Intemelio Ostrogoto e Bizantino
A cominciare dal sesto secolo, per tutto l’Impero bizantino si cominciarono a sostituire le antiche lampade ad olio con le candele. Il nostro territorio che nell’antichità era scarsamente dedito all’olivicoltura, sviluppatasi poi nel Basso Medioevo, accolse certamente l’innovazione; che gli permetteva di importare meno olio dal Meridione. La produzione di cera dovrebbe esser stata sufficiente, considerando che l’apicoltura ponentina è sempre stata altamente sviluppata, anche secondo gli standard medievali.
Alle strutture ecclesiastiche vennero delegati l’approvvigionamento annonario e le funzioni amministrative civili., municipali, che la militarizzazione dello stato aveva, in pratica, cancellato. il vescovo era responsabile del catasto e della riscossione delle imposte sulle terre ecclesiastiche, risultando il funzionario amministrativo più importante, dopo capi supremi militari. La Chiesa era di gran lunga il maggior possidente terriero e la fonte principale nel prelievo delle risorse. Prima dell’invasione longobarda il nostro territorio avrebbe potuto essere compreso nella terza provincia bizantina, detta “Alpi Cozie”, comprendente le città di Acqui e Tortona, il monastero di Bobbio, Genova e Savona. Oppure, la specificità del bacino della Roia, quale baluardo di frontiera, potrebbe aver mantenuto il Municipio intemelio ai confini di questa provincia, inserito ancora nella Provincia Urbicaria, in diretto contatto con Roma, o già facente parte della Provincia Marittima Italorum, che comprendeva le ultime fortezze costiere, bizantine.
L’amministrazione di Odoacre non fu certo quella
tipica di un sovrano sovvertitore dell’ordine:
cambiò solo parzialmente la posizione dei
consociati, in particolare per quanto riguardava la
gestione dell’esercito, composto ormai interamente
da Germani. Le truppe vennero mantenute tramite il
pagamento di un salario su parte dell’erario, ma
queste provvidero anche autonomamente ed
arbitrariamente alla realizzazione dei propri
desideri materiali tramite la costituzione del
salgamum, strumento tipico della mentalità
germanica. Esso consisteva nella suddivisione delle
villae dei ricchi latifondisti in tre parti:
il proprietario aveva diritto di scelta per la parte
di suo uso, i capi militari sceglievano quella che
serviva per l’acquartieramento e l’ultima era
destinata ai coloni che mantenevano Germani e
Romani. In generale si ebbe un trasferimento e un
accentramento di competenze tra i militari,
lasciando ai romani la possibilità di mantenere
l’esercizio delle cariche minori e la professione
libera del Cristianesimo.
Conservarono nei paesi
sottomessi le abitudini locali, mantennero la
moneta, gli uffici di pedaggio, e tutta
l’organizzazione fiscale, in ciò aiutati dalla
Chiesa, che stabiliva le “diocesi” quali lo furono
le circoscrizioni amministrative romane, oltre alle
“civitates”, ognuna delle quali ha un capoluogo ed
un ampio territorio rurale attorno. Le vecchie
magistrature rimasero al loro posto, sottoposte
all’autorità di Teodorico, che si presentava come
delegato dell’Imperatore d’Oriente. La Provincia
della Tuscia, amministrata dai Bizantini, sembra
fosse estesa fino a Genova. Il resto della costa
ligure era ancora parte della Provincia Maritima
Italorum.
L’importanza di Ventimiglia nell’organizzazione militare
bizantina era duplice: da un lato fissava il confine
occidentale della Maritima Italorum, dall’altro
costituiva l’indispensabile base di retrovia per le difese
avanzate del Comitato di Auriate (Valloriate,
Roccavione e Caraglio) e quello di Bredulo (a sud est
del precedente: tra la displuviale della Stura-Gesso, lo
spartiacque delle Alpi Marittime, il Casotto, la Corsaglia,
il Tanaro e la Stura), sul versante padano delle Alpi
Marittime. Nella Descriptio orbis romani di Giorgio
Ciprio, il castrum ivi esistente fu chiamato
Bintmiliw.
(G. Palmero: INTEMELION 3 - 1997)
Pubblicato nel 1890, Giorgio Ciprio citava come, alla fine VI secolo, parte della città era situata sul poggio detto “Scögliu”, mentre era ancora attiva l’abitabilità del centro primitivo della Città Nervina. Questa abitabilità resterà attiva sino all’VIII-IX secolo, come hanno dimostrato i rilievi operati da Daniela Gandolfi, nel 1998.
I Goti che abitavano a nord del Po, si dispersero nelle Venezie, quelli che abitavano a sud, raggiunsero la Tuscia, mentre quelli che abitavano la Liguria, i quali precedentemente avevano stipulato un’alleanza militare coi Bizantini, si recarono nei territori dei Franchi, in Provenza. La provincia della Gallia Narbonense, anticamente chiamata “Bracata”, con l’arrivo dei Goti, tra il VI ed il VII secolo cominciò a chiamarsi Septimania. Pare comprendesse, tra le altre, le città di Nizza e di Monaco. Nella Narbonense, operavano moltissimi mercanti orientali, specialmente Siri, veri e propri carovanieri del mare, sostenuti da Greci ed Ebrei, intraprendenti “banchieri” dell’epoca. Marsiglia era il centro ebraico per eccellenza, era là che i Giudei si rifugiavano, quando erano perseguitati, altrove. Alcuni di questi ebrei erano marinai, o proprietari di navi, altri possedevano terre coltivate da coloni, molti erano medici. Ma la stragrande maggioranza era dedita al commercio e soprattutto al prestito ad interesse. Molti erano mercanti di schiavi. Oltre a Marsiglia, i maggiori porti del Mediterraneo erano Fos, Narbona, Agde e Nizza, dove si era mantenuta l’organizzazione romana. Lungo i “cataplus”, le banchine del porto, pare funzionasse una sorta di borsa. A Fos, si trovava un grosso magazzino del fisco.
In Occidente,
Odoacre rimase al potere dal 476 al 493. Tuttavia già nel
488 l’imperatore bizantino Zenone, preoccupato dei recenti successi
del re germanico, spinse Teodorico, re degli Ostrogoti, a
scendere in Italia. Alla testa di un esercito bene armato,
Teodorico sconfisse una prima volta Odoacre ad Aquileia, il
28 agosto 489. Un anno dopo Odoacre fu nuovamente sconfitto
nella battaglia di Verona, finché l’11 agosto 490, fu
sconfitto definitivamente sull’Adda e venne costretto a
rifugiarsi a Ravenna. Dopo un lungo assedio a Ravenna, nel
493, Odoacre si arrese a Teodorico con la promessa di aver
salva la vita; ma Teodorico, uccise Odoacre a tradimento
durante un banchetto, con le proprie mani, facendone
massacrare la corte.
Nel 493, gli Ostrogoti di Teodorico dominavano su tutta la
Gallia Cisalpina, Liguria compresa. Nel 494, Epifanio,
vescovo di Pavia, riportava in patria i Liguri, prigionieri
dei Burgundi, guidati da Gundobado. Nel 500, il merovingio
Clodoveo I, sconfiggeva Gundobaldo e nel 508, in Norica, lo
stesso Clodoveo, sconfiggeva e uccideva Alarico II, re dei
Visigoti, spingendo, Teodorico accorso in aiuto di Alarico a
ritirarsi in Provenza. Nel 510, moriva Clodoveo.
Inteso a dominare la costa del Mediterraneo occidentale,
Teodorico avrebbe occupato anche Albintimilium.
Nel 535, mentre la Liguria era colpita da carestia,
Cassiodoro, senatore e prefetto del pretorio, responsabile
del rifornimento granario della regione, interveniva presso
i re ostrogoti Teodato e Amalasunta a Ravenna, affinché
aprissero i colmi granai di Pavia e di Tortona.
Riconquistata la Sicilia, l’esercito bizantino, accordato
col re ostrogoto Teodato, operò uno sbarco in Calabria,
funzionale alla ripresa bizantina del meridione italiano.
Intanto, nel 537, i Franchi incorporavano nel loro Regno la
Provenza, mantenendovi l’amministrazione romano-gotica
esistente, sotto la direzione di un patricius o
rector.
Belisario, console generale dell’imperatore Giustiniano, era
venuto a Roma, nell’intento di ripristinare un dominio
bizantino sull’Occidente.
Dazio, vescovo
di Milano ed altri nobili della città, invitavano Belisario,
assediato in Roma, a conquistare l’Italia del nord. Il
generale bizantino inviava un suo ufficiale, Mundila,
accompagnato da mille uomini e dal prefetto del pretorio
Fidelio Felice, nativo di Milano. Lasciate le navi a Genova,
avanzarono con le barche nei carri, per poter passare il Po,
senza intralci. Tolsero con facilità Pavia, ai Goti. La
bizantina Provincia Maritima ltalorum, comprendeva la
costa ligure tra Ventimiglia e Luni, prima di venire
conquistata dai Longobardi. La Provincia Annonaria,
bizantina, con capitale Ravenna, dopo la conquista
longobarda della pianura padana, comprese anche i castelli
di Portovenere e di Taggia, sulla costa ligure. Nello stesso
periodo, la costa ligure ed in particolare le città di
Genova e di Ventimiglia facevano parte della Provincia
Urbicaria, sempre bizantina, con capitale Roma. Ogni
castellum del “limes” bizantino, affacciato sul mare e
con strutture portuali, aveva a capo un “tribunus
maritimorum”.
Nel 539, Teodeberto, re dei Franchi, depredava la Liguria e
l’Emilia, già scarse di viveri. Abbattuta e saccheggiata la
città di Genova, mentre un morbo colpiva il suo esercito,
tornava nelle Gallie, per far pace con Belisario. Nella
Pianura Padana era in atto una grave carestia. La
legislatura bizantina aggravava la già precaria situazione
della diffusa povertà. Il povero, per debiti, sovente si
dava alla macchia o entrava nelle numerosissime comunità
monastiche.
Nel 541, l’imperatore bizantino Giustiniano I stabiliva
l’organizzazione militare delle terre riconquistate in
Italia, creando sulla costa ligure la Provincia Maritima
Italorum.
Dal 542, i paesi del Medio Oriente sopportarono una pandemia
di peste bubbonica, iniziata in Etiopia e passata attraverso
l’Egitto, verso Costantinopoli. L’epidemia ha falcidiato un
terzo della popolazione dell’Impero di Giustiniano;
compromettendo le operazioni militari in corso, che si
riprenderanno qualche anno più tardi.
Nel 552, presso Tagina, il generale delle truppe bizantine
di Giustiniano, Narsete sconfisse gli Ostrogoti,
riconquistando la Toscana e la Liguria all’Impero.
Giustiniano dava il consenso per l’annessione della Provenza
al Regno Franco.
Con la “Pragmatica Sanzione” emanata da Giustiniano, il 24 giugno del 530, veniva evidenziato il ruolo del vescovo, all’interno dell’apparato amministrativo bizantino.
Nel 555, sbaragliati definitivamente gli Ostrogoti a Cuma e
gli Alamanni a Capua, Narsete curò il riordinamento
amministrativo delle regioni conquistate. I bizantini, che
erano soprattutto una potenza navale, ebbero nella Liguria
marittima uno dei più durevoli domini fino alla conquista da
parte dei Longobardi, nel 638.
Nel 574, i Longobardi di Alboino penetrarono in Tuscia,
saccheggiando e depredando. Solo Lucca veniva risparmiata ed
eretta a roccaforte contro i Bizantini attestati a Pisa.
Negli anni attorno al 584, un autentico diluvio sommergeva
l’intera penisola italica,
che venne travolta da abbondanti e continue piogge.
Alluvionate certamente Verona e Roma, ma tutti i fiumi
crearono problemi alle città di pianura e di costa.
Probabilmente anche la città Nervina, già pressoché
disabitata dovette essere vittima delle esondazioni di
Nervia e Roia. Motivo in più per trasferire la sede
cittadina sullo “Scoglio”.
Nel 677, dopo l’invasione araba, con la perdita degli stati africani e di quelli del Medio Oriente, l’Impero bizantino cessava di essere una potenza universale, per diventare uno stato greco. Anche l’eventuale continuità temporale del “limes” bizantino, sulle coste della Liguria e particolarmente nel Ponente ligure, avrebbe dovuto cessava del tutto, proprio in concomitanza con la massiccia presenza longobarda. La mancanza di documenti del tempo, sull’influenza politica da parte di famiglie della nobiltà locale, lascia pensare alla presenza di funzionari imperiali bizantini. Questi avrebbero accumulato grande autorità temporanea, ma era raro che la loro famiglia avessero potuto restare al potere per molte generazioni. Con la conquista araba del Medio Oriente, cessava la visitazione dei mercanti “siriaci” sulle nostre coste; lo stesso commercio veniva impiantato dai mercanti bizantini, emancipatisi da poco in questo tipo d’affari. La loro presenza sarà attiva fino all’XI secolo, nel massimo splendore del commercio bizantino, la situazione nel Mediterraneo non gli permetterà più i lunghi viaggi.