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PRIMA METÀ OTTOCENTO

 

    L’Ottocento iniziava con l’occupazione delle truppe Austro-Sarde, che tenevano le Riviere sgombre dagli armati filofrancesi. Ventimiglia entrata a far parte della ricostituita Contea Sabauda di Nizza, fungeva da capoluogo cantonale delle Otto Ville, all’interno della Giurisdizione della Roia, inglobata in quella delle Palme, con capoluogo San Remo. In giugno, gli esiti della battaglia di Marengo, riportarono l’occupazione francese con la Repubblica Ligure e Ventimiglia fece parte del Dipartimento degli Ulivi nella Prefettura di Porto Maurizio.

    I rivoluzionari allontanarono molti ordini religiosi, cedendo i loro beni al Comune ventimigliese. La Diocesi veniva smembrata, concedendo alla Diocesi di Nizza le parrocchie oltre Ponte San Luigi. A quella di Ventimiglia ne restarono soltanto quindici. La città, con le frazioni, contava tremilaottocento abitanti. La moneta corrente era il Franco. L’editto napoleonico di Sait Cloud raccolse in un unico corpo le norme per il funzionamento dei cimiteri, stabilendo che venissero collocati fuori delle mura cittadine. Veniva regolamentata la Banca di San Giorgio e venivano soppressi i Magistrati delle Dogane e del Sale.

    Nel 1805, La Repubblica Ligure entrava a far parte dell’Impero dei Francesi e la Giurisdizione delle Palme era aggregata al Dipartimento delle Alpi Marittime. Per la prima volta, dopo oltre cinque secoli, Ventimiglia non era più una città di confine; mentre i fondi agrari delle istituzioni religiose venivano messi a disposizione delle maestranze agricole. Napoleone varava la costruzione della “Strada di Cornice” da Nizza a Ventimiglia e assieme alla strada da Ventimiglia e Bordighera, progettava una strada carrozzabile lungo la Valle Roia.

    Insieme alla reintrodurre del precedente Calendario Gregoriano, la Diocesi ventimigliese era staccata dalla metropolitana di Milano e resa suffraganea a quella di Aix in Provenza.

    Abdicando Napoleone, nel 1814, Ventimiglia venne a trovarsi immessa nel ripristinato Regno di Francia, ma meno d’un mese dopo, il 26 aprile, rientrava a far parte della Repubblica di Genova. Per mostrarsi, la Repubblica dette inizio ai progetti stradali napoleonici, ma il Congresso di Vienna, il 12 dicembre, annetteva la Liguria al Regno di Sardegna. Ventimiglia entrava nella Divisione di Nizza, Provincia di Oneglia, Mandamento di San Remo, diventando Porto Franco sabaudo. Il 20 novembre, il Principato di Monaco venne passato sotto il protettorato del Regno Sardo.

    Nel 1816, la città si dotava di un Teatro Politeama, adattando un caseggiato pubblico di via Lascàris, a poca distanza da Piazza Cattedrale. Il 23 marzo, un pauroso terremoto sconvolse il Ponente Ligure, replicando nel gennaio successivo. Dal 1819, ebbero inizio i lavori per innalzare sulle rovine dell’antico Forte del Colle, sovrastante alla città, il Forte San Paolo con la Ridotta dell’Annunziata. Il 30 maggio, la nostra Diocesi viene staccata dall’Arcidiocesi di Aix, per entrare nell’Arcidiocesi di Genova; le parrocchie della Val Roia e della Val Nervia rientrarono dalla Diocesi di Nizza. I Gesuiti tornarono ad operare.

    Oltre a portare avanti i lavori per tracciare la strada di costa per raggiungere Genova da Nizza, il nuovo re, Carlo Felice avviava a Ventimiglia l’apertura di un Collegio, dove si sarebbe ricevuta ogni tipo d’istruzione dalle Elementari al Ginnasio. Il 19 marzo 1823, era firmata una convenzione franco-sarda per l’alpeggio ed il transito del bestiame attraverso le frontiere in alta Val Roia.

    Incoraggiata dalla politica austriaca, dal 1827, le fortezze di Ventimiglia assumevano un ruolo di piazzaforte difensiva antifrancese. A guidare i lavori di potenziamento veniva a dimorare in città Camillo Benso di Cavour, giovane luogotenente del Genio sabaudo; che resterà fino al febbraio 1829.

    Nel 1830, prendeva avvio un servizio di diligenza che collegava Genova a Nizza. La stazione di sosta, col cambio dei cavalli era situato alla Madonna della Ruota, tra Ospedaletti e Bordighera. Cessata l’oppressione fiscale dello stato di guerra perpetua che caratterizzò gli anni dell’espansione francese, cessate le leve a cui molti giovani rispondevano con la fuga sui monti, aumentati i traffici col Piemonte; la parrocchia Cattedrale contava 1.061 abitanti in più dal 1815.

    Nel giugno del 1833, transitava, in segreto verso l’esilio, il patriota Giovanni Ruffini. Nel 1835, Porta Nizza veniva abbellita da un paramento in grossi blocchi di pietra, per adeguarla ai sistemi difensivi dell’epoca. Anche Porta San Michele veniva adeguata, rigenerando il piccolo cortile interno e ripristinando la vicina e popolare fontana, chiamata “U Funtanin”.

    Nel luglio del 1837, scoppiò in San Remo una epidemia di Colera che procurò, entro dicembre, un migliaio di morti, nonostante i Savoia avessero donato alla città il grande Lebrosario su Monte Bignone.

    Nel 1838, il censimento della popolazione dava 5994 abitanti nel Comune di Ventimiglia. Il numero totale delle case era di 370, così suddivise: 63 nel quartiere Piazza, 101 nell’Oliveta, 61 a Morro di Bo’, 95 nel Campo e Borgo, 16 alla Marina e 34 nel sobborgo di Sant’Agostino. L’anno successivo il nobile colonnello Giovanni Di Negro seguirà i lavori di armamento della Piazzaforte. In città era presente una Stazione di Carabinieri, impiegati per la tutela dell’ordine e la sicurezza pubblica.

    Nel 1840, la Ditta Filippo Lorenzi apriva una conceria per la lavorazione delle pelli di capra e vitello. Nel 1842, veniva restaurata la Cattedrale, che minacciava di cadere in rovine. Per la direzione dell’ospedale di Santo Spirito e per l’istruzione delle fanciulle, venivano introdotte le suore della Madonna dell’Orto, che momentaneamente dimorarono in un monastero sul retro della Cattedrale.

    Nel 1843, il lionese Antonio Grand iniziava ad indagare nelle caverne dei Balzi Rossi. Il Consiglio Comunale deliberava di «apporre in capo di ogni quartiere e contrada di questa città» il nome che portava e sull’ingresso di ogni casa il proprio numero progressivo. Nel 1845, venivano restaurate le mura che difendevano la città. Il censimento della popolazione dava 6565 abitanti nel Comune di Ventimiglia. I nati “esposti” dell’anno furono tredici e dodici l’anno dopo e quello successivo.

    Il 25 marzo 1848, partirono i volontari nell’Armata sarda che passerà il Ticino, con diciasette ufficiali ventimigliesi. Nel 1849, lo Stato Sardo decretava l’incameramento dei beni ecclesiastici, che avverrà anche in città. Il censimento della popolazione dava 6894 abitanti nel Comune di Ventimiglia. Il 30 giugno, il Regio Governo pubblicava i ragguagli per rapportare i correnti ed antichi pesi e misure nell’adottato sistema metrico decimale.

    In agosto, con il ritorno di molti dei volontari, giunsero le ferali notizie dei disastri di Milano e della disfatta di Novara. I nati “esposti” dell’anno furono undici. In Cattedrale, veniva alzato un organo della ditta Agati di Pistoia.

 

Arrivo della Ferrovia

 

“Settimana dei Beni Culturali e Ambientali 1988”

VENTIMIGLIA NELLA SECONDA

METÀ DELL’OTTOCENTO

di Renzo VILLA

    Lunedì 5 dicembre 1988, alla Sezione dell’Archivio di Stato di via Hanbury, ha avuto luogo l’inaugurazione della Mostra “Immagini di Ventimiglia nella seconda metà dell’Ottocento - Sviluppo urbano del Sestiere Sant’Agostino" allestita in occasione della “Settimana dei beni culturali e ambientali”.

    Fra i documenti esposti, delibere del consiglio comunale, decreti regi, progetti di opere pubbliche e private, custoditi presso la sezione dell’Archivio, ed inoltre il progetto della stazione ferroviaria, messo a disposizione dal compartimento FS di Genova.

    A corredo dei documenti, una trentina di fotografie d’epoca sull’aspetto del sestiere Sant’Agostino negli ultimi decenni dell’Ottocento, provenienti dal materiale della costituenda fondazione “On. Giuseppe Biancheri”, messe a disposizione da Erino Viola e Pachi Cudemo.

 

Caffé Ligure

 

VENTIMIGLIA  TRA

PASSATO  E  FUTURO

    La nascita della Ventimiglia moderna, quale la vediamo noi oggi, avvenne durante il boom edilizio, documentato dalla Mostra dell’Archivio di Stato, scoppiato con l’arrivo della ferrovia e nel 1871 e con la costruzione della Stazione Internazionale, in base alla convenzione italo-francese che ne fissava la sede nella nostra città.

    Ma, a monte del tumultuoso sviluppo urbano “fin de siecle” del sestiere Sant’Agostino, fino ad allora pressoché disabitato, c’è un evento storico di notevole importanza: la cessione di Nizza alla Francia in seguito agli accordi di Plombierès che precedettero la seconda guerra di indipendenza.

    Questo avvenimento, per altri versi doloroso, poneva Ventimiglia  - in un primo tempo destinata a diventare francese  - nella situazione di città di frontiera del nuovo Regno d’Italia e le apriva prospettive di sviluppo che, fino a quel momento, le erano state precluse soprattutto dal fatto di essere rimasta per lunghi secoli un centro medievale, arroccato su un colle e chiuso fra le sue mura.

    Ed, infatti, i positivi riflessi di questa nuova situazione non tararono a manifestarsi in tutta la loro fortunata pienezza.

    Attorno alla stazione ferroviaria di frontiera, sorta sull’area del vecchio cimitero, nacque e si sviluppò una nuova città. Fra le numerose opere pubbliche realizzate in quel periodo, l’arginatura del Roia fu certamente quella prioritaria perché imbrigliando le acque del fiume, permetteva di recuperare, a fini edilizi, una vasta area che, fino a quel momento, non era stata che una malsana palude.

    In pochi anni, lo sviluppo economico fu tale che già si pensava di dotare Ventimiglia di un porto commerciale il cui progetto, redatto nel 1883 dall’ing. Finily, è certamente uno dei pezzi più interessanti della Mostra, anche perché l’opera non fu realizzata ne allora ne mai.

    Col sorgere della Ventimiglia bassa, ai piedi di quello che da allora, per forza di cose, si dovette chiamare “Alta”, iniziò l’esodo dei ventimigliesi dallo “Scoglio” verso la piana del sestiere Sant’Agostino dove esistevano case più moderne ed esercizi pubblici e ritrovi ben più eleganti di quelli che si affacciavano sui “carrugi” del borgo medievale.

    Materialmente, si scendeva dall’alto al basso, ma socialmente ed economicamente si saliva perché, per le famiglie ventimigliesi, trasferirsi al “Cuventu” era considerata una ambita promozione.

    L’esodo continuò massicciamente nel 1900 e durò fino alla seconda guerra mondiale tanto che Ventimiglia alta si spopolò completamente dei suoi abitanti per essere poi ripopolata dagli immigrati nel dopoguerra.

    Nel 1944, sotto l’incalzare degli eventi bellici, si era intanto compiuto l’atto finale del declassamento di Ventimiglia alta con il trasferimento degli uffici comunali nella attuale sede di piazza della Libertà.

    Ventimiglia bassa conobbe, dagli Anni Sessanta in poi, un secondo boom edilizio ben più tumultuoso e di maggiori proporzioni del primo, continuando tuttavia a beneficiare di quel lontano evento del 1860 che l’aveva posta al confine occidentale d’Italia, con la sola parentesi della guerra 1940-45 durante la quale il beneficio si tramutò in sfortunata tragedia.

    Ma, chiusa la dolorosa vicenda bellica ed evitato per la seconda volta il rischio di diventare francese, conobbe, in questi ultimi quarant’anni, accanto a quello edilizio, un altrettanto spettacoloso boom commerciale. E, in aggiunta a quelle dell’Ottocento, altre grandi opere pubbliche, svincolo autostradale di frontiera, autoporto e nuovo parco merci ferroviario, ne andarono accrescendo l’importanza.

    Ma, ormai, il lungo capitolo della storia di Ventimiglia, città di frontiera, iniziato 130 anni fa sta per chiudersi definitivamente.

    In questa nuova “fin de siècle”, altri avvenimenti storici, di portata continentale, imporranno un mutamento di rotta al destino di Ventimiglia. E, questa volta, l’avvenire della città non sarà più decretato dalle stelle buone o cattive del passato, ma è già scritto fin d’ora nelle pagine di un trattato internazionale che entrerà improrogabilmente in vigore fra quattro anni, con l’Atto unico europeo del 1992.

LA VOCE INTEMELIA anno XLIII  n. 12  - dicembre 1988