La difficile missione del Cap. Garigue,
nella Ventimiglia del 1945,
occupata dai francesi
di Renzo VILLA - 1989
È difficile immaginare in divisa militare il Cap. Philip Garigue, la persona mite e discreta che incontro a Bordighera in casa del nostro condirettore Carlo Pozzi.
Ed infatti, alla sua aria professorale e al suo modo di parlare calmo e misurato corrisponde perfettamente la figura di decano dell’Università «York» di Toronto, in Canada, dove insegna scienze politiche da molti anni.
Vorrebbe ormai godersi la meritata pensione, ma non riesce per le insistenze dei colleghi che lo pregano di rimanere, cosa che probabilmente avviene anche all’Università di Nizza dove è docente di «Diritto della pace».
Un uomo di pace, dunque, scelto dagli alleati nel 1945 e inviato a Ventimiglia, in un momento assai difficile, per una missione pacificatrice che egli compì nel migliore dei modi.
Qualcosa di analogo era avvenuto lungo tutta la linea alpina del confine italo-francese, sia in Piemonte che in Valle d’Aosta.
Nato a Manchester il 13 ottobre 1917, da una famiglia di remote origini francesi, laureato in scienze politiche, capitano dei fucilieri dell’esercito inglese, combatté in Africa durante la seconda guerra mondiale.
Ferito durante un lancio di addestramento per paracadutisti (il paracadute non si aprì), sbarcò a Siracusa e partecipò alla campagna d’Italia come ufficiale di Stato Maggiore, alla sezione affari politici.
Il 25 aprile, quando le truppe del generale De Gaulle entrarono a Ventimiglia, egli si trovava a Massa e, qualche giorno dopo, la scelta di un ufficiale alleato da inviare nella nostra città cadde su di lui, esperto in scienze politiche e buon conoscitore della lingua francese.
Quando giunse a Bordighera e prese alloggio a Villa Madonna della Ruota, i francesi avevano ormai stabilito una loro «frontiera» al ponte del Borghetto, alle porte della Città delle Palme.
Il generale De Gaulle rivendicava piena libertà di azione nei confronti dell’Italia con la quale si considerava ancora in stato di guerra non avendo la Francia firmato l’armistizio dell’8 settembre come, invece, avevano fatto Stati Uniti e Inghilterra.
Il comportamento del generale preoccupava molto gli alleati e la missione del Gap. Garigue a Ventimiglia si inquadrava nella linea politica che americani e inglesi seguivano in quei primi giorni di pace. Non urtare la suscettibilità del loro - in quel momento - scomodo alleato e impedire che, nelle zone di occupazione francese, scoppiasse qualche malaugurato incidente.
«A Ventimiglia - ricorda il Cap. Garigue - la situazione era esplosiva e avrebbe potuto precipitare da un momento all’altro. La tensione fra rappresentanti del C.L.N., che avevano partecipato alla resistenza contro i tedeschi e le autorità militari francesi era molto forte. I partigiani minacciavano azioni di sabotaggio contro gli occupanti e intanto i francesi andavano indicendo nei paesi dell’entroterra i referendum per il “rattachement” di Ventimiglia e della Zona intemelia a Nizza».
I «buoni uffici» del Cap. Garigue consistettero appunto in questo: evitare che si giungesse ad azioni di forza e tenere costantemente i contatti con gli alleati e le autorità italiane.
Ma, a Ventimiglia, semidistrutta dalla guerra c’erano anche enormi problemi amministrativi e umani da risolvere. Uno dei più gravi era quello del ritorno in una città fantasma di migliaia di profughi che avevano lasciato le loro case negli ultimi mesi del 1944.
La quasi totalità dei tetti erano stati scoperchiati dalle bombe e Garigue, sollecitato dal vescovo Mons. Rousset e dalla giunta municipale, fece giungere a Ventimiglia un’autocolon di camion carichi di tegole.
Sempre per merito di Garigue, una compagnia del genio militare inglese diede inizio ai lavori di ripristino della linea ferroviaria, interrotta in più punti dai tedeschi che avevano fatto saltare ponti e gallerie.
Nell’espletare il suo compito, Garigue, che aveva un suo ufficio in Comune, si teneva costantemente in contatto con il Colonnello Jacques Ronianetti, comandante della piazzaforte di Ventimiglia.
Dopo tante disgrazie, la fortuna aveva voluto che tutti i poteri civili e militari fossero nelle mani di un ex ispettore della S.N.C.F. che, nel periodo prebellico, aveva svolto il suo servizio proprio a Ventimiglia dove era ben conosciuto e stimato per le sue capacità e per le doti umane.
Ciò facilitò non poco la missione politico-diplomatica di Garigue e permise di arrivare senza traumi a quell’11 luglio 1945 quando i francesi, in base all’accordo interalleato di Caserta, sottoscritto un mese prima, evacuarono Ventimiglia che passò sotto l’amministrazione dell’A.M.G., come il resto della provincia di Imperia.
Per le sue benemerenze nei confronti della città, al Cap. Philip Garigue fu conferita la cittadinanza onoraria di Ventimiglia. Il destino che lo aveva portato nella nostra terra, in un momento tanto drammatico, si incaricò poi di legarlo ad essa definitivamente. Nel 1946, sposò una ragazza di Bordighera di origine piemontese, cugina del pittore Gian Antonio Porcheddu. Ha tre figli; una figlia vive a Milano e viene in vacanza a Bordighera come del resto fanno quasi ogni anno i coniugi Garigue, che nella Città delle Palme hanno la loro seconda casa.
LA VOCE INTEMELIA anno XLIV n. 10 - ottobre 1989