FIORI, SOLE e AMORE
Era il 1935, quando la nostra
città ha definito le sue più appropriate qualità, che sono quelle che non
manchiamo mai di far conoscere e apprezzare a chiunque trascorra
qualche tempo tra noi.
Durante lo svolgimento della Battaglia dei Fiori di
quell'anno, veniva cantata a squarciagola la canzone creata
appositamente per l'occasione, era intitolata "Sciure e garsune",
composta da Ginotu, il prolifico Anacleto Ughes, su parole di Emilio
Azaretti; che descrivevano quello che era un momento topico della
nostra condizione di produttori e commercianti floricoli, nell'area di
quel
nostro, importante, Mercato dei Fiori.
Abbinata alla bellezza dei fiori usciti
dalle ceste da trasporto, veniva descritta la leggiadria delle giovani
concittadine, invitate a far piovere mucchi di fiori, sui giovanotti,
nel corso della nostra incruenta "Bataglia".
Sul testo stampato, nei volantini per divulgare la canzone, quel verso non
compariva, ma Ginotu nel mostrare la sua opera al soprano che
l'avrebbe eseguita, fin dai giorni della vigilia, l'aveva impartito,
ottenendo la sua quadratura del refrain.
Neppure lui avrebbe immaginato il
successo che le qualità territoriali ventemigliuse avrebbero
ottenuto, non solo in città. Ancor oggi, nel testo di quella canzone
non compare lo slogan, ma nessun esecutore dimentica mai di
eseguirlo.
Già da molti anni, la nostra città non
possiede più il Mercato floricolo, ma è rimasta pur sempre il paese
del sole, dei fiori e dell'amore.
Nel comporre la canzone, Ginotu aveva richiesto a Miliu un verso, per la
definizione del refrain, monco metricamente, a suo dire.
U
sciù meigu, profondo conoscitore di rime e di composizione poetica,
risolse che il testo quadrava benissimo, così com'era.
Ma Ginotu, non era uomo da cedere così
facilmente; sicché aggiunse di suo il verso che riteneva opportuno. Si
trattava proprio dello slogan appropriato al nostro territorio: "O
Ventemiglia, paise d'u sù, d'e sciure e de l'amù", che fece
immediata presa sul pubblico, non soltanto per quell'occasione.
Da allora, queste rimarchevoli doti si sono aggiunte all'antico enunciato "Ventemiglia d'u Scegnù, inteso come luogo baciato da Dio, per descrivere l'incantevole territorio posto alla foce del Roia, esteso fino alle rocche dei Balzi Rossi ed alle alture di Monte Granmondo; ambiente dov'é inoltre noto come "... l'àiga d'a scciümaira a l'é in'aiga beneixìa, tüti cheli ch'i ne büve i nu' se ne va' ciü via".
però, subito
rivolge un ampio sguardo alle nostre bellezze femminili: ... e i
costumi delle donne hanno i colori più sgargianti, come i fiori ...
quand’è maggio sei una festa e risplendono le maglie, i garretti,
l’ampie paglie, sulla testa delle fulgide tue donne con i turgidi
corsetti, lungo il ponte ...
Poi aggiunge: ... ed è l’anima dei
fiori il profumo. Chi lo sa se una donna che va fuori, profumata di
lillà, ha due anime ? Per essere enunciata da un
cronista-poeta, in visita di cortesia nel nostro comune, è una ben
strana domanda.
Si smarca però, spiegando: Sen va con due anime e ci perde nella scia
dei suoi merletti, lungo il verde, dei tuoi chiari parapetti.
Quadretto di quella Ventimiglia, sede
d’una animatissima Stazione Ferroviaria Internazionale, ritratta: in
perpetua meraviglia, mentre passano i diretti tra spalliere di mughetti,
nell’arcana tua dogana.
L.M
Nel 1951, per Edizioni Radio Italiana,
di Torino, l’illustre giornalista e poeta Diego Calcagno ha pubblicato “Geografia
Sentimentale”, i ritratti in rima di 34 città italiane, medie e piccole,
che lo avevano ispirato per le loro qualità sostanziali. I pareri critici
del tempo, avevano affrancato quelle descrizioni, quali profili reali dei
luoghi visitati.
Adriana Oxilia ha conservato quel libretto e lo ha portato in sede, dove
abbiamo letto e analizzato i due canti dedicati alle condizioni di
Ventimiglia e Bordighera; fissate in quel dopoguerra, foriero di speranze.
In quella Ventimiglia, sede di mercato floricolo nel suo massimo splendore,
i fiori sono stati la materia più percepibile. Omaggio dunque a una lunga
serie di corolle profumate, in riva al mare, viste illuminate però da un
sole alpino, in onore alle vette innevate del circondario.
La città, in quel dopoguerra, avrà mostrato una strana meraviglia, o
magnificenza, se Calcagno ha scritto:
Ventimiglia, o città di
benestanti ...