VENTIMIGLIA

I nomi di luogo “beni culturali” da salvaguardare

di Renzo Villa - 1992

     Mi è stato chiesto da più parti di pubblicare la relazione tenuta alla recente Tavola Rotonda sulla Toponomastica a Ventimiglia. relazione che peraltro era stata preparata sotto forma di appunti ai quali ora viene dato ordine e forma.

N O T E    D I    T O P O N O M A S T I C A

LA VOCE INTEMELIA anno XLVII n. 11/12  - novembre/dicembre 1992

NOTA BIBLIOGRAFICA

- Dizionario di Toponomastica, Storia e significato dei nomi geografici italiani, UTET, Torino 1990.

- GiovanBattista Pellegrini, Toponomastica italiana (10.000 no­mi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti spiegati nella loro origine e storia), HOEPLl 1992.

- Gaetano Ferro, Toponomastica ligure, Note geografiche, Libreria Editrice Mario Pozzi, Genova 1964.

- Nino Lamboglia, Toponomastica intemelia, Istituto di Studi Liguri, Bordighera 1946.

- Giulia Petracco Sicardi, Toponomastica di Pigna, Istituto internazionale di Studi Liguri, Bordighera 1962.

- Giulia Petracco Sicardi - Rita Caprini, Toponomastica storica della Liguria, SAGEP Editrice.

 

       I toponimi (nomi di luogo) sono un fenomeno linguistico del tutto particolare ed un fatto di cultura locale nel quale convergono lingua, geografia, storia, economia ed esigenze di natura pratica, la necessità cioè di attribuire un nome ai luoghi. E, con tutto ciò, la loro origine, o etimologia che dir si voglia, resta in molti casi misteriosa, spe­cialmente per i più antichi.

I toponimi sono oggi oggetto di catalogazione e di studio onde conservarne, per quanto possibile, l’uso (o almeno la memoria) dato che le profonde modificazioni del territorio (abbandono delle campagne, urbanizzazione e industrializzazione) rischiano di cancellarli o di cambiare la toponimia così come muta l’assetto territoriale.

E, con tutto ciò, i toponimi tendono a conservarsi e a sopravvivere più di tutte le altre parole di una lingua o di un dialetto, proprio perché intimamente legati alla perennità dei luoghi: pianure, colline, montagne, valli, corsi d’acqua.

Tanto per citare esempi classici (in seguito passeremo a quelli locali) i nomi di alcuni stati degli USA (Oregon, Minnesota, Missouri ecc.) appartengono al sostrato amerindiano, sono cioè parole delle lingue parlate nell’epoca precolombiane le quali, proprio perché legate ai luoghi, hanno resistito alla colonizzazione europea e al sovrapporsi di una lingua e di una cultura estranea.

Si diceva degli studi toponomastici attuali, di cui uno dei massimi rappresentanti è GiovanBattista Pellegrini, autore di numerosissime opere in materia. Da una sua indagine risulta che la regione italiana in cui gli studi toponomastici sono maggiormente approfonditi è il Trentino-Alto Adige. Nel 1987 la Provincia Autonoma di Trento ha emanato (caso probabilmente unico in Italia) una legge sulla «Disciplina della toponomastica» che stanzia pure adeguati fondi per la ricerca e la salvaguardia dei nomi di luogo, del resto già raccolti nel ‘32 da Ernesto Lorenzi nel suo monumentale «Dizionario toponomastico tridentino». Ciò perché in Trentino-Alto Adige i di luogo sono considerati «beni culturali», alla stregua di monumenti od opere d’arte che si devono preservare dalla rovina e dall’oblio.

E quale è la situazione nelle altre regioni d’Italia e, in particolare, nella nostra ? Sempre secondo lo studio del Pellegrini, le regioni del nostro paese dove esistono sufficienti «illustrazioni toponimiche generali» sono: la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Toscana. Mentre invece gli studi sono piuttosto saltuari in Liguria, in Emilia Romagna, nelle regioni adriatiche della penisola e in Sicilia. All’ultime stanno le regioni del versante tirrenico e la Sardegna.

La Liguria è quindi nel gruppo delle «buone penultime» in graduatoria, dopo i «primi della classe» trentini e le regioni della Padania. Ma per noi c’è però una nota consolante in quanto, pur essendo la Liguria in terza posizione nella classifica generale, possiamo vantare gli studi di Nino Lamboglia e Giulia Petracco Sicardi, .autrice ai un’opera in collaborazione con Rita Caprini.

Ciò senza dimenticare lo studio sulla toponomastica ligure di Gaetano Ferro.

E per venire a cose prettamente ventimigliesi non si può passare sotto silenzio la ricerca toponomastica sul «Catasto della Magnifica Comunità di Ventimiglia» del 1545, condotta dalla sezione Archivio di Stato di Ventimiglia, dall’equipe del professor Mario Ascheri. E non sta a me parlare dei «Toponimi delle due Mortole», un lavoro che lascio volentieri “sub iudice“.

Entrando ora nel campo della toponomastica ventimigliese vera e propria, vediamo che - il fenomeno comune ad altre aree - i nomi di luogo hanno resistito e quindi si sono conservati maggiormente nelle zone rurali dell’entroterra che in quelle urbanizzate della costa.

Nell’area urbana di Ventimiglia si è verificata, da un secolo e mezzo a questa parte, la scomparsa di numerosi toponimi, anche a causa del sorgere della città moderna su un sito precedentemente agricolo o, quanto meno, lasciato allo stato naturale.

I famosi Paschei o Peschei (secondo le due forme riportate da Girolamo Rossi e da Emilio Azaretti) denominavano la zona paludosa adiacente alla riva sinistra del Roia, prima dell’arginatura, dove oggi si trovano i Giardinetti e il Palazzo comunale.

Ma poi notiamo pure un altro fatto: quando strade, piazze o contrade portano nomi legati ai luoghi da motivi storici, geografici od economici antichi, i toponimi durano più a lungo nel tempo. Un esempio ce lo offrono le Braie di Camporosso, nome di origine medievale: Braida, del quale il Du Cange dà questa definizione: «campus vel ager suburbanus» cioè campo coltivato alla periferia della città, caratteristica che il luogo presenta, più o meno, ancora oggi. Altre Braie come quella di Sant’Ampelio a Bordighera non esistono più se non negli antichi documenti.

Per altri esempi di toponimi e del loro rapporto con la realtà locale, rimando quanti non l’avessero ancora letto all’articolo di Augusta Biancheri «I Baussi», apparso su “La Voce Intemelia “dello scorso mese di settembre.

Quando invece i nomi vengono imposti ai luoghi in base a criteri contingenti estranei (di natura politica o altro) spesso non sono accettati dalla gente e la loro durata si riduce nel tempo. Un caso macroscopico è quello della città di Leningrado che, dopo settant’anni, si riappropria a furor di popolo della antica denominazione di San Pietroburgo. Degne di essere citate anche le Avenidas del Generalissimo, presenti in Spagna in ogni città piccola o grande, ai tempi di Franco, ed oggi sostituite da altri nomi meno impegnativi come la Diagunal di Barcellona.

Ma andando un po’ più lontano nel tempo e un po’ più vicino nello spazio, abbiamo a disposizione i nomi che, sul finire del Settecento, all’epoca della Rivoluzione francese, furono dati ai quartieri di Ventimiglia come Rigenerazione, Temperanza, Amore, Unione, nomi che storicamente durarono «lo spazio di un mattino». Infatti nella prima metà dell’Ottocento, come ci tramanda Girolamo Rossi, essi tornarono alle antiche e storiche denominazioni di Piazza, Oliveto, Campo, Borgo, Marina e Sant’Agostino.

Veniamo ora al Comune di Ventimiglia, città e frazioni, dove un centinaio di vie e strade aspettano un nome da anni, per non dire da decenni. Ma cerchiamo, prima, di fare il punto sulla situazione toponomastica attuale passando in rassegna le vie che, bene o male, un nome ce l'hanno. E, intanto, vediamo anche in quale modo le vicende storiche: politiche, civili, religiose e la presenza di personaggi locali abbiano influenzato le scelte di denominazione delle vie.

Nel contempo, ricorderemo le proposte, da noi già presentate in passato alla Commissione comunale toponomastica, facendo nostre quelle che ci sono pervenute dai cittadini prima, ma soprattutto dopo la Tavola Rotonda, organizzata da "La Voce Intemelia" e dalla "Cumpagnia d'i Ventemigliusi", lo scorso mese di ottobre.

Il criterio base da noi seguito nella fase propositiva è sempre stato quello, più volte ribadito, che nell'intitolazione delle vie si dia la precedenza assoluta ai personaggi locali. Ciò perché, mentre le grandi figure storiche, nazionali e internazionali, di vie che portano il loro nome ne hanno a centinaia o a migliaia, nelle città grandi e piccole, i nostri personaggi locali possono essere ricordati soltanto qui, essendo altrove degli illustri sconosciuti, proprio perché la loro fama, ancorché meritata, non è riuscita a varcare l'ambito della nostra città o, tutt'al più della provincia.

Del resto, questo sembra essere anche il criterio raccomandato dalle vigenti norme in materia di toponomastica, citate anche nel caso della Tavola Rotonda.

E sempre a proposito di norme, è il caso di ricordare che nello Statuto adottato dal Consiglio comunale di Ventimiglia nel '91, all'art 5 «Finalità», si legge che il Comune si impegna a «promuovere la diffusione della cultura nelle sue varie articolazioni e forme con particolare riguardo alla storia locale, al dialetto, alla topo­nomastica, nonché alle tradizioni e ai costumi del luogo ...».

Articolo che - ricordiamo anche questo - è stato proposto dalla Cumpagnia d’i Ventemigliusi» e che la Commissione incaricata della preparazione dello Statuto ha recepito senza apportarvi alcuna modifica. Quindi possiamo dire che, anche in sede di toponomastica, il comune di Ventimiglia deve, per Statuto, tenere sempre presente la cultura locale: storia, personaggi, dialetto.

Cominciamo dunque la nostra panoramica per esaminare quanto è stato fatto in passato e quanto si potrebbe fare in futuro. Partiamo dalla «romanità», una delle caratteristiche storiche più importanti di Ventimiglia. Giustamente ci si è ricordati di dedicare vie a Tacito, Agricola, Metella, Appio Claudio, Marco Emilio Basso e Marco Clelio Rufo, questi ultimi rispettivamente procuratore imperiale e luogotenente di Ce­sare. Presente anche una via Falerina, in omaggio alla tribù preromana omonima e, a Latte, una via Romana.

Noi pensiamo però che questa toponomastica dedicata alla romanità di Ventimiglia potrebbe ampliarsi proprio nella zona Nervina dove sorgeva l'antica Albintimilium e dove l'espansione edilizia moderna ha creato nuovi quartieri e nuove strade abbisognevoli di un nome. Le nostre proposte sono per Giulia Procilla, madre di Agricola; Nazario e Celso, evangelizzatori degli intemelìi; Maja Paterna, la fanciulla undicenne sulla cui tomba è stata scoperta una lapide paleocristiana.

Questo soltanto per fare alcuni nomi, ma altri se ne possono trovare nella guida di Lamboglia - Pallarés «Ventimiglia romana», o rivolgendosi direttamente all'Istituto Internazionale di Studi Liguri che, proprio nella zona nervina, cura gli scavi archeologici.

Tutto ciò senza dimenticare che Ventimiglia non può esimersi dall'obbligo morale di dedicare, sempre in questa zona, una via al prof. Nino Lamboglia, come già da noi ripetutamente e purtroppo inutilmente proposto in passato.

E facendo un salto all'indietro nella preistoria, ci è stato segnalato come la strada che, al valico di confine di Ponte San Ludovico, si diparte del piazzale De Gasperi e va al Museo Preistorico e alle grotte, sia tuttora senza nome. Chiamarla Via Balzi Rossi sarebbe semplice e doveroso.

Molte vie di Ventimiglia portano il nome di personaggi storici, locali e non. Vediamo quali: San Secondo, Lascaris, Saonese, Giudici, Dante, Colombo, Buonarroti, Aprosio, G. Rossi, Hanbury, Chiappori, Cabagni-Baccini, Verdi, Toscanini, Gallardi, Trossarelli, Cavallotti, Marconi, Turati, Gramsci, Giovanni XXIII, i due vescovi Reggio e Daffra, con mons. Borea. A Grimaldi c'è una via che ricorda lo scienziato Serge Voronoff; a Nervia c'è un caso del tutto singolare: gli abitanti, per motivi pratici, «hanno intitolato» una via a Aldo Moro, visto che il Comune non si decideva a dare i nomi alle strade.

L'epoca risorgimentale ha lasciato una traccia a Ventimiglia con un gruppo di vie dedicate a personaggi o fatti dell'Ottocento: Cavour, Garibaldi, Mazzini, Ruffini, Mameli, Giuseppe Biancheri e piazza XX Settembre. Un altro gruppo di strade ricorda invece personaggi, fatti e luoghi della Prima Guerra Mondiale: Oberdan, Battisti, Milite Ignoto, Vittorio Veneto, Trento e Trieste, Monte Grappa, Carso, Zara.

Per motivi di spazio, questi elenchi sono forzatamente incompleti e riguardano soltanto i personaggi e le vie principali. Dobbiamo comunque segnalare alcune stranezze toponomastiche dovute al fatto che la gente ama chiamare le vie e le piazze come le ha sempre chiamate e come le sembra più logico, e non come invece hanno deciso di chiamarle gli incaricati della toponomastica.

Ad esempio piazza Cesare Battisti. Tanto di cappello alla memoria dell'illustre martire dell'irredentismo trentino, ma a Ventimiglia, città con la quale egli ha avuto ben poco a che fare, gli abitanti della piazza a lui dedicata preferiscono risiedere in piazza della Stazione. Allo stesso modo, nessuno sa di avere l'indirizzo in piazza Costituente (parola ostica ai più) e trova più semplice abitare al Borgo.

C'è poi un altro caso: quello di chi a Ventimiglia riceve posta in via Colonnello Aprosio, mentre abita in via Aprosio sì, ma Angelico, un personaggio che nulla ha a che vedere con l'omonimo militare al quale è dedicata la via principale di Vallecrosia.

E qui si rende necessaria una altra raccomandazione a chi curerà future iscrizioni toponomastiche. Onde evitare equivoci e rendere maggiormente onore ai personaggi, conservando memoria dei loro meriti, sulle targhe stradali andrebbero scritti chiari e tondi il nome e il cognome. Possibilmente andrebbe indicata anche la qualifica e gli anni di nascita e di morte. Così se, come speriamo, si dedicherà una via al prof. Lamboglia, sarà bene scrivere «Via NINO LAMBOGLIA - Archeologo - 1912 - 1977». E se si rifaranno le targhe esistenti, sarà il caso di scrivere «Via ANGELICO APROSIO - Fondatore della Biblioteca civica - 1607 - 1681».

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 rivista il: 09 dicembre 2013
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