“Io fui e non son stata …”
Due enigmi
Così inizia il testo di un’epigrafe cinquecentesca, che fino a pochi mesi fa era possibile leggere in uno degli angoli più suggestivi del centro storico di Ventimiglia.
Oggi quel documento lapideo, peraltro mai documentato - e nemmeno annoverato tra le Iscrizioni del Medio Evo e Moderno di G. ROSSI {Storia della città di Ventimiglia, Oneglia 1886, pp. 455-512) -è scomparso. E ciò non già a seguito di fenomeni naturali. La causa di quella disparizione è da ricercare nel fatto che è stata “restaurata” la facciata dell’edificio in cui era incastonato il corpo lapideo segnalato.
Abbiamo aspettato con ansia, nei mesi in cui perduravano tali lavori - in via Falerina al numero civico 10 - di vedere tornare nuovamente al proprio posto quel pregevole manufatto. Ma la nostra attesa è stata vana. Anzi, la nostra frustrazione è aumentata alla notizia che di quel bene storico (il quale, come tale, avrebbe dovuto essere tutelato) se ne sono perse le tracce.
Ci è sembrato così opportuno rimarcare questa “perdita”, dedicandole un seppur breve spazio sul nostro quaderno di studi. Fin dalla copertina quindi, un numero per noi ricco di significati. Non solo perché suggella il primo lustro di vita di «Intemelion», ma perché al tempo stesso ci permette di adempiere a due imprescindibili doveri: la documentazione scientifica e la salvaguardia del patrimonio culturale comune, che dovrebbe essere impegno civile di tutti.
Infine, mi sia permesso di concludere ironicamente che se prima l’enigma era uno solo - quello celato nel testo dell’epigrafe -, ora ce n’è un altro: che fine ha fatto quell’insegna lapidea ?
Giuseppe Palmero
INTEMELION n. 5 - 1999
IO FUI E NON SON STATA
ET HOR DI NUOVO
PIÙ BELLA CHE DI PRIMA
MI RITROVO
1572
GH’EIRA ‘STI ANI ...
Gh’eira ‘sti ani a Ventemiglia d’a gente ch’a l’arrivava in çerca d’in travagliu e a se fàva ina famiglia.
Gh’eira d’e alberghi de lüssu, cin de furenti e persunagi famusi, gh’eira u Teatru e trei cinematografi, Gh’eira aiscì l’uspeà, a clinica e u cadastru.
U mercau u l’auduràva de ganöfari e, a Ponte San Luigi, in chioscu de legnu u vendeva e sciùre de Ventemiglia.
Int’a scciümaira gh’eira canèi e lòne prufunde e, cu’ ina cana, ina lensa e in po’ de pasciensa, ti incivi u cavagnu de pesci.
Cun l’agiütu d’in paràigu ti te levavi fina a cuvea d’in tundu de anghile frite.
Gh’eira u Scögliu Autu, ma in giurnu u l’è carau, cume u Cavu.
Int’a Ciassa Vinti Setembre gh’eira de sciòrte de done invenxendae, cine de sporte, pacheti e figliöi, pe’ piglià d’e curriere burdelùse ch’i l’àva fina u rimorchiu pe’ carregà e corbe d’ê sciùre.
Gh’eira a feira de San Giusepe, u balu de San Segundu, e e castagnole i e fàva ümere e i nu’ te rumpeva i denti.
Gh’eira menu murri longhi e ciü faturisi.
Gh’eira, ... gh’eira, ... gh’eira ...
Avura gh’é, ... gh’é ancura caicün che u s’arregorda che gh’eira ...
Anonimi Ventemigliusi
LA VOCE INTEMELIA anno LVI n. 2 - febbraio 2001
Luigino Maccario 2005
Lo scorso mese, il
dinamico Pippo Guglielmi ha ritrovato una vetusta fotografia dell’Aurelia
a Nervia, sul bivio con la Provinciale per Pigna, scattata da
Mariani prima del 1927, quando sul posto c’era ancora l’ufficio del
Dazio comunale.
Da una pianta della città, datata 1915, presente nel locale Archivio
di Stato; si può rilevare la situazione del luogo ritratto, dove al
numero 36 è segnalato appunto il Dazio Comunale ed al 65, dall’altro
lato del Cavalcavia, la Stazione dell’Officina tranviaria
Ventimiglia-Bordighera (non visibile in foto).
Nel 1915 gli uffici del Dazio in città erano tre: quello di Largo
Torino, con la pesa pubblica, smesso con l’avvento dell’IVA e la
costruzione del cavalcavia di Via Tenda; quello di Nervia, appunto,
con la pesa; ed uno in Piazza della Stazione, poco al disopra della
Scaletta da Via Hanbury, che divideva l’area con un chiosco atto ad
Agenzia di Cambio.
Sul sito retrostante le case in fotografia, sull’appezzamento di
terreno assai ampio che vedeva il fronte strada proprio dove sorgeva
la casupola del Dazio, proprio nel 1927, il prevosto di Sant’Agostino,
Pier Giovanni Semeria, progettò di costruire un santuario dedicato a
Cristo Re.
Dopo un anno d’intensi lavori, il 29 giugno 1928, il vescovo Daffra
poteva celebrare la Messa nel nuovo santuario. Nel 1933, il parroco
Semeria, con l’approvazione del vescovo Rousset, affidò a don Libero
Maldotti la cura continua di quel luogo di culto, ormai molto
frequentato; fino alla decisione del vescovo Rousset di erigerlo a
Parrocchia, il 19 giugno del 1936.
Il primo bombardamento aereo alleato sulla nostra città, il 10
dicembre 1943, invece di colpire l’obiettivo fissato sul Ponte di
Nervia, fece danni e morti su molte case attorno. Altri
bombardamenti su quel quartiere, nel 1944: il 3 maggio, il 4, 6, 21,
22 e 29 agosto, cannonate dal mare il 22, 23, 24 e 29 ottobre, il 4
novembre e il 26 dicembre e nel gennaio 1945, ne hanno stravolto
l’urbanistica.
Nel dopoguerra, le rovine delle case crollate attorno a Cristo Re,
non vennero riedificate e la ricostruzione provvisoria dell’Aurelia,
servita da un passaggio a livello e la successiva riedificazione del
cavalcavia, nel 1949, cambiarono, di fatto, l’urbanistica della
zona, mettendo in bella vista la chiesa, rimasta miracolosamente
intatta anche se assai scalfita.
Un’elegante, anche se angusta, piazzetta è stata posta a
disposizione dei parrocchiani, che una decina d’anni più tardi vi
hanno eretto una statua della Vergine, protettrice del traffico.
LA VOCE INTEMELIA
anno LX n° 10 - ottobre
2005
1927
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Con una semplice occhiata, vecchie illustrazioni possono indicare una situazione paesistica ormai inimmaginabile; mentre a volte, la mancanza di immagini costringe alla descrizione. In altri casi, l'eccessiva differenza di paesaggio impone di supportare le immagini, configurandole.
UN LAGHETTO
SANT'ANSELMO,
Luigino Maccario - 2004 . |