Portavano in dono pezzi pregiati di industria litica: punte di freccia, lame di ascia e raschiatoi, che lasciavano sul sito a disposizione dell’implorato, giacché lo ritenevano abitatore delle vette, sovente innevate, delle Alpi Marittime, da li visibili in uno splendido scenario, dal quale spunta nitida e ben definita la cuspide del Gran Capelet.
Dal costone
di Levante del Monte Longoira si diparte un crinale che si raccorda
con il culmine della Colla Belenda, altura di 541 metri, le cui
pendici determinano il territorio costiero comunale di Ventimiglia,
tra la Valli del Latte e della Sgorra ad Est ed il Vallone del
Passo, ad Ovest. È un sito d’alto valore ambientale aperto ad una
mirabile esposizione soleggiata, che fin dalla più profonda
antichità ha attratto l’attenzione dell’uomo, il quale ne ha
distinto la sommità a titolo di altura sacrale.
Nel corso di quella profonda antichità, dalle pendici Ovest
dell’altura, rivolte verso il Rio Tantan, scaturivano calde
fumarole, che concedevano al luogo una ulteriore condizione di
rapporto col divino. Ancor oggi, il sito delle fumarole conserva il
toponimo identificativo di “i Cioti”: i buchi del terreno.
Durante il dipanarsi del Paleolitico, quando gli abitatori delle grotte dei
Balzi Rossi sentivano il bisogno di comunicare con il divino,
raggiungevano la sommità di Colla Belenda per mettere in atto la
dovuta ritualità.
Quando l’uomo raccoglitore divenne allevatore, organizzò la
transumanza delle greggi verso quelle alture, prendendo l'avvio proprio dal
sito sacrale di Belenda, concatenandolo così agli ieratici dintorni del Monbego.
Ancora in questo dopoguerra la direttiva principale delle “draire”
provenienti dalle Meraviglie, aveva come terminale marittimo gli
stabbi in località Ciotti; da dove facilmente si raggiungeva l’acqua
salmastra, curativa, nella Piana di Latte.
Risulta assai evidente l’etimologia del toponimo di Colla Belenda, quale
luogo sacro alla più conosciuta divinità celto-ligure: il solare e
luminoso “Belenos”, protettore delle pecore e del bestiame. Nel
Ponente ligure, altri sono i toponimi orografici in Belenda o
Bellenda: un colle sul crinale tra le Valli Nervia ed Argentina,
soprastante Tenarda, a 1353 m.; un sito collinare in comune di Conio ed un
sito, con
torre, nel Finalese.
LA VOCE INTEMELIA anno LXVI - n. - 9 settembre 2011
B E L E N O, IL BRILLANTE
Santa cume ina geixa granda,
â lüxe d’u sù, Belenda bela.
Dae barme, dae trüne, dae cabane
i munta â festa, gente de 'sti ani.
Longhi cavegli e done, spantegai,
garnìi d’ouri a l’oura d'a matin
e sciure ai figliöi e rame
de murta, d’auriva, d’auribaga.
D’â sciorta i l’àn çernüu ‘na bima,
i omi, de duze lüne e gianca,
e i l’arrecampa e i s’arrecampa
tüti, a strupe, versu a çima;
alechìi cume sciami, stundunai
da caicousa, caicün au cu’ survan.
La cima di Colla Belenda, nell'Ottocento *
Il costone Sud di Cola Belenda si
dipana con un pur dolce declivio verso il mare, dove arriva ad
immergervi uno dei luoghi più suggestivi di Liguria.
Delimitato dall'aspra vallata del Rio Sorba a Ponente e dalla Riana
dei Perugin ad Est, il pregevole costone supporta il raffinato
villaggio de La Mortola, dalla base del quale volge fino al mare il
notissimo Giardino Botanico Hanbury, continua meta di entusiasti
visitatori.
Le onde
del Mar Ligure si infrangono spumeggianti sulle rocciose propaggini
di Punta Mortola, che nascondono un Parco Marino sommerso di
inusitata bellezza, fornito anche d'una
sorgente dolce sottomarina.