A PISCIADELA
FAITA IN CA’
Ingredienti per una teglia diametro 32 cm. :
400 grammi di farina doppio zero
25 grammi di lievito di birra
80 grammi di olio d’oliva
un uovo - un bicchiere e mezzo di latte tiepido - sale fino q.b.
olive nere salate - qualche cappero - pezzetti di acciughe salate - mezza dozzina di piccoli spicchi d’aglio
Ingredienti per il condimento :
150 grammi di pomodori maturi, pelati e strizzati
una bella cipolla - una foglia d’alloro
20 grammi d’olio d’oliva
due pizzichi di zucchero - sale fino q.b.
Attrezzatura: spianatoia -
teglia in rame, circolare di 32 centimetri -
tagliere e mezzaluna - casseruola di terra -
Sciogliere il lievito in acqua tiepida.
Disporre la farina a fontanella ed amalgamarla al lievito, all’uovo, all’olio ed al sale, lavorandola tanto da ottenere un impasto omogeneo, ma morbido, che lascerete riposare per circa un’ora, ben coperto, al caldo.
Porre a riscaldare la casseruola con il fondo coperto d’olio. Sul tagliere, sminuzzare la cipolla e frantumare a mano i pomodori pelati.
In casseruola, far rosolare la cipolla, con la foglia d’alloro, fino a doratura. Aggiungere i pelati schiacciati, assieme al sale ed ad una quantità di zucchero pari all’acidità dei pomodori.
Lasciar cuocere per circa mezzora, mescolando di tanto in tanto, fino ad ottenere un buon addensamento, indi lasciar riposare, dopo aver tolto la foglia d’alloro.
Stendere l’impasto nella teglia, formando tutto attorno un bordo evidente. Versare il sugo sull’impasto, spalmandolo accuratamente fino al bordo. Irrorare d’olio d’oliva. Guarnire con olive, filetti d’acciuga, capperi e spicchietti d’aglio. Disporre il tutto ben coperto, al caldo, fino a lievitazione avvenuta, dopo un’ora abbondante, a seconda della stagione o della temperatura domestica.
Infornare a 180°, per mezzora circa.
UN PO’ DI STORIA
E CURIOSITà
Di antiche origini nizzarde, questa saporita golosità, si è evoluta in ogni angolo della Provenza, assumendo interessanti varianti, verso cui ogni singolo borgo è particolarmente attaccato.
Diffusasi poi nell’estrema Liguria di Ponente, le varianti si sono moltiplicate, arrivando persino a cambiare nome da luogo a luogo, fino a generare rilevanti querelle.
A Nizza è nata come “pissalà”, in Provenza è conosciuta come “pissaladière”, con un’accezione dell’entroterra in “pissalandiére” e consiste d’una base di pasta da pane, condita in superficie con cipolle, olive nere, acciughe, aromatizzata al timo. Ha origini piuttosto antiche, che potrebbero risalire al XV secolo, quando la città divenne capoluogo di contea, con Amedeo VII di Savoia.
Giunta nell’estrema Riviera Ligure di Ponente, nella forma originale, fin dal XVIII secolo, intorno al 1820, regnando Carlo Felice, per differenziarsi dalle origini ed affinarsi nel gusto, invitò all’aggiunta del pomodoro, che proprio in quegli anni stava cominciando a diffondersi tra gli ortaggi comuni, in quantità tali da richiedere predisposizioni in conserva, secondo una soluzione trovata già nella seconda metà del Settecento.
La definitiva versione, ornata con “a pumàta” in sostituzione della cipolla e l’esclusione del timo, in Ventimiglia si è affermata col nome di “pisciadéla”, a Bordighera “pisciarà”, ad Apricale “machetùsa” per l’uso del machétu, a Pigna “vujùn”, a Sanremo “sardenàra”, o “sardenàira”, perché usano filetti di sardina, a Taggia “figassa”(?), ad Oneglia “piscialandréa”, che potrebbe consistere nell’accezione del retroterra provenzale, elaborata dagli onegliesi verso la vasta notorietà del loro concittadino Andrea Doria, cioè “pizza all’Andrea”, non riflettendo sull’impossibilità, di quell’Andrea, d’usare il pomodoro.
Nella versione ventimigliese, gli abbellimenti consistono in: olive nere “taggiàsche” salate, capperi conservati, filetti di acciuga salati, piccoli spicchi d’aglio, inoltre, la spolverata di “ferügura” è ammessa, a piacere, secondo ispirazione.
Luigino Maccario - 2005