Il Vescovo Claudio e i Saraceni nella
I “Capitula de espeditione Corsica” presentati ai
Marchesi ed ai Conti della Marca Marittima dall’Imperatore
Ludovico al fine di predisporre organismi di difesa contro
la crescente invasione dei Saraceni arroccati nell’isola
della Corsica, traggono origine da alcune lettere del
vescovo di Torino Claudio, presidente della Marca di Susa e
di quella Marittima.
In due lettere Claudio relaziona sulla sua insicurezza nelle
missioni “quale controllore delle terre invase da quei
perfidi sarraceni, li quali dalla Corsica, notte e mane
favorevoli, assediano le genti mie da Albenga a Ventimiglia”.
L’anno 815 (Epistula 5 pag. 60 Claudius) scrive: “ad ogni
mezza primavera, procedendo armato di pergamene e portando
parimente le armi, mi porto alle guardie notturne marittime,
di notte brandendo la spada e di giorno i libri e il
calamaio, contro gli Agariani e i Mauri ...”
Al pari di Claudio anche il vescovo di Asti, Roerio
(815-817) scende alla Riviera Ligure da Albenga a Savona
contro le invasioni saracene; dovrà difendere Savona e sulla
via del ritorno troverà la morte.
La presenza armata di due vescovi, fuori sede, con seguito
di armati, pone non pochi interrogativi del tutto
giustificati, ma che trovano naturale soluzione, non
dimenticando che oltre ad essere vescovi erano per
investitura dell’Imperatore Carlomagno insigniti del potere
marchionale sulle terre di loro giurisdizione ecclesiastica.
Claudio e Roerio agivano quali detentori di potere politico
per fedeltà all’imperatore, cui giurarono sottomissione e di
“Fare armata con il clero loro sottoposto a conservazione
delle terre loro assegnate: contro tanta ingiunzione il Papa
Pasquale I e il di lui successore, Adriano IV, emisero
decreti proibendo il fare armata”. Mentre molti Vescovi
Conti sottostettero alle ordinanze papali, alcuni e tra
questi il Vescovo Claudio, disattesero il tutto, interessati
più ai benefici terrieri che al bene delle anime.
Un cronista, Raimondo Turco, nel suo “Memoriale”,
datato ai primi anni del secolo IX, giustifica l’operato sia
del Claudio che del Roerio:”a tanti mali essendo i nostri
re in Francia e non provvedendo, i Vescovi d’Asti e di
Torino, nella cui diocesi erano i luoghi infestati dai
Sarraceni cominciarono a esortare le città loro e i popoli,
affinché organizzassero un esercito e contro loro
combattere, offrendo se stessi per Condottieri e Duci”.
Di fatto i Saraceni, discendendo dal Colle di Tenda,
depredavano ogni cosa e gli uomini, uccidendo principalmente
persone religiose. Se non si riscontrano notizie sulla
consistenza degli uomini in armi e su di un presumibile
piano di accordata azione difensiva, il vescovo Claudio
ricorda “che di notte saliva con gli armati buona guardia
sul litorale marittimo e che di giorno si dilettava in studi
biblici: “Acie accuruit, neque magis calamo quam gladio
studuit”.
Vari studiosi, e tra questi il Formentini (Genova),
asseriscono che Claudio era alle scolte presso la città di Ventimiglia. L’affermazione è quanto mai accettabile: gli
anni 816-818 sono gli anni della massiccia presenza dei
Mauri sulle coste della marca marittima occidentale; anni in
cui Ventimiglia fu invasa e data alle fiamme.
Depredati i raccolti delle Valli, i Mauri si accamparono sul
monte soprastante la città (le Maure) e negli anfratti
rocciosi sopra Roverino; ne resta un vago ricordo: la Barma
degli Arabi.
Ma chi era Claudio ?
Abbiamo detto di un vescovo Claudio: ma chi era questo
Claudio, difensore delle nostre terre ? Spagnuolo di
origine, discepolo del vescovo Felice di Urgel (iconoclasta
e adozionista) con alcuni scritti sulla Bibbia e con la sua
scaltra condotta di servilismo alla corte di Lodovico il
Pio, era riuscito ad ottenere dall’imperatore la nomina a
vescovo di Torino e l’investitura alla presidenza imperiale
della marca di Susa. Fin dalla prima visita che fece alla
diocesi spezzò ogni croce, atterrò ogni statua e calpestò
ogni immagine: il suo operato da iconoclasta fu di tanto
orrore che egli stesso scriverà: “fui fatto obbrobrio ai
vicini miei, ed orrore a quei che mi conoscevano, tanto che
quei che mi vedevano, non solo mi deridevano, ma eziandio
l’un l’altro ci mostravano adito”.
Ma più esecrando fu egli per aver imposto un concilio in
Parigi cui intervennero molti vescovi iconoclasti:
l’Imperatore fece condannare gli scritti di Claudio; li
inviò ai sapienti del regno per confutarli; nomi eccelsi:
Giona, vescovo di Orleans, Egobardo di Lione, Valfredo il
Losco, entrarono in questo onorevole arengo: Claudio cadde
in disgrazia presso la Corte; fu destituito dall’episcopato
pur conservando il governo comitale sulla Marca marittima.
Alcuni autori vollero che Claudio durante la permanenza in
Ventimiglia si accasasse con una donna del luogo. Non era
raro che vescovi e preti prendessero moglie. Ebbe due figli:
il primogenito fu Antonio cui lasciò la Presidenza Imperiale
delle Alpi Marittime; il secondogenito fu Bonifacio a cui,
divisa la Marca, assegnò la parte a mare, terra di origine
materna. Bonifacio si accasò in Ventimiglia, costruì un
castello prospiciente il corso del Roia; fuori le mura
edificò una Cappella, che eresse a sua sepoltura.
Le incursioni saracene e i mille pericoli gli consigliarono
un posto più sicuro.
Alle spalle del Golfo Ventimigliese in posizione elevata ma
prospiciente il mare, in zona denominata Paladino, fece
sorgere un turrito castello che nella storia verrà
denominato “Castrum Sepulcri”.
Forse supposizione. Se documenti di provata e accertata
autenticità potranno confermare una verità storica si potrà
in avvenire conoscere l’origine dei Conti di Ventimiglia.
(Claudius Taurinensis episcopus) Biblioteca opere di
religione - Vol. 8
Corso storia eccles. Salzano - Roma 1861
Atto di Carlo Magno al vescovo Claudio - Vol. CIV pag. 535 -
Mugme.
LA VOCE INTEMELIA
anno LIV n. 3 - marzo 1999
anno LIV n. 4 - aprile 1999
Il titolo di marchio veniva assegnato al capo
della marca, ponendolo su un piano di parità, al
disopra dei conti, con il dux, titolo poco
considerato dai Carolingi dopo la loro lotta contro
i duchi/princeps. Nel collegare le marche ai
regna che aveva creato intorno al nucleo
franco dei tre regna, Carlo Magno legò
doppiamente questi regna periferici al
governo centrale dell’Impero, mettendo i
responsabili delle marche di confine al diretto
contatto col potere centrale. In autunno i
marchiones dovevano infatti riunirsi con
l’Imperatore per deliberare sulle campagne dell’anno
successivo, come ci insegna il De ordine palatii
di Icmaro di Reims.
(144 - K.F. Werner - Nascita della nobiltà -
Einaudi - Torino 2000)
Allaria Olivieri
desume notizie su Claudio da opere di religione
(volume 8 della Biblioteca O.R. e Corso di storia
ecclesiastica - Salzano Roma 1861)
e dall’atto di Carlo Magno al vescovo Claudio
(volume CIV pag 535 Mugme).
Alcuni autori vollero che Claudio si accasasse a
Ventimiglia, con una nobile del luogo, dalla quale
ebbe due figli, il primogenito fu Antonio cui lasciò
la Presidenza Imperiale di Susa e delle Alpi
Marittime; il secondogenito fu Bonifacio a cui
assegnò la parte a mare della Marca, dividendola
nella Contea di Ventimiglia, terra che Claudio aveva
assunto per matrimonio. Venuto in possesso delle
terre materne, Bonifacio si insediò in Ventimiglia,
costruendo un castello sul colle prospicente alla
destra della Roia ed una cappella fortificata che
eresse a sua sepoltura. Tale cappella sarebbe da
ricercare a Castrum Sepulcri, sui monti del
retroterra ventimigliese, in luogo che era prima
chiamato Paladino, dopo la costruzione del castro
verrà conosciuto come Seborga.
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850
Incursioni e devastazioni saracene, in Provenza.
-
Oltre che possedere il controllo del mare, da dove
giungevano di sorpresa sulle coste, i Saraceni
avevano posto delle guarnigioni sui percorsi di
crinale più frequentati, dove controllavano i
commerci e da dove partivano per rapide scorribande
lungo le vallate. Avevano sotto controllo il Colle
di Tenda, il passo dello Strafurcu e quello di
Muratone.
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861 Flotte
di pirati normanni, circumnavigata la Spagna
aggredirono la Provenza ed i paesi costieri
mediterranei, fino a Pisa, con tutta la Toscana.
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Per far fronte alle scorrerie scandinave, Carlo il
Calvo adottava utili misure di fortificazione, ma
soprattutto elaborava una strategia difensiva,
affidando a persone efficienti le zone più
minacciate. Egli realizzò dei “grandi comandi” in
sostanza una ricomposizione delle Marche confinarie,
che dovevano tenere conto dei nuovi confini,
indicati dagli obbiettivi delle scorrerie. Tra
queste marche risultavano anche la Provenza e la
Toscana, insediate allo scopo di difendere il
litorale ligure-catalano.
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863 Il
vescovo intemelio poteva essere Giocondo II°.
815 Claudio
Clemente, vescovo di Torino presidiava la costa ligure
da Albenga a Ventimiglia, conducendo armata con il clero
a lui sottoposto, a conservazione delle terre a lui
assegnate dall’imperatore Ludovico il Pio.
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A primavera, scendeva la Val Roia, con la propria armata
di clero e monaci guerrieri, stabilendosi in Ventimiglia
fino all’autunno; attendendo a contrastare le incursioni
Saracene, attive soprattutto in quella stagione.
Dovrebbe esser certo che fosse ospitato nella rocca
medievale, arroccata sullo “Scögliu”, benché la Chiesa
Grande potesse operare ancora nella Città Nervina,
l’antica Albintimilium, alle pendici di
Collasgarba; ormai quasi disabitata. Certo è che, ancora
nel XIX secolo, il sito chiamato Città Nervina, alla
foce del Nervia, apparteneva
da tempo immemorabile
alla mensa vescovile ed ai canonici della cattedrale;
infatti, i re goti, longobardi, franchi e italiani,
che si tenevano quali successori dei diritti imperiali,
erano soliti assegnare a quei corpi morali tutti quei
beni, che per l’abbandono dei possessori, erano caduti
di diritto in dominio del fisco.
(G.
Rossi Storia ... pag. 11)
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817 Roerio,
vescovo di Asti, condusse armata lungo la Riviera
ligure, da Albenga a Savona, per difenderle dagli
sbarchi dei saraceni, che avevano stanza in Corsica. Nel
tornare verso la sua cattedra in Asti, trovava la morte.
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Raimondo Turco, cronista del tempo, nei primi anni del
IX secolo, nel suo “Memoriale”, giustificava l’operato
di Claudio e di Roerio: “a tanti mali essendo i
nostri re in Francia e non provvedendo, i Vescovi d’Asti
e di Torino, nelle cui diocesi erano i luoghi infestati
dai Sarraceni, cominciarono a esortare le città loro e i
popoli affinchè organizzassero un esercito e contro loro
combattere, offrendo se stessi per Condottieri e Duci”.
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824 Il
vescovo intemelio destinava maestri nell’episcopio, a
favore dei giovani studenti.
825 Un
capitolare, emesso in quell’anno, invitava “in
Taurinis conveniant de Vintimilio, de Albingano, de
Vadis de Alba” gli allievi per le scuole episcopali.
828
Bonifacio di Toscana organizzava una deludente
spedizione contro la costa africana. Si dice: conducesse
militi provenzali e delle Riviere liguri.
829 Il
capitolare del Re d’Italia Lotario, assegnava a Torino
gli studenti di Vighintimilio, Albenga, Vado ed Alba.
Lo storico Fabricio
faceva cenno di un Poeta latino da Ventimiglia, del
quale non ci è pervenuto il nome.
831 Il
vescovo intemelio sarebbe stato Giovanni II°.
835 Papa
Gregorio IV spostava la celebrazione di Ognissanti, che
conciliavano le Lemuria latine del 13 maggio, verso il
primo novembre, capodanno celtico.
838 I
Saraceni mettevano a sacco Marsiglia.
839 Moriva
Claudio Clemente, che era stato vescovo di Torino ed
amministratore imperiale della Marca di Susa e per
qualche autore pare fosse investito anche della Marca
delle Alpi Marittime.
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