Nel tracciare lo Statuto, oltre al compito di salvaguardare i monumenti fattici pervenire dai nostri avi; i fondatori ci hanno intimato di difendere le molte bellezze naturali che costellano questo piacevole lembo orientale di Liguria, rivolto verso l’incantevole Provenza.
Non è facile compiere l’incarico, quando l’ambientalismo è tenuto in così poco conto. Teniamo duro, constatando quante e quali siano le bellezze naturali cui siamo più affezionati.
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IL BACINO DELLA ROIA
Il Bacino imbrifero del Fiume Roia costituisce un territorio storicamente omogeneo, che nell’antichità è stato abitato dalla tribù dei Liguri Intemelìi; insediati nei “castellari” eretti sui crinali, emergenti dalle vallate del Roia e dei suoi affluenti.
Gli Intemelìi, dopo aver resistito per tre secoli alla pressione dei Coloni Massalioti, nella loro espansione verso le coste dell’attuale Liguria, si allearono con Annibale, che dalla base d’appoggio delle Baleari, superate le Alpi, si dava alla conquista della Penisola italica, verso lo scontro diretto con Roma.
Con la sconfitta di Annibale, a Zama, gli Intemelìi con gli altri Liguri ponentini, dovettero assoggettarsi alla politica romana, convenendo un fœdus e smantellando le flotte piratesche che armavano, nel porto canale di Nervia. Dopo vent’anni le legioni romane conquistavano il territorio degli Intemelìi e, nei successivi trenta provvidero a sottometterli con la presenza di un Castrum.
Con la Lex Pompeia, gli Intemelìi sono stati riconosciuti nel “diritto Latino”, tanto che il castrum lasciò il posto all’assegnazione di un Municipium cum suffragio, che territorialmente ricalcherà il territorio segnato dallo stesso bacino imbrifero del Fiume Roia.
Partigiano di Cesare, il Municipium intemelio fu confermato da Augusto, che lo fece attraversare, presso la costa, dalla Via Iulia Augusta, in comunicazione con la Gallia e la Spagna.
Nel secondo secolo dell’Era Volgare, il Municipuim intemelio giungeva al massimo splendore, mentre nel secolo successivo retrocedeva allo jus di colonia, ascritto alla tribù Falerina. Nel quarto secolo la decadenza continuò, fino all’invasione Visigota, che invece convinse l’Impero Bizantino a insediare sul territorio intemelio un attivo “castrum” a protezione di un porto canale aperto alla foce della Roia.
Due secoli, segnati dall’invasione Gota e dalla riconquista Bizantina, portarono gli Intemelìi a ricevere l’invasione Longobarda con adattamento, divenendo sede di un prospero Comitato, che settant’anni dopo servì di base alla Contea Carolingia, ascritta dapprima alla Marca di Tuscia, ma dopo centocinquant’anni, alla cessazione delle incursioni saracene, venne ascritta alla Marca di Susa.
Attorno all’Anno Mille, i Conti dovettero giurare il breve, imposto dalla Cumpagna intemelia, istitutrice di un Libero Comune Marinaro, che però non riuscì a controllare l’intero territorio, cedendo ai Conti il controllo dei valichi montani.
Due secoli di prosperità del Comune intemelio e della sua “marina”, provocarono l’attenzione del Comune genovese in espansione verso la Provenza. A nulla valsero le alleanze con la stessa Provenza e con Pisa; Genova sottomise gli Intemelìi, spaccando di fatto in due entità il territorio roiasco, che nella parte montana continuò ad essere amministrato dai Conti.
Questa divisione, togliendo l’omogeneità al Territorio Intemelio, lo precluse storicamente da quella “attiva” economia di frontiera, che aveva caratterizzato la sua vasta prosperità, avviandolo invece ad una “passiva” economia di scambi, che ancor oggi lo attanaglia negativamente, benché l’adeguamento alla Unione Europea non preveda più frontiere effettive.
L.M.
Luglio 2018, code a Fanghetto, controlli di frontiera in Val Roia