Ai Soci
dell'Unione Intemelia
Nell’arco delle “Manifestazioni
Aprosiane”, pensate e volute per far conoscere o per
riscoprire l’opera del sommo Angelico Aprosio, anche la
“Voce Intemelia”, da tanti anni punto di riferimento
culturale della Città, ha desiderato dare il suo contributo
in merito.
L’Autore del racconto “Il
dono dei Magi” - Notte dell’Epifania, 1681, Ventimiglia,
Biblioteca Apro-siana, è il prof. Bartolomeo Durante,
lo studioso più prestigioso tra quanti studiano il personaggio Aprosio.
La pubblicazione, edita anche
grazie alla sensibilità dell’imprenditore Dino Masala,
verrà inviata in omaggio a tutti gli abbonati della
“Voce” e sarà il miglior augurio d’una Epifania di luce
per ognuno di noi ed un seppur modesto ma prestigioso
segnale di inizio delle importanti manifestazioni di
questo Anno Aprosiano.
Con amicizia
La Voce Intemelia
L’Editore e la Redazione
ALZANI EDITORE
- PINEROLO
© 2006 - 1SNB 88-8170-308-4
Proprietà letteraria riservata - Per riproduzione, anche
parziale, citare la fonte previa autorizzazione
Editing: Graziella Colombini Cortesi
Stampa: Alzani Arti Grafiche - Pinerolo
Via Grandi, 5 - Tel. 0121.322657 - Fax
0121.393195
[ricostruzione
documentaria]
sul frontespizio vedesi:
INCUNABOLO DE PATIENTIA DI BAPTISTA (FR.) MANTUANUS
- VENEZIA 1499 IN C.B.A.
VI SI
LEGGE DAL LATINO:
«FRATE ANGELICO APROSIO,
MINIMO FRA I SUOI CONFRATELLI
E FONDATORE DELLA BIBLIOTECA,
ASSIEME A DUE ALTRI
ORMAI NON PIÙ BEN RILEGATI,
RESTAURÒ A SETTANTAQUATTRO ANNI
QUESTO CODICE, NELLA VEGLIA NOTTURNA
DELL’EPIFANIA DEL 6 GENNAIO 1681.
PREGATE PER LUI»
QUANTO AMORE PER I LIBRI, LAVORAVA
ATTIVAMENTE A DUE
MESI SOLO DALLA MORTE: LA GRAFIA È
CAMBIATA, DENOTA LA STANCHEZZA E
L’INVECCHIAMENTO MA NON SI ARRESE MAI ... PROVA INDISCUSSA D'UN GRANDE BIBLIOTECARIO
E SOPRATTUTTO
D'UNO STRAORDINARIO BIBLIOFILO !
Edito col patrocinio della
Società Agricola
“A TRINCEA” di Airole
Angelico Aprosio morì due mesi dopo,
in una fredda notte del 23 febbraio 1681.
Domenico Antonio Gandolfo ne rese ancor più grande la biblioteca e
divenne uno dei massimi scrittori agostiniani pubblicando la storia di
tanti scrittori dell’Ordine nella sua Dissertatio: per il prestigio
raggiunto, anni dopo dovette recarsi a reggere il convento di Genzano,
tra i Castelli romani e, poi, sempre obbedendo si sistemò a Roma,
divenendo membro dell’Arcadia, con il nome di Arcanio Caraceo.
Morì, quasi dimenticato, nel febbraio del 1707, trecento anni fa: una
leggenda si sparse per il cenobio che reggeva nuovamente a Genzano, ...
avrebbe detto per ultima una frase cara al proprio maestro ... che anche
la sua vita era stata giustificata per esser stato tromba delle
glorie altrui, cioè per aver anche lui tramandato nel ricordo il
nome di tanti eruditi e dotti, le cui opere o il cui ricordo si
sarebbero altrimenti persi.
Senza quel dono dei Magi, nell’Epifania del 1681, forse, Domenico, come
era nei presagi, sarebbe divenuto un preminente personaggio del suo
ordine agostiniano, ma forse non sarebbe riuscito a tramandarsi, con
tanti altri, nei suoi libri, al pari di altri uomini che si tramandano
invece nella carne di un figlio ... destini comuni per due grandi, o
forse i due più grandi personaggi che Ventimiglia abbia avuto !
Stette a guardarlo per un po’, finché non parve addormentarsi e s’avviò
all’uscita: ma una voce ben nota lo raggiunse e lo fermò !
Aveva riaperto gli occhi e nella luce morente d’una candela lo fissò
senza dire nulla a lungo, poi di colpo esclamò “Abbassati ... per
favore”.
Domenico non avrebbe voluto sentire l’ultima parola, ma obbedì ...
rimase di sasso mentre quello lo sfiorò con una carezza: “E’ come avessi
ritrovato il figliuol prodigo ... anche a me i Magi han fatto un dono,
mi hanno restituito per un giorno l’allievo migliore che abbia mai avuto
e che forse, in altra condizione, avrei voluto come ... ma ... che dico
mai, va via ora, è tardi ... io posso stare a letto tu no, hai i tuoi
impegni”.
“Forse voleva dire ...figlio ?” Domenico pensò una cosa di cui subito si
pentì: “Sì ... ho molti impegni, e soprattutto uno, che ho riscoperto,
quello di “bibliotecario dell’Aprosiana”.
Voltandosi, per questo non ne fu mai certo, ebbe l’impressione che sul
volto del vecchio, ormai condannato, fosse scorsa una luce di vita, per
un attimo, sfavillante !
Domenico Antonio Gandolfo, sul limitare della soglia del chiostro, si
fermò a fissare l’alba: “Lui sarà ricordato per sempre, ... chissà di me
che sarà: poco importa, continuerò il suo lavoro ... e se mi cadrà sopra
l’oblio, che sia pure !”.
Assistito da Domenico, che ne scrisse l’elogio poi stampato sul primo
manifesto cartaceo in
Ventimiglia,
E
una scia d’inchiostro
seguì il pennino ed il vecchio masticò una bestemmia, poi biascicò un
mea culpa e con cura asciugò contro il saio lo strumento troppo
carico di inchiostro “ ... Tanto questo vestito non mi servirà per molto
... almeno da vivo”.
Il Priore distolse lo sguardo per nascondere un moto di pietà che
l’altro, stante il suo carattere, non avrebbe gradito, ... quando si
girò il vecchio monaco stava già scrivendo, con mano ferma, ... Domenico
non poté far a meno d’ammirare quello sforzo del vecchio, che per non
sbagliare era così concentrato da tenere, come i bambini, la lingua tra
i denti.
Il frate più giovane stando in piedi alle spalle del proprio antico
maestro non poté far a meno di leggere ciò che quello scrisse e che per
sempre rimarrà su quel libro della Biblioteca intemelia: “Frate
Angelico Aprosio, minimo fra i suoi confratelli e fondatore della
biblioteca, assieme a due altri ormai non più ben rilegati, restaurò a
settantaquattro anni questo codice nella veglia notturna dell’Epifania
del 6 gennaio 1681. Pregate per lui”.
bbe appena tempo di tamponare con carta assorbente quell’appunto che
s’afflosciò sul libro: Domenico lo afferrò subito, portando una mano
alla fronte che scottava. Lo sollevò, era magrissimo ormai e
straordinariamente leggero: gli fu facile portarlo nella sua cella,
avvolto al meglio nel saio e in una copertaccia della Libraria.
In effetti, con terrore aveva visto una goccia di sangue su una carta
abbandonata sopra il ripiano ed un grumo fresco all’angolo delle labbra
dell’altro: sentiva di doverlo portare al riparo, nella sua cella, nel
letto, almeno più al caldo.
“No ... non ancora” al primo gesto d’impazienza l’antico bibliotecario
fece seguire una frase meno aspra: “... fammi sedere ti prego, ... ho
una cosa da fare ... forse l’ultima qui ... lasciamela fare, per
favore”.
Aveva detto “per favore”; mai il Priore aveva sentito un uomo tanto
altero e indipendente supplicare qualcuno e non poté negarsi, lo
trascinò alla prima sedia ed attese che l’altro gli dicesse qualche
cosa, qualsiasi cosa, tranne quel silenzio in cui era caduto, tenendosi
la testa fra le braccia coi gomiti fissi sul ripiano di legno antico.
Qualsiasi cosa ma niente “per favore” pensò il Priore ... aveva odiata
la durezza del maestro, un tempo, ma per essa aveva imparato tutto e
nulla dimenticato. ...”Passami il libro di Battista Mantovano” la voce
del frate lo aggredì con nuova energia e ne fu quasi lieto. “Perché
maestro ? Abbiamo finito ...” alle sue parole l’altro rispose
interrompendosi, ancora, per tossire “Passamelo ... non so se potrò mai
tornare qua su”.
Era un ordine, d’un uomo morente ... ma non si poteva discutere ed il
Priore glielo rimise innanzi chiuso: l’altro girò il piatto iniziale ed
accarezzò con amore evidente il frontespizio, ... poi allungò una mano,
verso una penna d’oca intinta nel calamaio ...
L
ed i raschiatoi, le colle, i pennelli di calibro diverso, ...
tutto gli scorse per le mani con una sicurezza di cui dubitava da anni.
“Non ti sei rammollito ... dunque”: il maestro parlò in dialetto, in
modo più colorito di come volle sentire il Priore ... non approvava quel
modo d’esprimersi ma si sentiva del tutto pari al vecchio, quella notte
i Magi avevano portato un dono anche a lui: il ricordo di quello che era
stato ... un grande bibliotecario !
a luce prese a filtrare dalle finestre ben serrate ma sconnesse per il
tempo, il fuoco della lampada oscillava per l’olio ridotto al minimo ...
altri due libri antichi stavano sullo scrittoio: tutti e tre, parevano
rinati, compatti, lucidi, assemblati da una perizia imparata a Venezia,
nella patria della stampa, e trasmessa con amore di padre da quel
vecchio frate ad un discepolo che un tempo amava più i libri che gli
onori e che aveva nome Domenico, detto per complimentosa burla “il
legatore principe”.
“Allora legatore principe per l’ultima volta abbiamo lavorato
insieme e ce l’abbiamo fatta ancora una volta”: il monaco si rivolse al
suo Priore con inusuale confidenza ma poi fu preso da una tosse
convulsa. ... Domenico lo afferrò per l’ascella, prima che quello si
abbattesse sul libro. Il vecchio gli si avvinghiò ... era palesemente
sfinito: ed il Priore non seppe dir altro che “E’ ora d’andare maestro
... fa freddo ed abbiamo finito”.
Il frate anziano riemerse dall’estasi con cui era andato osservando quel
povero volume, un incunabolo di raro valore: “Nulla è impossibile, ...
hai disimparato troppo, la pazienza deve guidarti, la pazienza e quanto
avevi imparato e che non credo tu abbia dimenticato”.
Lo sguardo del vecchio, che lo fissava con la testa reclinata, quasi
appoggiata su quei vecchi fogli, adesso era dolce, di una dolcezza che
solo quanti hanno qualcosa da lasciare, affetti soprattutto od amori
profondi, riescono a manifestare, dimenticando le ubbie della salute
decadente ... ma in quello sguardo v’era non solo preghiera ... stavano
anche fiducia, abbandono, speranza, ... la speranza che lui, il Priore,
non avesse dimenticato, che dopo esser passato tante volte sotto quella
biblioteca, neppure alzando lo sguardo verso là ove aveva lavorato per
anni come discepolo, ora, in un giorno tanto particolare come
l’Epifania, sapesse riscoprire se stesso e l’antico amore per volumi e
manoscritti !
L’antico monaco non s’era sbagliato, per gli impensabili sentieri della
memoria e degli affetti, o forse per il miracolo di una notte singolare
come quella, il Priore ritornò indietro nel tempo, ai giorni delle
illusioni, quando giovanissimo restò sgomento entrando in quelle sale a
contemplare quei volumi dall’inconcepibile bellezza !
I gesti, senza una motivazione razionale, gli vennero usuali, come se
mai fosse passato il tempo: riconobbe ogni cosa, sparsa per il
laboratorio, le legatrici, il telaio, le corde di varia natura, gli
incisori
di quelle
per serrature solide, proprio come quella che bloccava saldamente le
ante dello scaffale.
“Eh, già ... di questi tempi ... con questi frati ignoranti ... le cose
strane e belle e preziose, soprattutto, bisogna proteggerle”: riuscì ad
accendere una certa curiosità nel Priore ma questi, conoscendolo, non
s’aspettava che prendesse danaro od oro ben nascosto, era certo che
altro interessava l’antico maestro.
E quando questi si volse gli ultimi dubbi svanirono: serrava tra le
braccia, con una gentilezza inusuale, un libro antichissimo ... e lo
guardava con amore, come un padre può fissare un figlio ammalato: “Dai
... Domenico ... dai che il tempo fugge, la nostra vita è poco più che
una scoreggia come scrive il Gentile ... aiutami, guarda come è ridotto
... non posso andarmene lasciandolo così ... e tu hai tante altre
occupazioni ! Ormai !”.
Al Priore non sfuggì la nota di malinconia nella voce del vecchio frate,
forse anche lui, non solo il libro, gli stava più a cuore di quanto
pensasse ...
Lo aiutò a sistemare il volume vecchissimo e scompaginato sullo
scrittoio: “Dio ... com’è ridotto ... è impossibile risistemarlo !”.
In effetti, i piatti erano rovinati, la legatura così allentata che le
ruvide pagine quasi sfuggivano per ogni dove: a tal punto il tempo e
l’usura avevano ridotto il preziosissimo testo del De patientia
di Battista Mantovano pubblicato a Venezia nel 1499 ed ormai aggredito
da tempo e tarme.
qui,
spegni quell’affare che affumica tutto, prendi le lucerne
... quando eri più giovane non dovevo ordinarti di far
subito cose semplici come queste !”.
Altri tempi tornarono alla mente del Priore, di notti pesantissime e
sconvolgenti ed eccitanti, tra codici e libri mai visti ... volumi che
lui aveva amato quanto il maestro ... prima di far carriera, d’ottenere
incarichi, di diventare un predicatore ben prezzolato !
Il vecchio parve accasciarsi sullo scrittoio, ma le cose non stavano
così, con un gesto rotatorio del braccio destro allungato scaraventò a
terra ogni cosa che fosse sul ripiano, tranne la lucerna ad olio: il
Priore sapeva bene che non stava impazzendo e sapeva che evitava di
parlare allo scopo di non perdere le energie che aveva raccolto, magari
nella stessa chiesa, fingendo di pregare, nell’attesa dei Magi.
Con un balzo gli fu accanto e per via della torcia accese la lucerna, che lentamente esplose di luce più pulita ... “Allora non ti sei
rimbambito tra tanti affari ...”: il vecchio frate lo squadrò coi suoi
occhi arrossati ma lucidi, quasi freddi “ ... e allora dai ... porta qui
altre due lampade e spegni quel tronco puzzolente di legno e stoffa”.
Quella voce risuonò potente come anni prima, come da tempo non ricordava
ed il Priore obbedì in tutto.
Il fumo si diradò da una finestra appena scostata: e dopo un attimo il
vecchio si trascinò, tossendo ancora, ad uno scaffale sempre chiuso, si
infilò la
mano
nelle pieghe del saio e ne estrasse una chiave,
abbandonati: “Lascia i cavasangue, o cavasoldi se vuoi,
alle loro purghe ... ho cose più
importanti che vivere qualche mese ancora e poi finire
nel mio letto, bagnato dal mio piscio e
sporcato dai miei escrementi ...”.
“Erano parole forti per un frate, mescolate di dialetto
e forse di qualche bestemmia mal rimangiata per non
esser intesa, ma il Priore sapeva che era proprio così,
che il destino si sarebbe compiuto comunque: l’avevano
detto i dottori certo ma lo suggeriva anche un semplice
sguardo. S’arrese senza combattere: “Sia come volete,
... vi precedo” e non ebbe bisogno d’alcuna chiave per
valicare la porta che conduceva alle scale della
Libraria, la maniglia cedette subito sotto la sua
pressione ... il vecchio aveva già preparato tutto.
Quest’ultimo faticò per le scale strette ma quando
valicò l’accesso della biblioteca smise d’ansimare, per
un po’, nella luce della fiaccola che il Priore s’era
portato, parve gustare le scansie, gli scaffali, i libri
ordinati, quelli disposti sui leggii, i quadri
troneggianti dalle pareti. Al Priore sembrò, anche se
per poco, che quell’uomo fosse ora monumentale, solido
come il bronzo, forse eterno: “Cosa volete fare ... ora
che siete qui ?”. Non voleva ammetterlo ma temeva la
risposta, qualsiasi risposta ! L’altro si fece avanti
di colpo, tossì e s’appoggiò allo scrittoio, ... ancora
una volta il Priore fece il gesto d’afferrarlo ma
fu subito gelato: “Non mi toccare ...
luce, voglio luce
L
Il Priore, che era un uomo ancora vigoroso e giovanile, fu
colpito dal cancro di rughe che si innervavano per quel
volto stanco, sin a concentrarsi intorno agli occhi rossi di
febbre, ... fece un gesto d’istinto, quasi a sorreggere il
confratello, che però si scostò, con uno scatto: “Che fai ?
amico mio, ... non è ancora il momento: tutti aspettano la
mia morte, ma lo sai ... entrambi abbiamo un debito da
pagare”.
“Ma ... maestro, proprio questa notte, col
freddo che ci tormenta e la santità del giorno che ci
attende ?”.
a risposta fu secca e parca, a differenza del
modo prolisso e sempre più aggrovigliato con cui il vecchio
frate s’esprimeva: “A te resta molto tempo ... io non ne ho;
e non ho figli, nessuno ... solo la tua amicizia e lassù,
tra il cielo e la terra, stanno i libri per cui ho vissuto e
forse sono nato, gli unici figli per cui potrei esser
ricordato”.
Il braccio levato si sperdeva adesso oltre il chiarore della
fiaccola, ma il Priore aveva capito, e non era arduo del
resto: l’altro indicava il sopraelevamento del chiostro, le
sale della biblioteca, dove stavano i libri per cui aveva
speso la sua esistenza e per difendere i quali s’era spesso
inimicato anche chi non doveva.
“Volete salire nella Libraria ? ... a quest’ora ? ... ma
dovete riposare maestro, ... il dottore ...”: al Priore non
riuscì di finire la frase, che il vecchio frate
parve recuperare impensate energie e sarcasmi ormai
S
qui
sfioriti ma io non li vedrò più, per sempre: la regina
dei fiori, spargerà ancora e per l’eternità, nella sua
pompa, l’olezzo raro che fece invaghire il Marino, e
come il Marino, anzi, come un suo brutto Adone io non
potrò goderne, ... è la vita !”: le ultime parole
attraversarono l’oscurità con un tono più basso e mesto,
piene d’un rammarico ch’aveva quasi il sapore del
pianto.
Il Priore si volse verso il nulla, donde s’era accesa e
spenta quella voce senile: e vide l’ombra avanzare sin a
fermarsi sotto un raggio tardivo della luna morente. Gli
parve sconveniente che restassero così, sospesi nel
niente “Venite qui maestro, al riparo da quest’aria
gelida”; in qualche modo afferrò l’interlocutore e con
riverenza lo portò verso il muro del chiostro, dove a
tentoni trovò la fiaccola che sapeva esservi e che
riuscì ad accendere dopo diversi tentativi.
“Sono come quella ormai, ... l’accendi e si spegne, la
riaccendi e si spegne ancora ...”: la voce del vecchio
frate divenne più nitida, mentre avanzava nell’alone di
luce sempre più forte e che dava l’impressione di
rimbalzare in lingue d’ombra e di luce contro le arcate.
Il suo volto, emergendo quasi di colpo, parve disfatto,
certamente pallidissimo: non aveva più nulla che si
potesse comparare ai lineamenti con cui in tanti quadri
era stato effigiato da pittori che avevano saputo, per
anni, barare con i malanni che l’avevano aggredito ...
specie con la malaria.
vanite contro le volte della chiesa le litanie, riposti i
calici, congedati i pochi confratelli, il nuovo Priore del
Convento Agostiniano, che s’ergeva come un monolito nella
malarica piana tra i corsi del Nervia e del Roia, sotto cui
dormivano i resti dell’antica romana Albintimilium, entrando
nel chiostro s’avvolse nel saio con un brivido:”... Nostro
Signore per incontrare i Magi scelse davvero una stagione
ingrata”.
Parve attendere una risposta, ... un motto arguto magari,
tutto fuorché il silenzio: e poi pensò d’esser stato stolto
ad aver fatto correre per il silenzio del chiostro quella
battuta tanto ovvia: anche la notte dell’Epifania del 1681
sarebbe stata inevitabilmente gelida ed umida come tutte le
altre. Si trattò di attimi, ma dal nulla, che ovunque le
luci s’eran spente, non parve nemmeno giungere un respiro,
un soffio, nemmeno quel soffio che da qualche tempo, da
quando s’era accasciato sull’altare mesi prima, sempre più
cupo pareva aprirsi la strada dal petto dell’antico maestro.
Eppure lui di sicuro era lì, celato nell’oscurità, visto
l’appuntamento urgente che gli aveva dato: magari stava
guardando il cielo stellato o andava accarezzando le rade
foglie delle piante del giardino, al modo che era solito da
sempre.
“Le rose fioriranno e non le vedrò più dalla loggia, presto
non sarò più inebriato dal loro profumo, ... altri petali
s’apriranno, in luogo di quelli che son
rivista il:
10 agosto 2012
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