TERRITORIO INTEMELIO
FONTANE DEL
PONENTE LIGURE
Le Fontane e le Fonti perenni scaturenti nella Liguria Intemelia hanno sempre versato ottima acqua, in abbondanza. Oggi, la genericità dell’agricoltura e l’incuria della politica, aggiunte agli interessi economici delle lobby edificatorie, ne hanno deviato, seccato o inquinato moltissime. Per conservarne memoria, riportiamo le curiosità che caratterizzano certe nostre sorgenti.
LE NOSTRE FONTANE
COLLEGATE AI MASSICCI MONTANI
“Ben, ciöve, aumancu ‘ste funtane i daran in po’ de ciü !” Era la frase ricorrente, quando un’estate troppo secca avesse ridotto le fontane locali ad un filino d’acqua, se non le avesse seccate del tutto; nel momento che i piovaschi di fine estate bagnavano le nostre vallate.
Ma la risposta dei nostri, “sapienti”, vecchi sarebbe stata certamente questa:”Eh, caru belu, pe’ ve’ cresce e nostre funtane deve ciöve, ben ben, in Piemunte”; infatti due esempi di fonti perenni, sul nostro territorio, attentamente osservate da parecchie centinai d’anni, danno come risultato l’assioma appena citato.
La fontana “U Sgarbu” che zampilla freschissima acqua sulle falde Est di Granmondo, riversandole nella forra del Serro; aumenta notevolmente la propria gittata dopo le intense piogge, che a settembre interessano il massiccio del Clapier e le Meraviglie.
La fontana “I Orti”, che scaturisce a Est di Seborga, accresce il gettito quando le piogge intense interessano il massiccio del Marguareis e le Navette.
La prima non mancava mai di “ruglià” considerata la presenza del ghiacciaio, la seconda aveva qualche difficoltà, se il nevaio dei Signori non era stato ben rifornito, a suo tempo.
Una teoria, ancor più meditata, annuncia come le nostre fontane siano maggiormente ben fornite quando il Piemonte sia percorso da rilevanti raffiche di vento e continuativa alta pressione.
(Informatrice: Luciana Guglielmi, serrenca).
Pubblicato su LA VOCE INTEMELIA dell’aprile 2008
IDRONIMI
FONTANE E DRAGHI
Sul crinale dell’Alta Via che da Siestro si accresce sino al Monte Toraggio, passando per l’Abeglio e Testa d’Alpe; tra le numerose altre, sono presenti ben tre fontane, il toponimo delle quali si richiama ai draghi di medievale memoria.
Sulle pendici di Ponente del Monte Baraccone, al culmine della vallata detta Dragunà, una delle due che generano il Vallone dei Lodi, scaturisce la Fontana Dragùna.
A circa trecento metri dalla vetta di Testa d’Alpe, sulle pendici di Levante, verso Fascia Sagrà, zampilla la Fontana dei Draghi.
In una grotta, aperta nel montante roccioso di Sud-Ovest del Monte Toraggio, a qualche centinaio di metri dalla vetta, sul sentiero che porta al Bosco degli Orsi, sgorga la Fonte Dragurìna.
Giungendo in questi tre siti, si aspetterebbe di incontrarvi qualche mostro alato che emetta fiamme dalle fauci, oppure si prospetta l’idea che questo avvenisse nell’antichità, nel momento in cui le fontane avrebbero assunto il loro ricorrente nome; invece i toponimi derivano dalle credenze maturate attorno ad un animaletto di pochi centimetri.
Per i nostri antenati, il drago in questione era la salamandra pezzata, gialla o nera, un anfibio che in casi eccezionali arriva ad essere lunga trentadue centimetri. Vive prevalentemente nel sottobosco umido delle zone collinari e montuose dell’Europa mediterranea ed un tempo, non molto lontano, doveva essere assai diffusa su queste nostre montagne, dove oggi è rarissima.
Gli antichi giudicavano la salamandra un animale metaforico, che viveva nel fuoco, rappresentando la guardiana delle fiamme; era simbolo dell’energia primordiale, della scintilla di vita, del fioco divino.
Queste qualità le aveva assunte giacché è sempre stato l’unico animale a sopravvivere indenne sul posto, al passaggio delle fiamme, negli incendi boschivi.
Pubblicato su LA VOCE INTEMELIA dell’aprile 2008
MONTE FONTANE E SEBORRINO
Nel crinale tra la Roia e la Nervia, percorso dall’Alta Via dei Monti Liguri, a Nord delle Mauře e San Giacomo, la prima altura evidente, coi suoi 475 mlm, è Monte delle Fontane, detto anche Monte Fontane, per l’evidente diffusione di sorgenti che lo caratterizzava.
Sono ancora parecchie le fonti presenti, ma nell’antichità la fama di quel luogo è stata maggiormente meritata. Dalle falde occidentali, le fonti alimentavano perennemente il Rio Resentello, che sfocia a Ventimiglia sotto la Rotonda che porta il suo nome.
Il versante di Levante assume la caratteristica di una vallata assai chiusa e in forte pendenza, chiamata Seborrino, vallone che è tributario della Nervia a Sud di Camporosso, sul sito dove oggi è il Ponte dell’Amicizia.
Seborrino, o meglio u Valun de Seburin, ha avuto momenti di acque perenni, mentre oggi è in secca per la maggio parte dell’anno; salvo impetuose piene distruttive, durante acquazzoni troppo impetuosi, intanto che le acque non trovano più molta resistenza nella vegetazione.
Nell’antichità le acque di Seborrino sono servite ad approvvigionare l’Albintimilium imperiale, attraverso un acquedotto ed un serbatoio, costruiti con opere di alta ingegneria.
Albintimilium
Acquedotto e castellum aquæ
Il tratto di acquedotto più vicino alla città fu scoperto e segnalato dal Rossi nel 1877. Ricerche successive hanno permesso di conoscere il suo completo tracciato. L’acquedotto infatti aveva il suo inizio (caput aquæ) nella parte mediana del torrente Seborrino (Camporosso) a 3 Km. dalla città, in vicinanza ad un antico frantoio da olive.
Sotto quest’ultimo esiste una galleria, costruita in parte nella roccia per ora difficilmente attribuibile ad epoca romana. Poco lontano da questa galleria dipartono i due condotti il cui tracciato è ancora oggi facilmente riconoscibile nello sperone sud del torrente Seborrino e lungo le fasce di uliveti e di coltivazioni che si trovano sul versante occidentale del Nervia. L’acquedotto passava a mezza costa e in vicinanza della città raccoglieva probabilmente nei periodi di secca l’acqua proveniente dalla sovrastante cavernetta «a Barma» ove esiste tuttora una piccola vasca per la captazione dell’acqua.
L’acquedotto raggiungeva Albintimilium dall’angolo nord-est delle mura nella zona retrostante la chiesa di Cristo Re. Non è escluso che le murature intonacate della vasca ivi esistente possano appartenere a strutture più antiche come d’altronde il piccolo anfratto con tracce di condotto che rifornisce l’acqua per le coltivazioni vicine. In questo punto si trovava il castellum aquæ (bacino o grande deposito dal quale partiva tutta la rete idrica che alimentava le case e le fontane pubbliche). In corrispondenza del castellum si conservano poche tracce di murature rinvenute durante recenti scavi fra cui riveste particolare importanza un lungo muro in direzione est-ovest costruito con ciottoli di fiume regolari (opus certum) di buona età imperiale, a cui si affianca un colonnato. La presenza di queste strutture non è comunque sufficiente a ricostruire la pianta. Nell’intero complesso, non risulta chiara la posizione di un ambiente, alle cui pareti erano addossate sette anfore, scoperto in questa zona nel 1855 e che potrebbe far parte del castellum aquæ. All’esterno di questa costruzione vi era, a detta del Rossi, un selciato stradale.
L’acqua era addotta alla città attraverso un capiente canale in muratura regolare di calce e pietre (opus certum) largo all’interno cm. 37 coperto e protetto da un voltino sempre in muratura.
L’interno del canale era rivestito da uno spesso strato di calce e roccia pestata, durissimo, che serviva ad impermeabilizzare. Era in parte sotterraneo e in parte scoperto e parallelamente ad esso correva un secondo canale a sezione minore, (internamente cm. 22) sempre in muratura con calce, ma costruito probabilmente in un momento più antico e quando la città era meno popolata e di conseguenza le sue esigenze idriche erano minori.
Ricavato da: Itinerari Liguri - VENTIMIGLIA ROMANA di Nino Lamboglia e Françisca Pallarés
edito nel 1985 dall’ISTITUTO INTERNAZIONALE DI STUDI LIGURI
diffuso in collaborazione con la CUMPAGNIA D’I VENTEMIGLIUSI
CANALI E ACQUEDOTTI INTEMELI
Il canale d’irrigazione è u beà, che dalla presa privata diventa bearétu, fino alla fascia da innaffiare, dove si muta in sùrcu. Il béudu è il canale scoperto, per il deflusso dell’acqua derivata dal fiume. L’acquedotto potabile coperto è certamente aigadütu; ma quando entra nei tubi diviene canaméntu. Il canale di forza potrà essere aigarézu, se imponente, oppure aigaròlu, se limitato. Terminato l’uso di forza, il canale prende il nome di fugarélu, riportando le acque al torrente originario. L’operaio dell’acquedotto è l’aigarö.
Sul nostro territorio, per l’antichità, si ha soltanto la presenza dell’acquedotto di Seburin, che in età imperiale riforniva le Terme, le fontane e qualche utenza privata in Albintimilium. Bisognerà attendere il XII secolo per riavere le fontane pubbliche, in qualche piazza, rifornite da condutture comuni di acqua bevibile. L’acqua potabile verrà captata e distribuita soltanto ad Ottocento inoltrato.
Fin dall’Alto Medioevo era disposto un canale di forza, da Rodolinum, attraverso le Gianchete, fino alla Serre, ossia i condomini “Conceria” di via San Secondo, dove gireranno le ruote delle segherie, fino all’Ottocento inoltrato. Lo stesso canale servirà poi la Conceria Lorenzi.
Altri canali di forza, nel XI secolo muoveranno i mulini in mezzo alla Roia, nei Guréti. A fine Ottocento, un canale sulla riva destra che faceva funzionare il mulino Biancheri, muoverà la turbine della Compagnia Woodhouse & Baillie, in Peglia, che daranno elettricità alla Città e metteranno in moto la tranvia per Bordighera. Il medesimo canale sosterrà la fabbrica del ghiaccio di Lupi.
Fin dall’Alto Medioevo saranno invece molti i canali per irrigazione, in bassa ed alta valle di Roia, Nervia e Verbone, intanto a Camporosso il canale da forza per i mulini e i frantoi delle Viasse, cederà poi le acque per l’irrigazione a valle.
In riva sinistra della Nervia, ancor oggi si vede a tratti, l’eccellente opera di fattura medievale, addossata sulla parete a picco, da Isolabona a Dolceacqua. Qualcuno ha detto trattarsi di acquedotto potabile, ma il fatto che i mulini ed i primi frantoi dolceacquini operassero in riva sinistra, induce a pensare che si trattasse fin d’allora d’un canale di forza; anche perché la struttura, convenientemente preservata, a fine Ottocento, è servita a dar energia all’üxina che ha fornito elettricità a Dolceacqua.
È stata opera affinata, anche di stile, corredata per tutto il percorso del camminamento d’ispezione a disposizione di efficienti campari. Il lago di captazione si trova, ancora in buono stato, proprio sotto le rovine della Papeira; da li l’acqua potrebbe ancora fluire, a livello leggermente calante, lungo tutta la parete a picco, fino dinnanzi al ponte sulla Barbaira, a seguito di un modesto restauro.
L’abbandono elettrico locale, abbinato ad una colpevole incuria di metà Novecento, hanno ridotto il bel canale a cascanti tratti di mera testimonianza.
L.M.
LE FONTANE
INTEMELIE PIù NOTE
Fontana di Peyre : nel canalone tra Monte Becco Rosso e Cima di SalanteSorgente del Gias : nel canalone Sud di Rocca d’Abisso, verso il Rio Caramagna
Sorgente del Ponte : nel canalone Sud di Rocca d’Abisso, verso il Caramagna
Fontano di Briga : alle falde Ovest del Monte Saccarello, alimenta Rio Cravirole
Fontanasse : nella Foresta di Cairos, pendici di Punta Tre Comuni
Fontana della Vastera : sull’altopiano a Nord della Punta di Lugo, verso Rio Groa
Sorgente Grangie : Valle Cairos, falde della Maletta
Fontana Caina : sulle pendici di Cima di Larze, versa nel Vallone di Pevé
Fontana d’Abeun : nella Foresta di Cairos, pendici della Beula
Fontana Labron : a Est di Fontan, Falde di Cima Campbell
Fonte Dragorina : in grotta, sull’alta pendice Ovest del Monte Toraggio
Fontana Orti : sulle pendici Sud-Est di Monte Ferrisoni, presso Seborga
Sorgente Confrey : sulle pendici Nord-Est di Punta Ventabren
Funtantiga : a Nord di Molinetto, sulle pendici di Dugo
Fonte Roma : in alto, lungo la strada verso Carmo Langan
Fonte Langan : in alto, lungo la strada verso Carmo Langan
Fontana Marcia : a Nord di monte Ceppo, presso Carmo San Vincenzo
Fontana Merlo : sulle pendici Sud-Ovest di Monte Ceppo
Fontanella : a Ovest di Piena Alta, genera il Vallone di Trono
Fontana dei Draghi : quasi sul culmine di Testa d’Alpe, versante Val Nervia
Fontana del Corvo : sul crinale Sud di Testa d’Alpe, versante Val Nervia
Fontana Povera : sulle pendici Est di monte Tron, versa in Valle Groso
Fonte Susena : sulle pendici Est di Monte Tron, versa in Valle Groso
Bell’acqua : sulle pendici di Monte Grosso, versa nel Vallone della Bassera
Fontana Viva : alle falde Sud-Est di Monte Terca, versa in Rio d’Oggia
Fontana dei Saviglioni : pendici Sud di Cima dei Saviglioni - Nord dell’Abeglio
Funtana Santa : versa nella Rianeta, sulle pendici Nord-Ovest di Monte Pozzo
Funtanin : alle falde Nord-Ovest di Monte Mera
Funtana Cannone : alle falde Sud di Poggio Cannone – Perinaldo
Funtana Prato : alle falde Sud-Ovest di Poggio Cannone - versa nel Merdanzo
Funtana di Bacone : alle pendici Nord-Ovest di monte Butetta
Funtana Vignàssa : alle falde Nord-Est del Granmondo - versa nel Bevera
Fontano di Sospello : alle falde Nord di Pian Germano
Funtana di Pian Germano : alle Sud-Est di Sospello, Valle Bevera
Funtanasanta : alle falde Nord-Ovest di Monte Rolabro, versa in Rio Merlanson
Fontassa : alle falde Nord di Monte Avellard, verso il Vallone di Caraviera
Fontanelle : alle falde Ovest di Monte Razet, versa nel Torrente Carei
Sorgente Veran : sulle pendici Nord di Monte Orso, versa nel Torrente Borrigo
Funtana d’i Sachi . a Nord-Ovest di Varase, sul sentiero per lo Strafurcu
U Funtanin : genera il Rio degli Ascensi, a Nord di Torri
Fontana Dragona : sul versante Nord-Ovest di Monte Baraccone, Vallone Lodi
Sorgente della Cassa : sulle pendici Ovest di Picco Gariga, Torrente Carei
Sorgente di Verrocchio : alle falde Nord di Punta Siricocca, Torrente Borrigo
Funtana d’u Luvu : nei pressi del Passo del Cornà, alimenta il Rio Ruassu
Fontana Figallu : sul versante Nord del Monte Fuga, alimenta il Rio Ruassu
Sorgente Villetta : alle falde Sud-Est di Punta Siricocca
Fontana di Monti : alle falde Ovest di Punta Siricocca, Torrente Carei
Sorgente d’Ormea : sulle pendici Ovest di Cima Longoira, Rocche d’Or
Fontana Sant’Agnese : ad Ovest, sopra il villaggio, Vallone di Pescaira
Fonte San Benardu : sulle pendici Est di Peidaigu, nell’abitato omonimo