A fine
maggio del 1945, da poco conclusa la Seconda Guerra Mondiale,
Ventimiglia era occupata dalle truppe franco-senegalesi; intanto che la
politica ed i militari francesi cercavano di annettersi l’intera Valle
Roia, fino a Piani di Borghetto. Approfittando di questa momentanea
extra territorialità, il dottor Emilio Azaretti lanciava l’idea della
costituzione di una “Zona Franca intemelia”, che avrebbe dovuto
ricostruire, almeno dal punto di vista economico-doganale, l’entità
dell’antica Contea.
Per raggiungere questo scopo, Azaretti fondò “L’Unione Democratica
Federalista della Liguria Intemelia”, associazione che aveva il proprio
organo d’informazione nel giornale locale “LA VOCE INTEMELIA”; quindi, a
fine ottobre a Roma, il Sindaco Scullino pare abbia portato a termine,
in valori assai ridotti, quello che era stato uno dei sogni
lungimiranti, proposti dal nostro fondatore.
Azaretti sognava una Zona Franca che rigenerasse l’esausta economia
locale, legata però a tutto l’entroterra, compreso quello passato alla
Francia. Le politiche d’allora, in coda ad un conflitto fratricida, non
riuscirono a portare a buon fine l’idea, lasciando la nostra città,
compresa la zona d’influenza rimasta italiana, in mano ad una politica
extra territoriale che la portò a diventare la “zona più meridionale
della Liguria”.
Non per niente, oggi, Ventimiglia si trova a beneficiare dell’accordo
per le Zone Franche Urbane, con altri ventidue comuni meridionali; con
l’intento di favorire lo sviluppo economico e sociale di aree depresse,
sperando nella creazione di nuovi posti di lavoro; o meglio per la
conservazione dei posti di lavoro che ci apprestiamo a perdere in Monaco
Principato.
Ben venga dunque la Zona Franca Urbana, siglata il 28 ottobre, a Roma,
dalla delegazione presieduta dal sindaco Gaetano Scullino e composta da:
Marco Prestileo, Achille Maccapani, Tito Giro, il Presidente Giuseppe
Campagna e dai consiglieri: Franco Ventrella, Roberto D'Andrea, Maurizio
Rea, Gianni Ascheri, Filippo Maria Bistolfi e Mauro Merlenghi.
L’interessamento alla pratica da parte del ministro Claudio Scaiola, non
ha fatto altro che stemperare gli interventi non sempre positivi dei
governi della Prima Repubblica, a cominciare dagli Anni Cinquanta;
intanto oggi, il Sindaco Scullino può dichiarare: “Il Governo centrale
ha riconosciuto quanto fosse importante per noi, un’opportunità del
genere. Ora ci mettiamo a disposizione di quanti vorranno investire
nella nostra città, portando competenza e lavoro. Ci sono già centinaia
d’imprenditori pronti a sfruttare la nostra “Zona Franca”. Nei prossimi
due mesi, fino alla fine dell’anno, lavoreremo ai preparativi per essere
pronti a soddisfare le esigenze delle aziende dal primo gennaio”.
Dopo sessant’anni di politiche filo-sanremesi e filo-imperiesi, una
“Città Martire” quale è stata Ventimiglia, meritava persino di più d’un
ordinario tampone.
L.M.
Sabato 12 gennaio 1946
Signor Presidente,
In questo momento in cui l’A. M. G. riconsegna i nostri paesi al
Governo da Lei presieduto, riteniamo che sia giunta l'ora di
rivolgerci solennemente a Lei per parlarLe in modo franco e leale
della tragica situazione in cui si trova la nostra regione e del
vergognoso abbandono in cui è stata fin'ora lasciata dalle nostre
autorità.
Desideriamo parlarLe in modo franco e leale, perché Lei conosce
meglio di noi le conseguenze che un tale abbandono può produrre sul
nostro avvenire.
Noi eravamo abbandonati e tenuti in disparte dal fascismo, perché
eravamo sempre stati antifascisti e non avevamo dato al regime
alcuna collaborazione.
Ma se potemmo capire e sopportare la rappresaglia di un governo
tirannico, non possiamo capire e sopportare la noncuranza di quello
che dovrebbe essere un Governo nostro.
Alla liberazione, come lei sa, gran parte della Liguria Intemelia fu
occupata dalle truppe francesi.
Problemi immensi, in gran parte ancora insoluti, incombevano sulla
regione.
Le comunicazioni praticamente inesistenti, le ferrovie inservibili,
la strada litoranea e quelle di Val Roia, Val Nervia e Vallecrosia
rese impraticabili dalla distruzione di gran parte dei ponti e dei
terrapieni. La città di Ventìmiglia, le sue frazioni, i comuni di
Olivetta, di Airole e di Piani di Camporosso col 95% degli edifici,
compresi quelli dei cimiteri, distrutti in parte o completamente.
L’acqua, la luce, il gas, le fognature, i telefoni, i telegrafi, gli
uffici pubblici e l’ospedale inservibili. Le strade cittadine
ingombre di macerie. Le spiagge, le campagne, le case ed i sentieri
seminati dì mine che ancor oggi mietono sempre nuove vittime. Le
botteghe ed i magazzini annonari vuoti.
Ed in più una popolazione decimata dai bombardamenti, dagli stenti e
dalle malattie. Immiseriti dai furti dei tedeschi e dei fascisti e
da ben tre sfollamenti subiti nel corso di questa guerra, con i suoi
averi ridotti a meno del venti per cento della media prebellica.
Che cose hanno fatto le autorità italiane per aiutarci ? Hanno
immediatamente impedita l’entrata dei rifornimenti alimentari e dei
materiali per la ricostruzione nella nostra zona. Hanno ritardato di
mesi la rimessa in funzione degli impianti di pubblica utilità che,
come quelli dell’energia elettrica, del telegrafo e delle ferrovie,
dipendevano direttamente o indirettamente da loro. Ed hanno pianto
lacrime di coccodrillo sulla povera Ventimiglia strappata dalle
broccia della patria, fatte eco dalla stampa vicina e lontana.
E così abbiamo avuto soltanto dai francesi i primi e più necessari
aiuti. Sotto la guida del Col. Romanetti, un gentiluomo ed un
sincero amico dei nostri paesi, le principali strade furono
provvisoriamente riattate e le macerie allontanate.
Si cercò di rimettere in funzione alla meglio i pubblici servizi ed
i francesi, che certo non nuotavano nella abbondanza, divisero
cavallerescamente con noi i loro rifornimenti.
Poi il 12 luglio i francesi partirono.
La nostra regione tornò in grembo alla patria, si asciugarono come
per incanto le lacrime sulle sorti della povera Ventimiglia e,
perdoni signor Presidente l’espressione volgare, siamo ridiventati i
figli di nessuno.
Che cosa è stato fatto in sei mesi ?
Nulla o quasi nulla si è fatto per sistemare le sommarie riparazioni
eseguite dai francesi alle strade, cosicché, com’era prevedibile, le
piogge invernali hanno nuovamente ridotto le comunicazioni in Val
Roia, in Val Nervia ed in Vallecrosia a quelle che erano il giorno
della liberazione.
Nulla o quasi nulla si è fatto per dare alla popolazione il mezzo di
intraprendere l’opera di ricostruzione. Perché non si può seriamente
pretendere che una regione, che ha il 95 per cento degli edifici
colpiti e la popolazione ridotta alla miseria, possa ricostruire con
la legislazione ordinaria esistente. Anche se le liste dei prezzi
del Comitato Comunale per le riparazioni Edilizie, non fossero state
respinte più volte dal Genio Civile di Imperia ed approvate soltanto
dopo molte riduzioni e disquisizioni bizantine il 12 ottobre, di
modo che a tutt’oggi non si è ancora erogato un soldo di contributo.
Anche se la promessa di distribuire 300.000 tegole in conto
riparazioni entro il 15 dicembre e che si ridussero a tutt’oggi a
70.000, non avessero seriamente intralciata l'iniziativa privata
invece di aiutarla.
E anche se complicazioni ed ostruzionismi burocratici di ogni
genere, non cercassero di snervare la tenace volontà di lavoro del
nostro popolo.
Nulla o quasi nulla si è fatto per la ricostruzione dei pubblici
servizi, se si esclude la ricostruzione delle carceri mandamentali
di Ventimiglia eseguita, contro la volontà del popolo, nella storica
sede di una biblioteca cittadina. E siamo tutt’ora senza telefoni,
senza gas, senza ospedale, con l’impianto d’acqua provvisorio
eseguito dai francesi, con le tombe scoperchiate, ed i pubblici
edifici sinistrati.
E tutto questo nonostante che le amministrazioni locali, dotate del
più alto spirito di sacrificio e di civismo, abbiano fatto e
cacciano tutto il possibile per rendere le condizioni della
popolazione meno disagiate.
Ma non Le completeremmo questo quadro sommario, signor Presidente,
se non Le accennassimo allo scherno che rappresenta per le nostre
miserie la rinascita della bisca fascista di Sanremo.
Sanremo ha vissuto, durante il lungo periodo della tirannia, un'età
dell’oro, incensando il fascismo con gli applausi dei suoi
Consiglieri Nazionali e dei corifei della sua bisca ed ha
approfittato di questi suoi ingiusti privilegi per cercar di
annientare con sacro egoismo, il turismo ed il commercio floreale di
Ospedaletti, di Bordighera e di Ventimiglia.
Ora credevamo che giustizia si dovesse fare anche in questo campo,
che le concessioni di gioco dovessero essere destinate alle città
umiliate dal fascismo e rovinate dalla guerra ed il loro provento
dedicato a lenire le miserie dei derelitti e non ad impinguare le
tasche di chi già aveva profittato.
Avremmo ancora molte cose da dirle, Signor Presidente, ma ci
accorgiamo che la nostra lettera è già troppo lunga e che, se
l’allungassimo ancora, non potremmo più avere la ragionevole
speranza che fosse letta interamente da Lei o per lo meno da uno dei
suoi segretari.
E per concludere Le diciamo quindi quello che noi chiediamo come
un’atto di elementare giustizia verso le nostre popolazioni e come
un indispensabile viatico alla sentinella avanzata.
1) La costituzione ed in finanziamento da parte del nostro Governo
di un Ente Autonomo per la ricostruzione della Liguria Intemelia,
con sede in Ventimiglia in seno al quale siano rappresentati i
comuni interessati e che assuma in proprio la ricostruzione, secondo
un piano regolatore prestabilito.
2) Il rilascio a tale Ente Autonomo di una concessione trentennale
di gioco, con l’obbligo di destinare i proventi oltre che alla
ricostruzione, anche all'attrezzatura ed allo sviluppo turistico
della regione intemelia.
3) Che, fino a quando questa concessione non sarà entrata in fase di
sfruttamento, e qualora nel frattempo si giochi a Sanremo anche se
in forma provvisoria, si faccia obbligo al Casinò di quella città di
versare il 70 per cento dei suoi proventi all’Ente Autonomo per la
ricostruzione della Liguria Intemelia.
Memori
delle disillusioni passate, non Le avremmo scritto, se non
condividessimo pienamente la fiducia che ripone oggi in Lei la
grande maggioranza degli italiani e degli stranieri che sono in
relazione con l’Italia. E prima di presentarle i nostri sinceri e
doverosi ossequi, vogliamo ancora informarla che a Breglio e negli
altri comuni del cuneo francese di Val Roia, si sta lavorando molto,
molto seriamente alla ricostruzione.
LA DIREZIONE
All'avvio della Zona Franca Urbana, Ventimiglia richiama alla memoria la vicenda della Zona Franca Intemelia, proposta da Emilio Azaretti nel 1946, al termine della Seconda Guerra Mondiale, a favore di un territorio completamente distrutto. La Voce Intemelia, oggi mensile di informazione a difesa degli interessi locali; è stata proprio il foglio ufficiale della Unione Democratica Federalista Intemelia, che era allora l'associazione predisposta per perorare l'attuazione della proposta.
Nei primi giorni del maggio 2013, la Regione Liguria ha riproposto la volontà di realizzare una Zona Franca Urbana a Ventimiglia, sulla falsariga del progetto varato nell'estate del 2008; al fine di rilanciare la città, sempre inserita nel gruppo di altre ventidue località liguri che dovrebbero beneficiare della richiesta presentata al Governo Letta.