RICERCHE ARCHEOLOGICHE
ANTICO PORTO
NEL “LAGU” AI PIEDI DELLO “SCÖGLIU”
Auspicabile lo scavo archeologico
dell’antico Lago di Ventimiglia,
funzionante per secoli come porto
Emilio Azaretti - 1990
In occasione del ricevimento di fine d’anno dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, la Direttrice dott. Francisca Pallares ha presentato una interessantissima relazione, corredata di proiezioni, su “I porti e gli approdi dell’antichità, dalla preistoria all’alto medioevo”, dopo gli scavi eseguiti sotto la sua direzione nel Mar Tirreno, a seguito di una convenzione fra le competenti Direzioni ministeriali e l’Istituto.
La relatrice ha anche informato i Soci di un probabile rinnovo della convenzione, che dovrebbe permettere di esplorare e restaurare altri porti ed approdi di grande interesse, ma di più difficile accesso a causa di costruzioni e utilizzazioni moderne. Alla chiusura della relazione, ho chiesto alla dott. Pallares, che è certamente l’esperta più autorevole in fatto di archeologia sottomarina italiana, che cosa pensasse di un’ancora di ferro, dell’altezza di circa m. 1.70, che era stata trovata nell’immediato dopoguerra nella località dell’antico Lago di Ventimiglia, che fronteggiava la frazione di Roverino. Dopo essere stato informato del ritrovamento, avevo cercato invano di rintracciare l’ignoto scopritore dell’ancora, che certamente l’aveva già venduta come “ferro vecchio” ad uno degli incettatori di metalli, che pullulavano in quel periodo. La risposta è stata che poteva essere di epoca romana o medioevale, ma che soltanto l’esatta particolarità costruttiva avrebbe potuto datarla.
Continuando il discorso, la dottoressa ha detto di ritenere che già in epoca romana, fosse il Lago il vero porto di Ventimiglia, piuttosto che il porticciolo esistente nella Città romana alla foce del Nervia. Questa è sempre stata anche la mia convinzione, suffragata dagli atti di pirateria compiuti dagli abitanti dell’Intemelion preromano contro le navi commerciali dei Greci di Marsiglia e delle sue colonie di Nizza e di Antibo, che presupponeva l’esistenza di un porto sicuro e facilmente difendibile. L’intervento militare dei Romani, alleati dei Greci di Marsiglia, ha poi portato nel 180 a. C. alla sottomissione della nostra città.
La dott. Pallares ha manifestato il suo intendimento di far entrare il Lago di Ventimiglia nei programmi della rinnovata convenzione; considerando che il Lago funzionava ancora da porto nel 1837, come si può rilevare da una stampa di Fisher Son & C., che mostra una nave a due alberi a monte del ponte stradale, il quale ha l’ultima arcata, di ponente, aperta. Speriamo che questa esplorazione, allargata all’isola esistente al centro del Lago, possa essere realizzata e dare buoni frutti.
LA VOCE INTEMELIA anno XLV n. 1
Storia della Città di Ventimiglia
LIBERI NAUCLERÎ COMUNALI
Il mirabile ordinamento dei Comuni, nato nella grande lotta fra l’Impero e la Chiesa per causa delle investiture, era stato fortemente aiutato da quelle associazioni di mutua guarentigia, onde artisti, mercadanti, uomini di città e di contado cercarono di procurarsi una forza ordinata che tenesse luogo di legge, e più spesso di opposizione alle prepotenze dei nobili e alle angherie dei feudatari. - Tali associazioni chiamate compagne, avevano armi e rendite proprie, ed erano dirette da consoli, magistrati di nome romano, che ora vedremo preposti alla direzione del Comune stesso. Le compagne, scrive un illustre scrittore,1 furono quelle che scalzarono il potere dei feudatarii; e Ventimiglia, pari a tutte le città marittime fiorenti per commercio, dovette appunto a tali associazioni la sua emancipazione dai Conti; e tale si fu l’importanza della compagna ventimigliese, che i Conti istessi furono costretti a giurarla.2
Avea potuto il conte Oberto rassegnarsi a farsi vassallo di Genova; ma non erano disposti i Ventimigliesi a rinunciare all’acquisto di quelle libertà, che formavano l’aspirazione delle principali città italiane; da dove la sollecita cura di accrescere sempre più le proprie forze, e il vivo impegno di avere un copioso naviglio, affine non tanto di tener vivo il loro commercio e di far rappresaglie sopra d’un nemico che avesse offesi e derubati i cittadini, quanto per esser pronti a sostenere colla forza materiale quei diritti che loro venissero tolti per violenza. E tale aveano copia di navi e riputazione di buoni marinari, che avendo preso Genova in quei giorni a ordinare una spedizione armata contro i Mori di Spagna, che infestavano le coste liguri con improvvisi assalti, rubandone le ricchezze, disonorandone le donne e commettendo inaudite crudeltà; e avendo invitato il Comune di Ventimiglia a prendervi parte, tanto gloriosamente fece questo sventolare il suo vessillo 3 nelle memorande giornate di Almeria (1147) e di Tortosa (1148), che Genova per dar un attestato di riconoscenza ai valorosi alleati, li volle per sempre esonerati dal pagamento di qualsivoglia dazio o gabella nel commercio, che dessi avevano colla ligure capitale; esprimendo nel breve consolare queste parole: QVIA HONORIFICE IN EXERCITV ALMARIE ET TORTVOSE SE HABVERVNT.4 Avveniva questo nell’aprile del 1149, anno in cui trovo i primi consoli del Comune di Ventimiglia, nelle persone di Guglielmo Borsa, Oberto Trentamoggia, Raimondo Doira ed Ugo Curto.
Un altro privilegio veniva accordato due anni dopo dallo stesso Comune ai tredici nocchieri di Ventimiglia: Oberto Intraversato, Enrico Anselmo, Giovanni Bonamiga, Enrico Guercio, Feraldo Bailardo, Bonsignore Battalia, Rinaldo Bulferio, Rinaldo Nauclerio, Ottone Sperone, Enrico Redolago, Bonsignore di Riculfo, Rinaldo Casio e Rinaldo Nauclerio, che cioè dicti nauclerii de Vigintimilio neque eorum haeredes dent ripam in civitate Januæ, quod ipsi nauclerii terram habebant antiquitus in monte Osignano.5
1) RAGGIO - Illustrazioni agli Statuti Consulatus januensis.
2) Il conte Ottone nelle sue convenzioni col comune di Ventimiglia giura: Quando compagna Vintimilii renovabitur, si a consulibus Vintimilii fuerit requisitum, hoc idem juramentum ego et filii mei renovabimus.
3) E molto antico il simbolo del leone nello stemma della Città di Ventimiglia, che lo portava pure impresso nel suo sigillo. Un esemplare si conserva attaccato ad una pergamena del 1104; il Cais in un documento del 1305 ricorda il sigillum consulum Vintimilii, in quo est sculptus quidam leo. Il leone rampante, coronato e rivoltato, si ha sul busto e sulla cassa d’argento del martire san Secondo, opera del 1025. Eppure il De Beatiano a pag. 42 del Mercurio araldico (Venezia 1686) da per stemma a Ventimiglia uno scudo diviso orizzontalmente in due parti uguali, la superiore d’argento l’inferiore di rosso, con leone che stendesi sopra ambedue i campi, alternando i colori, ossia come si direbbe in termini araldici moderni «troncato d’argento e di rosso al leone dall’uno all’altro». Un simile stemma da’ l’Ughelli al Municipio di Ventimiglia nella sua Italia sacra.
4) Liber jurium. Tom. 1, docum. CLXVII.
5) Liber jurium, Tom. 1, docum. CLXXIII.
Capitolo quinto - Il Comune - pagina 50 Girolamo Rossi - STORIA DELLA CITTÀ DI VENTIMIGLIA - Ghiglini - Oneglia 1886
AUTORITÀ A CUSTODIA DEL PORTO
Sabarbarius - Custode del porto.
De officio sabarbariorum moduli, et portus et ripe. Si è questo il titolo d’una rubrica dello Statuto di Savona, dell’anno 1404, dal quale viene prescritto, che alla custodia del porto e del molo e della riva si eleggano un nobile, un mercante ed un artista.
Lo statuto di Levanto (p. 120) delega ai sabarbarii l’ufficio di vegliare al buon ordine dello scalo: et habeant sabarbarii in predictis largam bayliam et jurisdictionem; quello di Bonifacio ordina: quod camparii, ministrales sabarbarii et alii ceteri officiales constituti per commune Bonifacii jurare teneantur.
De duobus sabarbariis et uno scriba habendis ... qui sabarbarii habeant bayliam providendi, ordinandi quibuscumque personis habentibus naves, cochas, galeas, barcas. (St. a. S., II°, p. 259).
Sabarbaria - Edificio destinato alla custodia delle armi.
Munitiones et arma comunis sint et restent in sabarbaria comunis, que sabarbaria claudi debeat tribus clavaturis et clavibus. (Stat. Caphe, p. 627).
Consul in fine sui affidi dimittat in sabarbariam Caphe duo paria armorum bonum et completum. (Id., p. 585)
Fada.
Et dictus consul in fine sui officii dimittat in Sabarbariam Caphe par unum armorum bonum et completum cum fada una pro qualibet. (Stat. Caphe, p. 585)
Girolamo Rossi - GLOSSARIO MEDIEVALE LIGURE -Ristampa edizione 1896 - 1909 - FORNI - Bologna 1971