignana, in dialetto locale, come il professor Lamboglia indica nella
“Toponomastica Intemelia”, compare in atti del 1063, ai confini del
Priorato di San Michele, tra il fiume Roia e Castel d’Appio. Il notaio
Amandolesio la chiama Orignana nel 1261, mentre nel 1523 viene detta
Olignana. Ne deriva il cognome ventimigliese Olignani, nobile famiglia
in auge fino al 1700.
Sempre il Lamboglia la indica, con certezza, come un antico fondo
romano, dove sono già avvenuti ritrovamenti di tombe e altri oggetti.
Sul foglio 102 della Carta d’Italia, dell’Istituto Geografico Militare,
rilievo del 1937, nel quadratino 50-51/86-87 è indicato un generico
Olignana, sul territorio alle spalle di Forte San Paolo.
Matteo Vinzoni, nel 1720, descrivendo il Commissariato di Ventimiglia,
per lo “Atlante della Sanità” della Serenissima Repubblica di Genova,
mette di guardia al posto di frontiera di Miciorè, alle falde della
Longoira, un caporale e quaranta uomini provenienti da Sant’Antonio,
Appio e Ořignana.
Specifica inoltre che questi uomini «...sono distanti dalla detta sua
guardia, cioè Sant’Antonio ore tre. Appio tre e mezza, e Ořignana
quattro circa».
Sulla carta il Vinzoni compie un vistoso errore di ubicazione del borgo,
ponendolo alle spalle di una non ben definita “Celae” che vorrebbe
essere Seglia, se nella descrizione, il Vinzoni non dimostrasse di
confonderla ulteriormente con Sealza, quivi indicata “Celza”.
La dott. Laura Balletto nella rassegna “Toponimi Medievali del
territorio di Ventimiglia” del 1972, unifica Ořignana all’attuale
Peidaigo, pur rilevando che nell’Amandolesio compaiono entrambi i
termini.
MEMORIE CARTOGRAFICHE
Una cartina di
anonimo, del giugno 1745, «Marche de l’Armée de Menton a la Bordighera»,
pubblicata a Parigi nel 1775, riporta «S.to Stefano» chiaramente
indicato fra la mulattiera per Castel d’Appio e le case di un eventuale
San Bernardo.
Una carta del
Gustavo, detta «Tipo visuale del fiume Roia» pubblicata a Genova nel
1793, presenta una strada importante che da Sant’Agostino, percorsa la
riva sinistra, guada il fiume presso Roverino per inerpicarsi verso
Costel d’Appio. Dovremmo considerare molto ampia la probabile vastità
del Lago antico e medievale, che avrebbe caratterizzato la foce del
fiume Roia, concedendo un porto ampio e sicuro alla nostra città.
L’alveo del Roia
è veramente esteso; inoltre oggi dobbiamo tener presenti i possenti
apporti alluvionali, sicché nel medioevo la zona umida sarebbe stata
inferiore di almeno sei metri, m molto più ampia e ad un livello
all’altezza di Roverino. Certamente dobbiamo pensare che il punto di
apporto dell’immissario nel Lago fosse situato molto vicino alla zona
attuale dell’Autoporto.
IPOTESI CONCLUSIVE
Da quest’area il
Lago era contenuto ad oriente dall’isola dei Gorreti, delimitata
sull’altra sponda da un importante braccio di fiume che da Roverino
finiva ad inondare i Paschei.
Un probabile
facile guado avrebbe potuto permettere di guadagnare da «Royrino», verso
la riva destra, la strada per Tenda; strada che per l’altro verso
conduceva in agevole pendenza fino a San Michele.
La presenza di
un’antichissima chiesa dedicata al primo dei martiri cristiani, presso
un bivio stradale di grande importanza, darebbe un senso alla sua
frequentazione altomedievale, in una zona priva di importanti
insediamenti abitativi.
Darebbe senso
ancora al suo rapido decadimento con l’apertura del ponte in zona Borgo,
mentre porrebbe il tracciato dell’antica via Romana in prospettive
finora mai percorse.
LA VOCE INTEMELIA anno XLIX n° 5 - maggio 1994
RICERCA DEL SITO
Sia nella
memoria dotta che in quella popolare ventimigliese pare sia scomparsa
del tutto la ubicazione del sito contenente la chiesa medievale di Santo
Stefano e del relativo toponimo, in quella che è stata «ripa Sancti
Stephani».
Se ne
cercherebbe il sito archeologico nei pressi del Mattatoio, o tutto al
più poco oltre il Mulino di Peglia, mentre i toponimi esistenti, ancor
vivi, ed il vago ricordo dei residenti lo porrebbero nei pressi del
Piazzale autostradale.
La zona a
settentrione della Porta Piemonte è stata ed è certamente Olignana,
mentre «ad ripam», dopo l’attuale Peglia, è consolidato «u Prau»,
percorso dal rudere arcato di una condotta aerea per l’acqua,
probabilmente convogliata verso la isola dei Gorreti fin dal medioevo.
Quindi si può escludere sia il Mattatoio che il Mulino, che comunque
sarebbero restati inglobati in quel lungo molo - prolungamento del
porto Lago - verso settentrione: manufatto di evidenti origini
medievali.
MEMORIE ORALI
Tale molo, oggi
sotterrato dal ponte ferroviario e dal terrapieno che sopporta il Tennis
Club, nella parte più a nord, è ancor vivo nella memoria di Antonio
Parodi ed amici, che dicono di averlo usato, anteguerra, per fare «e
ciumbe inta lòna de Peglia».
Sul colle, verso
tramontana, ad Olignana seguono Le Lisce, Parmarin e la collina dei
Maristi, poi Maneira, ma già abbiamo superato il probabile Santo
Stefano, luogo vivo e vivace nella memoria di Vittoria Muratore,
novantatreenne, che vi ha abitato per molti anni fino al dopoguerra. Nel
suo ricordo è ancora vivo il nome di «San Steva» dato alla zona dove
gestiva «a Fascia Longa», contenente un antico muro, forse proprio
quello descritto nelle «Notizie» del 1901, da Girolamo Rossi.
Detto luogo, che
ha perso la antica identità toponomastica dopo la costruzione della
Caserma Goliardi, è oggi in piccola parte sommerso dal terrapieno De
Villa - Fonte e per la massima parte si apre verso le palafitte del
piazzale autostradale, alle falde del poggio che ospita la strada per
San Lorenzo.
CAGALUPI
nominato come Cagalupum o in plano Cacalupi aveva il
confine superiore verso montagna, con le terre di Ottone (Latarellis)
quello inferiore era verso il mare, mentre da un lato, verso il
fiume Roia confinava con le terre di certo Guglielmo Poipino,
dall’altro era il fondo di Guiranno Tenda.
Con qualche probabilità potrebbe essere stato sito in vicinanza del
torrente Bevera, in quanto facente parte di certe sentenze, per
un’eredità che prevedeva terre nei pressi della vallis Bivere.
TEMULA
Temola o Temura, come potrebbe essersi trasformato, è
citato: ubi dicitur Temala, in plani Temule, ubi
dicitur in Temuta. Non pare un nome del tutto dimenticato,
infatti vi è chi oggi lo indica come attivo; il problema sta
nell’identificarne con certezza i confini.
BEUTRA
ritrovare questo nome è un terno al lotto, ma tanto vale provare; di
certo, si conosce, era contenuto in territorio Vintimilii.
LUIGINO MACCARIO
LA VOCE
INTEMELIA
anno XLV n° 3 - marzo 1990
Dagli atti rogati dal notaio Amandolesio dal 1256 al 1264, in
Ventimiglia, il professar Lamboglia, prima, e la dottoressa Laura
Balletto, con molta attenzione, hanno cercato di dar corpo attuale, ai
toponomi ivi contenuti.
Qualcuno di questi nomi di località è tuttora esistente ed è stato
facile localizzarlo, per altri i tentativi sono stati finora
infruttuosi.
Vorrei provare a coinvolgere i numerosi lettori della “Voce Intemelia”,
affinché segnalino l’eventualità della conoscenza, magari per sentito
dire, sulla memoria attuale di toponomi, siti in vicinanza del fiume
Roia, non ancora ben identificati.
SANTO STEFANO
molti riconoscono una località di tale nome, nei pressi del rudere di
una chiesetta campestre, sita tra la Gallardi e Parmarin, che pare
portasse tale nome.
La Balletto stessa si dice certa della collocazione nei pressi
dell’attuale Olignana, verso il fiume Roia, quindi le indicazioni ci
sarebbero tutte.
Negli atti veniva indicato: ubi dicitur Sanctus Stephanus, oppure
in plano subtus ecclesiam Sancti Stephani, o ad Sanctum
Stephanum.