1996
compie Cinquant’anni

     Un giornale locale, nato all’insegna del federalismo, per propagandare l’idea della Zona Frana

Testimonianze e documenti su un periodo cruciale nella storia di Ventimiglia e della Zona Intemelia

di  Renzo Villa  - 1996

La Voce Intemelia

Anno I, n. 1, così si legge nella testata de la Voce Intemelia di sabato 12 gennaio 1946, Direttore Emilio Azaretti, Redattore responsabile Ennio Duce, stampa della Tipografia Bonzano. Il primo numero “apriva”, come si dice in gergo giornalistico, con una accorata lettera all’On. Alcide De Gasperi, allora Presidente del Consiglio dei Ministri, con la quale la città di confine, stremata dalla guerra, lanciava un drammatico S.O.S. al governo di Roma. E quindi questo primo numero (che dieci anni fa, in occasione del 40° anniversario di fondazione, abbiamo riprodotto per i nostri lettori) rimane come una dolorosa testimonianza delle miserevoli condizioni di Ventimiglia nell’immediato dopoguerra.

Ma, se ci è concessa anche una piccola annotazione astrologica, La Voce Intemelia nasceva sì in un momento difficile, ma pur sempre sotto il Capricorno, il segno zodiacale della tenacia, della perseveranza e della laboriosità. Tutte caratteristiche che avrebbero poi contraddistinto i cinquant’anni di vita del giornale, che noi oggi ricordiamo.

La tradizione dei fogli locali non era nuova a Ventimiglia poiché, nel periodo a cavallo fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, vi era stata in città una notevole fioritura di gazette. Tutte testate più o meno effimere che si chiamavano: La Pipa, L’Indipendenza, Il Progresso, Il Risveglio, Il Giornale di Ventimiglia e L’Avvenire di Ventimiglia.

La Voce Intemelia doveva però distinguersi dai giornali locali che l’avevano preceduta intanto per la sua longevità, ma poi anche perché nasceva in un momento del tutto particolare sia della storia nazionale che della vita cittadina. Era, quello degli anni 1946-47, un periodo cruciale caratterizzato da avvenimenti di portata storica come il Referendum istituzionale del 2 giugno, l’Assemblea Costituente e il Trattato di Pace di Parigi.

Per Ventimiglia, città di frontiera, ancora una volta in prima linea, l’avvenire non si presentava roseo.  Occupata inizialmente dalle truppe del Gen. De Gaulle, era stata oggetto delle mire annessionistiche francesi mentre la Conferenza di Pace avrebbe riservato ulteriori mutilazioni in Valle Roia con la perdita di Briga e Tenda.

Ed è in questo quadro generale e locale che viene fondato il nostro giornale, pubblicato a cura dell’U.D.F.L.I. {Unione Democratica Federalista della Liguria Intemelia), l’associazione fondata da Azaretti e dai suoi sostenitori per la creazione della Zona Franca. Come si leggeva proprio nel primo numero del giornale, il Congresso dell’U.D.F. aveva votato unanimemente un o.d.g. nel quale «In nome dei diritti di autodecisione sanciti dalla Carta Atlantica, si riaffermava la volontà della popolazione che fosse istituita una Zona Franca, quale unico mezzo per la soluzione dell’annoso problema della Val Roia e quale indispensabile presupposto per una frontiera di pace fra l’Italia e la Francia».

Ed è perciò che, durante i primi anni, la storia della Voce Intemelia e quella del movimento federalista si intrecciano e procedono di pari passo. Dopo il 1947, con l’affievolirsi delle speranze di realizzazione del progetto, la “Voce” continua il suo cammino come organo di informazione e difesa degli interessi locali sempre però sotto la bandiera del federalismo. Troppo numerose per essere ricordate tutte, le battaglie sostenute dal giornale durante questo mezzo secolo di vita, ma non si possono tuttavia passare sotto silenzio almeno le più importanti. Come quella per il ristabilimento dei rapporti di buon vicinato con la Francia, dopo il trauma della guerra, e quelle in favore della strada e della ferrovia di Val Roia e per la rinascita dei Giardini Hanbury, del Teatro Comunale e della Battaglia dei Fiori.

E, sempre in tema di difesa degli interessi locali, vanno ricordate anche le purtroppo sfortunate battaglie contro il depauperamento delle strutture amministrative ed economiche cittadine come il Mercato dei Fiori e gli Uffici Finanziari, soltanto per citare due casi fra i più gravi.

Né si può passare sotto silenzio l’opera di salvaguardia della cultura locale (storia, dialetto, tradizioni) svolta dalla “Voce” in questi ultimi decenni, che hanno visto aumentare le pagine del giornale e di conseguenza lo spazio dedicato alle varie manifestazioni della vita cittadina.

LA VOCE INTEMELIA  anno LI  n. 1  - gennaio 1996

         Nel Cinquantenario di pubblicazione de LA VOCE INTEMELIA, il 19 gennaio 1996, il mensile ha trattato i concetti che lo hanno fatto nascere: organo dell'Unione Democratica Federalista della Liguria Intemelia, si prodigava a sostegno dell'istituzione della Zona Franca per la soluzione dei problemi di frontiera in Val Roia.

 
LA VOCE INTEMELIA  anno LI   n. 1  -  gennaio 1996
   Nui vurremu a Zona Franca ...

Fra gli oratori intervenuti, due deputati dell’Assemblea Costituente: il democristiano Prof. Achille Pellizzari, Rettore dell’Università di Genova, e il socialista Paolo Rossi, in seguito Ministro della P.I. e poi Presidente della Corte Costituzionale. Purtroppo, col passare del tempo, le speranze del federalismo intemelio si facevano sempre più tenui fino a che il sogno dovette essere definitivamente riposto nel cassetto.

Oggi, a distanza di cinquant’anni da quegli avvenimenti, rimane la consapevolezza che il Dott. Emilio Azaretti, con il suo progetto di Zona Franca, fu un protagonista negli anni dell’immediato dopoguerra a Ventimiglia, mentre il giornale da lui fondato sta superando facilmente il traguardo del mezzo secolo di vita.

La grande manifestazione popolare del 24 novembre 1946 a Ventimiglia. Ma quale fu il consenso popolare all’idea della Zona Franca ?

Sfogliando ancora i giornali dell’epoca, si può constatare che la gente aveva aderito in modo massiccio all’U.D.F e al suo programma sia in Città che nei paesi dell’entroterra. Dopo le inenarrabili sofferenze, i lutti e le distruzioni della guerra, la popolazione intemelia vedeva nella Zona Franca una promessa di pace, libertà e benessere nonché il ritorno al clima di amicizia con i vicini di casa francesi, nello spirito di una rinata fratellanza latina.

Non bisogna d’altronde dimenticare che erano moltissime le famiglie della zona intemelia con parenti emigrati nei vari centri della Costa Azzurra.

Anche al di là del confine, nel mentonasco e nella Val Roia francese, sia pure in modo più tiepido e meno massiccio, non mancavano i sostenitori dell’idea, fra i quali si contavano personaggi come M. Botton, sindaco di Breil e Consigliere generale delle Alpi Marittime, favorevole all’internazio-nalizzazione della strada di Val Roia, e Francis Palmero poi Deputé-Maire di Mentone.

Il punto più alto di consenso popolare per la Zona Franca fu toccato con l’imponente manifestazione del 24 novembre 1946. Malgrado le notevoli difficoltà logistiche dovute all’estrema penuria di mezzi di trasporto, in quella splendida domenica di sole, migliaia di abitanti della Città e delle Valli nell’entroterra convennero a Ventimiglia per manifestare la loro adesione all’ideale federalista. Accompagnati dalle bande musicali dei paesi, i manifestanti innalzavano cartelli e intonavano A cansun d’a Zona Franca, l’inno ufficiale in dialetto composto per l’occasione dal duo Azaretti-Hughes.

La popolazione intemelia alla manifestazione per la Zona Franca
Foto Mariani
Ventimiglia  24 novembre 1946

 

STORIA
Zona Franca Intemelia
Missione Garigue
LA VOCE DELLA ZONA FRANCA

LA VOCE DELLA ZONA FRANCA

 

 le prime pagine dei giornali

Quando la “Zona Franca” Intemelia conquistava

LA VOCE INTEMELIA  anno LI  n. 1  - gennaio 1996

Ma, oltre ai consensi, la ventilata Zona Franca incontrava anche difficoltà e non mancava di suscitare sospetti. In alcuni ambienti italiani i federalisti di Ventimiglia venivano considerati dei filofrancesi favorevoli al rattachement con Nizza.

In Francia invece si guardava con diffidenza ad un movimento, sorto in una zona delicata di confine, e tale da apparire in quel momento come una manovra politica diversiva per evitare all’Italia di pagare il prezzo delle rivendicazioni territoriali francesi.

Fra i detrattori del federalismo intemelio, non mancavano nemmeno coloro che vedevano nella futura Zona Franca una specie di paradiso per contrabbandieri e trafficanti senza scrupoli.

Il Memorandum ufficiale dell’U.D.F., corredato di tutti gli elementi storico-geografici, era stato inviato alle Nazioni Unite fin dall’agosto 1945. Successivamente, nel mese di settembre, il documento era stato fatto pervenire alla conferenza di Londra ed infine, tramite l’On. Saragat, era approdato sul tavolo della Conferenza di pace di Parigi, dove però il programma federalista incontrò l’opposizione della Francia, poco propensa a fare concessioni alla “sorella latina” che allora sedeva sullo scomodo banco delle nazioni sconfitte.

Sfogliando numeri di giornali dell’epoca, si scopre che, in quegli anni, così densi di avvenimenti nazionali ed internazionali, la Zona Franca di Ventimiglia “faceva notizia” tanto da apparire in prima pagina sui quotidiani italiani e francesi. Il Nuovo Cittadino, giornale cattolico di Genova, fin dall’estate del 1945, si era assicurato un articolo di carattere storico sull’argomento, scritto da Nino Lamboglia. Il Giornale dell’Emilia, per non essere da meno, aveva chiesto la collaborazione dello scrittore ventimigliese Alessandro Varaldo, per il quale la Zona Franca della sua città natale era «una realtà di poeti». Ciò in quanto essa cercava di realizzare politicamente il mondo degli scrittori dialettali della rivista A Barma Grande, che si pubblicava negli Anni Trenta e che copriva tutta l’area intemelia su entrambi i versanti del confine italo-francese.

Ma, oltre che sulle comuni radici etnolinguistiche delle popolazioni intemelie, il progetto della Zona Franca si basava su secoli di storia che avevano visto la città di confine dapprima capitale dei liguri intemelii, poi Municipium romano e, in seguito, capoluogo di diocesi e sede dei Conti di Ventimiglia. Una entità territoriale, che si estendeva da Sanremo a Monaco, comprendente il bacino del Roia, infranta per la prima volta nel 1257 col trattato di Aix e poi definitivamente divisa con la cessione di Nizza alla Francia nel 1860.

Vediamo ora quale futuro la Zona Franca, se attuata, avrebbe riservato a questa mini regione “interfrontaliera”. Intanto i due stati confinanti, Italia e Francia, avrebbero conservato la piena sovranità sui rispettivi territori, ma all’interno della zona, sia le persone che le merci, avrebbero potuto circolare liberamente mentre i controlli doganali sarebbero avvenuti ai limiti della zona stessa.

Innegabili i vantaggi economici che ne sarebbero derivati specie se si considerava che i traffici in Val Roia sarebbero stati liberalizzati grazie all’internazio-nalizzazione sia della strada che della ferrovia. Né si erano tralasciati gli aspetti storico-religiosi della questione in quanto il progetto prevedeva la richiesta al Vaticano di ricostruzione dell’antica diocesi intemelia, divisa anch’essa dagli avvenimenti politici del passato.

Si trattava di un progetto ambizioso che tuttavia anche a Roma era visto favorevolmente ed aveva ottenuto l’approvazione di De Gasperi e dei ministri Nenni e Romita.

 

di Cinquanta anni fa

Una testimonianza sulla Ventimiglia

LA VOCE INTEMELIA  anno LI  n. 1  - gennaio 1996

Ecco come il Cav. Giuseppe Limon, fraterno amico di Azaretti, ricorda la nascita del giornale nella disastrata Ventimiglia di mezzo secolo fa: «Pensare che il 12 gennaio 1946, quando uscì il primo numero de La Voce Intemelia, era il mio compleanno. Sono nato proprio in quel giorno, nel 1907, ad Olivetta, il Piřun come noi chiamiamo il nostro paese in dialetto. Ricordo che il giornale vide la luce in un periodo molto, molto triste.

Ventimiglia era una città distrutta dai bombardamenti e pure distrutti erano molti piccoli paesi delle nostre vallate intemelie. C’era soltanto miseria e tante lacrime, nessun lavoro e si cercava di sopravvivere con il “mercato nero”, una brutta parola per un brutto mestiere, ma purtroppo questa era la cruda realtà. Eravamo dimenticati e abbandonati da tutti, compreso il nostro governo.

Ma c’era, nella nostra cara Ventimiglia, un uomo che si interessava di tutte queste miserie e con tanta tenacia cercava di ottenere aiuti e sostegno per ridare vita alla Città distrutta. Un gruppo di “ventemigliusi”, del quale facevo parte anch’io, si unisce al caro dott. Azaretti e assieme si combatte, si cerca il consenso della gente, si va in tutte le vallate. Fra i principali collaboratori, ricordo Filippo Rostan, Sandro Natta, Ottavio Trucchi, il Dott. Mario Gibelli e l’Avv. Goffredo Maccario, poi Sindaco di Ventimiglia. Riunioni, viaggi, incontri, comizi, tutto per la causa della Zona Franca affinché ci fosse riconosciuto il diritto di vivere una vita più degna, dopo la tragica parentesi della guerra. Fu una lunga e dura lotta perché gli avversari della nostra idea erano sempre in agguato. Ma, giorno dopo giorno, la “Voce” si faceva sempre più sentire. Tutte le genti di Ventimiglia e delle vallate si stringevano forti attorno all’idea federalista. Per questo motivo era nato il giornale che, in quel momento era la nostra forza, la nostra difesa, la nostra famiglia e la nostra speranza di vivere finalmente in pace e liberi !».

 

LA VOCE INTEMELIA  anno LI  n. 1  - gennaio 1986
nata con travaglio al tempo delle  AM-LIRE

In omaggio ai lettori la ristampa del primo numero, uscito nel gennaio ‘46 - La contrastata nascita del giornale, tenuto a battesimo col vino Rorrese «d’anteguerra», nei ricordi del Fondatore Emilio Azaretti, capo storico dei «ventemigliusi» e leader del movimento per la Zona Franca Intemelia

di Renzo VILLA - 1986

1986

La “VOCE”: una Quarantenne indipendente

Per trovare, nella cronaca di Ventimiglia, gli atti di nascita di altri fogli locali bisogna fare un bel salto indietro nel tempo: al 1883, quando apparve La Pipa - Gazzetta di Ventimiglia oppure al 1898, anno in cui si cominciò a pubblicare, presso la tipografia Billi, il Giornale di Ventimiglia - settimanale politico è amministrativo.

A differenza dei suoi antenati, la Voce Intemelia nacque in un momento del tutto particolare e, anche se gli scopi immediati erano l’informazione e la difesa degli interessi locali, il fine strategico che si prefiggeva era un mutamento dell’assetto politico ed economico della zona intemelia.

Il giornale, che si pubblicava a cura dell’U.D.F.I. Unione Democratica Federalista della Liguria Intemelia, avrebbe propugnato la creazione della Zona Franca come controproposta alle rivendicazioni territoriali della Francia e come atto di giustizia storica nei confronti della popolazione intemelia la cui unità etnica e linguistica si estende su di un territorio tagliato in due da irrazionali divisioni politiche, a cominciare da quella del Trattato di Aix del 1262 fino a quella del 1860. Una popolazione che aveva avuto, da sempre, la sfortuna di trovarsi in posizione geografica di confine e perciò vittima degli inte­ressi nazionalistici la cui esasperazione aveva portato alla grande tragedia del 1940-45 con le disastrose conseguenze per la Zona Intemelia che allora apparivano in tutta la loro drammatica gravità.

Affinché questa aspirazione di libertà e di giustizia fosse sentita e presa in considerazione là dove si puote ciò che si vuole, il Dottor Azaretti, Fondatore del movimento oltre che del giornale, di lì a non molto si sarebbe recato, novello sposo, a Roma in viaggio di nozze trascorrendo (non sappiamo con quanto piacere della consorte) la luna di miele nei meandri ministeriali degli Affari Esteri e delle Finanze per definire le questioni di natura internazionale e doganale che la creazione della Zona Franca avrebbe necessariamente comportato.

In seguito ad un incontro del Dr. Azaretti con l’On. De Gasperi, il progetto della Zona Franca Intemelia fu accettato dal Governo italiano come tesi difensiva contro le mire annessionistiche francesi e, in quanto tale, fu fatto pervenire a Saragat, allora ambasciatore d’Italia a Parigi, in modo che potesse giungere sul tavolo della Conferenza della Pace, che si sarebbe tenuta nella capitale francese. Alla Conferenza, purtroppo, il progetto fu respinto e la Francia ottenne le rettifiche di frontiera a suo vantaggio in Valle Roia.

Ma, per tornare alla fondazione del giornale, occorre dire che essa fu travagliata quanto mai. La delicata situazione di Ventimiglia, città di frontiera, il cui destino, in quel momento, era ancora incerto e la presenza di un inflessibile capitano inglese che vi rivestiva la carica di Governatore dell’A. M. G. (Allied Milìtary Governement) non erano certo condizioni ideali per la nascita di un foglio locale che avrebbe, tra l’altro, diffuso idee autonomiste.

Venuto a conoscenza del proposito di pubblicare un giornale, il Governatore aveva posto un pesante veto minacciando addirittura arresti.

Egli, evidentemente, non voleva guai nel governatorato anche se il suo comportamento illiberale era in netto contrasto con i conclamati principi della Carta Atlantica, stampati pomposamente persino sulle Am-lire, fra i quali campeggiava la Freedom of speech.

Soltanto la fortunata visita a Ventimiglia di un colonnello americano, in veste di ispettore dell’A.M.G., aprì uno spiraglio di speranza per il giornale che non riusciva a nascere.

Il Dr. Azaretti, scavalcando il Governatore, invitò il colonnello a colazione al Ristorante Tornaghi non senza aver prima chiesto al gestore Valfré di servire in tavola, per l’occasione, alcune bottiglie di Rossese “d’anteguerra” - come si diceva allora per indicare un prodotto genuino - smurate da un nascondiglio che le aveva salvate dalle distruzioni e dai saccheggi.

A pranzo l’ispettore si mostra comprensivo e promette di appoggiare la causa della “Voce” per la quale, tuttavia, data la particolare situazione di Ventimiglia, ritiene necessario il benestare del Comando Generale di Roma. La cosa rischiava di andare alle calende greche e allora non restava che affidarsi al potere di persuasione occulta, ma poi non troppo, di quel Rossese generoso.

Ma sentiamo dalla viva voce del Dr. Azaretti come andarono le cose: «Alla fine della seconda bottiglia, il colonnello dichiarava ripetutamente “To be in Italy and not to drink wine is very stupid” e, dopo la terza bottiglia, ha finalmente aperto la sua valigetta ventiquattrore, ha tirato fuori la carta intestata e il timbro e mi ha firmato il nulla-osta».

La sera di quel sabato 12 gennaio, quando il Governatore fu informato che a Ventimiglia, e nei dintorni, gli strilloni stavano vendendo il primo numero di un nuovo giornale, pubblicato a sua insaputa, montò su tutte le furie e convocò immediatamente il Fondatore-Direttore.

Ma di fronte a quel pezzo di carta, rilasciato dall’ispettore venuto da Roma, dovette arrendersi e ingoiare quel che si dice il rospo.

Così nacque il nostro giornale, come voce libera della Liguria intemelia, col battesimo del Rossese, uno dei prodotti più tipici e prelibati della nostra terra, che evidentemente gli ha portato fortuna.

E, in fin dei conti, non avrebbe potuto accadere diversamente.

Questo mese, fra le pagine del giornale, i lettori troveranno un inserto che sarà per loro una piccola - e ci auguriamo gradita - sorpresa. Si tratta della ristampa dell’ANNO I - N. I della VOCE, uscita come settimanale esattamente quarant’anni fa, il 12 gennaio 1946.

Un documento che non esitiamo a definire di singolare importanza storiografica, pur nella sua modestia editoriale di foglio unico, in formato che oggi chiameremmo tabloide.

In prima pagina, l’articolo programmatico di fondo e poi, “in apertura” come si dice in gergo giornalistico, un drammatico S.O.S. dalla martoriata Ventimiglia all’On. Alcide De Gasperi. In questo esposto al Presidente del Consiglio, firmato La Direzione, si denuncia con fermezza il tragico stato di abbandono in cui sono lasciate la Città e la Zona Intemelia, a otto mesi dalla fine della guerra e a sei dal termine dell’occupazione militare francese.

Ma anche la seconda, e ultima, pagina del giornale è una fedele franche de vie di quel periodo assolutamente eccezionale.

In cronaca cittadina si parla di una assegnazione straordinaria, per estrazione a sorte - udite ! udite ! - di pneumatici per biciclette, l’unico mezzo privato di locomozione diffuso a quel tempo, ma che soltanto pochi privilegiati potevano permettersi.

Da Grimaldi giunge notizia dell’ennesimo sminatore saltato in aria nell’esercizio del suo rischiosissimo mestiere da “vite vendute”. La guerra che continuava ad uccidere implacabilmente.

In Valle Nervia, la viabilità era interrotta per il crollo di una passerella provvisoria sul Rio Barbaira.

In Val Roia, le difficoltà di transito erano anche di altro genere perché ottenere un tesserino di frontiera per raggiungere Tenda o Briga era un’impresa tutt’altro che facile e rapida.

Ma, per tastare il polso di quella Ventimiglia ancora in sala di rianimazione, bisogna leggere le inserzioni pubblicitarie: primi e ancor deboli segni di ripresa della vita commerciale dopo i terribili traumi bellici. Fra gli annunci, quelli di un premiato studio fotografico, di un centrale negozio di vini e di una ditta che coraggiosamente organizza una vendita straordinaria di abiti per uomo, riservata ai panciuti, una categoria piuttosto introvabile dopo cinque anni di diete forzate.

Una rinomata gelateria e latteria ha rialzato la saracinesca così come un noto professionista cittadino, dopo un periodo di sfollamento, annuncia la riapertura del suo gabinetto medico-radiologico in corso Principe Amedeo. La Repubblica e la relativa via erano ancora tutte di là da venire.

A pochi passi di distanza, il Gran Caffè Ligure Dancing - memore di un glorioso passato - prometteva per il sabato e la domenica The e Serate Danzanti. Non da meno faceva il Miramare, il locale dove ci si diverte di più, con Bar e Buffet freddo e con l’Orchestra migliore.

Ma l’annuncio economico più sorprendente - e che meglio di ogni altro è uno spietato specchio del tempo - è quello dell’ignoto ufficiale che vende d’occasione l’intero corredo, completo di sciarpa e gallone, taglia 48 sul torace. Il tutto per ventimila lire benché il valore reale si aggirasse sulle trentamila.

Dopo l’odissea della guerra perduta, e forse il disonore della prigionia, un definitivo addio alle armi con svendita della divisa a scopo di realizzo.

Il giornale, diretto dal Fondatore Emilio Azaretti, già capo storico dei “ventemigliusi”, aveva come Redattore responsabile Ennio Duce, si stampava presso la tipografia Bonzano e costava 5 lire la copia, arretrata 6. Am-lire, naturalmente !

 

 

  CONFORME
   RETRO

 

 

 

 
 rivista il: 29 maggio 2013
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