«Sempre negli Anni Trenta, il servizio tranviario
Ventimiglia-Bordighera, che era stato uno dei primi istituiti in
Italia, era ormai malridotto per la mancata manutenzione delle
vetture, che rendeva il viaggio lentissimo e qualche volta lo
interrompeva per guasti al motore, costringendo i clienti a
terminarlo a piedi. La gente naturalmente protestava con vivaci
mungùgni, che non avevano però alcun effetto, essendo la Società
proprietaria in ottimi rapporti con le competenti autorità del
Regime».
«Per rimediare a questo stato di cose la Cumpagnìa aveva
perciò deciso di portare in piazza la questione, partecipando alla
Battaglia del 1933 con un tram che riproduceva, tappezzata di
garofani bianchi, la più scalcinata delle vetture, quella che
portava il n. 5, e facendola trainare da una lumaca. Il carro era
stato iscritto alla Battaglia con nome di Tran-lümàssa e io
avevo scritto la canzone, musicata da Luigi Cebrelli, per farla cantare
nel corso della manifestazione».
«Due giorni prima della Battaglia, quando i carri erano ormai pronti
e mancava soltanto l’infioritura, un poliziotto viene a trovarmi:-”Dottò,
ci sta il signor Commissario Capo, che la desidera con urgenza”-;
-“Va bene, verrò fra un momento”-; -“Dottò, subito, ha
detto il signor Commissario Capo”-. Vado al Commissariato:-“Mi
dispiace di averLa disturbata, dice il Commissario, ma ho ricevuto
una comunicazione urgente da Sua Eccellenza il Prefetto, a proposito
del carro della Cumpagnìa, è vietato mettere in ridicolo i pubblici
servizi autorizzati dal Regime; il tram si può fare, ma bisogna
abolire la lumaca”; -“Signor Commissario, gli rispondo, la
vedesse quella lumaca, un vero capolavoro, mi piange il cuore a
doverla distruggere e vorrei farLe una proposta”-; -“Dica,
dottore”-; -“Stacchiamola dal tram, la lumaca, e lasciamola
andare nel Corso per conto suo, nessuno metterà più in relazione il
tram con la lumaca”-; -“Salvo approvazione della Prefettura,
la cosa mi sembra che possa andare, però ...”-; -“Però che
cosa ?”-; -“C’è la Sua canzone, dottore, che la Prefettura ha
censurato, si accomodi di là, qui ha una penna, della carta, mi
scriva un’altra canzone, che non sia allusiva e tutto andrà
sicuramente a posto”-».
«Quella stanza “di là” era la guardina del Commissariato, ma mi
siedo, felice di poter salvare la lumaca, e gli scrivo una nuova
canzone elogiativa del famoso tram n. 5. Soltanto il titolo, u
Tran d’a Begarìçia, avrebbe potuto far sorgere qualche sospetto,
ma il Commissario non conosceva il significato di begarìçia e
io gliel’ho bugiardamente spiegato come un sinonimo di “letizia”,
che si addiceva al nuovo testo. In realtà la begarìçia ha un
significato ben diverso, un significato intermedio fra “furbizia” e
“malizia”, che permette di fare quel che si vuol fare, anche senza
disporre dei mezzi necessari, appunto com’era nel nostro caso».
«Viene il giorno della Battaglia e noi, d’accordo con i dirigenti
del Corso, facciamo partire la “lumaca” tirata da un asinello sardo,
poi un paio di grandi carri e dietro i due carri il famigerato “tram
n. 5”.
Sul tram c’era, come bigliettaio, una famosa macchietta
ventimigliese: Agostino Sibono detto u Bìnbulu, che, dallo
scalino anteriore del Tram interpellava a gran voce la gente, con
faccia preoccupata:-“Non avete mica visto una lumaca ? Ci ha
strappato le tirelle, è scappata e non c’è più verso di
raggiungerla”-. La gente rideva e in molti casi cantava, assieme
all’equipaggio del tram, la canzone del Tran-lümassa,
che a Ventimiglia ormai quasi tutti avevano imparato.
Forse quel giorno il Commissario Capo avrà capito, anche lui, il
vero significato del Tran d’a begarìçia, ma ormai era fatta,
e, per salvare la sua reputazione, avrà pensato che gli conveniva
sorvolare e tacere, come ha fatto».
Nata nel 1921, come Corso Fiorito, nel 1930 la "Battaglia dei Fiori"
ha iniziato il computo delle sue edizioni, contando di avvenire ogni
tre anni. Già nel 1933, seconda edizione, si è capito che avrebbe
avuto luogo ogni anno; come ogni anno, avrebbe avuto il sostegno di
una canzone appropriata.
Nel 1930,
Emilio Azaretti
aveva abbinato il testo di una canzone al soggetto del carro
realizzato
della Cumpagnìa d’i Ventemigliùsi.
A questa prima canzone, intitolata “Adìu Cavu !”, è seguita
nella Battaglia del 1933 quella di “U Tran-lümassa”, il testo
della quale ha
avuto una storia rocambolesca. Nel 1934, è stato Filippo Rostan a
creare la poesia "Legenda Ventemigliusa", per la canzone
abbinata al carro della Cumpagnia, "Il Castello dei Conti".*
In
seguito, i poeti e i musicisti ventimigliesi non hanno mai più fatto
mancare una canzone per la Battaglia, che dal 1935 ottenne persino
l'ufficialità del Comitato e nel 1937, il Concorso.
*
Le canzoni citate hanno attivato i controlli di censura, abituali in
quel periodo storico, come ci racconta il dottor Azaretti.
Battaglia dei Fiori
«Negli Anni Trenta tutto era politicizzato e qualunque critica alle
decisioni prese dalle pubbliche amministrazioni, che non fosse
avanzata da un gerarca di sicura fede, era guardata con sospetto dal
Regime e lo erano anche le manifestazioni non programmate, come le
citate canzoni, soprattutto se provenivano da un’associazione come
la Cumpagnìa d’i Ventemigliùsi, diretta da un oppositore non
iscritto al Fascio, come ero io.
Così, di fronte all’intenzione del Genio Civile di demolire il
Cavu, il famoso belvedere della Ventimiglia medioevale, per
qualche lieve fessura riscontrata nelle volte e per una presunta
debolezza delle fondazioni, la Cumpagnìa aveva deciso di
protestare, partecipando alla Battaglia col carro del Cavu e
con apposita canzone, musicata da Luigi Cebrelli».
«La gente amava il Cavu e il carro e la canzone hanno avuto
un grande successo, ma non è mancato, nelle settimane successive, il
consiglio di sottoporre ad un benestare le eventuali future canzoni
e, quanto alla demolizione del Cavu, c’è stata soltanto una
dilazione di qualche anno».
Nella Battaglia del 1934, la "Cumpagnia"
si presenta col carro "Il Castello dei Conti", un voluminoso maniero di
fantasia, in garofani rossi, che non ha avuto rivali nel concorso.
Il testo della canzone che lo
accompagnava, questa volta era stato scritto da Filippo Rostan, per la musica di
Ginotu Ughes, col titolo di "Lezendia ventemigliusa", un'opera che ha
supportato un duraturo successo, slegato dalla dedicazione al carro e alla
Battaglia.
L'anno successivo, Azaretti e Hughes
si impegnano a proporre una canzone dedicata alla Battaglia tutta, col titolo "Sciure
e garsune"; canzone che conserverà un certo ricordo tra il pubblico,
per aver contenuto lo
slogan sulle reali qualità adeguate a descrivere la
nostra città.
Perché quella canzone
possa vedersi abbinata a un carro, si dovrà attendere il 1955,
quando la
Cumpagnia, presenterà una stupenda opera on quel titolo.
In un primo momento la classifica viene convalidata nell’ordine, ma durante una
riunione “di fuoco” in cui Hughes, bisticciando con i giornalisti (tanto da
meritarsi dalla stampa l’appellativo di “fazioso e selvaggio”), riesce ad
imbrogliare le carte, cosicché viene deciso che il motivo ufficiale sarà “Riturna
a bataglia”, cioè sue le parole e sua la musica.
Pierino Sismondini (dotato di estro versatile in campi diversi, ma condizionato
da una modestia innata) avrà il conforto della sua melodia trasmessa con crisma
ufficiale sulle onde di Radio Montecarlo e dell’esecuzione, durante il corso
fiorito, da parte della simpatica banda di Dolceacqua.
Per la manifestazione del 1950, già ai
primi di maggio, è in vendita “Vui se tüte da baixà”, ovviamente di
Hughes.
Nel 1951, in una sala del Caffé Ligure - un po’ il separé -in chiave decadente,
di quella che un tempo era stata la Belle Epoque intemelia-si radunano il
sindaco avv. G. Maccario, il dr. Squarciafichi, presidente dell’A.A.S.T. e i
signori M. Coppo, Geo Trucchi, M. Pastorino, F. Gatta, R. Marenco, F. Biancheri,
E. Rovighi, U. De Rossi, A. Biamonti, G. Trucchi, D. Biancheri, N. Muratore, E.
Duce (un patetico e dignitoso cronista di provincia, al quale il mondo dei
carristi deve un grosso tributo, avendone sublimato la bravura in una esemplare
serie di articoli fitti di nomi e di dettagli), per giudicare le sole due
canzoni partecipanti al concorso: “T’aspeitu a bataglià” e “Sciure tra
e sciure”, rispettivamente di Cebrelli e Hughes. Le esegue al piano, come
sempre con tocco mirabile, il popolare Van Kleef; si afferma la composizione di
Hughes che riceve un premio di 5.000 lire, Cebrelli ne avrà 4.000.
Anche per attenuare i disappunti che serpeggiano, il comm. Hughes decide, come
l’anno precedente, di devolvere il premio agli orfani di San Secondo.
Non ci sono polemiche nel 1952; sei i motivi in gara, tutti orecchiabili e
suadenti, e la spunta in bellezza Pierino Sismondini con “A festa d’ê sciure”,
parole di Pippo Bosio.
Riaffiorano i contrasti nell’edizione successiva e di canzone ufficiale non se
ne parla (anche se alcune fonti, peraltro controverse, affermano che “L'Ötava
meraveglia” di Hughes è da ritenersi il sigillo del 1953).
LA CANZONE UFFICIALE
Gli altoparlanti diffondono “A festa d’ê sciure” di Sismondini-Bosio;
“Canto ai fiori” di Cebrelli e Rebaudo; “A festa d’u curù” di
Comelli-Maccario”; “Sogno e fiori” di Masiello-Rebaudo; “Dami le pay del Fleurs”
di Hughes-Borfiga; “Reciamu d’amù” di Masiello-Cozzi-Battaglini;
“Maggiolata” di Palmero, “Due ögli cin de sù” di Maccario; “La canzone
dei scassigoti” di Bocca-Maccario.
A dare pimento c’è l’orchestra Flowers e cantano Claudia Squarciafichi, Alberto
Rebaudo e Virgilio Trecate.
Lo stesso accade nel 1954. Vengono eseguite “Trionfo in fiore” di Hughes; “A
nostra festa” di Rino Penone; “Fiori su Ventimiglia” di
Cebrelli-Rcbaudo-Bobbio (una sottolineatura per quest’ultimo, rampollo della Val
Nervia, compositore e direttore d’orchestra, “arrangiatore” nientepopodimeno di
quel mostro sacro che è Fausto Papetti).
Una tantum, ed è un fatto curioso, insolito, il M.o Hughes rintuzza le sue
velleità; ha qualcosa da ridire Cebrelli che impone il ritiro del nastro con
incisa la canzone di Penone, considerato troppo giovane e quindi non qualificato
per competere con i due califfi della specialità, Cebrelli e Hughes, per
l’appunto.
Un opportuno intervento del sindaco Guglielmi, che è pure presidente del
Comitato, appiana la diatriba, riporta serenità e le strofe del promettente
Penone, giustamente e con merito, possono essere valorizzate dalla banda di
Ventimiglia.
Stessa solfa nel 1969 (l’anno che con rimpianto molti definiscono il “viale del
tramonto” della sagra intemelia); non c’è canzone ufficiale, ma due motivi
vengono allegramente fischiettati nel corso della manifestazione: “Un petalo
d’amore” e “La battaglia”, entrambi del giovane cantautore Giovanni Bosio, che
egli esegue personalmente; la voce è di Onda Traverso che si esibisce,
applauditissima, durante le schermaglie del corso e nell’ambito dell’intermezzo
canoro organizzato da Renzo Devoto nei giardini pubblici.
Ma è nel 1935 che, per la prima volta, la canzone viene
ufficializzata e incisa su disco a 33 giri dalla mitica “Voce
del Padrone”; “Sciure e garsune” di Azaretti e Hughes viene
diffusa, riscuotendo unanime consenso, dagli altoparlanti
dell’immancabile e solerte ditta Zunino.
Nel 1936 è il turno di “S’i passa auti”, testo di Rostan e
musica di Hughes, tema che viene eseguito dalla banda dei Ballila
nei cinematografi della provincia e poi inciso su disco che si può
acquistare, già prima della manifestazione, nel negozio di Alexovits.
Finora la canzone è trasmessa senza ufficialità e si afferma solo in
virtù del favore che incontra tra il pubblico.
Nel 1937, infine, il Comitato organizzatore promuove il primo
concorso per la scelta della canzone ufficiale della Battaglia dei
Fiori; giudici Caligaris, Rostan, Zoboli (un grande maestro, tuttora
ricordato, che a Ventimiglia ha formato una generazione di talenti
musicali di primo conio). Si afferma “A vuxe d’u Röia” di
Rostan-Cebrelli, che non viene incisa su disco ma registrata e
diffusa dagli altoparlanti.
Nel 1948 la sigla ufficiale è “Candu l’arriva u mazu” di
Azaretti-Hughes.
Ora, pur apprezzandone la vena melodica e riconoscendogli i meriti,
non garbava a tanti che il buon “Ginotu” Hughes imponesse una scelta
determinante facendo leva sulla sua qualità di presidente della
Corale femminile. E così, per reazione, nel 1949, viene indetto un
concorso parallelo patrocinato dal comm. Cesare Biamonti.
La gara si svolge in due tempi; nella prima fase, i giudici: lo
stesso Biamonti, il soprano Lina Marasma, il baritono Filippo
Savarese, il prof. Ugo Calatroni, il M.o Dulbecco, selezionano sette
canzoni fra le undici in competizione. Successivamente, nel corso di
una serata di gala al Miramare Dancing dell’impareggiabile Romolo
Piuma, gli intervenuti decretano il motivo vincente.
Si classifica al primo posto “Viva a Bataglia” di Pierino
Sismondini, eseguita da Ofelia Aicardi; al secondo “Ventimiglia in
fiore” di Andracco; al terzo “Zögu de sciure” di Cebrelli; al
quarto “A ciü bela de Vilatela” di Italo Bono. Presentatore è
Cino Tortorella, che più tardi si affermerà, per la delizia dei
bambini, come Mago Zurlì, e dopo ancora come uno dei più apprezzati
registi televisivi.
Ogni sagra folkloristica di rango (e la Battaglia dei Fiori vanta un
lignaggio che nessun “solone” le può contestare) trova un suadente
filo conduttore nel motivo musicale che, in una atmosfera di
suggestione emotiva, da sempre impronta e timbro ad una celebrazione
popolare.
E alla ribalta della canzone intemelia -
poiché è di questo che intendiamo parlare nella sua specifica
attinenza al carosello fiorito - coniugata ad un vernacolo di per sé
scarno e genuino, ammiccante e bonario, si affacciano (anche per
attività collaterali) personaggi che contano per valore e
consistenza promozionale.
La storia delle nostre parti dovrà, nei tempi, incorniciarli questi
personaggi, tracciandone con più o meno rilievo a seconda della
caratura, i profili dettati dall’affetto e dalla riconoscenza.
Così Azaretti, l’espressione più qualificata e riconosciuta della
cultura intemelia contemporanea; così Rostan, attento interprete
degli umori popolari nelle sfaccettature più colorite (e con
Azaretti firmerà, sotto la ditta Yvan Dakordiu, una serie di
fortunate commedie dialettali); eppoi l’architetto Pippo Bosio,
acuto e felice osservatore delle “piccole cose”, il quale disdegnava
il termine paroliere - ne facciamo riferimento per una nostra
personale, garbata polemica - ritenendo sua giusta mercede la
definizione di poeta; Cebrelli, un autore da “rivisitare” per la
verve fresca e spontanea; Andracco, un cultore dal raffinato
mestiere; Hughes, ed altri che via via assumeranno veste e immagine
nel nostro discorso.
I “graffiti” della storia della canzone della Battaglia risalgono al
1930, quando la “Cumpagnia d’i Ventemigliusi” presenta un
carro che farà epoca: “U Cavu”; tra gli archi rappresentanti
lo scomparso belvedere della città alta, la banda di Torri esegue un
motivo di forte suggestione: “Adiu Cavu”; le parole sono di
Azaretti, la musica di Cebrelli.
L’idea piace ed ha successo, tanto che nelle successive edizioni
diversi gruppi parteciperanno alla sagra dei fiori con una loro
canzone originale.
Nel 1933 si afferma “U tram-lümassa” degli stessi
Azaretti-Cebrelli, mentre nel 1934 l’ormai affermata “Cumpagnia
d’i Ventemigliusi” scende in lizza col “Castello di Ventimiglia”
e si affida al refrain “Lezendia ventemigliusa” di Hughes e
Rostan.