L'incidenza Visigota sull' Intemelio
Coi ritrovamenti archeologici, fino al 1950, l’ultimo strato di occupazione della città portava la data del 450 o comunque di pochi anni dopo; quest’ultima fase di decadenza e di abbandono della città romana era stata oggetto, prima del 1956, di osservazioni generiche e di congetture prettamente teoriche. Ritrovamenti eseguiti attorno agli anni 1990/94, suggerirono a Françisca Pallares di fissare nel primo decennio dell'anno 400, quanto era già stato avanzato. La vita della città nervina subiva un brusco arresto conseguente ad una o più azioni distruttrici. Le case verranno nuovamente abitate, anche se il tenore di vita decadde costantemente, sia dal punto di vista civile che economico. Gli abitanti presero a cercare rifugio sicuro nelle valli e sulle alture circostanti. Nella campagna di scavo del 2003, Daniela Gandolfi ritrovava un muraglione della cinta muraria di tramontana, dove la parte superiore era stata rialzata con l’uso di grossi sassi rotondi di torrente, in una stratigrafia databile al V secolo. Questo ritrovamento ha definito la continuità nell’abitabilità della Città Nervina almeno fino a tutto il VII secolo. Inoltre, il muraglione della cinta di tramontana, che pareva fosse stato realizzato quale muraglia di sostegno al continuo sollevamento del terreno alle falde dei Collasgarba, dovuto principalmente al deflusso dell’acqua, ma anche al vento; contiene invece una ulteriore porta, che lo assegnerebbe a protezione militare.
Nel 398, il sempre
vigile Stilicone, valutando che la situazione in Italia
esigeva la sua presenza, inviava in Africa, contro
l’usurpatore Gildone, lo stesso suo fratello Mascezel, che
era riparato alla corte di Milano. Anche Claudiano descrive
la partenza della flotta da Pisa, nel suo “De bello
Gildonico”. Dando notizia di come il reclutamento fosse
avvenuto in Gallia ed in Liguria, parla anche di “ausiliari
nerviani”.
Nell’anno 399, l’imperatore bizantino Flavio Arcadio
assoldava Alarico, re dei Visigoti, nominandolo magister
militum dell’Illiria; ossia Governatore dell’Epiro,
territorio che già occupava. Riarmatisi negli arsenali
bizantini, nel 401, i Visigoti conquistarono Aquileia e si
prepararono ad attaccare Milano, dove viveva Onorio,
imperatore d’Occidente.
Nel 402, Stilicone sconfiggeva i Visigoti a Pollenzo, nel
Basso Piemonte, poi confermando ad Alarico il titolo di
magister militum, li rimandò in Epiro.
Nel 403, i Visigoti tornarono ad assediando Verona, dove
vennero sconfitti da Stilicone, che li costrinse nuovamente
in Epiro, da dove si trasferirono tra il Norico e la
Pannonia, per rimanervi fino al 23 agosto 408, giorno nel
quale moriva Stilicone.
Intanto, nel 407, dopo aver eletto ed ucciso Marco e
Graziano, le legioni di Britannia eleggevano a Cesare il
soldato Costantino. Questi, sbarcando a Boulogne,
riconquistava la Gallia, fino a Vienne. Qui veniva attaccato
dal goto Saro, inviato da Stilicone, che temeva per la corte
di Ravenna. Dopo sette giorni. di inutile assedio,
l’esercito imperiale in ritirata, dovette comprare un
passaggio sicuro attraverso le Alpi, dai locali Bagaudi.
Con l’imperatore Onorio trincerato in Ravenna, il 24 agosto
del 410, per la terza volta, i Visigoti saccheggiarono Roma,
per tre giorni. Carichi di bottino, dopo essere scesi in
Calabria, dove Alarico moriva, volsero sulla strada verso la
Gallia, dove entrarono nella primavera del 412,
attraversando il Colle del Monginevro.
In quel periodo, Albintimilium subiva una devastante
distruzione.
Giunti in Gallia, i Visigoti si stabilirono tra la Provenza
e l’Aquitania, guidati da Ataulfo, che promise ad Onorio la
riconsegna della sorella, Galla Placidia, rapita a Roma nel
410; in cambio delle terre e dei rifornimenti. Onorio non
mantenne le consegne, attivando la risposta di Ataulfo, che
non liberò Galla Placidia, attaccando Marsiglia.
Resistendogli questa, occupò Narbona, Tolosa e Bordeaux.
Nel gennaio del 414, Ataulfo sposò Galla Placidia, e
progettò una politica di fusione fra Goti e Romani, ma il
generale Flavio Costanzo, bloccando i porti gallici e le
strade verso la Provenza, costrinse i Visigoti ad arretrare
prima a Narbona e poi, valicati i Pirenei, a ritirarsi verso
la Tarraconese, occupando Barcellona.
Nel 415, i Visigoti tentarono nuovamente di impossessarsi
dell’Africa, senza esito. Allora il nuovo re, Walia siglò un
trattato di pace con il generale Flavio Costanzo; in cambio
di rifornimenti e del territorio d’Aquitania, dai
Pirenei
alla
Garonna,
in qualità di foederati. Nel 418, Costanzo li fece
stanziare anche nella Valle della Garonna e Walia stabilì la
propria corte a
Tolosa,
per il resto del quinto secolo. Nel 415, Flavio Costanzo
provvedeva alla ricostruzione di Albenga, mentre non veniva
citata la ricostruzione dell’Albintimilium nervina.
Nel 450, i Vandali di Genserico tentarono di formare, in
Gallia, una coalizione anti-imperiale con Burgundi e
Visigoti, ma l’imperatore, Maggioriano, radunato un esercito
in Liguria, nel mese di novembre, si recò in Gallia
facendola fallire. Poi passati i Pirenei, avanzò su
Saragozza e sul porto di Cartagena. Al suo rientro dalle
Alpi, a Tortona, Maggioriano perse la vita in una battaglia
contro Ricimero, il 7 agosto 451.
Nel 467, l’imperatore d’Oriente, Leone I, nominò il nuovo
imperatore d’Occidente, Antemio e lo fece scortare a Roma da
Marcellino, governatore indipendente dell’Illiria. Da
quell’anno, i Vandali di Genserico cominciarono ad attaccare
le coste dell’Illiria, dell’Epiro, della Grecia e
dell’Egitto.
Nel 468, dopo aver sconfitto le flotte di Oriente e
d’Occidente, i Vandali di Genserico rimasero signori
incontrastati del Mediterraneo occidentale dallo stretto di
Gibilterra alla Tripolitania. Nel 476, oltre al possesso di
tutta la provincia d’Africa, ottennero le isole Baleari, la
Corsica, la Sardegna e la Sicilia.
Alla morte di Genserico, il 25 gennaio del 477, il figlio
Unerico, di fede ariana, dal 481, iniziò a perseguitare
manichei e cattolici per incamerare tutti i loro
possedimenti, se non avessero abbracciata la fede ariana. I
dissidenti furono esiliati in Corsica e in veri e propri
campi di concentramento nell’entroterra africano. Nel 484,
Unerico moriva di peste, mentre i Berberi dimezzarono i
possedimenti africani dei Vandali; intanto che Visigoti e
Bizantini toglievano a quelli Sicilia, Sardegna e Corsica.
Nel 437, il
generale Flavio Ezio aveva permesso ai Burgundi di
insediarsi nella regione del lago Lemano; nella contrada
chiamata Sabaudia, la successiva Savoia. Pare che questo
popolo, nel corso del V secolo, alla ricerca di uno sbocco
al mare, giungesse fino ad Albintimilium, procurandovi gravi
danni.
Nel 451, i Burgundi e i Visigoti combatterono a fianco con
Flavio Ezio nella battaglia dei Campi Catalaunici, dove
sconfissero definitivamente Attila.
Nel 456, i Burgundi, confidando nel loro crescente potere,
negoziarono un’espansione territoriale verso il sud-ovest
dell’area Rodano-Saona.
Nel 457, Maggioriano tolse ai Burgundi le terre che avevano
acquisito, ma nel 461, i Burgundi occuparono definitivamente
Lione; terminando però l’influenza sull’impero, soltanto nel
476. Nel 478, i territori dei Burgundi si estendevano fino
al fiume Durance. Sotto pressione dai Franchi, a Nord e dai
Goti e Visigoti da Sud, Gundobado consolidò il regno
attraverso matrimoni con i re dei regni vicini. Nel 493, la
figlia Clotilde divenne la moglie di Clodoveo, re dei
Franchi, che convertì al cristianesimo.
Intorno all’anno 500, Gundobado era rimasto l’unico re dei
Burgundi, che nel 507, aiutava i Franchi nella loro vittoria
contro i Visigoti di Alarico II, consolidando il suo potere,
fino alla sua morte, nel 516.
Il successore, Sigismondo, da ariano si convertì al
cattolicesimo, aggravando le tensioni con gli Ostrogoti, che
i Franchi sfruttarono, occupando la parte Nord del Regno,
mentre Teodorico occupava la parte Sud, nel 523. Nel 534, il
Regno venne spartito tra i re merovingi.
Come
imperatore d’Occidente, Giulio Nepote cercò di consolidare i
territori dell’Italia
e della
Gallia
che ancora si trovavano sotto il controllo dell’Impero
d’Occidente. Coi Visigoti di re Eurico, che avevano occupato
la Provenza nel 474, Nepote la scambiò con la città di
Alvernia, già nel 475, allargando il territorio dell’impero
verso la Gallia, che intendeva riunificare alla Britannia.
Nel frattempo doveva cedere le Baleari, la Corsica, la
Sardegna, la Sicilia e l’Africa, ai Vandali di Genserico,
che avevano siglato la pace con l’Impero d’Oriente e non
ritenevano necessario scendere a patti con Nepote.
I territori sottostanti l’autorità imperiale erano ormai
assai ridotti. Nepote coniò moneta a Roma, Ravenna, Milano e
ad Arles, in Gallia, mentre Siagrio, magister militum per
Gallias, che governava il Dominio di Soisson, solo
formalmente legato a Roma, coniava monete d’argento nel nord
della Gallia. Coniò persino solidi recanti le effigi
degli imperatori bizantini Zenone e Leone II, per dimostrare
il legame personale e politico con la corte d’Oriente.
Il 28 agosto 475, il generale Flavio Oreste, con l’appoggio
del Senato Romano, prese il controllo di Ravenna e costrinse
Nepote a fuggire in Dalmazia. Oreste, che era di origini
germaniche e non poteva quindi diventare imperatore, fece
acclamare imperatore suo figlio, tredicenne, Romolo Augusto,
di madre romana.
Pur essendo considerato l’ultimo imperatore d’occidente,
quando venne deposto da Odoacre, il 4 settembre 476, Romolo
Augusto non lasciò l’impero acefalo, giacché Giulio Nepote
regnava de jure col sostegno dell’Imperatore
d’Oriente, Zenone.
Odoacre aveva tentato di farsi riconoscere come
rappresentante imperiale in Italia; ma Zenone aveva
subordinando quel riconoscimento alla volontà di Giulio Nepote;
così questi, dalla Dalmazia, regnava nominalmente
sull’Impero d’Occidente, mentre Odoacre governava
effettivamente, coniando monete a suo nome, in qualità di
Augusto.
Nel 476, Odoacre venne nominato «rex gentium» dalle
sue truppe; questi, invece di nominare un imperatore
fantoccio, decise di inviare le insegne imperiali al
bizantino Zenone, chiedendo per sé il solo titolo di
patrizio. L’impero romano cadde quindi per un colpo di stato
militare di mercenari germanici. Questa caduta, che per i
moderni costituisce lo spartiacque fra la storia antica e
quella medievale, non sembra abbia suscitato eccessivo
interesse negli storici dell’epoca, probabilmente perché,
essendo ancora in vita Giulio Nepote, ufficialmente il
legittimo imperatore d’Occidente, che morirà nel 480, la
portata dell’evento venne sottostimata.